“A star can light up the world. Four give life to close encounters of the third kind. "
Quando nessuno se lo aspettava più....
Led Zeppelin
"How The West Was Won"
Fuori dai camerini si sentiva Peter Grant che calunniava gli organizzatori, i tecnici, i roadie, persino le donne delle pulizie; urla immonde che rosicchiavano il cuore dei malcapitati, che li costringeva a lavorare ancora più sodo e con concetto. Le sue sfuriate avevano una sola direzione e un solo affetto supremo: comunicare ai suoi quattro rampolli che tutto stava andando bene, che questi, una volta sul palco, dovevano esclusivamente attaccare alla giugulare il pubblico intervenuto, farlo ballare sulle braci ardenti del loro hard' n' roll.
Dentro i camerini John Paul Jones scorreva la lista dei brani, Bonzo si sforzava di smorzare la tensione bevendo vodka e aranciata, Page dava le sue due tre regole essenziali spingendo tutti all'obbedienza formale; non regnava la felicità nonostante la gioventù, nonostante fossero i Led Zeppelin, la più devastante macchina assassina della musica di quel tempo.
Robert Plant non parlava con nessuno dato che cantava davanti allo specchio, sbraitando contro le truccatrici e le parrucchiere che non dovevano toccarlo -
Workin’ from seven to eleven every night
It really makes life a drag
I don’t think that’s right
I’ve really been the best of fools
I did what I could, yeah
'Cause I love you, baby
How I love you, darling
How I love you, baby
My beloved little girl, little girl
But baby, since I’ve been loving you, yeah
I’m about to lose my worried mind, oh yeah.....
Since I’ve been loving you -.
Lui era l'uomo della battaglia, il formidabile cantore che non era possibile tenere dentro un ordine di cose, di apparenze o di ragioni; una natura umana votata interamente all'azione, al perfezionamento di sé stessa, un magnifico re capace di far stridere i cardini della terra con i suoi acuti dionisiaci.
Lungo il corridoio del backstage un calendario stropicciato riporta i vascelli stranieri del tempo al 25 giugno 1972; fuori è una bella notte e la gente continua ad arrivare a frotte, caotica; con il sangue e le budella rovesciate dall'emozione e dalla birra, pronti a ridursi il cervello in zuppa e a riconoscere l'imperfezione della propria costituzione al cospetto del Martello Degli Dei.
Parecchi gli ingressi; quello principale ci ricorda per mezzo di una insegna al neon che siamo al Los Angeles Forum, che i Led Zeppelin sono in terra americana per l'ottava volta in poco più di tre anni: uno stress da tournée che anziché indebolire il guerriero costruito da Page, lo esalta facendogli gonfiare a dismisura i muscoli sotto la corazza. Lo spettacolo che si presenta agli occhi degli Zeppelin, una volta saliti sulle assi del palco, è il miglior patrimonio cui può aspirare un'essere umano, la più alta espressione del successo: una folla di adoratori che cantano all'unisono, uno addosso all'altro a formare una specie di cerchio, con le ragazze raggruppate al centro della spianata per provare a toccare Plant, per far volare al cielo le striminzite gonnelle.
Page saluta dall'immenso altare con particolare delicatezza, con uno sguardo dolce e timido, ma fermo e sicuro; Bonham invece vorrebbe prendere tutti a zampate nel culo, ferire a morte qualcuno, scaricare le taniche di furia che ha addosso in una contesa omicida.
Appena i quattro si guardano, parte uno scuro bordone di suoni che prepara alle incantevoli tonalità guerriere di "Immigrant Song"; un'articolato fragore mille volte più forte di un colpo di cannone, un ordine sbrigativo a mettersi tutti più attentamente all'ascolto.
Il lavoro di basso e batteria ha il tiro di un bue tibetano e l'agilità di una gazzella di Thomson; mentre la voce di Plant pare scagliata dalla prua di un Drakkar, tanto selvaggia da sembrare un'offerta di sangue per placare la collera degli dei di Asgard.
Dopo analisi secolari, la grammatica di Page alla chitarra risulta ancora ignota, ancora difficile da credere nella sua erudizione e grandezza: una Gibson potentissima e flessuosa che pur di continuare a scavare emozioni in chi l'ascolta si caccia nei pasticci, arrivando persino a ridosso della discordanza, al biasimo dell'errore. Quando tutti ormai si preparano a vederla cadere in mille pezzi, questa riparte alla velocità della luce verso un'altra costellazione, verso l'ammirazione di uomini, angeli e demoni.
