https://www.blogger.com/blog/post/edit/768228516587029319/8409966243638767267
https://auralcrave.com/2020/12/14/john-bonham-cuore-e-tecnica-di-uno-dei-piu-grandi-batteristi-di-sempre/
John Bonham: cuore e tecnica di uno dei più grandi batteristi di sempre
A testimoniare l’importanza della tradizione jazz per il batterista britannico (in particolare del bepop) vi è una dichiarazione del suo tecnico personale Jeff Ocheltree:
“John ascoltava Max Roach, Alphonse Mouzon, Elvis Jones e un sacco di batteristi jazz. C’è una cosa che mi infastidisce a proposito di John Bonham – disse – tutti pensano che lui fosse un batterista duro che picchiava forte sui suoi tamburi. In realtà, Bonham era appassionato di swing e suonava con molta tecnica”.
Un altro elemento ripreso dal sound della tradizione jazz riguarda l’accordatura delle pelli della batteria. All’ascolto dei dischi dei Led Zeppelin, è evidente come egli tirasse le pelli di tutti i tamburi per avere un suono più squillante e potente. Questa caratteristica è riscontrabile in particolare in molti batteristi delle big band degli anni ’30, in pieno periodo della Swing Era. Tra i nomi più importanti sia per la qualità musicale, sia per l’ammirazione di Bonham nei loro confronti, dobbiamo segnalare Buddy Rich e Gene Krupa.
Di quest’ultimo possiamo notare la consonanza tra l’intro di Sing, Sing, Sing (brano di Luis Palma del 1936 e coverizzato da Benny Goodman nel 1937, con alla batteria proprio Gene Krupa) – in cui lo swing è decisamente più marcato e aggressivo rispetto al brano di Luis Palma – e quello di Poor Tom, contenuto nell’album Coda successivo allo scioglimento della band.
Inoltre quel motivo percussivo viene rivisitato in chiave rock nella seconda parte della traccia conclusiva di Led Zeppelin I, ossia How Many More Times, in particolare nel momento in cui la band termina l’improvvisazione psichedelica e compie una transizione verso il finale in cui viene ripreso il riff principale.
https://youtu.be/2Vbn2XQ7GPo
Tornando a God Times Bad Times, a circa 30 secondi del brano emerge subito una delle peculiarità di Bonham, ossia invece di percuotere la grancassa con un solo colpo, lui ne inserisce due consecutivi suonati molto rapidamente con la tecnica dello slide sul mitico pedale Speed King della Ludwig. Questo sound simula quello prodotto dal doppio pedale, mai utilizzato durante la sua carriera. I due rapidi colpi sulla grancassa immediatamente successivi al beat tenuto sul campanaccio (o sul charleston) formano una terzina: un gruppo di tre beat molto ravvicinati. Questa tecnica da lui spesso utilizzata garantisce una maggiore dinamicità e potenza al groove, entrambe caratteristiche provenienti dal genere funky. Perciò il jazz ed il funky erano i due poli musicali riuniti da John Bonham, motore pulsante degli Zeppelin. Quegli stilemi groovemici o quella modalità di esprimere lo swing, inseriti poi nel rock, aumentavano notevolmente la vivacità di un brano. Del resto, qual è uno degli aspetti peculiari di un grande un artista? Sicuramente la capacità di miscelare in modo originale le estetiche artistiche esistenti, riuscendo ad ottenere un risultato innovativo.
In particolare è interessante notare come in Darlene ci sia una reinterpretazione rock di Funky Drummer di James Brown e di Ziggy Modeliste di Danny Adler, altro capostipite del funky. Queste modalità di concepire un groove con accenti spostati rispetto alla convenzionale cadenza sul secondo e quarto beat del 4/4, pause che troncano le battute in anticipo rispetto alla regolare cadenza, volti anche a diffondere delle reazioni psico-motorie nel pubblico, sono rintracciabili anche in altri brani ben più noti come Ramble on, Immigrant Song, nella parte tra le strofe e l’assolo di In My Time of Dying, Custard Pie, The Crunge, ma anche nella prima sezione del già citato How Many More Times.
È interessante notare come in Fool In The Rain vi sia una atipica apertura di charleston con cui si innesca un ondeggiamento ritmico volto a sbilanciare la sua regolarità. Alcuni elementi di questo groove sono stati ripresi in un secondo momento da Jeff Porcaro in Rosanna, noto brano dei Toto.
https://youtu.be/lWnhz1ZcF74
Quei colpi così pesanti derivano dallo stile di Keith Moon, con cui i Led Zeppelin si esibirono, e Ginger Baker, altro batterista decisamente apprezzato da Bonham. Questo è deducibile dall’autobiografia del musicista dei Cream intitolata Hellraiser: The Autobiography of the World’s Greatest Drummer, in cui scrisse:
“John Bonham una volta fece una dichiarazione, nella quale affermò che c’erano solo due batteristi nella storia del rock ‘n’ roll inglese: lui stesso e Ginger Baker.”
Oltre all’abilità nell’unire organicamente differenti tradizioni musicali per innovare le sonorità del rock, un’altra peculiarità di John Bonham riguarda la ricerca sonora in studio di registrazione e l’equilibrato temperamento musicale all’interno dei brani.
È attestato che egli, durante le registrazioni di Led Zeppelin IV e Houses of the Holy, avesse posizionato la batteria in un sottoscala del castello di Jimmy Page ad Hedley Grange. L’intenzione era di produrre un ampio riverbero, una scelta che ha caratterizzato in parte il suono del suo strumento.
Tali scelte risaltano in The Crunge, in D’yer Mak’er, nella celebre No Quarter, ma anche in When The Levee Breaks, brano di chiusura di Led Zeppelin IV. In quest’ultimo si nota la sua elevata abilità nel gestire l’utilizzo dei piatti, infatti il riverbero presente nel sottoscala condiziona notevolmente le caratteristiche timbriche di un piatto e questo rischierebbe di compromettere l’intero sound del brano sovrastando gli altri strumenti e la voce di Robert Plant. Perciò il crash – uno dei piatti più invasivi – viene utilizzato soltanto nei fill che determinano il passaggio da una sezione all’altra del brano.
https://youtu.be/jF5L0hZtwVs
Dunque le scelte stilistiche innovative ed inconsuete apportate nella tradizione rock, fino ad allora in linea di massima legata al blues e al folk britannico, hanno determinato l’importanza di John Bonham. Egli ha portato questo genere su un altro piano espressivo: di fatto il batterista non si limita più ad accompagnare gli altri musicisti della band ma diventa parte centrale dell’arrangiamento di un brano. Nel suo lavoro carpisce sonorità del passato, è attento al gusto musicale contemporaneo e personalizza lo stile proponendo dei risultati all’avanguardia. Questa attitudine è stata fondamentale per le generazioni successive, ed è evidente ascoltando alcuni tra i più importanti batteristi attuali come Gavin Harrison e Danny Carey.
JOHN BONHAM: BONZO, GLI ZEPPELIN E IL FRATELLO MICK
Con lui condivise tutto e il fratellone batterista dei Led Zeppelin non gli fece mancare mai affetto e riconoscenza. Lo difendeva nelle risse, si faceva in due per assicuragli il rispetto dei suoi amici e riusciva anche ad accollarsi le colpe che non fossero le sue. «Fin dal primo giorno, io e John dormivamo nella stessa camera, nonostante la nostra casa fosse piena di stanze. Era davvero bello poter chiacchierare di ciò che era successo nell’arco della giornata e di ciò che ci riservava il futuro. Inoltre, a volte io e John litigavamo e ci menavamo di brutto, e stando nella stessa stanza potevamo farlo direttamente lì, senza contare che almeno avevo un letto soffice su cui atterrare quando mi afferrava e mi lanciava in aria».
Dall’infanzia passando per l’adolescenza, John dimostrò in ogni occasione la sua passione per la batteria, passando dai fusti di latta all’ascolto smodato e appassionato di Gene Krupa, uno dei più importanti batteristi jazz che legò il suo nome alle fortune dell’orchestra di Benny Goodman.
Per mantenersi, John fece il carpentiere e tanti altri lavori pur di alimentare il sogno di suonare in una band. Suonò in tanti gruppi di Birmingham e dintorni: l’inizio di una carriera che si sarebbe rivelata nel giro di alcuni anni entusiasmante. La grande occasione non si fece attendere quando Robert Plant (che aveva conosciuto nei Band of Joy) gli chiese di entrare a far parte dei New Yardbirds con Jimmy Page e John Paul Jones, prima che cambiassero il nome in Led Zeppelin e dessero alle stampe nel 1969 due dischi che avrebbero cambiato la storia del rock (Led Zeppelin I e Led Zeppelin II, quest’ultimo scalzò dal primo posto delle classifiche di Billboard, Abbey Road dei Beatles).
Tecnica batteristica eccelsa, potente e incisiva quanto raffinata e precisa: John Bonham fece scuola e continua a essere un punto di riferimento per chiunque si avvicini allo strumento. Nella storia, su tutto, resterà il celeberrimo assolo di Moby Dick. « posto del piede destro ha le nacchere», confessò Jimi Hendrix a Robert Plant. Ancora, nel libro, Phil Collins, il batterista dei Genesis che lo avrebbe sostituito nella reunion sul palco del Live Aid nel 1985, racconta: «Rimasi sconcertato dal batterista. Faceva cose con la grancassa che non avevo mai visto prima. Mi ripromisi di tenere d’occhio questo John Bonham e ne seguii i progressi. Anche allora ebbe un’influenza importantissima sul mio modo di suonare». Ancora, il suo collega di band, il bassista John Paul Jones ricorda che durante un festival in cui si esibiva anche James Brown (uno degli idoli di Bonham) i tre batteristi dell’afroamericano vedendo la potenza di Bonzo rimasero increduli a fissarlo mentre suonava, chiedendosi com’era possibile che da solo facesse l’equivalente alle percussioni di quello che loro facevano in tre.
fu collezionista di macchine costosissime e spesso non aveva alcun timore a mostrare il lato più esuberante del suo carattere. In un’altra gustosa testimonianza Glen Matlock ricorda che durante un concerto dei suoi Sex Pistols e dei Damned successe il pandemonio: «Rimasi stupefatto quando vidi John in piedi dietro alla batteria con un ghigno rabbioso stampato sul viso. Se ne stava lì dritto e tutto impettito e partì con una violenta invettiva contro la band. Gridò: “Dove cazzo è andata la band? Hanno suonato solo quindici minuti. Noi suoniamo per tre ore, cazzo, perché siamo uomini veri, non un branco di smidollati. Fu così che John Bonham uscì dalla scena punk, accompagnato dall’idea che alla veneranda età di ventinove anni uno è già un vecchio hippy».
Irascibile (fu soprannominato The Beast, la bestia, per i suoi scatti d’ira indotti spesso dall’alcol), ma anche umilissimo. Come quando, dopo un concerto dei Police, per i quali stravedeva, si complimentò con il batterista, Stuart Copeland, mentre un giovane e spocchioso Sting gli diceva: «Ehi, attento a non calpestarmi le scarpe di camoscio blu», senza che il portentoso batterista battesse ciglio.
Dell’essere un batterista diceva: «Se il tuo sound si basa solo sulla tecnica, suonerai come chiunque altro. Ciò che conta è essere originale».
Questa raccolta di ricordi è stata pubblicata postuma alla morte di Mick Bonham avvenuta a 49 anni nel 2000. La moglie Linda ha curato la pubblicazione non facendo mistero di sottolineare: «<Coloro che conoscono più da vicino la nostra famiglia si renderanno conto che Mick ha dato un taglio leggero e spensierato alla sua storia, e ha taciuto parecchi ricordi, poiché di natura troppo intima e personale o troppo dolorosi: ad esempio, la descrizione da lui fornita della morte di John è concisa, poiché non riusciva a trovare le parole giuste per esprimere il suo dolore».
John “Bonzo” Bonham morì il 25 settembre 1980 soffocato dal suo stesso vomito. Aveva solo 32 anni. Il 4 dicembre dello stesso anno con un comunicato stampa i Led Zeppelin annunciavano al mondo intero la loro fine:«Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere – in piena armonia tra noi ed il nostro manager – che non possiamo più continuare come eravamo».
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Una bellissima intervista..ricordi mitici
Grazie Jason
A wonderful interview..mythical memories
Thank you Jason
Jason Bonham
Jason Bonham ha detto di aver trovato nastri anonimi tra gli effetti personali di suo padre e ha ricordato la reunion dei Led Zeppelin del 2007
Jason Bonham ha discusso in una nuova intervista podcast di aver trovato nastri da bobina a bobina non contrassegnati tra gli effetti personali di suo padre John Bonham e ha ricordato come è avvenuta la riunione del 2007 dei Led Zeppelin.
Parlando al podcast The Vinyl Guide, Bonham ha detto di non aver ancora riprodotto nessuno dei nastri non contrassegnati che sono mix in studio inediti delle canzoni dei Led Zeppelin.
Che tu ci creda o no, a papà non piaceva affatto suonare a casa", ha detto Bonham al presentatore del podcast Nate Goyer. “Non aveva apparecchiature di registrazione. Abbiamo il suo vecchio Revox a due tracce ed era letteralmente solo per poter suonare i mix quando tornava dallo studio.
"Ho trovato una scatola di nastri, da bobina a bobina, a casa l'ultima volta che ci sono stato", ha detto Bonham. “Ma ho bisogno di far funzionare la macchina e collegarla, il che … lo conserverò per un episodio per YouTube, come 'Mettiamo in funzione questa cosa. Scopriamo se abbiamo qualcosa che non è ancora stato rilasciato.' Perché sono tutti non contrassegnati, questo è il meglio. Oppure si sono semplicemente deteriorati.
“Potrebbero semplicemente … li metti nella macchina e li cancella nel momento in cui premi start. Penso che dovessero farlo quando stavano facendo il missaggio di Knebworth. Dovevano cuocere il ... avevano solo i nastri U-matic e dovevano cuocere i nastri per preservare ciò che c'era lì. Immagina tutti i multitraccia che hanno, da un pollice a due pollici, seduti nella struttura di Jimmy o altro.
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La riunione di matrimonio dei Led Zeppelin del 1990 era decisamente non pianificata
Altrove nell'intervista podcast, Goyer ha chiesto a Bonham della riunione non pianificata dei Led Zeppelin al suo matrimonio il 28 aprile 1990.
"Sicuramente non era pianificato perché uno, se lo avessimo pianificato, mi sarei sicuramente assicurato che la mia batteria fosse sul palco e non quella di qualcun altro", ha detto Bonham. “La house band che suonava era davvero una mia buona amica, ma il batterista aveva un kit sonoro molto diverso da qualsiasi cosa avessi mai suonato. Sicuramente non eravamo preparati per questo. E probabilmente sarei rimasto molto più sobrio se avessi saputo che sarebbe successo alla fine della serata.
“Penso che volessero più fare una piccola commedia e l'hanno vista come... 'Dovremmo, sai, vuoi fare una jam?' Era un improvvisato "Siamo qui, vero?" Jonesy, il ragazzo aveva un basso Jazz, quindi era tipo 'Sì, OK, va bene.' E all'improvviso Jimmy fa il piccolo saluto e il ragazzo porta la sua Les Paul, ha portato con sé la chitarra. Dice "Non si sa mai". Sicuramente è stato improvvisato perché non avevo mai fatto nessuna di quelle canzoni in vita mia. Abbiamo fatto "Sick Again", abbiamo fatto "Bring It On Home". Ce n'erano un intero... quattro. Qualcuno l'ha contrabbandato ed è là fuori.
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La storia interna della reunion dei Led Zeppelin del 2007
Bonham ha anche parlato di come era stato pianificato lo spettacolo di reunion dei Led Zeppelin del 10 dicembre 2007 a Londra tenuto in onore di Ahmet Ertegun.
“Ho ricevuto una telefonata dal mio manager dell'epoca, che era un caro amico di Robert ed era uno dei capi dell'Atlantic in Europa. Ha detto 'Robert ti chiamerà, vuole uscire a cena con te, vuole chiederti qualcosa.'”
