giovedì 30 settembre 2021

5,BEHIND SONG LED ZEPPELIN..NASCITA BRANI LED ZEPPELIN RECENSIONI E ARTICOLI BRANI LED ZEPPELIN 1968-1980


 BEHIND SONG LED ZEPPELIN..NASCITA BRANI LED ZEPPELIN RECENSIONI E ARTICOLI BRANI LED ZEPPELIN 1968-1980

L'Achille che adoro
Achille - La nascita del Pelìde
Non ha sicuramente bisogno di presentazioni il più grande eroe tra tutti gli Achei. Dopo millenni, si parla ancora delle sue gesta, del suo valore e della sua ferocia in battaglia, come si parla anche della sua invulnerabilità e del suo unico punto debole: il tallone. Tuttavia non tutti conoscono le diverse versioni della sua nascita e della sua vita, come neanche il fatto che inizialmente, nei primi poemi come l'Iliade e l'Odissea, non fosse mai stata menzionata né la sua invulnerabilità né il suo famoso tallone.
Achille, che alla nascita venne chiamato Ligirone (che significa "il piangente") nacque dall’unione tra il re di Ftia, Peleo, che era diretto di discendente di Zeus, e l’oceanina Teti, divinità del mare
all'età di nove anni ad Achille venne fatta una profezia dall'indovino Calcante: egli vaticiniò che presto tutti gli Achei avrebbero mosso guerra alla città di Troia, ma che Achille sarebbe morto sotto le mura di essa. Spaventata per la sorte del figlio, sua madre Teti decise di travestirlo da femmina e lo mandò a Sciro per nasconderlo, presso la corte di re Licomede. Lì visse e crebbe insieme alle figlie del re, confondendosi tra di loro. Venne soprannominato "Pirra", cioè la "Fulva", a causa dei suoi capelli biondissimi. Lì visse per nove lunghi anni, ma neanche un indomito guerriero come lui poteva sfuggire al fato e illudere la tela del destino tessuta dalle Moire.
Achilles last stand
Il titolo e il testo quindi si rifanno ad Achille che deve stare in piedi nonostante la vulnerabilità del tallone come gioco-riferimento alla condizione di disabilità temporanea di Plant. Il riferimento alle montagne dell’Atlante oltre che al mito fa anche capo al Marocco, meta di un viaggio magnifico che aveva segnato Plant (è il suo posto del cuore) e dove il cantante avrebbe voluto tornare ma la condizione successiva all’incidente rende impossibile quel bisogno di fuga e di libertà.
C’è però un piano di lettura più profondo. Plant aveva vissuto intensamente la vita del rock and roll ma come anni dopo affermerà lui stesso, nell’incidente era morta una parte di lui. È stato una specie di cerniera, di cesura, inaugurando una stagione più contemplativa e meno potente.
Il bisogno di viaggiare in Marocco non esprime solo il bisogno fisico di sfuggire alla carrozzina ma un bisogno più generale di evadere dalla vita potente ed emozionante ma anche distruttiva di una rock star per un luogo più naturale e contemplativo, un luogo come le alture dell’Atlante dove “le montagne abbracciano il cielo” e una anima libera può elevarsi spiritualmente.
può elevarsi spiritualmente.
Come nella canzone e come per Achille bisogna però fare i conti col proprio destino e i desideri si scontrano col fato che indirizza là nostre vite e le incanala in una determinate direzione.

La canzone “Achilles Last Stand” è uno dei maggiori successi dei Led Zeppelin. Il brano, lungo più di 10 minuti, tecnicamente è una gara di bravura fra tutti i componenti della band con un “Bonzo” Bonham strepitoso alla batteria (e Jimmy Page che cerca di batterlo con la chitarra).
È un brano potente e con un testo ricco, dotto, carico di influenze da mitologia e poesia ma anche legato alla biografia dei componenti della band. In primis, Robert Plant: l’anno prima a Rodi aveva avuto un devastante incidente d’auto, la sua compagna Maureen aveva rischiato seriamente la vita e lui aveva rimediato la frattura del bacino dovendo a lungo stare in carrozzina, tutti i programmi della band erano stati sconvolti.

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05/10/1970: 51 anni del disco dei Led Zeppelin che trovò il mondo impreparato
e la Musa parlò...
e anche la Fenice...
Una data che bisognerebbe festeggiare ogni anno, e a maggior ragione se si spengono 51 candeline.
Incredibilmente però una parte abbondante della critica quel 5 Ottobre 1970 sostenne che qualcosa in quel supergruppo si fosse rotto.
La band giusto un anno prima pubblicando “Led Zeppelin II” era di fatto entrata nell’olimpo del rock.
Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham divennero i nomi che qualsiasi appassionato del genere doveva saper recitare a memoria, perché non si trattava solo di musica, si trattava di dare voce ad una generazione che aveva una terribile voglia di urlare il proprio malessere ma una claustrofobica sensazione di non essere ascoltata da nessuno.
Per questo motivo dietro l’hard rock e la psichedelia dei primi Led Zeppelin si nascondeva un mondo che finalmente si sentiva rappresentato; dietro le visionarie ritmiche di John Bonham, l’erotismo della voce di Plant, gli tsunami sonori di Page c’era una generazione che finalmente sapeva di esistere, e che soprattutto si sentiva meno sola.
Per questo un nuovo disco dei Led Zeppelin non era un evento come un altro e il minimo cambio di registro poteva essere visto come un tradimento verso tutti quelli che riuscivano a ritrovare il senso della propria esistenza dietro la loro musica.
La verità però è che molto semplicemente quando vivi un’epoca d’oro come quella vissuta dal gruppo tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, anche reinventandoti, innovando, sperimentando, sei fatalmente destinato a produrre qualcosa di incredibile.
“Led Zeppelin III” non è il disco che fa da ponte tra il II e il IV (che poi divenne il più grande successo del gruppo), il III è concepito come un manifesto di libertà espressiva, è un capolavoro che con gli anni ha messo d’accordo tutti, come solo i migliori dischi sono stati capaci di fare.
Su cosa si appoggiarono allora coloro i quali criticarono aspramente questa pubblicazione?
Si appoggiarono sul fatto che i Led Zeppelin erano i portavoce di una generazione arrabbiata, ma nel III vennero rispolverate delle sonorità folk e blues che misero in difficoltà tante persone che scrivevano di musica e che credevano di aver inquadrato bene il fenomeno “Led Zeppelin”. La conclusione di tutto ciò fu che la band venne accusata di essersi “rammollita” e di aver perso il furore sonoro dei primi lavori.
Chi sosteneva ciò non aveva evidentemente capito la portata del gruppo del quale stava scrivendo. Seppur il risultato di essere uno dei principali simboli della rivoluzionaria generazione sessantottina già fosse un grande traguardo, in realtà le pretese di Page e compagni erano molto più alte, l’obiettivo era quello di costruire qualcosa destinato a vivere per sempre.
Il disco nasconde tutta la complessità del gruppo che lo ha generato, è come una intricata figura tridimensionale che ripetutamente si rigira su se stessa senza chiudersi mai. Perché quando pensi di aver capito tutto dei Led Zeppelin, in realtà sei solo all’inizio.
“Led Zeppelin III” si apre con “Immigrant Song” che si presenta come una sorta di ouverture di un’opera lirica, il riff iniziale è uno dei più famosi della storia del rock, l’atmosfera teatrale che genera il brano ha portato il gruppo ad utilizzarlo come pezzo di apertura dei live, quasi una sorta di dichiarazione d’intenti, e l’intento stavolta è quello di alzare l’asticella.
“Friends” mette subito in chiaro che questo disco suonerà in modo differente, ai pomposi riff ai quali erano abituati i fan si sostituiscono delle sonorità completamente acustiche, i ritmi cadenzati trasportano l’ascoltatore in una serata di campagna con vino, canti popolari e barili al posto delle sedie. È un brano che riallaccia il gruppo alle sue tradizioni familiari, che sa di libertà e che riporta la musica alla sua ancestrale funzione di momento di condivisione. Non a caso l’ispirazione per i brani più acustici del disco Jimmy Page e Robert Plant l’hanno avuta in un periodo di isolamento dal caos della quotidianità in una montagna nel Galles.
La successiva “Celebration Day” sicuramente rassicura il fan più nostalgico, Page ritorna a perturbare l’ambiente generando un’onda sonora che viene abilmente cavalcata da Plant, sembrano tornati i vecchi Led Zeppelin.
Chi, arrivato a questo punto, avrà pensato di esser riuscito a decodificare il percorso artistico che vuole seguire la band nel disco verrà improvvisamente catapultato in una oscura palude priva di appoggi, in una enorme landa di sabbie mobili all’interno della quale è inevitabile cadere e sprofondare. Ma se cadere nel nulla significa ascoltare “Since I’ve Been Loving You”, io non voglio più rialzarmi.
Il capolavoro del disco senza ombra di dubbio, inizia come una ballata blues, sale di tono fino a mostrare le scale del paradiso, quelle che poi verranno narrate nel disco successivo in quella “Stairway to Heaven” che a detta di molti è la più bella canzone di tutti i tempi.
I due pezzi sembrano fatalmente legati all’immortalità, ti accompagnano passo passo senza lasciarti per mezzo secondo.
In “Since I’ve Been Loving You” non c’è nessun cambio brusco, tutto è perfettamente levigato, come fosse concepito da un vecchio fabbro, in una infinita serie di spirali concentriche che ti conducono lontano senza che tu manco ti fossi accorto di essere partito. Chi ascolta il brano viene passivamente trasportato lungo le sue morbide melodie che col tempo tendono ad articolarsi complicando sempre più la struttura ritmica, John Bonham dimostra ancora una volta di essere uno dei migliori percussionisti di sempre, Jimmy Page guida minuziosamente ogni passo armonico, ma nulla, chi ascolta questo pezzo non si accorge di nulla.
Si preme su “play”, iniziano i primi secondi e all’improvviso sono passati 7 minuti e mezzo di pura bellezza.
Con “Out of Tiles” i Led Zeppelin tornano a graffiare incendiando l’atmosfera ovattata generata dal brano precedente. “Gallows Pole” e “Bron-Y-Aur Stomp” ripropongono le melodie folk e blues inaugurate da “Friends”, stavolta aggiungendoci anche sonorità country, il rullante di Bonham scandisce quasi il rumore dei stivali che percuotono il pavimento in una festa di campagna.
“Tangerine” e “That’s the Way” portano ad un ulteriore cambio di passo, al dinamismo dei brani precedenti si oppone la dolcezza della melodia tracciata da Page e compagni, ancora una volta il gruppo mostra un’altra faccia del maestoso costrutto artistico costruito. Le sonorità stavolta sono distensive, Robert Plant indossa quasi le vesti di un cantastorie che accompagna gradualmente l’ascoltatore al finale del blues ipnotico di “Hats off To (Roy) Harper”.
Alla fine del disco ci si arriva quasi stanchi, come succede sempre quando si ascolta un capolavoro.
Il III dei Led Zeppelin è e sarà per sempre un manifesto di libertà artistica, oltre che di onnipotenza di un gruppo che ha cambiato irreversibilmente la musica degli anni 60 e 70 e che ha dettato i canoni di quella che si sarebbe prodotta successivamente, perché a partire da “Led Zeppelin III” nulla sarebbe stato più come prima.