Nel frattempo "Heartbreaker", "Black Dog", "Over The Hills...", mantengono i collegamenti tra i reparti, non si incurvano, non vacillano, non rallentano il passo: una fornace Rock'n'roll che avvampa il pubblico lasciandolo senza fiato e nella convinzione indubbia della giovinezza e dell'immortalità.
"Since I've Been Loving You", perviene al furore e alla drammaticità più distruttiva seguendo un itinerario diverso, servendosi di uno slow blues capace di conquistarsi l'affetto di chiunque nonostante il paesaggio autunnale dei sentimenti che descrive, nonostante il deserto silenzioso e gelido dell'amore che sfugge.
Jones all' Hammond è l'espressione maestosa della grandezza, tanto sensibile che pare dipendere da lui il respirare del mondo, da lui e dagli altri tre fottutissimi baluardi che qui vanno molto oltre la perfezione e toccano qualcosa di divino.
Un boato quando "Stairway To Heaven" comincia a stringere le cose un poco più vicine al cuore, quando il suo arpeggio arriva nello stomaco come niente fosse; ora tutti i sensi fanno baldoria ma nessuno fiata, fa un risolino o una alzata di spalle: siamo arrivati al climax, al capogiro che si prova appena la segreta approvazione dello spirito incontra la soddisfazione dell'anima.
Tra gli scoppi di ammirazione e le voci che applaudono, gli Zeppelin alleggeriscono ora il carico con un set acustico, passeggiando chitarra in spalla tra prati fioriti e pietre muscose, in mezzo a malinconie piene di dolcezze. Un quadro bucolico e tenerissimo che diventa cenere quando sulla soglia della notte arriva "Dazed And Confused"; un rito messianico aperto dal riff grave del basso di Jones, da un'introduzione scurissima che lascia carta bianca alle magie di Jimmy Page. Qui il plurilinguismo del chitarrista assesta bordate, fa dispetti con l'archetto del violino, prepara zuppe sulfuree che fumano di paura, fa parlare senza alcun filtro il purgatorio della sua mente. Chi si abbracciava e baciava, ora e solo con se stesso, chi aveva dato troppo libero sfogo alla esuberanza e alla sua allegria, adesso ha una mano fredda appoggiata sulla spalla. "Dazed And Confused" va avanti per una drammatica mezz'ora, senza esaurirsi mai, con le immagini di questi paesaggi incantati che pur essendo in prossimità dell'inferno, portano il pathos in direzione opposta e contraria.
Per riprendere quota dalle paludi limacciose dove è finito il Dirigibile, servono ora le burrascose intemperanze di "What Is And What...", " Dancing Days", la potenza al plutonio di Bonham e "Moby Dick", il rumore ruggente di chi sa parlare con franchezza sbarazzandosi di ogni orpello, di ogni vezzo che allontani dal piacere ruspante dell'essere vivi, qui e adesso.
L'ultimo quarto di concerto è aperto dai ventitré minuti di "Whole Lotta Love", un cantiere del Valhalla dove ci finisce di tutto: una sinfonia in cento parti eseguita con un senso perfetto, grondante sudore e feromoni, piena di scatenate danze e limpidi volteggi che cadono in perpedicolare sulla pedana del Forum di Los Angeles e tra la gente. Un numero di alta scuola che estrae linfa Rock'n'roll direttamente dalla sua radice, dalla sua corteccia rasposa e durissima.
Quando "Bring It On Home" chiude il concerto, quasi tutto il pubblico si attappa le orecchie con cura e nei modi più disparati; non uno che voglia far uscire quanto entrato come una benedizione, che voglia disperdere quei fischi appuntiti che sembrano la ricchezza di una vita intera.
Bonham non c'è già più quando gli altri tre salutano, quando Page accende la trecentesima sigaretta con il sorriso di chi sa di aver vinto per sempre. Quando le urla diventano lacrime e le moltitudini un solo coro di gratitudine.
"Gli spettacoli al LA Forum o a Long Beach del 1972, sono stati il massimo. Il punto più alto raggiunto dai Led Zeppelin" (Jimmy Page)
"How The West Was Won", uscito il 27 maggio 2003, raggiunse la prima posizione nelle classifiche di diversi paesi, nonostante si tratti di un album triplo.
grazie per il post a Massimo Tinti..
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