"Fino a quel momento, avevamo avuto un piccolo ostacolo lungo la strada, io e Robert, ed è stato probabilmente a causa del mio... A un certo punto, quando hanno fatto la riunione di Page e Plant e io ero probabilmente al massimo delle mie bevute, ci sono voluti un sacco di deglutizione perché ovunque andassi e ovunque suonassi, tutte le persone mi chiedevano 'Non sei abbastanza bravo per giocare con loro? Perché non te l'hanno chiesto? Quindi c'era sempre questo enorme... Non è come se fosse un dono di Dio...", ha detto Bonham.
“Siamo usciti a cena e poi abbiamo fatto una chiacchierata davvero, davvero, davvero bella che non farò... è stata una chiacchierata molto speciale. Fondamentalmente era una chat senza guanti. Era brutalmente onesto e io ero brutalmente onesto.
“E poi la prossima cosa che so, a marzo, arriva un'e-mail che dice 'Va bene, ci riuniremo il 10 giugno e faremo un piccolo gioco e vedremo cosa ne pensiamo.' E io sono tipo 'Chi è questo?' Hanno detto "Ecco un elenco di canzoni, scegli cinque canzoni da questo elenco". Quindi tutti hanno scelto qualcosa e io mi sono unito a loro.
“Suonavo, ero in tour. Quindi letteralmente ho dovuto trovare un altro batterista che mi sostituisse per alcuni concerti. Ero in Foreigner e stavamo aprendo per i Def Leppard e così sono tornato in Inghilterra e sono atterrato la mattina, sono entrato nella stanza, ho sistemato la batteria e poi ho avuto circa un'ora e mezza chiudendo gli occhi sul pavimento dietro la batteria e poi sono arrivati.
“È stato bello vedere tutti e dire 'Cosa vuoi suonare allora?' e Jimmy ha detto "Cominciamo con qualcosa di facile, che ne dici di Houses Of The Holy?" E ho detto 'Non era sulla lista!' E lui ha detto 'Oh, stai zitto!' E questo è tutto, la prima cosa [abbiamo suonato]. Non era sulla lista, ci siamo entrati. Era proprio come 'Sì, ecco qua.' Avrei dovuto saperlo, non fidarti della lista.
“E poi ne abbiamo fatti un altro paio e abbiamo fatto 'Kashmir'. Alla fine, Jimmy si è voltato e ha detto: "Beh, è bello come sembra, Jason". E Robert ha detto 'Fenomenale, OK ragazzi. Jimmy, ti parlerò tra una settimana. Jason, resta, Jimmy vuole parlarti di una cosa. Devo scappare.' L'ho abbracciato e poi John Paul Jones ha detto 'Va bene, ci vediamo più tardi, ciao, è stato fantastico suonare con te'. E Jimmy ha detto 'Va bene, come vuoi... voglio fare questo concerto, ti piacerebbe suonare la batteria con i Led Zeppelin?'”
"Dio mio. E c'era qualcosa in più. In realtà stavamo pensando di fare altre cose... Abbiamo avuto sei settimane di prove".
“Sono uscito con loro tre, una sera. Siamo stati in questo ristorante indiano. Amiamo il cibo indiano e Robert era entusiasta, ha detto 'Oh, conosco questo posto.' Era un autentico ristorante indiano perché dovevamo condividere un tavolo con un'altra famiglia. Continuavo a dire 'Oh mio Dio, è così... quei ragazzi non hanno idea che stiamo parlando di riformare i Led Zeppelin e stanno chiedendo, puoi passare i poppadoms per favore? Grazie mille.' Continuavo a pensare 'Oh mio Dio, nessuno ha idea di cosa stiamo pianificando a questo tavolo'".
"Ho sempre detto che se avessimo suonato così la prima sera, tutti dicevano immagina come sarebbe stata la quarta notte o immagina cosa avremmo fatto a metà del tour".
“Avevamo provato 'You Shook Me' e penso che l'abbiamo lasciato cadere all'ultimo minuto. Ricordo di aver detto loro 'Forse fate la vostra parte acustica perché poi siete solo voi ragazzi. In realtà sono solo i tre ragazzi davanti che suonano acusticamente.' E loro hanno detto 'Perché dovremmo volerlo fare?'”
“Dicono 'Cosa vuoi sentire?' Ho detto "Mi piacerebbe sentire Going To California". Quindi, ero lì, in una sala prove, nessun altro in giro, stavamo per andarcene e loro hanno preso gli strumenti acustici, si sono seduti sul divano e hanno cantato "Going To California" per me. Solo loro nella stanza e poi 'Tangerine' da soli".
"Quindi, ero lì, in una sala prove, nessun altro in giro, stavamo per andarcene e loro hanno preso gli strumenti acustici, si sono seduti sul divano e hanno cantato “Going To California” per me. Solo loro nella stanza e poi “Tangerine“, da soli."..beh per me queste parole racchiudono MAGIA PURA..quella emozione che Jason ha tagliato con il coltello quanto era spessa e luminosa..grazie Jason il tuo papà ha vissuto con te quel momento.
https://youtu.be/KrZOUnmPSvQ
https://ledzepnews.com/.../jason-bonham-said-he-found.../...
https://ledzepnews.com/.../jason-bonham-said-he-found.../...
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https://www.cheatsheet.com/entertainment/led-zeppelin-john-bonhams-favorite-hobby-made-someone-mistake-him-for-a-farmer.html/?fbclid=IwAR2KwbQ7xyThflGMB9i6bHo3dLwFeVe1d1f8V6il8LAUmR1_ZaD8rV9qP-U
Le origini del soprannome "Bonzo" del batterista dei Led Zeppelin John Bonham
John Bonham aveva una reputazione per il comportamento selvaggio
Bonham ha battuto positivamente la sua batteria mentre suonava. Si agitò e colpì forte. Sembrava essere in grado di colpire simultaneamente ogni parte del suo kit. Lo stile di Bonham ha dato ai Led Zeppelin un fragoroso controtempo.
Il batterista sembrava selvaggio dietro il kit e Bonham aveva una meritata reputazione di uomo selvaggio lontano dal palco. Era un forte bevitore che sembrava divertirsi a provocare il caos. Il tour manager dei Led Zeppelin ha rotto due volte il naso a Bonham per evitare che il batterista finisse in guai seri mentre era ubriaco.
Tra il suo modo di suonare e il suo comportamento, il soprannome Bonzo di Bonham sembrava calzare a pennello. Potrebbe far venire in mente la parola Gonzo, il titolo autoapplicato dell'autore Hunter S. Thompson per il suo marchio di giornalismo a rotta di collo. Scambia la G con una B e, voilà, il soprannome perfetto per il leggendario batterista dei Led Zeppelin.
Tuttavia, le origini del soprannome di Bonham sono antecedenti ai suoi giorni con i Led Zeppelin e provengono da un luogo innocente.
Il soprannome Bonzo di Bonham ha un'origine addomesticata che precede i suoi giorni da Led Zeppelin
Il comportamento di Bonham alla fine ha portato alla sua morte. Morì nel sonno nel settembre 1980 dopo una giornata di forti bevute, che più o meno costrinse Zep a gettare la spugna.
Ma il soprannome di Bonzo non aveva nulla a che fare con lo stile di vita dei Led Zeppelin di Bonham. Come scrive George Case in Led Zeppelin FAQ , le origini del soprannome di Bonham sono iniziate molto prima che diventasse un famoso batterista:
“È stato dato a Bonham da adolescente a Birmingham, [Inghilterra], in riferimento a un personaggio dei cartoni animati britannico di lunga data creato da George Studdy. L'immaginario Bonzo era un adorabile cucciolo raffigurato in una varietà di innocenti disavventure, e la somiglianza del suo nome e del suo carattere con il giovane percussionista ha reso inevitabile il soprannome.
John Bonham si è guadagnato il soprannome di Bonzo da bambino
Bonham non era l'unico Bonzo in Gran Bretagna negli anni '60. Case scrive che la Bonzo Dog Doo-Dah Band, un gruppo comico musicale inglese, era all'apice della sua popolarità negli anni '60, proprio quando i Led Zeppelin si lanciavano nella stratosfera.
Il batterista è diventato il Bonzo più famoso per le sue capacità
Il soprannome di Bonham ha avuto origine da un luogo più addomesticato di quanto suggerirebbe il suo comportamento successivo. Quando si trattava di musica, lo stile selvaggio di Bonzo dietro il kit ha portato a diverse esibizioni leggendarie.
Jimmy Page ha mentito su come l'ha registrato, ma Bonham ha scritto una delle migliori tracce di batteria di sempre in "When the Levee Breaks". Al batterista non è piaciuto essere spinto da Page durante la registrazione di "Stairway to Heaven", ma il processo ha funzionato. Bonham ha incanalato la sua rabbia nel fornire la parte di batteria definitiva sotto l'assolo di Page.
Anche il cantante degli Zep Robert Plant ha elogiato Bonham per il suo lavoro in "Achilles Last Stand". Plant ha definito la batteria di Bonzo non umana (in senso buono), e la canzone rimane una delle tracce distintive del cronometrista.
Il soprannome Bonzo di John Bonham deriva da un cane dei cartoni animati, ma ha fatto suo il nome con il suo leggendario modo di suonare la batteria.
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https://www.cheatsheet.com/entertainment/robert-plant-john-bonham-drumming-led-zeppelin-track-sound-human.html/
Robert Plant una volta ha detto che la batteria di John Bonham in 1 canzone dei Led Zeppelin non suonava umana, e ha ragione
Robert Plant ha detto che una traccia di batteria di John Bonham era così bella che "nessuno poteva credere che un essere umano potesse farla"
Bonham ha creato diverse parti di batteria straordinarie durante il suo periodo con i Led Zeppelin.
Manca due delle otto canzoni del seminale Led Zeppelin IV , ma lascia comunque il segno. Bonham poteva fare solo due riprese di "Four Sticks", ma ha inchiodato il ritmo complicato con cui suonava - aspettalo - quattro bacchette. Alcune ingegnose tecniche di registrazione elevano il suo ritmo in "When the Levee Breaks" da semplicistico a epico.
Ogni album dei Led Zeppelin includeva Bonzo che lasciava il segno. Tuttavia, Plant ha indicato la batteria di Bonham in "Achilles Last Stand" di Presence come forse il suo coronamento. Era una "traccia di Bonzo in cui nessuno poteva nemmeno credere che un essere umano potesse farlo", disse una volta Plant, per Far Out .
Un ascolto chiarisce che "Achilles Last Stand" è uno dei migliori esempi delle capacità di batteria di Bonham.
Plant ha ragione: "Achilles Last Stand" è una delle migliori percussioni di Bonham
Bonham ha raggiunto diverse vette come batterista durante il suo periodo con i Led Zeppelin, ma "Achilles Last Stand" potrebbe essere il suo momento migliore. È un tour de force fino in fondo.
Bonzo ha affrontato tempi in chiave difficili su canzoni come "Four Sticks" e "The Crunge". Fa lo stesso di nuovo in "Achilles", passando da 4/4 a 5/4 negli oltre 10 minuti della canzone. Quasi non appena Bonham si unisce alla canzone, tratta l'ascoltatore con rapidi riempimenti di rullante. Più tardi, quando Jimmy Page emette rapidamente un riff transitorio, Bonham lo abbina a ritmi di mitragliatrice che mette a segno altrettanto rapidamente. Bonham varia più volte il suo rullante arrotolato e il suo fragore di piatti durante la canzone, e si unisce perfettamente alla canzone dopo ognuno di essi.
La batteria di Bonham è impressionante anche quando è circondata dall'esercito di chitarre di Page, dalla voce di Plant e dalla base di John Paul Jones. L'ascolto della traccia di batteria isolata (tramite YouTube ) rende il lavoro con le bacchette di Bonham ancora più ispirato.
Plant ha ragione: la batteria di Bonham in "Achilles Last Stand" non suona umana. La maggior parte dei batteristi farebbe fatica a replicare i cambi di tempo, il ritmo propulsivo e i riempimenti a rotta di collo. La sua reputazione di potente cronometrista non è mai stata messa in discussione, ma la canzone epica ha dimostrato quanto fossero eccellenti le capacità di percussionista di Bonham.
'La reputazione di Presence è cresciuta nel corso degli anni
L'epico “Achilles Last Stand” dà il via a Presence con il botto, ma non è stato facile. Il bassista dei Led Zeppelin Jones non pensava che avrebbe funzionato a causa del suo complicato arrangiamento e delle chitarre stratificate di Page. In effetti, Page ha avuto difficoltà a suonare la canzone dal vivo senza l'aiuto di chitarre extra.
Altrove nell'album, Plant ha chiamato Page e il manager dei Led Zeppelin con un ritornello selvaggio su "Hots on for Nowhere". Presence termina con il lento blues di "Tea for One". Zep ha incluso alcuni momenti spensierati nell'album ("Royal Orleans" e "Candy Store Rock"), ma è probabilmente l'album più oscuro ed emotivamente pesante della band.
Presence è diventato disco d'oro in un mese e disco di platino in sei settimane, secondo la Recording Industry Association of America , ma non ha eguagliato il successo di vendite dei primi lavori dei Led Zeppelin. Tuttavia, l'album ha una buona dose di fan che sorprendono Page con il loro amore per esso. La batteria di John Bonham in "Achilles Last Stand", impressionante ad ogni angolo, potrebbe essere una delle ragioni per cui l'album ha un seguito così forte.
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https://www.cheatsheet.com/entertainment/jimmy-page-reason-led-zeppelin-replace-john-bonham.html/
Jimmy Page una volta spiegò il motivo per cui i Led Zeppelin non potevano sostituire John Bonham
I Led Zeppelin si sono sciolti piuttosto che sostituire il batterista John Bonham
Il bassista John Paul Jones ha formato la sezione ritmica dei Led Zeppelin insieme a Bonham. Ha rivelato un'importante critica alla batteria di Bonzo anni dopo, ma JPJ ha anche valutato Bonham come un musicista fiducioso la prima volta che gli Zep hanno suonato insieme. Jones era perfetto.
La potente tecnica e l'esperto cronometraggio di Bonham su canzoni come "Four Sticks", "In My Time of Dying" e l'assolo di batteria dal vivo "Moby Dick" hanno dato ai Led Zeppelin un suono distintivo.
Bonham morì improvvisamente nel 1980 alla vigilia di un tour, ei Led Zeppelin decisero di sciogliersi piuttosto che sostituirlo con un nuovo cronometrista. Page una volta ha rivelato che non è stata solo la tecnica di Bonham a costringere la band a farla finita.
Jimmy Page una volta ha rivelato che non erano solo le abilità di batterista di Bonham che i Led Zeppelin non potevano sostituire
Come una volta Page ha rivelato a David Letterman (tramite YouTube ), i Led Zeppelin non potevano sostituire John Bonham perché le loro canzoni hanno preso una nuova vita on the road:
"Il fatto è che, sai, avevamo pubblicato i dischi e abbiamo inserito quelle canzoni nel set [live], è stato quasi come un altro inizio, un secondo vento per quelle canzoni perché cambiavano ogni sera con l'improvvisazione che Non c'era modo, con la quantità di lavoro e di mutazione che era andata avanti con quelle canzoni, che potessimo dire a un altro batterista: "Puoi imparare questo e quel pezzo?" Semplicemente non funzionerebbe.
Jimmy Page spiega perché i Led Zeppelin non sono riusciti a sostituire John Bonham
Non era solo la tecnica di Bonzo che non poteva essere replicata. I Led Zeppelin non hanno potuto sostituire Bonham perché è stato lui a dare forma alle canzoni in quello che sono diventate. Era un quarto di un'unità che condivideva una mente quando suonavano dal vivo. Gli Zep hanno sviluppato quella mentalità collettiva suonando insieme per 12 anni. Non c'era modo che un nuovo arrivato potesse duplicare la conoscenza radicata di Bonham di come Page, Jones e il cantante Robert Plant si esibissero dal vivo.