Nel novembre 1970 Lester Bangs, uno dei critici musicali più famosi di sempre, diede inizio a al rapporto burrascoso tra i Led Zeppelin e Rolling Stone con questa recensione dell'album Led Zeppelin III.
Continuo a nutrire questa specie di odio-amore per i Led Zeppelin. In parte per via di un interesse genuino e per speranze indifendibili, in parte per la convinzione che nessuno di tanto rozzo possa essere così male, mi approccio a ogni nuovo album aspettandomi chissà cosa. Di sicuro non dei sottili rimandi ai monolitici Yardbirds, nemmeno esperimenti di vero blues, oppure chissà quale varietà di idee. Forse è solo che mi sembrano la versione anni Settanta del biblico Vitello d’oro.
Di tutte le band in circolazione, gli Zep sono davvero oggi: la loro musica è effimera come i fumetti della Marvel ma al contempo vivida come un vecchio cartone in Technicolor. Non sfida l’intelligenza o la sensibilità di nessuno, preferisce invece un impatto viscerale che assicurerà ai ragazzi una fama assoluta per molto tempo a venire. I loro album trasformano i rozzi attrezzi di quelle monotone blues band di bianchi in qualcosa di splendido nel suo insensibile schifo, come un film epico di Cecil B. DeMille. Se mi affido a così tante metafore visive e cinematografiche, è solo perché si prestano benissimo alla band. Non sono mai stato a un concerto degli Zep, ma alcuni amici (molti di loro sono il tipo di persona, devo ammettere, che ascolta tutto purché sia in condizioni pietose e a un volume inaudito) descrivono una fragorosa, indistinta onda di marea sonora che non assorbe ma avvolge per impedire ogni tipo di distrazione.
Il loro terzo album devia un pochino dal percorso tracciato dai primi due, anche se spesso e volentieri i pezzi sono acustici. La maggior parte di questi ultimi sembra normale materiale loro ma abbassato di decibel, mentre le incursioni più pesanti potrebbero tranquillamente essere pezzi esclusi da Zeppelin II. Anzi, la prima volta che ho ascoltato l’album il mio pensiero più concreto è stato il totale anonimato della maggior parte dei pezzi: nessuno potrebbe fraintendere la band, ma nessuno stratagemma riesce a emergere granché. Almeno non come ha fatto quella grandiosa e gioiosamente assurda eiaculazione vocale di Plant in stile orangutan che ha reso Whole Lotta Love un classico di basso livello. Immigrant Song ci arriva vicino, con i suoi ritmi bulldozer e i mugolii raddoppiati e senza parole di Bobby Plant che rimbombano dietro alla voce principale. Come una specie di coro cannibale che urla nella luce infernale di un selvaggio rito di fertilità. Di grandioso però, e qui sta il genio degli Zep, c’è che l’effetto finale è completamente bidimensionale e surreale. Potreste ascoltarlo, come ho fatto io, mentre guardate a volume zero una sacerdotessa pagana mentre si muove sulla danza rituale di Ka davanti all’altare sacrificale in fiamme di Fire Maidens Of Outer Space. E credetemi, gli Zep mi hanno fatto pulsare il sangue più freneticamente di quei ritmi tribali.
Sfortunatamente, quel che rimane dell’isteria di Z III è al contempo utile o troppo melodrammatico. Friends ha una buona base acustica un po’ amara, ma ci rinuncia dando tutto ai respiri striduli e monotoni di Plant. Rob, ascolta Iggy e gli Stooges.
Celebration Day e Out On The Tiles sono pezzi stampati in serie dagli Zeppelin che nessun fan potrebbe disprezzare e nessun altro potrebbe ascoltare facendo sforzo. Since I’Ve Been Loving You rappresenta invece la quota obbligatoria della lentissima e letalmente noiosa jam blues da sette minuti, e Hats Off to (Roy) Harper dedica un’insalata di bottleneck e scintillanti riverberi vocali a un menestrello inglese che, così mi è stato detto, va più verso alla tradizione dello spettacolo di varietà.
Uno scatto della risposta di Plant a questo simpatico personaggio.