Bonzo non si preoccupava della precisione nel suo modo di suonare
Bonham in genere si unisce alla conversazione quando si parla dei migliori batteristi della musica rock. Il suo stile è quasi immediatamente identificabile, ma non si è mai preoccupato troppo della sua tecnica di batteria . Preferiva suonare in base ai sentimenti e alle emozioni che si adattavano alla canzone piuttosto che esibirsi sempre secondo il libro. Bonzo suonava la batteria in un modo che servisse alle canzoni, non impressionasse gli altri batteristi.
In effetti, Bonham non si è mai preoccupato di sbagliare durante i numerosi assoli di batteria che ha suonato in concerto. Se inciampava durante la sua esibizione, era segno che aveva provato qualcosa di nuovo. Faceva parte dell'evoluzione della canzone che Page ha detto essere la ragione per cui i Led Zeppelin non hanno potuto sostituire John Bonham quando è morto.
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https://www.cheatsheet.com/entertainment/why-led-zeppelins-john-bonham-was-the-greatest-drummer-according-to-lars-ulrich.html/
Perché John Bonham dei Led Zeppelin è stato il più grande batterista, secondo Lars Ulrich
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https://www.cheatsheet.com/entertainment/why-led-zeppelins-john-bonham-considered-drum-solo-blunders-to-be-a-good-sign.html/
Perché John Bonham dei Led Zeppelin considerava gli errori di assolo di batteria "un buon segno"
John Paul Jones dei Led Zeppelin ha avuto 1 grande critica alla batteria di John Bonham
Come John Paul Jones ha valutato John Bonham al primo incontro dei Led Zeppelin
JOHN BONHAM: BONZO, GLI ZEPPELIN E IL FRATELLO MICK
Cosa resta dell’eredità di John Bonham
Il Suono di Batteria di John Bonham
Tutto Sul Suono e l’Accordatura della Batteria di John Bonham dei Led Zeppelin
https://xl.repubblica.it/articoli/john-bonham-bonzo-gli-zeppelin-e-il-fratello-mick/9030/
Il celebre batterista “che al posto del piede destro aveva le nacchere”, come disse Jimi Hendrix, nel libro “privato” scritto dal fratello Mick John Bonham
«Durante i primi anni mi accorsi che John aveva la passione di percuotere gli oggetti: barattoli di biscotti, scatole di dolcetti, qualsiasi cosa producesse un suono. Per me quello fu un periodo particolarmente stressante, perché scoprii che anch’io facevo parte della finta batteria di John. Ma fu quello l’inizio della carriera di batterista di John “Bonzo” Bonham!». Mick Bonham non fu solo disc jockey, scrittore e fotografo, ma anche e soprattutto il fratello minore del più grande batterista della storia del rock.
Con lui condivise tutto e il fratellone batterista dei Led Zeppelin non gli fece mancare mai affetto e riconoscenza. Lo difendeva nelle risse, si faceva in due per assicuragli il rispetto dei suoi amici e riusciva anche ad accollarsi le colpe che non fossero le sue. «Fin dal primo giorno, io e John dormivamo nella stessa camera, nonostante la nostra casa fosse piena di stanze. Era davvero bello poter chiacchierare di ciò che era successo nell’arco della giornata e di ciò che ci riservava il futuro. Inoltre, a volte io e John litigavamo e ci menavamo di brutto, e stando nella stessa stanza potevamo farlo direttamente lì, senza contare che almeno avevo un letto soffice su cui atterrare quando mi afferrava e mi lanciava in aria».
Questa e tante altre testimonianze sono contenute nel libro John Bonham, il motore dei Led Zeppelin (Arcana, p.p.256, euro 23,00) nella traduzione di Marco Lascialfari, con inserto fotografico e 50 scatti inediti di Mick. Più che essere una biografia il libro è un ritratto di famiglia (c’è anche uno scritto della sorella Deborah in appendice), un diario intimo e confidenziale che mostra i lati nascosti e poco conosciuti, la bontà d’animo e le fragilità umane di un musicista imponente, God of Thunder, il dio del tuono lo soprannomineranno in seguito. Un gigante buono e generoso, nonostante la fama negativa che lo accompagnerà. Gli occhi che lo scrutano non sono quelli di un estraneo, ma di un fratello che non può far altro che rendere pubblica l’umanità di un artista, sottacendo con un pizzico di ironia i lati più controversi, i luoghi comuni di quella perdizione che affligge da sempre, come una maledizione, la vita delle rockstar.
Dall’infanzia passando per l’adolescenza, John dimostrò in ogni occasione la sua passione per la batteria, passando dai fusti di latta all’ascolto smodato e appassionato di Gene Krupa, uno dei più importanti batteristi jazz che legò il suo nome alle fortune dell’orchestra di Benny Goodman.
Per mantenersi, John fece il carpentiere e tanti altri lavori pur di alimentare il sogno di suonare in una band. Suonò in tanti gruppi di Birmingham e dintorni: l’inizio di una carriera che si sarebbe rivelata nel giro di alcuni anni entusiasmante. La grande occasione non si fece attendere quando Robert Plant (che aveva conosciuto nei Band of Joy) gli chiese di entrare a far parte dei New Yardbirds con Jimmy Page e John Paul Jones, prima che cambiassero il nome in Led Zeppelin e dessero alle stampe nel 1969 due dischi che avrebbero cambiato la storia del rock (Led Zeppelin I e Led Zeppelin II, quest’ultimo scalzò dal primo posto delle classifiche di Billboard, Abbey Road dei Beatles).
Tecnica batteristica eccelsa, potente e incisiva quanto raffinata e precisa: John Bonham fece scuola e continua a essere un punto di riferimento per chiunque si avvicini allo strumento. Nella storia, su tutto, resterà il celeberrimo assolo di Moby Dick. « posto del piede destro ha le nacchere», confessò Jimi Hendrix a Robert Plant. Ancora, nel libro, Phil Collins, il batterista dei Genesis che lo avrebbe sostituito nella reunion sul palco del Live Aid nel 1985, racconta: «Rimasi sconcertato dal batterista. Faceva cose con la grancassa che non avevo mai visto prima. Mi ripromisi di tenere d’occhio questo John Bonham e ne seguii i progressi. Anche allora ebbe un’influenza importantissima sul mio modo di suonare». Ancora, il suo collega di band, il bassista John Paul Jones ricorda che durante un festival in cui si esibiva anche James Brown (uno degli idoli di Bonham) i tre batteristi dell’afroamericano vedendo la potenza di Bonzo rimasero increduli a fissarlo mentre suonava, chiedendosi com’era possibile che da solo facesse l’equivalente alle percussioni di quello che loro facevano in tre.
Bonzo non disdegnò ogni tipo di eccesso (alcol su tutto), fu collezionista di macchine costosissime e spesso non aveva alcun timore a mostrare il lato più esuberante del suo carattere. In un’altra gustosa testimonianza Glen Matlock ricorda che durante un concerto dei suoi Sex Pistols e dei Damned successe il pandemonio: «Rimasi stupefatto quando vidi John in piedi dietro alla batteria con un ghigno rabbioso stampato sul viso. Se ne stava lì dritto e tutto impettito e partì con una violenta invettiva contro la band. Gridò: “Dove cazzo è andata la band? Hanno suonato solo quindici minuti. Noi suoniamo per tre ore, cazzo, perché siamo uomini veri, non un branco di smidollati. Fu così che John Bonham uscì dalla scena punk, accompagnato dall’idea che alla veneranda età di ventinove anni uno è già un vecchio hippy».
Irascibile (fu soprannominato The Beast, la bestia, per i suoi scatti d’ira indotti spesso dall’alcol), ma anche umilissimo. Come quando, dopo un concerto dei Police, per i quali stravedeva, si complimentò con il batterista, Stuart Copeland, mentre un giovane e spocchioso Sting gli diceva: «Ehi, attento a non calpestarmi le scarpe di camoscio blu», senza che il portentoso batterista battesse ciglio.
Dell’essere un batterista diceva: «Se il tuo sound si basa solo sulla tecnica, suonerai come chiunque altro. Ciò che conta è essere originale».
Questa raccolta di ricordi è stata pubblicata postuma alla morte di Mick Bonham avvenuta a 49 anni nel 2000. La moglie Linda ha curato la pubblicazione non facendo mistero di sottolineare: «<Coloro che conoscono più da vicino la nostra famiglia si renderanno conto che Mick ha dato un taglio leggero e spensierato alla sua storia, e ha taciuto parecchi ricordi, poiché di natura troppo intima e personale o troppo dolorosi: ad esempio, la descrizione da lui fornita della morte di John è concisa, poiché non riusciva a trovare le parole giuste per esprimere il suo dolore».
John “Bonzo” Bonham morì il 25 settembre 1980 soffocato dal suo stesso vomito. Aveva solo 32 anni. Il 4 dicembre dello stesso anno con un comunicato stampa i Led Zeppelin annunciavano al mondo intero la loro fine:«Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere – in piena armonia tra noi ed il nostro manager – che non possiamo più continuare come eravamo».
John Bonham
Il motore dei Led Zeppelin
Mick Bonham
Arcana Edizioni
p.p. 256, euro 23
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http://www.we-rock.info/news/john-bonham-bonzo-gli-zeppelin-il-fratello-mick/
«Durante i primi anni mi accorsi che John aveva la passione di percuotere gli oggetti: barattoli di biscotti, scatole di dolcetti, qualsiasi cosa producesse un suono. Per me quello fu un periodo particolarmente stressante, perché scoprii che anch’io facevo parte della finta batteria di John. Ma fu quello l’inizio della carriera di batterista di John “Bonzo” Bonham!». Mick Bonham non fu solo disc jockey, scrittore e fotografo, ma anche e soprattutto il fratello minore del più grande batterista della storia del rock.
Con lui condivise tutto e il fratellone batterista dei Led Zeppelin non gli fece mancare mai affetto e riconoscenza. Lo difendeva nelle risse, si faceva in due per assicuragli il rispetto dei suoi amici e riusciva anche ad accollarsi le colpe che non fossero le sue. «Fin dal primo giorno, io e John dormivamo nella stessa camera, nonostante la nostra casa fosse piena di stanze. Era davvero bello poter chiacchierare di ciò che era successo nell’arco della giornata e di ciò che ci riservava il futuro. Inoltre, a volte io e John litigavamo e ci menavamo di brutto, e stando nella stessa stanza potevamo farlo direttamente lì, senza contare che almeno avevo un letto soffice su cui atterrare quando mi afferrava e mi lanciava in aria».Questa e tante altre testimonianze sono contenute nel libro John Bonham, il motore dei Led Zeppelin (Arcana, p.p.256, euro 23,00) nella traduzione di Marco Lascialfari, con inserto fotografico e 50 scatti inediti di Mick. Più che essere una biografia il libro è un ritratto di famiglia (c’è anche uno scritto della sorella Deborah in appendice), un diario intimo e confidenziale che mostra i lati nascosti e poco conosciuti, la bontà d’animo e le fragilità umane di un musicista imponente, God of Thunder, il Dio del tuono lo soprannomineranno in seguito. Un gigante buono e generoso, nonostante la fama negativa che lo accompagnerà. Gli occhi che lo scrutano non sono quelli di un estraneo, ma di un fratello che non può far altro che rendere pubblica l’umanità di un artista, sottacendo con un pizzico di ironia i lati più controversi, i luoghi comuni di quella perdizione che affligge da sempre, come una maledizione, la vita delle rockstar.
Dall’infanzia passando per l’adolescenza, John dimostrò in ogni occasione la sua passione per la batteria, passando dai fusti di latta all’ascolto smodato e appassionato di Gene Krupa, uno dei più importanti batteristi jazz che legò il suo nome alle fortune dell’orchestra di Benny Goodman. Per mantenersi, John fece il carpentiere e tanti altri lavori pur di alimentare il sogno di suonare in una band. Suonò in tanti gruppi di Birmingham e dintorni: l’inizio di una carriera che si sarebbe rivelata nel giro di alcuni anni entusiasmante. La grande occasione non si fece attendere quando Robert Plant (che aveva conosciuto nei Band of Joy) gli chiese di entrare a far parte dei New Yardbirds con Jimmy Page e John Paul Jones, prima che cambiassero il nome in Led Zeppelin e dessero alle stampe nel 1969 due dischi che avrebbero cambiato la storia del rock (Led Zeppelin I e Led Zeppelin II, quest’ultimo scalzò dal primo posto delle classifiche di Billboard, Abbey Road dei Beatles). Tecnica batteristica eccelsa, potente e incisiva quanto raffinata e precisa: John Bonham fece scuola e continua a essere un punto di riferimento per chiunque si avvicini allo strumento. Nella storia, su tutto, resterà il celeberrimo assolo di Moby Dick. «al posto del piede destro ha le nacchere», confessò Jimi Hendrix a Robert Plant. Ancora, nel libro, Phil Collins, il batterista dei Genesis che lo avrebbe sostituito nella reunion sul palco del Live Aid nel 1985, racconta: «Rimasi sconcertato dal batterista. Faceva cose con la grancassa che non avevo mai visto prima. Mi ripromisi di tenere d’occhio questo John Bonham e ne seguii i progressi. Anche allora ebbe un’influenza importantissima sul mio modo di suonare». Ancora, il suo collega di band, il bassista John Paul Jones ricorda che durante un festival in cui si esibiva anche James Brown (uno degli idoli di Bonham) i tre batteristi dell’afroamericano vedendo la potenza di Bonzo rimasero increduli a fissarlo mentre suonava, chiedendosi com’era possibile che da solo facesse l’equivalente alle percussioni di quello che loro facevano in tre.
Bonzo non disdegnò ogni tipo di eccesso (alcol su tutto), fu collezionista di macchine costosissime e spesso non aveva alcun timore a mostrare il lato più esuberante del suo carattere. In un’altra gustosa testimonianza Glen Matlock ricorda che durante un concerto dei suoi Sex Pistols e dei Damned successe il pandemonio: «Rimasi stupefatto quando vidi John in piedi dietro alla batteria con un ghigno rabbioso stampato sul viso. Se ne stava lì dritto e tutto impettito e partì con una violenta invettiva contro la band. Gridò: “Dove cazzo è andata la band? Hanno suonato solo quindici minuti. Noi suoniamo per tre ore, cazzo, perché siamo uomini veri, non un branco di smidollati. Fu così che John Bonham uscì dalla scena punk, accompagnato dall’idea che alla veneranda età di ventinove anni uno è già un vecchio hippy». Irascibile (fu soprannominato The Beast, la bestia, per i suoi scatti d’ira indotti spesso dall’alcol), ma anche umilissimo. Come quando, dopo un concerto dei Police, per i quali stravedeva, si complimentò con il batterista, Stuart Copeland, mentre un giovane e spocchioso Sting gli diceva: «Ehi, attento a non calpestarmi le scarpe di camoscio blu», senza che il portentoso batterista battesse ciglio. Dell’essere un batterista diceva: «Se il tuo sound si basa solo sulla tecnica, suonerai come chiunque altro. Ciò che conta è essere originale».
Questa raccolta di ricordi è stata pubblicata postuma alla morte di Mick Bonham avvenuta a 49 anni nel 2000. La moglie Linda ha curato la pubblicazione non facendo mistero di sottolineare: «Coloro che conoscono più da vicino la nostra famiglia si renderanno conto che Mick ha dato un taglio leggero e spensierato alla sua storia, e ha taciuto parecchi ricordi, poiché di natura troppo intima e personale o troppo dolorosi: ad esempio, la descrizione da lui fornita della morte di John è concisa, poiché non riusciva a trovare le parole giuste per esprimere il suo dolore».
John “Bonzo” Bonham morì il 25 settembre 1980 soffocato dal suo stesso vomito. Aveva solo 32 anni. Il 4 dicembre dello stesso anno con un comunicato stampa i Led Zeppelin annunciavano al mondo intero la loro fine:
«Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere – in piena armonia tra noi ed il nostro manager – che non possiamo più continuare come eravamo».
Si dice che questo batterista abbia cambiato completamente la musica rock attraverso la sua tecnica, il suo modo di suonare pieno di passione e la sua apertura a nuovi stili.
Essendo in prima linea nell’LP fondamentale dei Led Zeppelin, le sue capacità da batterista erano invidiate da tutti all’interno dell’industria.