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5 tracce vocali isolate per dimostrare che Robert Plant dei Led Zeppelin è il più grande cantante rock di sempre
È facile farsi prendere dalla brillantezza dei Led Zeppelin. Come outfit, sono sicuramente uno dei più potenti in circolazione. Includere il mercuriale maestro di chitarra Jimmy Page nei tuoi ranghi e le potenti percussioni di John Bonham e anche il ritmo dinamico di John Paul Jones , e hai delle credenziali serie. Ma forse il gioiello più luminoso di questa particolare corona è il talentuoso Robert Plant.
Il cantante della band sin dall'inizio (, Plant non è solo considerato un grande cantante ma gli stessi artisti che hanno scolpito la definizione di ciò che dovrebbe essere un cantante rock. Anche se non ci sono molti artisti comparativi nella scena rock odierna, Plant ha contribuito a gettare le basi dei cantanti ovunque con la sua gamma impressionante, la consegna fragorosa e la forma indiscutibile. Anche se giustamente visto come un membro integrante dei Led Zeppelin, Plant ha effettivamente influenzato l'intera industria musicale con il suo lavoro. Di seguito, stiamo esaminando cinque tracce vocali isolate per evidenziare quel talento.
Una delle più grandi band che abbia mai camminato sulla terra avrebbe sempre avuto bisogno di un cantante decente. Spesso visto come il punto focale della band, il ruolo del frontman è quello di essere un'arma puntata all'estremità della carica della band verso la celebrità. Per Plant, un cantante che non era solo appassionato del proprio mestiere e del suo perfezionamento, la vita di un cantante rock 'n' roll non era necessariamente tutto ciò che doveva essere. Con riccioli succulenti, un petto nudo e una performance potente, è facile lanciare Plant nel solito ruolo ma, la verità è che era sempre molto diverso.
Questo non vuol dire che il cantante non sia stato coinvolto nello stile di vita dei Led Zeppelin. In seguito all'esplosione della band sulla scena rock alla fine degli anni Sessanta, Plant, come il resto della band, fu inghiottita per un po 'dall'isteria. Ma, per fortuna, una cosa che il cantante ha sempre tenuto in prima linea nella sua vita è stata la sua arte. Plant si è sempre assicurato che le sue esibizioni fossero le migliori possibili, sia sul palco che in studio.
Di seguito, stiamo esaminando cinque tracce isolate che mostrano la portata del geniale lavoro di Plant. Anche se giustamente pensato all'archetipo del cantante rock, suggeriamo, ascoltando quanto segue, è il migliore in assoluto.
Robert Plant ha isolato le tracce vocali:
'Whole Lotta Love'
Una delle canzoni innegabilmente brillanti della band, "Whole Lotta Love" è intrisa della potenza vocale rock molto roca, ruggente e stravagante che porterebbe Plant allo status di leggenda. Sfrenato e inarrestabile, Plant usa ogni grammo del suo essere per offrire una delle migliori performance mai registrate.
La voce di Plant in "Whole Lotta Love" è ciò che lo distingue. È la performance di un cantante supremo, è una performance di proporzioni epiche, essenzialmente rende la traccia quello che è. Le affettazioni sulla sua voce forniscono alla canzone accenni di personalità, profondamente sessualizzati come sono, che altrimenti andrebbero persi. Si va dal ringhiante mammifero alla fenice urlante e ogni incarnazione nel mezzo. È un momento di trasformazione che vede il cantante volubile al suo meglio essenziale.
'Ramble On'
Tratto dall'iconico secondo album Led Zeppelin II , che il quartetto pubblicò nel 1969 con enorme successo, la visione di "Ramble On" era una fantasia di Robert Plant. Come molti altri artisti della sua età, il cantante si è ispirato al lavoro dello scrittore di fantascienza JRR Tolkein e con il brano fa riferimento al suo impatto su di lui.
Il cantante ha usato momenti in tutto il testo per esprimere la sua connessione, versi come "le profondità più oscure di Mordor" e "Gollum e il malvagio" sono entrambi i cappucci per lo scrittore. È una sezione di testi di cui Plant ha successivamente confessato di essere imbarazzato. Tuttavia, la performance vocale non è qualcosa di cui dovrebbe mai vergognarsi in quanto contraddistingue Plant come una delle migliori.
Whichever way you feel about it, one thing that can’t be denied is Plant’s imposing vocal performance for the track. Plant had millions fall weak at the knees for his gravel toned screech of the band’s early efforts. However, on ‘Stairway’, he returns to a vulnerable and tender sound that showed the world he was capable of far more than offered in Led Zeppelin—it truly his one of his finest ever performances.
In qualunque modo la pensi, una cosa che non si può negare è l'imponente performance vocale di Plant per la traccia. Plant ha fatto cadere milioni di persone deboli alle ginocchia per il suo stridio dai toni ghiaiosi dei primi sforzi della band. Tuttavia, in "Stairway", ritorna a un suono vulnerabile e tenero che ha mostrato al mondo che era capace di molto di più di quanto offerto in Led Zeppelin: è davvero una delle sue migliori performance di sempre.
"Heartbreaker"
Il brano è tratto dal disco del 1969 Led Zeppelin II della band ed è attribuito a tutti e quattro i membri della band, un'impresa notevole e che suggerisce un'ineguagliabile unità all'interno del gruppo. Ha anche mostrato il rispetto che ciascuno dei membri del gruppo aveva l'uno per l'altro. Il talento in mostra in uno studio dei Led Zeppelin deve essere stato piuttosto imponente, ed è in canzoni come questa che vediamo il rispetto che hanno l'uno per l'altro.
Sebbene la canzone contenga certamente uno dei più grandi riff rock della storia, ampiamente interpretato da Jimmy Page, il vero tesoro della traccia arriva con l'iconica performance vocale di Plant. Anche se il lamento di un cantante rock è diventato un luogo comune durante gli anni settanta, va ricordato che Robert Plant ha gettato quelle basi molto tempo prima.
Quando i Led Zeppelin pubblicarono Led Zeppelin III nel 1970, è probabile che molte persone si aspettassero che fallissero. Avevano prodotto due dischi eccezionali e nessuno pensava che il loro treno espresso verso la vetta potesse continuare a sbuffare così di cuore. Ma, come sappiamo ora, la band ha fatto proprio questo e ha regalato uno dei momenti più belli e sottovalutati della loro carriera. È stato attraverso canzoni come la magnifica "Since I've Been Loving You" che possiamo sentire la loro evoluzione.
Sempre preoccupato per la sua arte, anche il tono di Plant è leggermente diverso. Non solo dipendeva dal lamento ghiaioso che era diventato così adorato, ma Plant usò anche il disco per mostrare i suoi momenti più teneri.

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https://www.virginradio.it/news/rock-news/1296786/led-zeppelin-jimmy-page-svela-il-titolo-originale-di-stairway-to-heaven-ecco-perche-la-chiamammo-cosi.html?fbclid=IwAR3BVX7e3UFM1dvaj0oExc9XD19JCYjZS0j8WtyRgXSNT6oT4aMZJVxfeiY

LED ZEPPELIN, JIMMY PAGE SVELA IL TITOLO ORIGINALE DI STAIRWAY TO HEAVEN: "ECCO PERCHÉ LA CHIAMAMMO COSÌ"

In occasione del cinquantesimo anniversario di Led Zeppelin IV il chitarrista ha raccontato le fasi di lavorazione del 1971 ad Headley Grangeimmy Page, John Paul Jones e Robert Plant hanno ricordato Led Zeppelin IV in occasione del cinquantesimo anniversario della sua uscita, (è stato pubblicato il 8 novembre 1971). Un disco senza titolo, senza nome, con quattro simboli misteriosi al posto dei nomi della band e una foto enigmatica in copertina. Sembra un suicidio discografico, invece vola al numero uno in classifica in Inghilterra, al numero due in America e vende fino ad oggi 32 milioni di copie.

«I nomi delle band e i titoli del dischi non hanno alcun senso: cosa vuol dire Led Zeppelin? Niente! L’unica cosa che conta è la musica» dice Jimmy Page presentando il disco alla stampa. Per registrare Led Zeppelin IV i Led Zeppelin cominciano a lavorare agli Island Studios di Londra nel dicembre 1970, poi decidono di isolarsi da tutto e scelgono Headley Grange, una antica casa sperduta nelle campagne del Galles dove restano quattro mesi, suonano in continuazione e costruiscono il monumento del rock’n’roll anni settanta: il martello di John Bonzo Bonham, gli arrangiamenti di John Paul Jones, la chitarra di Jimmy Page e la voce di Robert Plant. In una nuova intervista con la rivista Mojo, Jimmy Page ha raccontato di aver guidato la band in una vera immersione nel suono e nell’atmosfera dei Led Zeppelin: «Non c’erano distrazioni, non c’era il pub, niente di niente» ha detto, «Dovevamo stare lì per mangiare, dormire, e lavorare. Ma non è che andassi in giro con la frusta. C’era una specie di corrente magica che attraversava quel posto e che è finita nel disco».

«Headley Grange era un posto freddo, sporco e puzzolente» ha raccontato John Paul Jones, «Ma un giorno Jimmy e Robert  sono arrivati dalle montagne con l’intro di chitarra e la prima strofa di una canzone davvero speciale. Ci siamo seduti davanti al camino e abbiamo cominciato a costruirla».

Il primo titolo di quel pezzo è Cow and Gate, perché Robert Plant si è appena comprato una fattoria. «Non suonava come nessuna altra cosa che avessimo sentito fino a quel momento» ha detto Jimmy Page.

I Led Zeppelin lavorano alle diverse sezioni e Cow and Gate diventa il pezzo forse più famoso nella storia del rock, Stairway to Heaven.

Otto minuti, un crescendo dal folk al blues all’hard rock, un assolo leggendario (suonato con una Fender Telecaster e non con la Gibson Les Paul che Page usa in tutto il disco) e tutto il misticismo degli anni ’70: «Tutti i musicisti vogliono fare qualcosa che duri per sempre, noi abbiamo fatto questo» ha detto Jimmy Page a proposito di Stairway to Heaven «Non so se potrò mai suonare meglio di così». 