Anni dopo la sua scomparsa, Jimmy Page, uno dei più bravi chitarristi di tutti i tempi nonché suo compagno di band, ammise di essere rimasto affascinato dal contributo di questo artista alla musica rock.
John Bonham – Il Motore Dei Led Zeppelin
Dopo aver venduto nove milioni di dischi ed aver fatto molte tournée da record, i Led Zeppelin giunsero ad una brusca e prematura fine.
Scritto dal fratello Mick, questo libro è un resoconto molto intimo sulla vita del nostro batterista; partendo dall’adolescenza di entrambi, il libro racconta (grazie anche al contributo delle testimonianze di Robert Plant e John Paul Jones) la vita e la carriera di Bonham, dagli esordi alla fama planetaria, come membro della più potente band rock’n’roll della storia.
Attraverso questo libro è possibile capire per quale motivo “Bonzo” venga considerato come il motore di questo incredibile progetto; si tratta di uno scritto che un vero fan non può perdersi.
John Bonzo Bonham E I Led Zeppelin
Prima della sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1980, la creatività ed il suono di Bonham avevano già contrassegnato il gusto di molti amanti del rock in tutto il mondo, lasciandoli alla ricerca continua di quel grande impatto simbolo del modo in cui suonava nel gruppo.
In seguito alle loro conclusioni si parlava a lungo di ognuna delle esibizioni di questo batterista. Ciò che emergeva ogni volta in maniera piuttosto chiara era che la performance fosse pesante, vivace, virtuosistica e deliberata.
Ogni ascoltatore sarebbe elettrizzato dallo spettacolo mostrato dalle abili percussioni di questo batterista. Questo è il motivo; forse rimane nei libri di storia come uno tra i più grandi batteristi di tutti i tempi.
Si dice che quando Bonham fosse al minimo, non suonasse mai in modo noioso. Tutti potevano ancora sentire l’impatto del suo potere e della sua forza.
Era come se stesse solo parlando alla batteria e questa avesse seguito alla lettera le sue istruzioni. Quando era al suo meglio dal punto di vista ritmico, non ha mai dato al suo pubblico alcuna delusione.
Ogni notte in cui Bonham era in tournée con i Led Zeppelin, l’atmosfera si riempiva di vita e divertimento.
Sembrava sapere come sfuggire ad ogni difficoltà con il suo drumming travolgente; ne è un esempio il pezzo “Moby Dick “.
https://youtu.be/IOb8otk7Y0U
Questo suo modo particolare di suonare la batteria e le percussioni era la sua firma e la sua tecnica per lasciare tutti i fan a chiedere di più.
Ogni performance che ha fatto durante il suo periodo di attività con i Led Zeppelin era migliore della precedente; facendo così, Bohnam lasciava il palco tra gli applausi di tutti.
Dave Grohl, un altro famoso batterista, non ha perso l’occasione di elogiare lo stile di questo musicista quando ha scritto per “Rolling Stone”.
Grohl dice di aver passato anni nella sua camera da letto ascoltando il lavoro di Bonham e cercando di emulare il suo stile.
Era affascinato dallo swing e dalla spavalderia dietro al ritmo, alla velocità ed alla potenza della batteria di Bonham.
Lui stesso ha ammesso di voler raggiungere lo stesso senso di direzione istintiva, oltre che memorizzare ciò che ha fatto Bonham alla batteria mentre suonava con i Led Zeppelin.
Scommetto che, se guardassi John in azione, saresti costretto anche tu a provare quello che abbiamo descritto. Si tratta di portare la musica nel sangue.
Per anni, ogni rocker post-Bonham ha desiderato seguire le orme di questo batterista in un caso o nell’altro. È anche vero che i più grandi batteristi oggi sul mercato hanno ricevuto la sua ispirazione.
Ci sono così tante registrazioni delle sue esibizioni che qualsiasi tua esigenza di batteria potrebbe essere soddisfatta.
È sempre stato il desiderio di molti batteristi crescere allo stesso livello del più grande di tutti i tempi e questa ricerca ha permesso loro di trovare la strada giusta.
La Morte Di John Bonham
I Led Zeppelin sono ricordati come una delle band più grandi e produttive di sempre; il loro talento è noto tanto quanto il loro successo. Tuttavia è ben conosciuta anche la loro reputazione per gli eccessi nella vita privata.
Questo gruppo britannico era famoso per le storie che lo ritraevano al centro di numerose storie di dissolutezza, tra cui numerose avventure sessuali e l’abuso di alcool e droghe.
Nel ’75 Robert Plant, il frontman, ebbe un tragico incidente con la moglie e ne uscì con una prognosi di sei mesi bloccato su una sedia a rotelle: la conclusione più ovvia fu il ritiro del gruppo dalla scena rock, che avvenne nel 1976.
A seguito di questo spiacevole episodio, la band visse un periodo piuttosto buio che culminò con la morte di John Bonham, avvenuta il 25 Settembre 1980, quando il batterista dei Led Zeppelin aveva solo 32 anni.
Durante le prove con i compagni di gruppo nella villa di Jimmy Page a Windsor, Inghilterra, il nostro batterista era ubriaco e non accennava a smettere di bere.
Fu così che la sera dello stesso giorno, John venne trasportato in una stanza e lasciato là a dormire, venendo poi ritrovato senza vita a causa del vomito che lo aveva soffocato.
Successivamente all’accaduto, il 4 Dicembre del medesimo anno i Led Zeppelin rilasciarono un comunicato all’interno del quale dichiaravano l’interruzione dell’attività artistica della band, la quale si riunirà in seguito solamente altre cinque volte, tra cui il Live Aid dell’85 ed il loro ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame, avvenuto dieci anni dopo.
Bonham was a collector of Motown music and introduced John to various artists when he had returned home from touring with Led Zeppelin. He first saw Led Zeppelin in action at Club Lafayette, Wolverhampton on 24 February 1969 and was impressed by their performance. Bonham later was invited on-stage and played congas during 'Whole Lotta Love', when Led Zeppelin performed at the Preston Public Hall on 23 November 1971. He also had a brief cameo appearance in the film The Song Remains the Same when John was playing billiards in the local public house. Bonham was also a photographer and took hundreds pictures of John and the Old Hyde Farm, of which a number were published in his biographies of John, and some unpublished ones later reused as part of the background projection during Jason Bonham's Led Zeppelin Experience tours of North America. These images gave an in-sight into an intimate family-side of John Bonham which was rarely reported in the media. Mick also took photographs of the Worcestershire area which have been used in local history displays.
In late 1975, at the height of the disco era, Mick Bonham operated the first Dolly Disc franchise in the United Kingdom. Professional entertainers with Dolly Disc included Connie Chapman, Karen Pennington, Jilly Davies, and Vicky Harten.
After John's death, Mick briefly looked after the Old Hyde Farm. A long-time friend of tribute band Fred Zeppelin, he used to introduce them when they performed in Redditch. It was after reading sensationalist news stories about John that Mick decided to set the record straight. Contributing to Chris Welch's and Geoff Nicholls' 2001 book John Bonham: A Thunder of Drums, Bonham had only just arranged to have his first book published when he died suddenly from a myocardial infarction on 14 January 2000. Writing in a warm but direct style, his first biography Bonham by Bonham: My Brother John was published posthumously in 2003. This book was followed up with John Bonham: The Powerhouse Behind Led Zeppelin in 2005, which included additional interviews and was based on a near-completed manuscript Mick Bonham was finishing at the time of his death.
https://www.r3m.it/.../led-zeppelin-il-bassista-john.../
Ciò che rende i Led Zeppelin diversi secondo John Paul Jones
John Paul Jones rivela cosa rende i Led Zeppelin così diversi:
Quando i Led Zeppelin si sono formati per realizzare la visione di Jimmy, avevi due esperti professionisti londinesi di prim'ordine (tu e Jimmy) che reclutavano due giovani scagnozzi delle Midlands (Robert Plant e John Bonham). Ma poi, ovviamente, dovevi legare con Bonzo come sezione ritmica, proprio come Plant e Page si alleavano come frontmen e cantautori. Ecco come appare dall'esterno: come ha funzionato dall'interno?
“Avevo già suonato con dei bravi batteristi, ma ho capito che Bonzo era un batterista assassino fin dall'inizio. È stato molto divertente suonare con qualcuno così fottutamente sexy con una tale grande musicalità; sapeva cosa stava facendo - alla grande. Jimmy aveva decisamente una visione di come dovrebbero essere le cose, e noi abbiamo recitato la nostra parte, ma ci abbiamo portato le nostre cose".
“All'inizio scrivevamo tutti canzoni insieme. A differenza di molte altre band, i Led Zeppelin non erano basati sulle canzoni ma sulle performance. Gli Who sono basati su canzoni; quasi non importa chi li abbia suonati, come vediamo ora che sono solo due membri originali".
“Mentre con i Led Zeppelin, le altre persone che suonano le canzoni non traducono molto bene. Robert è stato uno scrittore di ogni canzone come l'unica persona che ha scritto i testi; nessun altro lo farebbe. C'è stato un periodo dopo un tour in cui io e Bonzo siamo tornati dalle nostre famiglie e Jimmy e Robert sono andati al loro cottage e hanno scritto le canzoni dei Led Zeppelin III, così quella è diventata una collaborazione per la scrittura di canzoni. Generalmente chiunque avesse un riff lo portava dentro, e se funzionava farebbe l'album".
Lui continuò:
“E la musica emergeva in jam e veniva lavorata in sezioni. Per quanto riguarda i crediti di scrittura, il mio contributo è stato più di quanto sembrerebbe, così come quello di Bonzo – molto di più. Noi quattro eravamo molto stretti. Dato che Jimmy e Robert erano fuori, hanno ottenuto la maggior parte delle fotografie. Robert diceva sempre che dovevo andare in prima fila, cosa che ho fatto per il primo numero.
“Ma il mio problema era che non riuscivo a sentire la batteria. Mi piace essere vicino al batterista, quindi tornerei sempre indietro. Avevi bisogno del contatto visivo. I monitor di allora erano spaventosi, ma anche oggi con un monitoraggio sofisticato mi piace ancora essere accanto alla batteria. Mi piace sentire il vento della grancassa!”
“Bonzo, figlio di un muratore di Redditch e tu, ex corista del Christ College: come ti sei trovata personalmente? Molto facilmente. Sì, ero nel coro di una scuola privata minore a Blackheath. Ma i musicisti con cui avevo suonato prima provenivano da tutti i ceti sociali. I musicisti non si preoccupano molto di questo genere di cose: in pratica sei tu o non sai suonare? Semplice come quella. Tutti e quattro eravamo ragazzi della classe media; non c'era molta differenza tra il modo in cui siamo stati educati".
“Ho avuto una vita molto strana perché i miei genitori erano sempre in viaggio e non li vedevo molti; Ero in collegio molto, molto giovane. Poi mi sono unito a loro sul palco in modo vario, quindi la mia vita non si adattava a nessuno che conoscevo, motivo per cui ero molto tranquillo e non avevo troppi amici perché sapevo che non li avrei più visti. "
“Mio padre ha recitato in una commedia musicale con mia madre, e li ho visti su un cartellone con Ronnie Aldrich e gli Squadronaires, in cui era il padre di Pete Townshend – posso immaginare il concerto. La vita era diversa per noi. La gente chiedeva dove sei andato in vacanza; erano arrivati in una città di mare, io ne andavo in otto: uno a settimana!”
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I veri fatti della vita di Robert Plant
I Led Zeppelin, la band composta da John Paul Jones, Jimmy Page, John Bonham e Robert Plant, hanno vissuto 12 anni pieni di buon rock, eccessi, successi, scandali, voci e tragedie; In quest'ultima area sono sorte diverse situazioni, che diverse persone hanno attribuito a un possibile patto con il Diavolo, alla passione di Page per l'esoterico e al satanismo, tra le altre voci.
Il dettaglio è che la band ha attraversato diversi momenti tragici e dolorosi che li hanno segnati come gruppo e come persone, uno di questi eventi è la strana morte del figlioletto di Robert Plant. Si scopre che nel 1977, dopo aver subito una pausa dalle esibizioni dal vivo a causa di un gravissimo incidente stradale subito da Robert e dalla sua famiglia, i Led Zeppelin stavano per riprendere le sue esibizioni dal vivo, iniziando negli Stati Uniti.
Durante l'autopsia è stato accertato che il piccolo Karac è morto per cause naturali, a causa di un'infezione acuta allo stomaco non identificata; Infatti, una settimana prima, Carmen, l'altra figlia di Robert Plant, aveva sofferto di gastroenterite acuta, che era stata controllata, apparentemente avendo sofferto dello stesso virus che aveva portato alla morte Karac.
Il colpo per Robert Plant è stato (logicamente) devastante, ma ha anche influito in pieno sulle dinamiche interne dei Led Zeppelin, non solo in termini di pausa dalle attività ma anche in termini di rapporto tra i membri della band, questo a causa di A piuttosto dettaglio sorprendente: l'unico membro del gruppo che ha partecipato al funerale di Karac era John Bonham, gli altri 2 membri, John Paul Jones e Jimmy Page, non sono venuti a sostenere il loro partner caduto in disgrazia, un fatto che a Robert non è piaciuto affatto.
https://youtu.be/kkDgkUelNiU
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https://ledwallet.wordpress.com/john-bonham/
lo voglio ricordare così..
con qualche sua citazione
ma soprattutto con il suo grande talento, cuore, amicizia..
“Mi è sempre piaciuto che la batteria fosse grande e potente. Non uso mai molto i piatti, li uso per entrare o uscire da un assolo, ma generalmente preferisco un altro suono.”
“Rompevo sempre le pelli della batteria le prime volte che suonavo. Poi ho imparato a suonare più forte colpendo più piano: basta rullare”
“Noi non facciamo quello che fanno molti gruppi, registrare ogni strumento separatamente, penso che così si perda l’atmosfera della canzone”
Quando nell’agosto 1968 Plant suggerì a Page di contattare il suo amico Bonzo (così lo chiamava scherzosamente, in riferimento al cagnolino maldestro e dal cuore nobile protagonista di una serie animata degli anni Venti) per la formazione di un nuovo gruppo sulle ceneri degli Yardbirds, Bonham aveva tante possibilità da considerare: era oggetto della contesa tra Chris Farlowe e Joe Cocker, e il suo ingaggio con Tim Rose era stato il suo primo lavoro regolarmente retribuito. Ma il problema era un altro: “Non era un fatto di chi aveva le migliori possibilità, ma di chi avrebbe fatto il giusto tipo di roba… Sapevo cosa piaceva a Robert per averci suonato con la Band Of Joy, e sapevo a cosa si interessava Jimmy, così decisi che quella musica sarebbe stata meglio. E il tempo m’ha dato ragione”. Nonostante ciò ci furono molte insistenze da parte di Peter Grant, il manager della band, Plant e Page.
All’interno dei Led Zeppelin Bonham è a proprio agio: da una parte il suo bisogno di sentirsi parte di un gruppo è soddisfatto, Plant è in sostanza un amico di vecchia data, dall’altra può dare libero sfogo al suo modo di suonare, in una band in cui sin dal primo album una batteria potente e spontanea come la sua ha un posto centrale, basti pensare a come si apre il disco con Good Times Bad Times. Altre occasioni per mostrare il suo talento sono in pezzi come Dazed And Confused nelle rullate finali o in How Many More Times nel Bolero, ma Bonzo da il meglio di sé durante i concerti, dove si scatena in lunghi assoli comprendenti una parte a mani nude, che genera interminabili ovazioni del pubblico. Questo assolo si chiama Pat’s Delight e presto diventerà Moby Dick, brano proposto anche in Led Zeppelin II, ma, a detta di molti, riduttivo in confronto alle performance dal vivo, arrivate nel 1973-75 a durare di regola oltre i trenta minuti.