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Led Zeppelin: John Paul Jones svela il titolo provvisorio originale di ‘Stairway to heaven’
Per celebrare il 50esimo anniversario del quarto album in studio della leggendaria band britannica, Jimmy Page, Robert Plant e John Paul Jones ripercorrono la realizzazione del disco
Il prossimo 8 novembre sarà il cinquantesimo anniversario dell’uscita del quarto album in studio dei Led Zeppelin. Per celebrare i 50 anni di “Led Zeppelin IV”, in una nuova intervista per la rivista Mojo i componenti ancora in vita della leggendaria band britannica - Jimmy Page, Robert Plant e John Paul Jones - hanno ripercorso la realizzazione del disco originariamente pubblicato nel 1971 svelando anche il titolo provvisorio originale di “Stairway to heaven”, riconosciuta ancora oggi come una delle più iconiche canzoni del gruppo e del rock.
Dopo aver dato via alle registrazioni di “Led Zeppelin IV” presso gli Island Studios di Londra nel dicembre 1970, i Led Zeppelin si spostarono a Headley Grange, una villa di fine Settecento nelle campagne dell’Hampshire dove già si tennero parte delle sessioni del terzo album del gruppo, utilizzando lo studio mobile dei Rolling Stones prima di tornare negli studi londinese a febbraio del 1971.
"Headley Grange era un posto freddo, umido, sporco e puzzolente", ha narrato John Paul Jones a margine della chiacchierata con Mark Blake di Mojo - come ripreso da Loudersound - ricordando la magione scelta dalla band britannica per lavorare al suo quarto disco senza distrazioni.
Ha aggiunto: “Ricordo di essere entrato nella mia stanza e di aver pensato: ‘Davvero?’ Ho dovuto rubare la stufa elettrica a qualcuno”. Al bassista dei Led Zeppelin ha fatto eco Jimmy Page che, in tono scherzoso ha chiesto: “Perché John si sta lamentando?”. Ha aggiunto: “Eravamo lì per lavorare. Headley era un po' austero. Ma non c’erano distrazioni come: 'Sballiamoci o andiamo al pub a ubriacarci'. Quella non era la nostra ragion d’essere, era piuttosto ‘mangiare, dormire, lavorare’. Ma non è che andassi in giro con stivali e frusta. C’era una specie di corrente magica che attraversava quel posto e che è confluita nel disco”.
Nel corso dell’intervista concessa a Mojo, inclusa in versione integrale nel nuovo numero della rivista, John Paul Jones e Jimmy Page hanno anche parlato della stesura di “Stairway to heaven”.
“Jimmy disse: ‘Ho questo pezzo con varie sezioni’”, ha ricordato il bassista: “Mi sono seduto al pianoforte elettrico e abbiamo capito dove dovesse andare il pezzo. Il motivo di orgoglio è che non suonava come nessun altra cosa”. Dopo aver rivelato che il titolo provvisorio originale di “Stairway to heaven” era “Cow and gate”, poiché Robert Plant all’epoca aveva recentemente acquistato una fattoria, John Paul Jones ha lasciato la parola a Page che, ricordando anche il compianto batterista dei Led Zeppelin John Bonham scomparso nel 1980, ha narrato: “John Paul e io ci abbiamo lavorato prima di provare con John Bonham. Gran parte della musica precede l’ingresso di John. È una rivelazione lenta. Per tutto il tempo, Robert ascoltava e scriveva. Poi ha iniziato a cantare e ha scritto la maggior parte dei testi. È stato un momento d’ispirazione per tutti".
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22 ottobre 1969 LED ZEPPELI II
ringrazio Pier Paolo Farina..che appoggio in questo suo emozionante commento..non ci siamo sentiti a voce ma siamo in sintonia emozionale..Grazie ancora carissimo..
io adoro questo album..ma adoro tutto quello che i LED mi hanno regalato..LA MAGIA..quella emozionale che non è terrena è oltre l'immaginabile💞💞
Il riff teso e urgente di “Whole Lotta Love” subito in apertura comunica istantaneamente, oggi come sempre, quel sentore di sospensione, di sensuale attesa. Quando dopo poche battute la chitarra viene raggiunta e sostenuta dal basso, il tema da insinuante e provocante diviene potente e drastico. Poi arriva la sirena di Plant che attacca a cantilenare il suo richiamo sessuale, spavaldo e assai spiccio, e l’atmosfera è bella che surriscaldata, manca solo il formidabile treno di piatti e pelli di Bonzo Bonham (in arrivo al primo ritornello) perché la frittata sia completa.
Comincia così, coi quattro musicisti che si presentano uno in fila all’altro in un fantastico incipit, uno degli album perfetti (a giudizio pressoché unanime) della storia del rock. Quando esce l’album è passato solo un anno dalla sera che i quattro si erano ritrovati per la prima volta a suonare insieme, e Page per rompere il ghiaccio aveva attaccato il classico “Train Kept A Rolling”… E il ghiaccio si frantumò, letteralmente, mentre gli altri tre gli andavano dietro facendo esplodere la stanza! Alla fine di quella prima serata di prove erano con le lacrime agli occhi per la gioia e le mani che tremavano per l’emozione.
Per tutto quel 1969 il loro manager li aveva massacrati di serate ed impegni e loro, giovani gasati e ambiziosi, non chiedevano di meglio da giovani virgulti posseduti dal sacro fuoco rock: continue tournèe negli Stati Uniti, in Scandinavia, in Inghilterra, apparizioni televisive e promozionali, fu così che nacque questo disco. Nei ritagli di tempo, provato e composto durante i soundcheck prima dei concerti e registrato a spizzichi e bocconi in studi diversi di nazioni diverse, spesso in pura emergenza (in un’occasione senza neanche disporre di cuffie per un adeguato ascolto durante le sessions).
Tutta la forza, l’energia, la voglia del Dirigibile in vertiginosa ascesa sono convogliate in nove tracce brillanti e vivide, spettacolari ed epidermiche, istintive e dirette in cui prende piena consistenza la magica alchimia fra il profondo e fascinoso chitarrista Page, l’anarchico e strepitoso cantante Plant, l’attacco senza pietà del batterista Bonham ed il sottile e intelligente complemento del pluristrumentista John Paul Jones.
Descrivere puntualmente ancora "Whole Lotta Love” o gli altri quattro, cinque, sei superclassici contenuti in quest’opera potrebbe rivelarsi noioso ai più, e allora osserviamo, ad esempio, che questo è l’album degli Zeppelin dove brilla maggiormente il talento di John Paul Jones, ammirevole nella linea di basso delle strofe di “What Is And What Should Never Be”, nel suo lavoro in primissimo piano, semi-solista, su “Lemon Song” contornato dai lamenti di Page e di Plant che gli cedono per molte battute tutto lo spazio, nella geniale cucitura fra gli staccati di Page nelle strofe di “Heartbreaker” ed infine nell’altra inimitabile, lunghissima linea di basso delle strofe di “Ramble On".
E che dire dell’assoluta consistenza di due brani, i già nominati “What Is And What Should Never Be” e “Ramble On”, forse meno celebrati degli altri probabilmente solo perché ebbero scarsa presenza nelle scalette dei loro concerti (specie il secondo): sono entrambi fra le cose migliori mai fatte dal gruppo. Del primo mi piace sottolinearne lo splendido assolo di slide guitar, così sixties col suo carico di riverberi, e del secondo rimane impagabile l’assoluta dinamica, con voce e strumenti prima sinuosi e poi guidati dall'eco di pieni e vuoti della voce di Plant che ci mette una foga fantastica: fulminanti!
Ciascuno ha il suo preferito all’interno della discografia Zeppelin, il primo perché… è il primo! E' la scoperta, la novità, la bomba, il verbo hard rock che ti apre un mondo… Altri preferiscono i misteri e il fascino obliquo del terzo, altri ancora il quarto perché, beh c’è “Stairway To Heaven” e tanto basta, alcuni si spingono fino a “Physical Graffiti” perché è “tanto”, è vario, monumentale, enciclopedico. Ma la maggior parte dei zeppeliniani credo punti il dito su questo secondo, il più potente, il più veloce, il più istintivo. In una parola, spartiacque.
ringrazio Pier Paolo Farina..che appoggio in questo suo emozionante commento..non ci siamo sentiti a voce ma siamo in sintonia emozionale..Grazie ancora carissimo..
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I nomi dei volti presenti nella copertina dell’album Led Zeppelin II

Da sinistra: Richard Cole, road manager dei LZ, il blueman Blind Willie Johnson, non si sa, Peter Grant manager dei LZ, l’attrice Glynis Johns in onore del tecnico del suono Glyn Johns (o forse la modella di Andy Warhol, Mary Woronof, conosciuta anche come Ultra Violet), l’astronauta Frank Borman (creduto erroneamente Louis Armstrong dall’ideatore della copertina David Juniper), l’ultimo in piedi è il batterista del gruppo John Bonham.
Seduti: Jimmy Page, Robert Plant e John Paul Jones.
La foto è ricalcata da una storica che immortala una divisione della forza aerea tedesca della Prima guerra mondiale, la Jasta 11 (abbreviativo di Jagdstaffel, squadriglia da caccia) poi ribattezzata il Circo Volante guidato da Manfred von Richthofen, alia Il Barone Rosso.
Io per anni ho ceduto che la donne fosse un uomo, anzi che fosse il poeta Algernon Swinburne: un altro difetto del possedere il cd con la sua copertina piccola, a differenza del vinile.