Al di là del suo talento di batterista..
c’era anche un padre di famiglia gentile e premuroso come ci ricorda suo figlio Jason: “Ogni volta che comprava un nuovo set, me ne comprava uno identico -solo un po’ più piccolo”. Bonham gli aveva infatti regalato un set di batteria identico al suo, ma in scala ridotta, quello che si può vedere nel film The Song Remains The Same. E anche: “Veniva da me e mi svegliava verso le tre o le quattro del mattino, e diceva: ‘Su, Jason. Vieni a suonare per me e i miei amici’. Così io mi alzavo, mi trascinavo per le scale, andavo alla batteria e suonavo. Lì sì che mi divertivo. Ma, crescendo, divenni più saggio, dicevo a mio padre: ‘Va bene, mi alzo se domani non mi fai andare a scuola’ e lui: ‘Va bene, domani niente scuola’. E io mi alzavo”. Nella tournée USA del 1977 il piccolo Jason, a 11 anni, fu anche portato a qualche concerto.
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John Bonham
Premessa:La batteria di John Bonham è ricordata come la più potente della storia del rock. Sin da bambino aveva l’istinto di percuotere qualcosa, anche a mani nude, come negli spaventosi e indimenticabili assoli di Moby Dick.
Cresciuto a Kidderminster, nello stesso ambiente di Plant, suonò con varie band procurando spesso problemi per l’elevato “rumore” del suo strumento, che nei Led Zeppelin sarà l’elemento distintivo. Tra le band in cui suonò vanno ricordate The Band Of Joy e The Crawling King Snakes (insieme all’amico Robert Plant). Fu il più titubante ad entrare nella formazione dei Led Zeppelin, forse anche a causa della sua situazione economicamente instabile nonostante fosse già sposato (a diciassette anni) con Pat. Numerosi sono gli aneddoti sul suo selvaggio modo di suonare la batteria sulla sua foga inumana, sul suo amore per l’alcool e gli amici, sul suo carattere rissoso ma affidabile e riservato, che gli procurò il soprannome, divenuto celebre, di Bonzo (dal nome del protagonista di un cartone animato inglese).
Il suo instancabile amore per le percussioni e per la musica finirà con la sua morte il 25 settembre 1980, ma l’eco della sua Ludwig riecheggerà per sempre nella storia del rock n’ roll.
Biografia:Era il 31 maggio del 1948 quando, a Reddicth, un piccolo paese nella regione del Worchestershire, quasi al confine col Galles, nacque John Henry Bonham. Sebbene non fosse nato in una famiglia di musicisti, sin dalla giovane età era evidente il suo amore per le percussioni, come egli stesso racconta: “Volevo essere un batterista da quando avevo cinque anni. A quel tempo suonavo su un bidone per sali da bagno con fili di ferro sul fondo, e su una lattina di caffè tenuta da uno spagno un po’ allentato per dargli l’effetto di un rullante”. Cinque anni più tardi Bonham ebbe il suo primo rullante, e dopo altri cinque il padre gli comprò la prima vera batteria, e nonostante questa fosse un rudimentale arnese in pessime condizioni, fu in questo periodo che imparò a prendersi cura del proprio strumento, a coccolarlo e modificarlo, ritenendo che sapere suonare una batteria e prendersene cura personalmente fossero due requisiti complementari in un buon batterista.
In questo periodo Bonham abbandonò gli studi per dedicarsi alla batteria, mantenendosi lavorando insieme al padre per un’impresa edile, in modo che se non avesse sfondato nel mondo della musica avrebbe comunque avuto un’altra possibilità. Il primo gruppo in cui suonò stabilmente fu Terry Webb and The Spiders seguito poi da A Way Of Life, Steve Brett and the Mavericks e The Nicky James Movement, del quale Bonham ricorda con ammirazione il cantante, Nicky James appunto. Questo gruppo aveva un grosso seguito nell’area di Birmingham, grazie proprio al cantante, e girava per tutti i club della zona, ma a stimolare Bonham in quel periodo era più l’entusiasmo di fare parte in un gruppo musicale che un vero guadagno, tanto che aveva promesso alla sua ragazza e futura moglie, la bionda Pat, che avrebbe smesso di suonare una volta sposati, rendendosi però conto di quanto queste promesse fossero vane.
Siamo alla metà degli anni Sessanta e, nonostante Bonham abbia sposato Pat, le sue promesse non vengono mantenute: entra a far parte del gruppo The Crawling King Snake, dove conosce e fa amicizia con un altro interessante cantate solista cresciuto nel suo stesso ambiente, Robert Plant. E’ in questo periodo che la reputazione di Bonham inizia a circolare, sia con risultati positivi, sia con risultati negativi: c’è chi rifiuta di farlo suonare nel proprio locale per via di una batteria troppo rumorosa e per la foga che impiega quando la suona, batterie foderate di carta stagnola, pelli sfondate, assoli a mani nude, casse di birra consumate a tempi da record e risse occasionali sono causa ed effetto di questa reputazione. Il suo modo di suonare è influenzato dalla rivoluzione portata da Ginger Baker nell’ambito della batteria rock, il lavoro di questo grande musicista nella Graham Bond Organization è ciò che il giovane Bonham preferisce, insieme al sound e al groove del catalogo soul dell’epoca. Bonham preferisce affidarsi alla pratica più che alla teoria e come in seguito dichiarerà: “Quando iniziai a suonare ero molto interessato alla musica ed ero capace di leggerla. Ma quando cominciai a suonare nelle prime bands, stupidamente, lasciai perdere questo aspetto. Sono convito che sia una gran cosa se sei capace di scrivere in musica le tue idee. Ma penso anche che nella batteria il feeling sia molto più importante della tecnica”.
Dopo uno sporadico ritorno alla band A Way Of Life, e la nascita del suo primo figlio nel 1966, Jason, Bonham, nel 1967, entra a far parte della nuova band dell’amico Robert Plant: la Band Of Joy. Fino all’estate del 1968 i due rimarranno uniti, ma allo scioglimento della Band Of Joy le loro strade si dividono momentaneamente. In questo periodo Bonham suona in vari tour con Tim Rose, un talentuoso cantautore folk e blues dell’epoca.
Quando nell’agosto 1968 Plant suggerì a Page di contattare il suo amico Bonzo (così lo chiamava scherzosamente, in riferimento al cagnolino maldestro e dal cuore nobile protagonista di una serie animata degli anni Venti) per la formazione di un nuovo gruppo sulle ceneri degli Yardbirds, Bonham aveva tante possibilità da considerare: era oggetto della contesa tra Chris Farlowe e Joe Cocker, e il suo ingaggio con Tim Rose era stato il suo primo lavoro regolarmente retribuito. Ma il problema era un altro: “Non era un fatto di chi aveva le migliori possibilità, ma di chi avrebbe fatto il giusto tipo di roba… Sapevo cosa piaceva a Robert per averci suonato con la Band Of Joy, e sapevo a cosa si interessava Jimmy, così decisi che quella musica sarebbe stata meglio. E il tempo m’ha dato ragione”. Nonostante ciò ci furono molte insistenze da parte di Peter Grant, il manager della band, Plant e Page.
All’interno dei Led Zeppelin Bonham è a proprio agio: da una parte il suo bisogno di sentirsi parte di un gruppo è soddisfatto, Plant è in sostanza un amico di vecchia data, dall’altra può dare libero sfogo al suo modo di suonare, in una band in cui sin dal primo album una batteria potente e spontanea come la sua ha un posto centrale, basti pensare a come si apre il disco con Good Times Bad Times. Altre occasioni per mostrare il suo talento sono in pezzi come Dazed And Confused nelle rullate finali o in How Many More Times nel Bolero, ma Bonzo da il meglio di sé durante i concerti, dove si scatena in lunghi assoli comprendenti una parte a mani nude, che genera interminabili ovazioni del pubblico. Questo assolo si chiama Pat’s Delight e presto diventerà Moby Dick, brano proposto anche in Led Zeppelin II, ma, a detta di molti, riduttivo in confronto alle performance dal vivo, arrivate nel 1973-75 a durare di regola oltre i trenta minuti. Quando Bonham non è sul palco a percuotere una batteria lo si trova in giro a far danni, tanto che nella notte tra il 6 e il 7 marzo 1971 si rompe addirittura il naso in una rissa, ma del resto, come ricorda Richard Cole, Bonham era sempre stata una persona vivace: “A John Paul piaceva il gin and tonic. Robert beveva principalmente vino, e alle volte scotch. Jimmy era fissato col Jack Daniels. Ma Bonzo e io non eravamo così schizzinosi. Dal rum alla birra e allo champagne, bevevamo praticamente di tutto”. Il fatto fu che a notte inoltrata, all’Intercontinental di Dublino, dopo lo show, Bonham e uno dei roadies reclamavano per avere un pasto e Cole, per sedare la rissa che avevano fomentato con il cuoco dell’albergo, dovette tirare un forte pugno sul naso di Bonzo, rompendolo. Nonostante questo aspetto, dietro al rissoso batterista rock c’era anche un padre di famiglia gentile e premuroso come ci ricorda suo figlio Jason: “Ogni volta che comprava un nuovo set, me ne comprava uno identico -solo un po’ più piccolo”. Bonham gli aveva infatti regalato un set di batteria identico al suo, ma in scala ridotta, quello che si può vedere nel film The Song Remains The Same. E anche: “Veniva da me e mi svegliava verso le tre o le quattro del mattino, e diceva: ‘Su, Jason. Vieni a suonare per me e i miei amici’. Così io mi alzavo, mi trascinavo per le scale, andavo alla batteria e suonavo. Lì sì che mi divertivo. Ma, crescendo, divenni più saggio, dicevo a mio padre: ‘Va bene, mi alzo se domani non mi fai andare a scuola’ e lui: ‘Va bene, domani niente scuola’. E io mi alzavo”. Nella tournée USA del 1977 il piccolo Jason, a 11 anni, fu anche portato a qualche concerto.
Nel periodo d’oro dei Led Zeppelin, dal 1972 al 1975, Bonham era sul tetto del mondo: quando stava a casa in Inghilterra passava il tempo al pub, a curare il suo giardino e a giocare con suo figlio, o a guidare una a caso delle sue ventuno automobili d’epoca, che insieme alle moto costituivano la sua grande passione per i motori: una volta fu pure visto andare su una Harley Davidson nella lavanderia dell’Hyatt House di Los Angeles.
La vita durante le tournée era sregolata e selvaggia: fiumi di Black Russians al Rainbow di Los Angeles, incidenti con le camere d’albergo e televisori che volano dalle finestre. Sul palco c’era l’entusiasmo di sempre, come il 31 maggio 1973, quando durante il concerto al Forum di Los Angeles Plant invitò tutto il pubblico a fare gli auguri a Bonzo, cantando tutti insieme: “happy birthday to Bonzo”. Oltre ai concerti ci sono pure da considerare i tanti capolavori presenti nel catalogo dei Led Zeppelin, come più tardi ricorderà Jimmy Page: “E’ stato la ragione per cui abbiamo dovuto comprare amplificatori più grandi”, il suo suono andava valorizzato. E come si possono dimenticare gli intramontabili pezzi che lo vedono protagonista: Since I’ve Been Loving You, Rock And Roll, Black Dog, When The Leeve Breaks, D’yer Mak’er, The Ocean, In My Time Of Dying e molti altri. Tutti brani che, peraltro, saranno oggetto di innumerevoli campionamenti nell’epoca dei sintetizzatori.
Ma proprio dopo questo periodo, dopo l’epico tour USA del 1975, il comportamento sregolato comune a lui e alla band inizia a dare i suoi frutti più cattivi. E’ durante le sessions per la registrazione di Presence, a Monaco, che l’uso di droghe pesanti inizia a insinuarsi pericolosamente nella sua vita. Ce lo aveva portato lo stress accumulato negli anni, e non è nemmeno da dimenticare il clima terribile di quel periodo: Robert Plant, amico di Bonham da anni, aveva rischiato la vita insieme alla moglie a Rodi, pochi mesi prima, e le sue condizioni erano ancora incerte. Nell’album Presence, tuttavia, Bonzo risulta essere in gran forma: da Achilles Last Stand a Nobody’s Fault But Mine. La testimonianza del disagio della band viene fuori dall’undicesimo tour USA, nel 1977. Sebbene sul palco Bonzo sia sempre al massimo, Moby Dick (forse la canzone che i Led Zeppelin hanno suonato più volte dal vivo) contiene nuove ed interessanti sezioni e ha preso il nome di Over The Top, nei momenti morti Bonham non è più quello di una volta, e nemmeno la presenza della moglie e del figlio durante la tournée lo fanno stare meglio. Come ricorda la giornalista Lisa Robinson, mentre gli altri andavano in giro a divertirsi: “John Bonham è stato parecchio in camera a guardare la TV”. E quando stava chiuso nelle camere degli alberghi doveva dare in qualche modo sfogo al suo disagio. All’Ambassador East a Pontiac, Michigan Cole aveva prenotato due stanze per Bonham, una normale e una senza mobili e con un biliardo al centro, ma quando era sopraggiunta la noia al biliardo era stata presa di mira l’altra stanza e, metodicamente, demolita in ogni sua parte. Cole dovette pagare un conto di 5100 Dollari. Anche un altro tragico incidente avviene a Oakland, durante il penultimo concerto dei Led Zeppelin in America: il 23 Luglio. Un dipendente di Bill Graham, gestore del Coliseum e magnate dell’industria dello spettacolo, non aveva ceduto al figlio di Grant, Warren, un cartello con la scritta “Led Zeppelin”, e così era stato malmenato da Bonzo e massacrato durante il concerto da Grant, Cole e John Bindon, il roadie di Bonzo. I quattro, un anno più tardi, verrano poi giudicati colpevoli ma non condannati.
Il 1980 è l’anno più duro per la salute fisica e mentale della band. Nonostante il successo degli show a Copenhagen e Knebworth, con relativi applausi al loro nuovo album, In Through The Out Door, la tournée europea, che doveva essere di prova per una negli USA, da un lato riceve consenso presso il pubblico, ma dall’altro mette a nudo le condizioni di Bonham: il suo immortale assolo Pat’s Delight-Moby Dick-Over The Top è stato escluso dalla scaletta e il 27 giugno, a Norimberga, Bonzo sviene sul palco dopo solo tre canzoni. Non bisogna dimenticare che in questo periodo Richard Cole era stato allontanato da Peter Grant per il suo abuso di droghe pesanti. Nonostante tutti questi problemi la voglia di andare avanti c’è, e il progetto di una dodicesima tournée USA non era sfumato, ma proprio durante un party in casa di Page a Windsor, il 24 settembre 1980, dopo delle sessions di prova per il tour, Bonzo aveva per l’ennesima volta ecceduto con la vodka, fino allo svenimento, tanto che i roadies avevano dovuto coricarlo su un divano. Verso le prime ore del mattino seguente Bonzo viene trovato senza vita dal roadie Benji Le Fevre e da Robert Plant. Come possibili cause del decesso furono accreditate: edema polmonare, inalazione del proprio vomito e abuso di alcol, venne giudicata una morte accidentale.
Frasi famose:“In effetti mi piace urlare quando suono. Urlo come un orso e suono con più foga. Mi piace che il nostro show sia una tempesta tonante”
“Sono sempre la stessa persona. Mi piacciono il giardinaggio e i lavori di casa, e sono ancora la testa calda di sempre. Non mi siedo mai a riflettere sulle cose”
“Mi è sempre piaciuto che la batteria fosse grande e potente. Non uso mai molto i piatti, li uso per entrare o uscire da un assolo, ma generalmente preferisco un altro suono.”
“Rompevo sempre le pelli della batteria le prime volte che suonavo. Poi ho imparato a suonare più forte colpendo più piano: basta rullare”
“Noi non facciamo quello che fanno molti gruppi, registrare ogni strumento separatamente, penso che così si perda l’atmosfera della canzone”
“Ci piace suonare. Ogni concerto è importante per noi. Qui non importa quanto tu sei famoso, non ti puoi permettere di dormire sugli allori: se fai così sei morto. Questo non ci accadrà mai”
“Non so fin quando dureremo, ma andremo avanti finchè potremo. Quando mi unii alla band non conoscevo Jimmy, mi sentivo un po’ in imbarazzo, lui era la grande star con anni di esperienza, come session man e con gli Yardbirds. Ora il gruppo è più unito che mai, e penso che abbiamo molto da dire.”
Hanno detto di lui:“Bonham… non ne trovi un altro come lui” — Charlie Watts
“Ragazzo, hai il piede destro più veloce di quello di un coniglio!” — Jimi Hendrix
“Il Rock and Roll è morto il giorno in cui è morto John Bonham” — Billy Joel
“Era il sogno di ogni bassista” — John Paul Jones
“Bonzo diceva sempre di essere il più grande batterista del mondo. Quando lo sentivamo suonare, sapevamo che lo era!” — Robert Plant
“In sostanza, credo che sia lassù o da qualche altra parte, pensando che si tratti di un bello scherzo. Lo puoi sentire dire: Facciamoci una bevuta e giochiamo a freccette. Ehi, divertente, no?” — Benoit Gautier
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Bonham: Dal punto di vista dei suoi coetanei
DI WAYNE BLANCHARD
“Bonzo se n'è andato. Lo Zeppelin è finito". Sono passati 30 anni da quando la tragica notizia è arrivata dalla Mill House di Jimmy Page, a Pangbourne, nel Berkshire. La memoria di John Bonham, alimentata da fatti e fantasia, da allora è cresciuta fino a diventare leggenda. Ma la realtà è che Bonham era altrettanto bravo come si suol dire. Era l'uomo con il ritmo d'oro, le costolette sensazionali e quel grande, grande suono.
Amici e fan ricordano il ragazzo rumoroso ma adorabile di Birmingham con gratitudine e rispetto. Per loro, ha definito e dignitoso il tamburo rock. E dopo tutti questi anni rimane l'Uno. Sì, ci sono stati giocatori più veloci, più rumorosi e più tecnici, ma alla fine si sono tutti inchinati a Bonham.
Dalla slam-down intro di "Good Times, Bad Times", l'album di debutto dei Led Zeppelin ha preso a calci in faccia il rock and roll. Con riempimenti funky, campanaccio che spingeva il groove, lavoro di tripletta e atteggiamento puro, la sua batteria era straordinariamente fresca e devastantemente potente.
Grazie agli arrangiamenti di Jimmy Page, la batteria è stata mostrata in ambienti spaziosi ma intensi. Quindi, quando quella corsa a tutto campo ha ruggito in "Communication Breakdown" o quei riempimenti attraverso la barra ti hanno trascinato più in profondità in "Dazed And Confused", c'era un palpabile senso di dramma. Non era più "rock and roll". Questo era rock . Hard rock. Metalli pesanti, anche.
E prima ancora che il debutto degli Zeppelin lasciasse il giradischi, la nuova band più calda del pianeta era tornata con i Led Zeppelin II , con brani che viravano dal ritmo tempestoso di "Whole Lotta Love" all'assolo di batteria mozzafiato di "Moby Dick". e quel rauco riff-o-rama "Ramble On". Non si trattava di ridefinire qualcosa di vecchio. Bonham voleva definire qualcosa di nuovo. La batteria rock non aveva mai suonato così bene. Alcuni potrebbero obiettare, non l'ha mai più fatto.
METTERE TUTTO IN CONTESTO
Facciamo un primo passo indietro ai primi anni '60 per vedere come Bonham è sopravvissuto a un decennio di transizione musicale per diventare il batterista giusto al posto giusto al momento giusto. La Gran Bretagna degli anni '50 vide le band jazz e dance tradizionali cedere il passo al rock and roll e al rhythm and blues americano, con skiffle e i successi strumentali di The Shadows che fecero da cornice alla Beatlemania e allo Swinging '60s.
Tony Meehan e Brian Bennett, entrambi dei The Shadows, erano gli eroi della batteria britannica, mentre Charlie Watts, Keef Hartley, Jon Hiseman, Tony Newman, Mickey Waller, Ginger Baker, Aynsley Dunbar e Mitch Mitchell erano giovani "jazzer" che si muovevano nel blues e, in alcuni casi, nel rock. Gene Krupa, Elvin Jones, Buddy Rich, Joe Morello, Davey Tough - i grandi del jazz americano - erano i loro eroi, quindi lo swing ride "ting-ting-a-ting" dominava, le accordature della batteria erano alte e il tono e il tocco erano tra i requisiti.
Nel 1964, il re della sessione Bobby Graham e Ringo Starr dei Beatles erano due dei musicisti più rock della radio, con i ritmi sbattuti di Graham su Dave Clark Five stompers "Glad All Over" e "Do You Love Me", così come Kink's i successi "You Really Got Me" e "All Of The Day And All of The Night" segnalano un approccio sempre più aggressivo. Ancora più importante, questi successi hanno evidenziato il passaggio dal suonare in stile swing all'ottavo diritto, spingendo anche da parte l'obbligatorio ritmo pop del giorno " boom -ta ta — boom ta ".
Ma Bonham? "Non sono sicuro che John fosse un fan dei batteristi britannici, anche se deve essere stato influenzato da Tony Meehan e Brian Bennett e dal lavoro di sessione di Clem Cattini", afferma Bev Bevan, batterista con i leggendari toppers delle classifiche degli anni '60 The Move, poi ELO , e per un po', i Black Sabbath. "John e io generalmente condividevamo gusti musicali, tutti americani". Qualche jazz? "Non ricordo che fosse un jazzista, anche se avrei fatto un assolo di batteria in 5/4 in un adattamento di 'Take 5' di Dave Brubeck, e questo gli è piaciuto".
Secondo Jon Hiseman - che ha sostituito Ginger Baker quando ha lasciato la Graham Bond Organization per i Cream, ha preso il posto di Mitch Mitchell con Georgie Fame quando Mitchell si è unito a Hendrix, e poi ha inserito il jazz nei Bluesbreakers di John Mayall prima di lanciare la sua rivoluzionaria unità jazz-rock, Colosseum - molti jazzisti non sono stati così generosi con Zeppelin o Bonham.
“Gli irriducibili semplicemente non l'hanno capito, e in una certa misura non l'hanno mai fatto. Ma i musicisti blues-rock che conoscevo erano tutti grandi fan dei Led Zeppelin e del suono grande e aperto di John. Quanto a me, ho sempre sentito che il problema con il ritmo jazz era che era legato a una sorta di convenzione, e i musicisti jazz ti giudicavano in base a quanto bene hai "ricreato" le sensazioni dei maestri affermati. Quando ho iniziato a esplorare la sensazione di croma, mi sono sentito libero. Mi sentivo in un territorio inesplorato”.
INIZI DI BIRMINGHAM
Bill Ward dei Black Sabbath parla con affetto del suo amico. “Il mio primo ricordo dell'incontro con John Bonham risale al 1964 al The Wharf Pub di Ombersley, nel Worcestershire. Era con i Crawling King Snakes, suonando canzoni popolari di quell'epoca, oltre a blues e R&B. I suoi ritmi erano immacolati, rendendo ogni canzone sua, trasformandola in qualcosa di superbo. Un ottimo esempio è stato "Morning Dew". Di tutte le versioni che ho sentito, inclusa l'originale, nessuna è paragonata a quella di King Snakes, con John Bonham in testa al gruppo".
Ward ricorda che, "A volte durante un viaggio a Drum City, il negozio del centro di Birmingham di proprietà del batterista della BBC Light Jazz Orchestra Mike Evans, mi imbattevo in Bonham, insieme ad altri bravi batteristi, ramificazioni delle orde cosmopolite che avevano scelto Birmingham come casa.
Alcune visite si sono trasformate in mini-cliniche. Guarderei Mike mentre fa il suo "Purdie". Penso che abbia fatto interessare tutti a Bernard Purdie, il cui lavoro con il charleston era incomparabile. Bonham si sedeva e si divertiva, la sua grancassa suonava quella lingua che tutti sembravano parlare ma ancora non si applicava bene come lui.
Esistevano molti stili di batteria diversi e in qualche modo sono finiti tutti nel negozio di batteria di Mike. Eravamo ricchi di rudimenti e sani nella musica del giorno”. Ma Ward ha un'ammissione. “Nel 1964/'65 non capivo cosa stesse facendo John.
Spesso, nelle tante occasioni in cui lo guardavo suonare, pensavo che stesse rovinando la canzone, come se forse avesse perso la sua 1 . Stranamente, tuttavia, dopo diverse battute, avrebbe allineato i suoi ritmi con chiunque stesse suonando. Alla fine, ho capito cosa aveva fatto. Era sempre nel suo 1 , anche quando sembrava che non lo fosse. "
Anche i ricordi del bassista/cantante dei Trapeze e dei Deep Purple Glenn Hughes, il cui nuovo progetto, Black Country Communion, vede suonare la batteria dal figlio di John, Jason Bonham, sono sinceri. “Ho visto John suonare per la prima volta nel 1968. È salito sul palco con la mia baby band, Finders Keepers, al Rum Runner di Birmingham, e ha praticamente demolito la batteria. Avevo sentito storie di Big Bloke da Redditch con le grandi "e". Un paio di anni dopo si unì a me e Trapeze in molti spettacoli. Era lo stronzo del cane... fantastico!”
Ward ricorda che, sebbene spesso rumoroso ea volte sembrasse quasi sbranare i suoi tamburi, il talento di Bonham risiedeva nel fatto che era uno studente naturale e molto colto. “Dietro il suo aspetto quasi brutale e caotico era un uomo affettuoso, studioso e un uomo irrimediabilmente preso dalla batteria e dai batteristi. La sua conoscenza della batteria era straripante. Questo era il Bonham che conoscevo".
Nel '66/'67 la psichedelia guidata da Jeff Beck e Jimmy Page del singolo "Happenings Ten Years Time Ago" degli Yardbirds , il revolver che espande la mente dei Beatles e il successo di Cream e Hendrix, evidenziarono il vero potenziale di potere in Pop e rock britannico. Ma ora anche le band blues britanniche Chicken Shack, Bluesbreakers di John Mayall e Fleetwood Mac di Peter Green facevano parte del mix.
"Bonham è stato un'ispirazione quando si suonava il blues a metà tempo", ricorda Ward. "I suoi groove erano sempre al punto giusto, e riempiva il vuoto tra i quattro rullante con terzine e poliritmi, stupindo l'ascoltatore e raccogliendo applausi felici per ogni splendida esecuzione di ciò che sembrava l'impossibile." Come osserva Hiseman, la musicalità negli anni '60 contava.
“I musicisti erano considerati degni di attenzione a pieno titolo. L'interesse dei media non era per lo stile di vita, ma per le capacità di suonare che producevano la musica. Ho appena comprato un Melody Maker [carta da musica] del 1970, con tre oggetti in prima pagina: Jimi Hendrix Dead; Colosseum (la mia band) Ingaggia Chris Farlowe come cantante; Harry James e la Big Band arrivano in Gran Bretagna".
Questo non vuol dire che le cose fossero perfette, ma con i Beatles che hanno praticamente cancellato tutto ciò che era accaduto prima, la musica era roba seria. Nel frattempo, negli studi di Londra, Jimmy Page e John Paul Jones sono stati i primi turnisti nei dischi con tutti, dai Kinks e The Who, a Donovan e Dusty Springfield prima che Page si unisse agli Yardbirds. Mentre quel gruppo prosperava con Jeff Beck, con Page si agitavano, anche se sul palco il chitarrista ha adottato un approccio più pesante, con canzoni come "Dazed And Confused" che prendevano forma.
Quando aveva bisogno di un nuovo cantante e batterista, Page andò a Birmingham, dove i cieli opachi nascondevano un passato industriale un tempo glorioso e il mondo dei concerti era costituito dalle centinaia di pub e club fumosi in tutta la città turbolenta e nei dintorni di Black Country of England's Midlands. Scelse il piagnucolone hippy-blues Robert Plant come suo cantante, e Plant raccomandò il rauco Bonham. La pagina era agganciata.
STA SUCCEDENDO QUALCOSA
Nel numero del 12 ottobre 1968 di Melody Maker , un titolo diceva "Solo Jimmy è rimasto per formare i New Yardbirds". Della sua nuova band, il giovane chitarrista ha commentato: “È blues, fondamentalmente, ma non in stile Fleetwood Mac. [Quella band all'epoca, con il chitarrista Peter Green, era rigorosamente una band blues.] Odio il termine "blues progressivo", ma è più o meno quello che suonavano gli Yardbirds alla fine. È bello sapere che oggi puoi formare un gruppo per suonare la musica che ti piace e le persone ascolteranno”.
All'inizio dell'anno, il Jeff Beck Group, con il compianto, grande Mickey Waller alla batteria, ha gettato le basi per l'heavy blues-rock con il suo debutto, Truth , in cui sono stati ospiti Jimmy Page, John Paul Jones e Keith Moon degli Who. Il seguito rauco e pesante, Beck-Ola , ha visto Tony Newman introdurre un funky spaventoso, con interpretazioni da Led di "Jailhouse Rock" e "All Shook Up" di Elvis Presley.
Sempre astuto, Page era sul concetto. “Quando i 'New Yardbirds' sono tornati dai loro primi appuntamenti in Europa”, dice Newman, “ci fu un vero fermento intorno a Londra. Ti ha fatto venire un brivido lungo la schiena, perché sapevamo che stava succedendo qualcosa di radicale”. [Il manager di Beck e Zep] Peter Grant ha portato i ragazzi degli Zeppelin a vedere il Beck Group in molte occasioni, dicendo: "Vieni a vedere questo lotto, perché questa è una band che non durerà". [ ride ] Ma il nostro gruppo – tre musicisti e un cantante che suonavano rock heavy blues – era un concetto su cui Peter sapeva poteva essere ampliato.
Una delle prime esibizioni di Zep è stata in cartellone con Buddy Miles, Buddy Guy, Jack Bruce e il Colosseo di Jon Hiseman. "Per me", dice Hiseman, "I Led Zeppelin erano un'altra band che percepivo avrebbe avuto più successo dei Colosseum perché aveva spettacolo e canzoni relativamente semplici. Colosseum proveniva da un pianeta diverso, ma questo significava che potevo apprezzare ancora di più John e la band: ero un fan. Ho comprato i dischi. Ma non l'ho mai visto come qualcosa che avrei voluto fare".
LE INFLUENZE DI BONHAM
Ricordando i loro tempi in tour insieme, Carmine Appice dei Vanilla Fudge è rimasto colpito: “John era nuovo e fresco, con molta aggressività ed energia. Sono rimasto sbalordito dalla sua terzina di piede destro di semicrome. Ha detto di averlo preso dal primo album di Vanilla Fudge, cosa che mi ha confuso, perché non ricordavo di averlo fatto. Quindi mi ha mostrato dove l'ho suonato - una volta! Ha preso quella leccata e ha creato la sua tripletta caratteristica. Aveva mani, piedi e sensibilità eccezionali e diceva che i suoi idoli erano gli stessi dei miei. Ma ascoltava anche i musicisti contemporanei del '67/'68".
Un contemporaneo era Rob Henrit, dei popster pre-British Invasion Adam Faith & The Roulettes, i rocker prog degli anni '70 Argent, l'incarnazione dei Kinks degli anni '80, e ora è tornato sul palco con Argent nel 2010. “Sono stato molto in TV con Adam Faith, ed era un musicista sgargiante poiché la musica mi permetteva di mettermi in mostra. Ho sentito che a Bonham piaceva e ho detto che aveva imparato molto da me".
Liberty DeVitto, la cui batteria ha dato impulso ai numerosi successi di Billy Joel, ritiene che “John Bonham fosse un batterista R&B in una band heavy metal. Aveva il suono pesante e l'attacco di Carmine con "D'yer Maker", i riempimenti R&B e le sensazioni di Roger Hawkins in "What Is And What Should Never Be" e man mano che si sviluppava aggiunse sensazioni jazz o più swing, come il Mescolare in stile Purdie per 'Fool In The Rain.'"
Appice dice: "A John piacevano i grandi artisti Motown, Atlantic e Stax, e il rock and roll come Little Richard, Bo Diddley". Sia Bonham che Bevan amavano il rock and roll americano. "Ricordo che John e io eravamo d'accordo sul fatto che i due migliori batteristi rock and roll fossero Earl Palmer e Hal Blaine", dice Bevan. "La batteria di Palmer in 'Somethin' Else' di Eddie Cochran ha ovviamente ispirato l'introduzione di Bonzo a 'Rock And Roll' di Zep."