Jim Tatano






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‘Led Zeppelin II’, il capolavoro del rock

Oggi nel 1969 usciva un disco con cui Jimmy Page e soci avrebbero scritto la storia della musica, da ‘Whole Lotta Love’ a ‘Bring It On Home’

Sul secondo disco si sente l’identità della band che si afferma», ha detto Page. Se il primo album è stato registrato in tre settimane dopo un solo tour di due settimane iun Scandinavia, Led Zeppelin II nasce nel corso di sei mesi di tour tra Londra, New York, Vancouver e Los Angeles, con la band che si porta dietro i nastri master anche in nave. «È stato folle», ricorda Page, «non avevamo tempo e scrivevamo le canzoni nelle stanze d’albergo. Quando è uscito l’album ero veramente stufo, non lo sopportavo più. Lo avevo ascoltato così tante volte in così tanti posti diversi, avevo perso fiducia». In realtà è uno dei dischi più grandi, potenti e osceni di sempre, con le radici piantate sia nel blues del Delta che in quello di Chicago, nella psichedelia anni ’60 e in una dinamica musicale capace di andare dalla delicatezza alla cattiveria pura.

Dal caos apocalittico di Whole Lotte Love al riff veloce come un proiettile di Heartbreaker fino al blues impazzito di Bring It on Home. «Sono state le prime canzoni scritte espressamente per la band», ha detto Page allo scrittore Mick Wall, «musica fatta su misura per gli elementi a disposizione. Sapevo per esempio che Bonzo avrebbe cominciato a pestare a un certo punto e quindi gli davo l’occasione per farlo». Meno di quattro mesi dopo l’album di debutto, uscito nel gennaio del ’69, la Atlantic Records sta già incitando la band a pubblicare altro materiale in tempo per il Natale. Ad aprile i Led Zeppelin entrano agli Olympic Studios con il tecnico del suono George Chkiantz. Whole Lotta Love è una delle prime cose che registrano, un pezzo costruito intorno a un riff che Page inventa durante una delle loro esecuzioni dal vivo da 15 minuti di As Long As I Have You, con Plant che prende il testo direttamente da You Need Love, un pezzo registrato da Muddy Waters nel ’62.

La finiscono a New York con Eddie Kramer, tecnico del suono di Hendrix, che aiuta a realizzare la terrificante sezione di mezzo incorporando una varietà di suoni: la chitarra slide di Page mixata al contrario, un misterioso theremin, un orgasmo femminile e un’esplosione di napalm. «È quello che la psichedelia sarebbe diventata se fosse riuscita ad arrivare fino a lì». Gli assoli di chitarra vengono registrati nei corridoi dello studio, Bonham suona la parte di percussioni di Ramble On su una custodia della chitarra, lo sgabello della batteria o un cestino della spazzatura (nessuno se lo ricorda) e il suo momento più importante, l’assolo di Moby Dick, viene costruito mettendo insieme diverse registrazioni fatte in vari studi separatamente.

Jimmy Page dei Led Zeppelin. Foto di Robert Knight Archive/Redferns

Jimmy Page dei Led Zeppelin. Foto di Robert Knight Archive/Redferns

La registrazione è fatta in questo modo personalizzato, ma il risultato è pienamente realizzato. What Is and What Should Never Be usa il missaggio in stereo per far rimbalzare la chitarra di Page e il grido di Plant da una cassa all’altra, come in un bad trip sotto acido. The Lemon Song, la loro versione di Killing Floor di Howlin’ Wolf, viene registrata dal vivo con un cambio di tempo tra frenetico e calmo apparentemente senza soluzione di continuità, mentre Plant grida la famosa frase: “Spremi il mio limone finché il succo non gocciolerà dalle mie gambe”Thank You, un canto folk immerso nel suono dell’organo di Jones e nella chitarra a dodici corde di Page, è uno dei primi pezzi scritti da Plant, dedicato alla moglie. È un periodo di intensi cambiamenti: in meno di un anno, la band passa da girare in macchina in Inghilterra sotto la neve per andare a fare concerti a passare settimane allo Chateau Marmont, guardare gli show di Elvis a Las Vegas in prima fila e passare il tempo con l’elite delle groupie di Los Angeles, le leggendarie GTO.

In mezzo a tutto questo caos, tuttavia, i Led Zeppelin riescono a rimanere concentrati e a lavorare affannosamente. Page è un perfezionista dello studio che si oppone a ogni forma di distrazione. A luglio, subito dopo la festa per il disco d’oro vinto da Led Zeppelin al Plaza Hotel di New York, convoca la band in studio per registrare. «C’era la necessità di stare in America», ha detto Bonham, «mi ricordo che siamo usciti dall’aeroporto per incontrare le nostre mogli, le abbiamo accompagnate in hotel e poi siamo andati direttamente in studio a registrare Bring It on Home. Abbiamo trascorso la maggior parte dell’anno così». «Potevo vedere le conseguenze della fatica in Jimmy», ha detto Richard Cole a proposito delle session di registrazione a Londra, «aveva il volto tirato, le occhiaie sempre più profonde, e ha cominciato a fumare più del solito». Una fatica che viene ripagata. Persino Living Loving Maid (She’s Just a Woman), un pezzo rock che Page ha detto di aver scritto a proposito di “una donna degenerata di una certa età che cerca in tutti i modi di essere giovane” e che definirà come la canzone dei Led Zeppelin che gli piace di meno, ha una qualità innegabile. In agosto la band finisce di registrare, e Page e Kramer mixano il disco in due giorni agli A&R Studios di New York usando un mixer Altec a 12 piste: «Il più primitivo che si possa immaginare», come ha detto Kramer.

Led Zeppelin II esce il 22 ottobre del 1969 e vende tre milioni di copie in sei mesi, superando Abbey Road dei Beatles al n.1 in classifica. Whole Lotta Love arriva al n.4 in America nel gennaio del 1970, anticipando l’heavy metal di un decennio. «Tutta la nostra vita è cambiata», ha detto Page, «in un modo così rapido che non eravamo certi di riuscire a gestirlo».





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Led Zeppelin II: Il martello degli dei

https://www.900letterario.it/musica/led-zeppelin-martello-dei/

Il secondo album è sempre il più difficile. Non sempre e non per tutti. In questo caso il dirigibile più famoso del rock si stacca da terra e prende il volo. Dopo un ottimo debutto, nel 1968, con l’album omonimo, i Led Zeppelin, nati quasi per caso dalle ceneri degli Yardbirds, smettono di essere una buona band per vestire i panni di demiurghi dell’hard rock. E come fanno? Semplice, elevando il blues all’ ennesima potenza. Distorcono le chitarre, accelerano i ritmi, sporcano i suoni, ispessiscono il basso e ingigantiscono le percussioni. Il risultato è una miscela esplosiva su cui si innesta una voce stridula e acuta che non esita a dissertare su temi considerati tabù, uno su tutti: il sehttps://legendarycover.it/le-canzoni-parlano-led-zeppelin-ii-now-flying/sso. Led Zeppelin II è carne e sangue, amo


Dall ’indiavolato balbettio di Jimmy Page in Whole Lotta Love, al rombo tonante di John Bonham in Moby Dick, passando per l’incandescente riff di Heartbreaker”, la sorprendente tenerezza di Thank You”, o gli incredibili fraseggi di John Paul Jones in Lemon Song”, il gruppo non fa sconti. Registrato in tour, nei ritagli di tempo tra una data e l’altra, è un album che fa dell’immediatezza il suo punto di forza. Non è il cervello, infatti, ad essere colpito, ma lo stomaco e l’anima di chiunque ne entri in possesso. C’è poco da capire o da decifrare. Bisogna ascoltarlo più col cuore che con la testa. E’ necessario lasciarsi trasportare dal ritmo travolgente e dall’ululato selvaggio di Robert Plant, per entrare definitivamente nel fantastico mondo degli Zep.

Considerato immediatamente “un classico”, Led Zeppelin II mise immediatamente d’accordo pubblico e critica arrivando a scalzare dai primi posti in classifica nientemeno che Abbey Road”, l’ultimo grande capolavoro dei Beatles. Agli inizi del 1970, ne furono vendute tre milioni di copie solo negli Stati Uniti. L’immenso successo di un album così decisamente in controtendenza con le mode musicali del momento (siamo nel 1969, l’anno di Woodstock, della psichedelia e del flower power), dimostra, senza ombra di dubbio, il suo valore intrinseco, capace di trascendere rigide classificazioni stilistiche e gusti musicali. Le sue eco, infatti, sono ovunque.

La Gibson Les Paul di Page o la batteria mastodontica di Bonham sono, ormai, delle vere e proprie icone. Il look e lo stile di Plant hanno contribuito a concettualizzare e definire il termine rockstar. Da questo momento in poi, decine di gruppi hanno cercato, per tutta la vita, di somigliare, anche solo lontanamente ai Led Zeppelin. AC/DC, Van Halen, Bon Jovi, Guns ‘N’ Roses, Aerosmith e Iron Maiden, solo per citarne alcuni, hanno a più riprese ammesso l’enorme importanza che quest’album ha avuto per le loro carriere. Page & Co. in futuro non scriveranno più pezzi così eccitanti e travolgenti. Certo, scriveranno altri capolavori ma non avranno la stessa furia e lo stesso suono delle tracce contenute nel loro secondo disco. E’ considerato il lavoro più duro e “virile” della band, ma nel contempo il più seminale e influente.

Qui, d’altronde, c’è già tutto: le radici blues, i sentori psichedelici, le divagazioni tolkeniane, i richiami folk, le love ballad,  perfettamente amalgamati ed eseguiti con tecnica stupefacente ed incredibile potenza. In altre parole la rabbia, gli istinti animaleschi, i punti deboli e l’energia dei Led Zeppelin catturati da un microfono e distillati in nove magnifici brani. E’ il manifesto programmatico di gran parte del rock che verrà negli anni successivi; “le  tavole della legge” per una intera corrente musicale che da quel momento prenderà il nome di hard rock per evolversi, poi, in heavy metal (e suoi derivati). Negli anni, schiere di ascoltatori e di musicisti si sono confrontati con gli standard zeppeliniani qui contenuti cercando di riprodurne i riff funambolici ed i vocalizzi inarrivabili, a dimostrazione che, a trentaquattro anni dallo scioglimento, gli Zep continuano a solcare cieli talmente alti che solo il loro dirigibile è in grado di raggiungere.


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È il disco dei Led Zeppelin con le canzoni più spinte. È un album molto diretto e senza simboli, perché i simboli, quelli che metteranno i quattro ragazzi ancora più in discussione e che faranno credere a una maledizione nei loro confronti, verranno fuori pochi mesi dopo.

Led Zeppelin II, per il colore della sua copertina e il gruppo di persone con il dirigibile sullo sfondo, è chiamato il bombardiere marrone dai fans.

TESTI E TRADUZIONI DEI BRANI










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Jimmy Page ha detto che la reunion del Live Aid del 1985 dei Led Zeppelin è stata "davvero non molto intelligente"

Jimmy Page Festival della letteratura di Cheltenham 2021
(Festival di YouTube/Cheltenham)

Jimmy Page ha detto che riunire i Led Zeppelin per esibirsi al Live Aid il 13 luglio 1985 "non è stato molto intelligente".

Parlando al Cheltenham Literature Festival il 13 ottobre per promuovere il suo libro del 2020 "Jimmy Page: The Anthology " , Page ha incolpato Phil Collins, che ha suonato la batteria per l'esibizione del 1985 insieme a Tony Thompson, come uno dei motivi per cui i Led Zeppelin si sono comportati male.

Page ha detto che i Led Zeppelin erano "nei guai seri" dopo che un batterista ha lottato per imparare la canzone di apertura, "Rock And Roll", secondo un rapporto del Times .

"Il batterista non è riuscito a ottenere l'inizio del 'Rock And Roll", ha detto Page durante il festival, secondo The Times, "quindi eravamo davvero nei guai con questo."

Secondo quanto riferito, Page ha affermato che la riunione del 1985 "non è stata davvero molto intelligente". Ha fatto riferimento alla reunion del 1985 come a uno dei "due sfortunati incidenti", presumibilmente inclusa la reunion dei Led Zeppelin il 14 maggio 1988 per il quarantesimo anniversario dell'Atlantic Records.

Come Phil Collins ricorda il Live Aid

Collins ha condiviso le sue opinioni sulla performance del 1985 nella sua autobiografia del 2016 "Not Dead Yet" e in un'intervista del 2017 con Classic Rock Magazine .

“I Led Zeppelin non permetteranno che la performance sia inclusa nel DVD ufficiale del Live Aid. Perché, ovviamente, se ne vergognavano", ha scritto Collins nella sua autobiografia. “E scopro che di solito sono io la colpa per questo. Non poteva essere colpa dei santi Led Zep. È stato quel tizio che è venuto sul Concorde che non ha fatto le prove. Era lui il colpevole. Quella esibizione".

"Siamo usciti e siamo stati intervistati da MTV", ha detto Collins a Classic Rock Magazine nel 2017, "e Robert è un diamante, ma quando quei ragazzi si riuniscono appare una nuvola nera. Poi Page dice: "Un batterista era dall'altra parte dell'Atlantico e non sapeva le cose". E mi sono incazzato. Forse non lo sapevo bene come avrebbe voluto che lo sapessi, ma… sono diventato l'ammiraglia, e sembrava che mi stessi mettendo in mostra”.

"Ho parlato con Tony Thompson", ha anche detto Collins alla rivista, "perché ho suonato molto come due batteristi e può essere un disastro ferroviario - e io dico: 'Restiamo lontani l'uno dall'altro e suoniamo semplice.'"

“Thompson, pace all'anima sua, aveva provato per una settimana, e sto per rubargli il tuono – il famoso batterista è arrivato! – e ha fatto quello che voleva fare. Robert non era all'altezza. E se avessi potuto andarmene, l'avrei fatto, perché non ero necessaria e mi sentivo un pezzo di ricambio".

Scrivendo nella sua autobiografia, Collins ha accusato Thompson di ignorare i suoi consigli. “Sul palco non distolgo gli occhi da Tony Thompson. Sono incollato a lui. Devo seguirlo: sta prendendo il comando con la mano pesante e ha scelto di ignorare tutti i miei consigli".

“Mettendomi nei suoi panni, probabilmente starà pensando: 'Questo è l'inizio di una nuova carriera. John Bonham non c'è più. Vorranno qualcuno. Questo potrebbe essere l'inizio di una reunion dei Led Zeppelin. E non ho bisogno di questa stronza inglese sulla mia strada.'

“Non lo sto giudicando, che Dio l'abbia in pace. Thompson era un batterista fantastico. ma era molto scomodo, e se avessi potuto lasciare quel palco, l'avrei lasciato a metà di 'Stairway...' se non prima”.

Jimmy Page sulla reunion dei Led Zeppelin nel 2007

Page ha anche detto al festival della letteratura che i Led Zeppelin si sono assicurati di provare a fondo prima dello spettacolo di reunion della band a Londra il 10 dicembre 2007.

"Se dovevamo alzarci in piedi ed essere contati, dovevamo fare un lavoro adeguato", secondo quanto riferito. “Penso che sia stato un concerto superbo. Ci sono stati momenti in cui mi si rizzavano i capelli mentre suonavamo. Sfortunatamente è stato solo uno spettacolo.”

Page ha detto all'evento che era stato particolarmente nervoso per l'esibizione della reunion del 2007. "Molto di più potrebbe andare storto", ha detto. "Non volevo essere io a commettere l'errore".

Page ha parlato all'evento per promuovere il suo libro del 2020 "Jimmy Page: The Anthology". Al festival sono state vendute edizioni speciali del libro che includevano un ex libris esclusivo e una tote bag.

Page è stato intervistato sul palco dal capo critico rock e pop del Times Will Hodgkinson. Non ci sono state domande e risposte del pubblico.


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Robert Plant ha parlato di "Kashmir" in una clip della sua prossima intervista televisiva

(YouTube/AXS TV)

Robert Plant ha detto che "Kashmir" è una delle sue canzoni preferite dei Led Zeppelin in una clip della sua prossima intervista con Dan Rather.

"Beh, è ​​stato un grande risultato", ha detto Plant quando gli è stato chiesto se "Kasmir" è la sua canzone preferita dei Led Zeppelin, "prendere un pezzo musicale così mostruosamente drammatico e trovare un testo che fosse abbastanza ambiguo e una consegna che non avrebbe superato... pompato.”

"Era quasi come se l'antitesi della musica fosse questo tipo di testo e questa consegna vocale che era appena sufficiente per entrare lì, sai."

Piuttosto ha chiesto a Plant se "Kashmir" è davvero la sua canzone preferita di tutti i tempi dei Led Zeppelin.

"Beh, voglio dire, c'era una tale varietà di canzoni che immagino che avrei dovuto seguire", ha detto Plant. “Oggi dovrei dire di sì”.

"Domani forse qualcos'altro?" Piuttosto chiesto.

"Sì, esattamente", ha risposto Plant.

Plant sarà intervistato in un episodio di "The Big Interview with Dan Rather" su AXS TV alle 21:00 ET il 13 marzo. L'episodio è il primo della sesta stagione dello show.

Lo spettacolo era stato programmato per essere trasmesso il 27 febbraio, ma  AXS TV ha annunciato il 18 gennaio  che era stato posticipato al 13 marzo.


Il comunicato stampa per lo spettacolo riprogrammato include un breve riassunto degli argomenti trattati da Plant:

“Durante la discussione intima, Plant si apre sulla sua infanzia nella Gran Bretagna del secondo dopoguerra e sulla tragica perdita di suo figlio di cinque anni; condivide i suoi pensieri sugli standard dei Led Zeppelin "Kashmir" e "Stairway To Heaven"; e spiega come ha adattato la sua voce caratteristica nel corso degli anni".