Ma ancora più rivelatore, "Abbiamo adorato l'enorme suono di batteria che Phil Spector ha ottenuto nelle sue produzioni". Quindi è da lì che è nata l'idea del grande suono di batteria degli Zeppelin ? “La mia ipotesi”, commenta Hiseman, “è che Bonham avesse un orecchio naturale per ciò che accadeva intorno a lui. Ho imparato molto tempo fa a non suonare la batteria ma a suonare la band. Penso che sia quello che ha fatto John".
Ma Bonham aveva anche il potere della croma dritta. E il batterista dei Red Hot Chili Peppers Chad Smith sottolinea che, "Per quanto riguarda il modello di corsa punteggiato fino all'ottavo dritto, quello sarebbe il compianto, grande Earl Palmer. È stato il primo”. Quindi Bonham ha ottenuto qualcosa di più dell'introduzione "Rock And Roll" dal re della sessione americano.
Molto è stato fatto della sua attrezzatura, ma Bonham potrebbe far suonare enormemente qualsiasi batteria. "È l'atteggiamento", dice Henrit. Come ha detto Lance Armstrong, "Non si tratta della bici!" Mike Portnoy dei Dream Theater afferma: “Il suono di Bonzo proveniva da una combinazione di forza bruta, finezza sottile e groove impeccabile. John Bonham è l'unico che potrebbe mai suonare veramente come John Bonham. Quel suono era lui, non necessariamente la sua batteria".
Bill Ward la vede diversamente. “Bonham era leggero nei piedi e leggero nei polsi. Era la sua destrezza, il suo tocco che sembrava sapere intuitivamente come trovare i punti di forza su ogni tamburo". Page lo ha certamente riconosciuto. Dopotutto, aveva suonato con alcuni dei migliori batteristi di sessione, e loro sapevano sicuramente quando, dove e come suonare un tamburo. Ovviamente, anche Bonham.
Ward ricorda la batteria di Bonham ai tempi. “Erano gli stessi di tutti gli altri negli anni '60. Aveva diversi kit prima degli Zeppelin, per lo più Ludwig, credo. Quando gli Zeppelin sbarcarono in America per il primo dei due tour con i Vanilla Fudge, il kit di Bonham era minuscolo accanto alla possente bionda Ludwigs dell'headliner.
Secondo Appice, "Aveva un 22″ x 14″, 13″ x 9″ sulla cassa, e forse due timpani da 16″ x 16″ con un rullante Ludwig cromato da 14″ x 5″, un giro, due crash, e cappelli da 14 pollici. Quando ha visto le mie due grancasse in acero da 26″, i tom sovradimensionati e il rullante profondo, ha voluto lo stesso. Ho chiamato Ludwig: "Penso che questa band sarà davvero grande". Com'è per un eufemismo! Gli hanno dato la stessa configurazione del mio, completo di gong. Lo adorava".
Sebbene il secondo calcio – su insistenza di Page e Jones – fosse presto scomparso, ciò non ha ostacolato la sua capacità di fornire le terzine vesciche e i bassi insoliti che personificavano il suo approccio audace, ma sempre musicale. Alcuni anni dopo Ward vide Bonham su una configurazione diversa. “L'ho visto suonare il kit di suo figlio Jason negli anni '70. Era piccolo rispetto a un kit normale, ma John suonava in modo incredibile. Qualunque batteria avesse, poteva farla suonare enorme e molto tonale".
SI TRATTA DI “ARIA”
Page è stato veloce nell'integrare i suoni e lo stile di Bonham nelle composizioni di Zep: lui e Jones spesso si bloccavano sul misuratore e lasciavano che il batterista fluttuasse nel tempo. Oggi, fai clic sulle tracce e dipende dal batterista per mantenere il limite di tempo e l'opportunità di far respirare la musica come faceva con gli Zeppelin. Uno dei brani Bonham preferiti da Chad Smith è "Wanton Song". “L'uso dello spazio nel verso è mozzafiato. Adoro anche 'Since I've Been Loving You', dal vivo all'Albert Hall, con il suo fantastico uso delle dinamiche e quel famoso gioco di gambe in piena mostra".
Sì, era davvero tutta una questione di "aria - quello spazio che ha fatto una tale differenza. "Penso che la sua sensazione fosse un prodotto del suo suono ampio", afferma Rob Henrit. “È stato probabilmente il primo batterista ad avere una stanza tutta per sé in cui registrare, quindi non c'è mai stato un problema con le perdite, il che significa che ogni insolito potrebbe essere 'più grande della vita.' Sospetto che sia stato il primo ad avere un'eco sulla batteria nelle sue lattine e questo gli ha permesso di suonare in modo più scarso.
BIRMINGHAM DIVENTA PIÙ PESANTE
Un'altra cosa che John Bonham aveva da offrire per lui era il volume. Bevan pensa di averlo influenzato. “Verrebbe a vedermi suonare intorno al '63, '64, ma non so se è stato influenzato dal mio modo di suonare o dal mio volume! Sono stato il primo dei rumorosi batteristi della zona di Birmingham: Bevan, Bonham, Bill Ward, Cozy Powell: tutto ad alto volume! Ma perché le band di Birmingham stavano diventando così rumorose? "I Black Sabbath", dice Bevan, "sono stati la prima band davvero heavy a uscire dalla nostra zona".
Di sicuro, i Sabbath si sono presentati per esprimere il loro punto carico di sventura e angoscia, ma secondo Bill Ward, “La sfida più grande era farsi ascoltare. Quando Marshall Stacks si è presentato, come batterista, ho dovuto triplicare la mia produzione di energia. Tuttavia, suonare più forte all'inizio non era sempre accurato.
Ho dovuto imparare ad essere preciso e energico. E quando si sono presentati i sistemi PA e i microfoni, ho dovuto imparare di nuovo tutto da capo. E qui sta un'altra qualità di John Bonham: la capacità di groove profondo come lui e di tirare fuori le costolette, il tutto mentre si suona ad alto volume.
PARLA DI FAN
Come altri hanno influenzato Bonham, così ha influenzato gli altri. “I batteristi hot rock degli anni '60?” ride Chad Smith. “Ginger, Ringo, Charlie, Bonzo, Mitch, Moonie e Paice-y. Solo i maledetti inglesi per me! Il grande musicista britannico Geoff Dugmore, che ha registrato con John Paul Jones e Jimmy Page, ricorda: "Da bambino, trascorrevo giorni con Houses Of The Holy , cercando di capire il ritmo di 'The Crunge'".
Jones una volta disse a Dugmore che la seconda parte del riff "Black Dog" era stata modificata in modo che la batteria potesse suonare direttamente ed uscire nella stessa tasca dall'altra parte. "Lui e Bonham hanno lavorato sulle parti in modo che la grancassa e il basso non cadessero insieme, quindi ogni strumento suonava ancora più grande." Con Page, Dugmore si ritrovò agli Olympic Studios, allestiti allo stesso modo in cui registravano gli Zeppelin.
“Sono su un montante con gli amplificatori di Jimmy all'altro capo dello studio. È anche sul riser, proprio tra il mio piatto ride e il rack tom, suonando con me. Sapevo di non essere Bonham, quindi dovevo essere consapevole delle sue aspettative. Sia Jimmy che John Paul volevano solo che fossi me stesso e che sentissi il ritmo con loro. Questo mi ha fatto capire quanto fosse speciale l'unità Zep. Può succedere solo quando tutti sono sulla stessa lunghezza d'onda".
Qualche clausola? "Sì. Niente cuffie. Nessuna traccia di clic. E nessun conteggio. Abbiamo appena sentito il momento di iniziare, ed è stato sorprendente come istintivamente ciò sia arrivato. Jones ha il suono più massiccio, grasso e rotondo ed è calmo, rilassato e totalmente in controllo del suo strumento. Sono sicuro che la sicurezza ha permesso a Bonham di avere la creatività e il fuoco che aveva".
Mike Portnoy , la cui Hammer Of The Gods, una tribute band degli Zep, lo ha visto con indosso una tuta da lavoro bianca e una bombetta nera dietro un kit Bonzo di perspex arancione, ha una prospettiva unica. “I miei più grandi eroi della batteria sono John Bonham, Keith Moon, Ringo Starr e Neil Peart, ma penso che Bonham sia il più universalmente amato. Forse Moon era troppo sconsiderato per alcuni, Ringo troppo semplice per alcuni e Peart troppo tecnico per alcuni. Eppure lo stile di Bonham era qualcosa che tutti apprezzavano, quindi sì, forse era davvero il batterista rock per eccellenza".
C'è qualcuno che Portnoy sente abbracciare quell'estetica Bonham? “Mi viene in mente Dave Grohl. Anche se Jason Bonham era davvero l'unica persona per la reunion degli Zeppelin del '08. Ha fatto un lavoro incredibile, catturando lo spirito, il fuoco e lo stile di suo padre. Era l'ultimo tributo. Nessun altro dovrebbe suonare la batteria con Plant, Page e Jones a parte un Bonham!
ANDARE VIA
Fino alla fine, Bonham ha continuato, quasi da operaio, ad essere il batterista dei Led Zeppelin. È sfuggito ai rigori della celebrità con la sua famiglia e i suoi amici a casa, dove raramente ha toccato la batteria, ma si è divertito ad ascoltare di tutto, da Elvis Presley e James Brown a Stylistics e Supertramp sul suo jukebox. Di mentalità aperta, si è evoluto con gli Zeppelin, da un musicista indaffarato a suonare il groove e ispirato al soul ascoltato in Presence e In Through The Out Door .
Sebbene innamorato dell'audacia tecnica dei pionieri della fusione Billy Cobham, (Narada) Michael Walden e Alphonse Mouzon, sapeva che la loro influenza non aveva posto negli Zeppelin. Tutto questo era molto lontano dalle sue prime prove con The New Yardbirds, quando la sua batteria eccessivamente impegnata ed extra forte ha suscitato parole di avvertimento. Naturalmente, in quei primi tempi Bonham stava probabilmente cercando di assicurarsi di non essere trascurato. Non avrebbe dovuto preoccuparsene!
John Bonham: le ultime parole di un batterista
A quarantadue anni da quelle prime prove, e esattamente a 30 anni questo mese dalla sua prematura scomparsa, come viene ricordato Bonham? “John Henry Bonham, a mio modesto parere”, afferma Chad Smith con enfasi, “è senza dubbio il più grande batterista rock di tutti i tempi. Il suo suono, la sua tecnica, la sua musicalità, il suo groove e le sue sensazioni non sono mai stati duplicati. Nessuno si avvicina oggi e probabilmente nessuno lo farà mai".
Glen Hughes è d'accordo: "Tutti, dalle rock star agli uomini del latte, amano Bonham".
Jon Hiseman considera il potenziale perduto: "La reputazione di Bonham è stata costruita in una band e, a causa della sua morte prematura, non abbiamo mai sentito sviluppi successivi".
Liberty DeVitto considera le opzioni: "Se dicessi che è il migliore, lo metterei al di sopra di Keith Moon, Mick Avory, Bobby Elliott, Micky Waller, ma dirò che John Bonham era lì con il meglio di loro".
Senza esitazione, Bill Ward ricorda con affetto Bonham come The One. "Assolutamente! Lo ammiravo. Lo rispettavo. Era il maestro del groove. Ha scritto la Bibbia sulla batteria rock. Per imparare le basi primarie che porteranno un batterista all'era attuale della batteria rock o metal, bisogna ascoltare John Bonham. Era un'istituzione a sé stante. Era il suo ragazzo. Grazie, signor Bonham.
https://drummagazine.com/bonham-from-the-perspective-of-his-peers/
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Quando il giovane Bonham a 15 anni si stancò del suo primo kit, lo rimpiazzò con la sua prima Ludwig. L’acquistò in quello che divenne il suo negozio di fiducia per tutti gli anni a venire : Yardley’s Music Shop a Birmingham.
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Il Suono di Batteria di John Bonham
Tutto Sul Suono e l'Accordatura della Batteria di John Bonham dei Led Zeppelin
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Ascolta la batteria isolata di John Bonham in "Good Times Bad Times"
I musicisti raramente lo fanno bene la prima volta. Per molti artisti, possono volerci anni di ricerche, più album e una dedizione costante per cambiare solo per trovare il loro suono singolare. Non così per i Led Zeppelin: nella primissima canzone del loro primissimo album, i Led Zeppelin sono completamente formati e completamente rinchiusi. Questo non dovrebbe sorprendere i due assi dello studio che compongono la sezione degli archi, ma la band aveva anche due ventenni che non avevano mai visto prima l'interno di un vero studio.
Una di queste figure era John Bonham , il corpulento e brusco batterista che era stato reclutato nella band dal suo collega ventenne Robert Plant. Sebbene avesse suonato nei club per alcuni anni e avesse persino ricevuto offerte professionali da artisti del calibro di Joe Cocker e Chris Farlowe, Bonham era ancora verde quando è entrato negli Olympic Studios nell'autunno del 1968. L'ingegnere Glyn Johns non aveva mai sentito un batterista così forte e ha ideato una semplice configurazione del microfono che avrebbe catturato le sue fragorose esibizioni senza complicare il mix.
Fin dai primi successi di "Good Times Bad Times", Bonham si è affermato come un batterista da non sottovalutare. La maggior parte dei batteristi che ascoltavano Bonham per la prima volta presumevano che stesse usando un pedale per contrabbasso, considerando come le triplette rapide della grancassa fossero quasi impossibili da fare con un solo piede. Ma Bonham ha usato solo una singola grancassa, battendo il potente pattern del basso con il piede destro mentre il sinistro mantiene un tempo quasi costante sul charleston.
Dalle sue terzine di grancassa ai suoi rapidi riempimenti fino al suo barbaro pestare il piatto durante il ritornello della canzone, Bonham ha creato uno schema di batteria immediatamente iconico in "Good Times Bad Times" che lo ha immediatamente reso uno dei migliori batteristi della scena rock britannica . Grazie alla magia della tecnologia moderna, ora possiamo goderci la traccia di batteria in tutta la sua gloria isolata.
Isolare canzoni classiche come "Good Times Bad Times" è una faccenda complicata: si tratta di affinare frequenze specifiche ed eliminarne altre in modo che le chitarre, il basso e la voce non arrivino. "Good Times Bad Times" è stato registrato dal vivo, con un sacco di sanguinamenti sul mix finale. Ciò significa che non esiste una traccia di batteria isolata naturale della leggendaria performance di Bonham e il reverse engineering di una traccia isolata non è certo una ricreazione perfetta.
Tuttavia, essere in grado di ascoltare i riempimenti e le hit di Bonham con solo alcune piccole interruzioni dal resto degli strumenti è comunque un'esperienza di ascolto affascinante. Ancora di più quando ricordi quanto fosse giovane e inesperto Bonham. Questo era il suo colpo grosso per ottenere un disco e forse guadagnarsi da vivere dignitosamente come musicista. Bonham suona ogni nota come se fosse l'ultima che abbia mai messo su nastro, e i risultati sono alcuni dei ritmi più strabilianti mai registrati nel rock and roll.
Dai un'occhiata alla batteria isolata di "Good Times Bad Times" in basso.
https://youtu.be/zjpOxfbZ1eA
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https://faroutmagazine.co.uk/drummer-john-bonham-called-a-god/
John Bonham del batterista dei Led Zeppelin ha definito un "Dio"
Quando si parla dei più grandi batteristi di tutti i tempi, John Bonham viene invariabilmente. Sarebbe scioccante non sentire menzionato il nome del leviatano barbuto, poiché era l'uomo che da solo gestiva la sala macchine di una delle più grandi band di tutti i tempi: i Led Zeppelin.
Bonham era un genio in quanto ha sposato l'intelletto con la potenza pura, creando un suono del tipo che nessuno aveva mai sentito prima. Ha preso i suoi primi spunti dal jazz e dalla musica da big band e li ha sposati con l'atteggiamento sfrenato del rock 'n' roll contemporaneo. Questa diversità è ciò che gli ha permesso di offrire alcuni dei momenti di batteria più influenti della storia.