Un'altra clip del prossimo episodio è inclusa nell'inizio del video teaser 2018 di AXS TV su YouTube. "Se uno cercasse sesso, droga e rock and roll... probabilmente una foto dei Led Zeppelin", dice Rather nel video. "È molto gentile da parte tua", risponde Plant.

https://youtu.be/JGZpJuy4Wf4

https://youtu.be/DO-uJcFHcHg

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È stata pubblicata una registrazione inedita dei Led Zeppelin che si esibivano a Detroit nel 1972

YouTube/YeOldeRoc

Una registrazione del pubblico inedita dei Led Zeppelin che si esibivano a Detroit il 6 giugno 1972 è stata recentemente pubblicata online.

La registrazione è stata rilasciata direttamente online in modo ufficioso, non attraverso un'etichetta bootleg.

Non sono emerse altre registrazioni dello spettacolo, sebbene la prima metà dello spettacolo manchi dal nastro.

La registrazione è stata caricata su YouTube:

https://youtu.be/0fFUBeEKL4Y

Ecco la scaletta della nuova registrazione:

  • Bron-Y-Aur Stomp
  • Disorientato e confuso
  • Cos'è e cosa non dovrebbe mai essere
  • Moby Dick
  • Tutto Lotta Love
  • Rock and roll
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‘Led Zeppelin II’, il capolavoro del rock

Oggi nel 1969 usciva un disco con cui Jimmy Page e soci avrebbero scritto la storia della musica, da ‘Whole Lotta Love’ a ‘Bring It On Home’

Sul secondo disco si sente l’identità della band che si afferma», ha detto Page. Se il primo album è stato registrato in tre settimane dopo un solo tour di due settimane iun Scandinavia, Led Zeppelin II nasce nel corso di sei mesi di tour tra Londra, New York, Vancouver e Los Angeles, con la band che si porta dietro i nastri master anche in nave. «È stato folle», ricorda Page, «non avevamo tempo e scrivevamo le canzoni nelle stanze d’albergo. Quando è uscito l’album ero veramente stufo, non lo sopportavo più. Lo avevo ascoltato così tante volte in così tanti posti diversi, avevo perso fiducia». In realtà è uno dei dischi più grandi, potenti e osceni di sempre, con le radici piantate sia nel blues del Delta che in quello di Chicago, nella psichedelia anni ’60 e in una dinamica musicale capace di andare dalla delicatezza alla cattiveria pura.

Dal caos apocalittico di Whole Lotte Love al riff veloce come un proiettile di Heartbreaker fino al blues impazzito di Bring It on Home. «Sono state le prime canzoni scritte espressamente per la band», ha detto Page allo scrittore Mick Wall, «musica fatta su misura per gli elementi a disposizione. Sapevo per esempio che Bonzo avrebbe cominciato a pestare a un certo punto e quindi gli davo l’occasione per farlo». Meno di quattro mesi dopo l’album di debutto, uscito nel gennaio del ’69, la Atlantic Records sta già incitando la band a pubblicare altro materiale in tempo per il Natale. Ad aprile i Led Zeppelin entrano agli Olympic Studios con il tecnico del suono George Chkiantz. Whole Lotta Love è una delle prime cose che registrano, un pezzo costruito intorno a un riff che Page inventa durante una delle loro esecuzioni dal vivo da 15 minuti di As Long As I Have You, con Plant che prende il testo direttamente da You Need Love, un pezzo registrato da Muddy Waters nel ’62.


La finiscono a New York con Eddie Kramer, tecnico del suono di Hendrix, che aiuta a realizzare la terrificante sezione di mezzo incorporando una varietà di suoni: la chitarra slide di Page mixata al contrario, un misterioso theremin, un orgasmo femminile e un’esplosione di napalm. «È quello che la psichedelia sarebbe diventata se fosse riuscita ad arrivare fino a lì». Gli assoli di chitarra vengono registrati nei corridoi dello studio, Bonham suona la parte di percussioni di Ramble On su una custodia della chitarra, lo sgabello della batteria o un cestino della spazzatura (nessuno se lo ricorda) e il suo momento più importante, l’assolo di Moby Dick, viene costruito mettendo insieme diverse registrazioni fatte in vari studi separatamente.

Jimmy Page dei Led Zeppelin. Foto di Robert Knight Archive/Redferns

Jimmy Page dei Led Zeppelin. Foto di Robert Knight Archive/Redferns

La registrazione è fatta in questo modo personalizzato, ma il risultato è pienamente realizzato. What Is and What Should Never Be usa il missaggio in stereo per far rimbalzare la chitarra di Page e il grido di Plant da una cassa all’altra, come in un bad trip sotto acido. The Lemon Song, la loro versione di Killing Floor di Howlin’ Wolf, viene registrata dal vivo con un cambio di tempo tra frenetico e calmo apparentemente senza soluzione di continuità, mentre Plant grida la famosa frase: “Spremi il mio limone finché il succo non gocciolerà dalle mie gambe”Thank You, un canto folk immerso nel suono dell’organo di Jones e nella chitarra a dodici corde di Page, è uno dei primi pezzi scritti da Plant, dedicato alla moglie. È un periodo di intensi cambiamenti: in meno di un anno, la band passa da girare in macchina in Inghilterra sotto la neve per andare a fare concerti a passare settimane allo Chateau Marmont, guardare gli show di Elvis a Las Vegas in prima fila e passare il tempo con l’elite delle groupie di Los Angeles, le leggendarie GTO.

In mezzo a tutto questo caos, tuttavia, i Led Zeppelin riescono a rimanere concentrati e a lavorare affannosamente. Page è un perfezionista dello studio che si oppone a ogni forma di distrazione. A luglio, subito dopo la festa per il disco d’oro vinto da Led Zeppelin al Plaza Hotel di New York, convoca la band in studio per registrare. «C’era la necessità di stare in America», ha detto Bonham, «mi ricordo che siamo usciti dall’aeroporto per incontrare le nostre mogli, le abbiamo accompagnate in hotel e poi siamo andati direttamente in studio a registrare Bring It on Home. Abbiamo trascorso la maggior parte dell’anno così». «Potevo vedere le conseguenze della fatica in Jimmy», ha detto Richard Cole a proposito delle session di registrazione a Londra, «aveva il volto tirato, le occhiaie sempre più profonde, e ha cominciato a fumare più del solito». Una fatica che viene ripagata. Persino Living Loving Maid (She’s Just a Woman), un pezzo rock che Page ha detto di aver scritto a proposito di “una donna degenerata di una certa età che cerca in tutti i modi di essere giovane” e che definirà come la canzone dei Led Zeppelin che gli piace di meno, ha una qualità innegabile. In agosto la band finisce di registrare, e Page e Kramer mixano il disco in due giorni agli A&R Studios di New York usando un mixer Altec a 12 piste: «Il più primitivo che si possa immaginare», come ha detto Kramer.

Led Zeppelin II esce il 22 ottobre del 1969 e vende tre milioni di copie in sei mesi, superando Abbey Road dei Beatles al n.1 in classifica. Whole Lotta Love arriva al n.4 in America nel gennaio del 1970, anticipando l’heavy metal di un decennio. «Tutta la nostra vita è cambiata», ha detto Page, «in un modo così rapido che non eravamo certi di riuscire a gestirlo».



https://www.rockol.it/news-725730/led-zeppelin-anniversario-album-recensione-led-zeppelin-ii-video
Led Zeppelin: John Paul Jones svela il titolo provvisorio originale di ‘Stairway to heaven’
Per celebrare il 50esimo anniversario del quarto album in studio della leggendaria band britannica, Jimmy Page, Robert Plant e John Paul Jones ripercorrono la realizzazione del disco
Il prossimo 8 novembre sarà il cinquantesimo anniversario dell’uscita del quarto album in studio dei Led Zeppelin. Per celebrare i 50 anni di “Led Zeppelin IV”, in una nuova intervista per la rivista Mojo i componenti ancora in vita della leggendaria band britannica - Jimmy Page, Robert Plant e John Paul Jones - hanno ripercorso la realizzazione del disco originariamente pubblicato nel 1971 svelando anche il titolo provvisorio originale di “Stairway to heaven”, riconosciuta ancora oggi come una delle più iconiche canzoni del gruppo e del rock.
Dopo aver dato via alle registrazioni di “Led Zeppelin IV” presso gli Island Studios di Londra nel dicembre 1970, i Led Zeppelin si spostarono a Headley Grange, una villa di fine Settecento nelle campagne dell’Hampshire dove già si tennero parte delle sessioni del terzo album del gruppo, utilizzando lo studio mobile dei Rolling Stones prima di tornare negli studi londinese a febbraio del 1971.
"Headley Grange era un posto freddo, umido, sporco e puzzolente", ha narrato John Paul Jones a margine della chiacchierata con Mark Blake di Mojo - come ripreso da Loudersound - ricordando la magione scelta dalla band britannica per lavorare al suo quarto disco senza distrazioni.
Ha aggiunto: “Ricordo di essere entrato nella mia stanza e di aver pensato: ‘Davvero?’ Ho dovuto rubare la stufa elettrica a qualcuno”. Al bassista dei Led Zeppelin ha fatto eco Jimmy Page che, in tono scherzoso ha chiesto: “Perché John si sta lamentando?”. Ha aggiunto: “Eravamo lì per lavorare. Headley era un po' austero. Ma non c’erano distrazioni come: 'Sballiamoci o andiamo al pub a ubriacarci'. Quella non era la nostra ragion d’essere, era piuttosto ‘mangiare, dormire, lavorare’. Ma non è che andassi in giro con stivali e frusta. C’era una specie di corrente magica che attraversava quel posto e che è confluita nel disco”.
Nel corso dell’intervista concessa a Mojo, inclusa in versione integrale nel nuovo numero della rivista, John Paul Jones e Jimmy Page hanno anche parlato della stesura di “Stairway to heaven”.
“Jimmy disse: ‘Ho questo pezzo con varie sezioni’”, ha ricordato il bassista: “Mi sono seduto al pianoforte elettrico e abbiamo capito dove dovesse andare il pezzo. Il motivo di orgoglio è che non suonava come nessun altra cosa”. Dopo aver rivelato che il titolo provvisorio originale di “Stairway to heaven” era “Cow and gate”, poiché Robert Plant all’epoca aveva recentemente acquistato una fattoria, John Paul Jones ha lasciato la parola a Page che, ricordando anche il compianto batterista dei Led Zeppelin John Bonham scomparso nel 1980, ha narrato: “John Paul e io ci abbiamo lavorato prima di provare con John Bonham. Gran parte della musica precede l’ingresso di John. È una rivelazione lenta. Per tutto il tempo, Robert ascoltava e scriveva. Poi ha iniziato a cantare e ha scritto la maggior parte dei testi. È stato un momento d’ispirazione per tutti".


LED ZEPPELIN, JIMMY PAGE SVELA IL TITOLO ORIGINALE DI STAIRWAY TO HEAVEN: "ECCO PERCHÉ LA CHIAMAMMO COSÌ"In occasione del cinquantesimo anniversario di Led Zeppelin IV il chitarrista ha raccontato le fasi di lavorazione del 1971 ad Headley granger.,,
Jimmy Page, John Paul Jones e Robert Plant hanno ricordato Led Zeppelin IV in occasione del cinquantesimo anniversario della sua uscita, (è stato pubblicato il 8 novembre 1971). Un disco senza titolo, senza nome, con quattro simboli misteriosi al posto dei nomi della band e una foto enigmatica in copertina. Sembra un suicidio discografico, invece vola al numero uno in classifica in Inghilterra, al numero due in America e vende fino ad oggi 32 milioni di copie.

«I nomi delle band e i titoli del dischi non hanno alcun senso: cosa vuol dire Led Zeppelin? Niente! L’unica cosa che conta è la musica» dice Jimmy Page presentando il disco alla stampa. Per registrare Led Zeppelin IV i Led Zeppelin cominciano a lavorare agli Island Studios di Londra nel dicembre 1970, poi decidono di isolarsi da tutto e scelgono Headley Grange, una antica casa sperduta nelle campagne del Galles dove restano quattro mesi, suonano in continuazione e costruiscono il monumento del rock’n’roll anni settanta: il martello di John Bonzo Bonham, gli arrangiamenti di John Paul Jones, la chitarra di Jimmy Page e la voce di Robert Plant. In una nuova intervista con la rivista Mojo, Jimmy Page ha raccontato di aver guidato la band in una vera immersione nel suono e nell’atmosfera dei Led Zeppelin: «Non c’erano distrazioni, non c’era il pub, niente di niente» ha detto, «Dovevamo stare lì per mangiare, dormire, e lavorare. Ma non è che andassi in giro con la frusta. C’era una specie di corrente magica che attraversava quel posto e che è finita nel disco».

«Headley Grange era un posto freddo, sporco e puzzolente» ha raccontato John Paul Jones, «Ma un giorno Jimmy e Robert sono arrivati dalle montagne con l’intro di chitarra e la prima strofa di una canzone davvero speciale. Ci siamo seduti davanti al camino e abbiamo cominciato a costruirla».

Il primo titolo di quel pezzo è Cow and Gate, perché Robert Plant si è appena comprato una fattoria. «Non suonava come nessuna altra cosa che avessimo sentito fino a quel momento» ha detto Jimmy Page.

I Led Zeppelin lavorano alle diverse sezioni e Cow and Gate diventa il pezzo forse più famoso nella storia del rock, Stairway to Heaven.

Otto minuti, un crescendo dal folk al blues all’hard rock, un assolo leggendario (suonato con una Fender Telecaster e non con la Gibson Les Paul che Page usa in tutto il disco) e tutto il misticismo degli anni ’70: «Tutti i musicisti vogliono fare qualcosa che duri per sempre, noi abbiamo fatto questo» ha detto Jimmy Page a proposito di Stairway to Heaven «Non so se potrò mai suonare meglio di così».
https://www.virginradio.it/.../led-zeppelin-jimmy-page... 

https://www.virginradio.it/news/rock-news/1296786/led-zeppelin-jimmy-page-svela-il-titolo-originale-di-stairway-to-heaven-ecco-perche-la-chiamammo-cosi.html?fbclid=IwAR1imMGnH0HvTGBNLlcAKATO-G3GYWokTJAiA57AiGCAFniyHn4kDVgMB9E

https://youtu.be/xbhCPt6PZIU


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LED ZEPPELIN, JIMMY PAGE SVELA IL TITOLO ORIGINALE DI STAIRWAY TO HEAVEN: "ECCO PERCHÉ LA CHIAMAMMO COSÌ"

In occasione del cinquantesimo anniversario di Led Zeppelin IV il chitarrista ha raccontato le fasi di lavorazione del 1971 ad Headley Grange

Jimmy Page, John Paul Jones e Robert Plant hanno ricordato Led Zeppelin IV in occasione del cinquantesimo anniversario della sua uscita, (è stato pubblicato il 8 novembre 1971). Un disco senza titolo, senza nome, con quattro simboli misteriosi al posto dei nomi della band e una foto enigmatica in copertina. Sembra un suicidio discografico, invece vola al numero uno in classifica in Inghilterra, al numero due in America e vende fino ad oggi 32 milioni di copie.

«I nomi delle band e i titoli del dischi non hanno alcun senso: cosa vuol dire Led Zeppelin? Niente! L’unica cosa che conta è la musica» dice Jimmy Page presentando il disco alla stampa. Per registrare Led Zeppelin IV i Led Zeppelin cominciano a lavorare agli Island Studios di Londra nel dicembre 1970, poi decidono di isolarsi da tutto e scelgono Headley Grange, una antica casa sperduta nelle campagne del Galles dove restano quattro mesi, suonano in continuazione e costruiscono il monumento del rock’n’roll anni settanta: il martello di John Bonzo Bonham, gli arrangiamenti di John Paul Jones, la chitarra di Jimmy Page e la voce di Robert Plant. In una nuova intervista con la rivista Mojo, Jimmy Page ha raccontato di aver guidato la band in una vera immersione nel suono e nell’atmosfera dei Led Zeppelin: «Non c’erano distrazioni, non c’era il pub, niente di niente» ha detto, «Dovevamo stare lì per mangiare, dormire, e lavorare. Ma non è che andassi in giro con la frusta. C’era una specie di corrente magica che attraversava quel posto e che è finita nel disco».

«Headley Grange era un posto freddo, sporco e puzzolente» ha raccontato John Paul Jones, «Ma un giorno Jimmy e Robert  sono arrivati dalle montagne con l’intro di chitarra e la prima strofa di una canzone davvero speciale. Ci siamo seduti davanti al camino e abbiamo cominciato a costruirla».

Il primo titolo di quel pezzo è Cow and Gate, perché Robert Plant si è appena comprato una fattoria. «Non suonava come nessuna altra cosa che avessimo sentito fino a quel momento» ha detto Jimmy Page.

I Led Zeppelin lavorano alle diverse sezioni e Cow and Gate diventa il pezzo forse più famoso nella storia del rock, Stairway to Heaven.

Otto minuti, un crescendo dal folk al blues all’hard rock, un assolo leggendario (suonato con una Fender Telecaster e non con la Gibson Les Paul che Page usa in tutto il disco) e tutto il misticismo degli anni ’70: «Tutti i musicisti vogliono fare qualcosa che duri per sempre, noi abbiamo fatto questo» ha detto Jimmy Page a proposito di Stairway to Heaven «Non so se potrò mai suonare meglio di così». 


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