Ha riversato il suo cuore e la sua anima nel suo lavoro, e che si tratti di "Moby Dick", "Whole Lotta Love" o altro, il personaggio di Bonham colora il suono dei Led Zeppelin e senza di lui non sarebbero stati gli stessi. Si potrebbe anche sostenere che senza il suo contributo, non sarebbero stati in grado di conquistare il mondo così rapidamente, dato che era la migliore zavorra immaginabile per Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones su cui posare i loro magici fronzoli.
A tempo debito, Bonham divenne sinonimo di batteria come Hendrix di chitarra. Un virtuoso in ogni senso della parola, non sorprende quindi che una volta, il signor Hendrix descrisse accuratamente Bonham al frontman degli Zeppelin, Robert Plant, come dettagliato in A Thunder of Drums : "Quel tuo batterista ha un piede destro come un paio di nacchere!”
È una testimonianza dello stile di gioco di Bonham che la sua abilità abile è stata immediatamente percepita da tutti coloro che hanno ascoltato i suoi dischi o lo hanno visto suonare dal vivo, chitarrista o no.
Dato che Bonham è così venerato come batterista, i fan volevano da tempo scavare un po' più a fondo nel modo in cui ha formato il suo suono inconfondibile e scoprire chi lo ha ispirato. Senza ombra di dubbio, una delle influenze più significative su di lui è stata il compositore, bandleader e straordinario batterista jazz Gene Krupa. Il nativo di Chicago era famoso per la sua energia e carismatico spettacolo, e questo ha affascinato un giovane Bonzo, che ha idolatrato il percussionista e la sua tecnica unica.
Notato da suo fratello Michael sul sito web di Bonham, John è stato ampiamente influenzato dal film biografico del 1956 The Benny Goodman Story, in cui Krupa ha interpretato un ruolo da protagonista come il re dello swing. Michael dice che "John è andato a vedere il film con suo padre" e che, in parole povere, per un giovane Bonzo, "Gene Krupa era Dio". Altrove, Bonham ha anche espresso il suo affetto per un altro film di Krupa, Beat The Band, in cui il percussionista suona un set su alcuni tubi del vapore.
È chiaro che Gene Krupa è stato l'uomo che ha creato John Bonham e per questo lo ringraziamo.
https://youtu.be/fyAUKU_ImNg
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JOHN BONHAM LE TRACCE DI BATTERIA..L'INSUPERABILE (31 maggio 1948--25 settembre 1980)
non ripetevano..
Led Zeppelin
1971
il fiume
scorre asciutto
piccola come
ti
senti? ♫”
Four Sticks - Jimmy Page & Robert Plant
Jimmy Page & Robert Plant - Four Sticks at US Air Arena 3/23/1995
"In quattordici anni il modo di suonare di Jimmy mi era mancato così tanto che non appena abbiamo ricominciato ho capito che avevamo perso un sacco di tempo". A parlare è Robert Plant. L'anno è il 1994. E la notizia ha suscitato scalpore ed entusiasmo: Jimmy Page e Robert Plant di nuovo insieme. Ma questa volta non per una esibizione isolata in un qualche festival locale, bensì per realizzare un nuovo disco, a 15 anni dall'uscita dell'ultimo dei Led Zeppelin. Tutto nasce dalla proposta di partecipare al programma "MTV Unplugged". Page & Plant colgono allora l'occasione al volo: tornare insieme per suonare ancora le canzoni dei Led Zeppelin riarrangiate in chiave orientale.
In passato avevano già accarezzato quest'idea: nel 1972 erano andati a Bombay per registrare con dei musicisti indiani "Four Sticks" e "Friends". La cosa si fece più per curiosità che per altro, e si trattò di un esperimento che non ebbe seguito negli anni successivi. Poi arrivò la morte di Bonzo, lo scioglimento del gruppo e le carriere soliste.
Ma ora Jimmy e Robert erano ancora insieme per proporre qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima di loro: volevano tornare a "vivere una nuova giovinezza". Detto fatto: registrano in Marocco quattro nuove canzoni con dei musicisti locali ("Yallah", "City Don't Cry", "Wonderful One" e "Wah Wah") e partecipano con al seguito una quarantina di musicisti orientali e non allo show, il 12 ottobre del 1994, riscuotendo un enorme successo.
"No Quarter: Jimmy Page & Robert Plant Unledded" è quindi un album molto interessante perché mostra un territorio ancora inesplorato nell'ambito della musica, a molti di noi sconosciuto, e apre a noi occidentali le porte verso una nuova realtà, che magari non sapevamo neanche esistesse. A Page & Plant va inoltre il merito di aver fatto una scelta che apparve molto coraggiosa e ambiziosa 12 anni fa così come adesso: negli anni della musica-spazzatura-commerciale chi avrebbe mai pensato di fare una cosa simile? E' in aspetti e in scelte come queste che il 50enne Page e il 46enne Plant si riconfermano essere geni assoluti, sbaragliando tutta quella gentaglia (di oggi e di allora) che guadagna miliardi facendo della musicaccia, se di musica si può parlare, e anteponendo i soldi all'arte del fare musica. Ecco, Page & Plant con questo disco hanno fatto esattamente il contrario. E la differenza si sente, eccome.
Nell'album dei quattro brani nuovi registrati in Marocco uno risulta insopportabile ("Wonderful One") mentre gli altri tre ("Yallah", "City Don't Cry" e "Wah Wah") tutto sommato sono orecchiabili e godibili. Le canzoni degli Zeppelin invece sono tutte reinterpretate magistralmente: particolarmente degne di lode sono "Thank You", "Since I've Been Loving You", "Kashmir", "Four Sticks", e sopratutto una fantastica "Nobody's Fault But Mine" che risulta completamente irriconoscibile dall'originale su "Presence", se non fosse per le parole rimaste (almeno quelle!!!) identiche, e che da sola vale l'ascolto di tutto il disco.
Meno di un mese dopo l'esibizione a MTV, l'8 novembre 1994, uscì l'abum "No Quarter: Jimmy Page & Robert Plant Unledded" che riscosse successo in tutto il mondo (arriverà nella top ten sia in G.B, sia negli States) e che fu seguito da un lungo tour mondiale della durata di un anno. Peccato che nessuno in seguito abbia continuato però la strada che Page & Plant avevano aperto con quest'album, ma d'altronde lo si sa: alla musica di oggi bastano soltanto i soldi.
Led Zeppelin - Four Sticks
Nel quarto album dei Led Zeppelin, risalente al 1971, celebre per la voluta assenza di un titolo oltre che per i superbi capolavori che lo compongono, è contenuta anche Four Sticks (letteralmente “Quattro bacchette”), canzone ciclica e quasi ipnotica che la band storica al completo ha eseguito live una sola volta a Copenaghen, nello stesso anno della sua uscita. Cerchiamo di comprendere insieme cosa ne rendeva tanto difficile la realizzazione dal vivo.
COMPLESSITÀ SPERIMENTALE
Il gruppo fino all’ultimo temette di non poterla neppure includere nell’album, per l’alto livello sperimentale che la contraddistingueva e la difficoltà di esecuzione anche in studio. Nasceva da un’intuizione di Jimmy Page, che si basava su un riff ibrido ritmato tra 5 e 6 ottavi. Per aumentarne lo straniamento, John Paul Jones vi inserì sopra un sintetizzatore VCS3. La maggiore responsabilità stava però, come dice il titolo, sulle spalle e fra le dita di John Bonham, l’unico che poteva dettare il tempo:
Gli ci sono voluti secoli per suonare Four Sticks, era frustrante. Jimmy suonava qualcosa e John diceva: “È fantastico… Dov’è il primo battito?”. Non poteva davvero contare quello che stava suonando. Se pensi che ‘uno’ stia nel posto sbagliato, sei fottuto! (J. P. Jones)
IL GENIO DI JOHN 'BONZO' BONHAM
A volte pensando alla favolosa band si trascura la figura di John Bonham, leone in retrovia dall’energia fragorosa ma parzialmente oscurata dall’agone eterno tra gli incontenibili Page e Plant. Eppure Bonzo era enorme, una forza della natura che qui ha mostrato tutta la sua genialità. Spesso era lui ad avere il guizzo, la scintilla che rendeva tale il sound degli Zeppelin, a dare loro degli input definitivi capaci di cambiare l’anima di alcuni pezzi.
Bonzo aveva visto live i Ginger Baker’s Air Force e quando è tornato era entusiasta. Gli piaceva Ginger Baker ma soprattutto sentiva la competizione con lui, voleva superarlo, così ha raccolto quattro bacchette e via. Abbiamo fatto due take, di più non si poteva, ma fu stupefacente. Non l’aveva mai fatto prima: portò il pezzo nella stratosfera (J. Page)
ACCETTARE LA SFIDA
D’altronde, raramente i nostri eroi hanno lasciato perdere una sfida e così eccoli travalicare il loro più elementare blues originario: dato il livello dei quattro membri, tecnicamente dotatissimi, che ancora oggi non sappiamo se incasellare o meno nel sommo regno del prog, non c’era cosa che i Led Zeppelin non potessero gestire, fusi com’erano tra lo sperimentale e l’hard rock. Poco prima di avere l’intuizione di quelle quattro bacchette, Bonham aveva già dato il là alla creazione di Rock and Roll, prendendo in prestito l’intro di Keep a Knockin’ di Little Richard. Seguendo il flusso tutto arrivava naturalmente, come fu poi con la magia astratta di Four Sticks e del suo “click-clack” (che non era frutto di sovraincisioni ma proprio di quei quattro legnetti!). Bonzo, da fiero autodidatta quale era, preferiva sentire la musica dentro piuttosto che contarla. E i risultati erano sempre favolosi. Ecco perché con la sua scomparsa, nel 1980, i giochi per il gruppo si chiusero subito senza possibilità di appello.
Bonzo era la parte principale della band. Era l’uomo che faceva funzionare tutto ciò che Page e io scrivevamo. Non credo ci sia nessuno al mondo che potrebbe sostituirlo. (Robert Plant)
https://www.capital.it/articoli/four-sticks-quella-canzone-dei-led-zeppelin-troppo-difficile-per-un-live/
non ripetevano..
La prima batteria usata con i Led Zeppelin era una Slingerland
Contrariamente a quello che si pensa, la prima batteria usata con i Led Zeppelin fu una Slingerland. Difatti in tutte le foto dei loro primi concerti è presente questo kit Slingerland con le medesime misure e colore del set Ludwig che aveva in precedenza.
La storia legata a questo kit è piuttosto nebulosa e frutto di molti dibattiti. Non si sa con certezza se fosse un kit affittato per il primo tour o se fosse con certezza di proprietà di Bonham. Altre fonti dicono che con questo kit sia stato registrato il primo album del gruppo, ma purtroppo non esiste alcune fonte certa che possa testimoniare tutto ciò.
https://suonarelabatteria.it/john-bonham-le-tracce-di...
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Ascolta la batteria isolata di John Bonham in "Good Times Bad Times"
I musicisti raramente lo fanno bene la prima volta. Per molti artisti, possono volerci anni di ricerche, più album e una dedizione costante per cambiare solo per trovare il loro suono singolare. Non così per i Led Zeppelin: nella primissima canzone del loro primissimo album, i Led Zeppelin sono completamente formati e completamente rinchiusi. Questo non dovrebbe sorprendere i due assi dello studio che compongono la sezione degli archi, ma la band aveva anche due ventenni che non avevano mai visto prima l'interno di un vero studio.
Una di queste figure era John Bonham , il corpulento e brusco batterista che era stato reclutato nella band dal suo collega ventenne Robert Plant. Sebbene avesse suonato nei club per alcuni anni e avesse persino ricevuto offerte professionali da artisti del calibro di Joe Cocker e Chris Farlowe, Bonham era ancora verde quando è entrato negli Olympic Studios nell'autunno del 1968. L'ingegnere Glyn Johns non aveva mai sentito un batterista così forte e ha ideato una semplice configurazione del microfono che avrebbe catturato le sue fragorose esibizioni senza complicare il mix.
Fin dai primi successi di "Good Times Bad Times", Bonham si è affermato come un batterista da non sottovalutare. La maggior parte dei batteristi che ascoltavano Bonham per la prima volta presumevano che stesse usando un pedale per contrabbasso, considerando come le triplette rapide della grancassa fossero quasi impossibili da fare con un solo piede. Ma Bonham ha usato solo una singola grancassa, battendo il potente pattern del basso con il piede destro mentre il sinistro mantiene un tempo quasi costante sul charleston.
Dalle sue terzine di grancassa ai suoi rapidi riempimenti fino al suo barbaro pestare il piatto durante il ritornello della canzone, Bonham ha creato uno schema di batteria immediatamente iconico in "Good Times Bad Times" che lo ha immediatamente reso uno dei migliori batteristi della scena rock britannica . Grazie alla magia della tecnologia moderna, ora possiamo goderci la traccia di batteria in tutta la sua gloria isolata.
Isolare canzoni classiche come "Good Times Bad Times" è una faccenda complicata: si tratta di affinare frequenze specifiche ed eliminarne altre in modo che le chitarre, il basso e la voce non arrivino. "Good Times Bad Times" è stato registrato dal vivo, con un sacco di sanguinamenti sul mix finale. Ciò significa che non esiste una traccia di batteria isolata naturale della leggendaria performance di Bonham e il reverse engineering di una traccia isolata non è certo una ricreazione perfetta.
Tuttavia, essere in grado di ascoltare i riempimenti e le hit di Bonham con solo alcune piccole interruzioni dal resto degli strumenti è comunque un'esperienza di ascolto affascinante. Ancora di più quando ricordi quanto fosse giovane e inesperto Bonham. Questo era il suo colpo grosso per ottenere un disco e forse guadagnarsi da vivere dignitosamente come musicista. Bonham suona ogni nota come se fosse l'ultima che abbia mai messo su nastro, e i risultati sono alcuni dei ritmi più strabilianti mai registrati nel rock and roll.
Dai un'occhiata alla batteria isolata di "Good Times Bad Times" in basso.
https://youtu.be/zjpOxfbZ1eA
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https://faroutmagazine.co.uk/drummer-john-bonham-called-a-god/
John Bonham del batterista dei Led Zeppelin ha definito un "Dio"
Quando si parla dei più grandi batteristi di tutti i tempi, John Bonham viene invariabilmente. Sarebbe scioccante non sentire menzionato il nome del leviatano barbuto, poiché era l'uomo che da solo gestiva la sala macchine di una delle più grandi band di tutti i tempi: i Led Zeppelin.
Bonham era un genio in quanto ha sposato l'intelletto con la potenza pura, creando un suono del tipo che nessuno aveva mai sentito prima. Ha preso i suoi primi spunti dal jazz e dalla musica da big band e li ha sposati con l'atteggiamento sfrenato del rock 'n' roll contemporaneo. Questa diversità è ciò che gli ha permesso di offrire alcuni dei momenti di batteria più influenti della storia.
Ha riversato il suo cuore e la sua anima nel suo lavoro, e che si tratti di "Moby Dick", "Whole Lotta Love" o altro, il personaggio di Bonham colora il suono dei Led Zeppelin e senza di lui non sarebbero stati gli stessi. Si potrebbe anche sostenere che senza il suo contributo, non sarebbero stati in grado di conquistare il mondo così rapidamente, dato che era la migliore zavorra immaginabile per Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones su cui posare i loro magici fronzoli.
A tempo debito, Bonham divenne sinonimo di batteria come Hendrix di chitarra. Un virtuoso in ogni senso della parola, non sorprende quindi che una volta, il signor Hendrix descrisse accuratamente Bonham al frontman degli Zeppelin, Robert Plant, come dettagliato in A Thunder of Drums : "Quel tuo batterista ha un piede destro come un paio di nacchere!”
È una testimonianza dello stile di gioco di Bonham che la sua abilità abile è stata immediatamente percepita da tutti coloro che hanno ascoltato i suoi dischi o lo hanno visto suonare dal vivo, chitarrista o no.
Dato che Bonham è così venerato come batterista, i fan volevano da tempo scavare un po' più a fondo nel modo in cui ha formato il suo suono inconfondibile e scoprire chi lo ha ispirato. Senza ombra di dubbio, una delle influenze più significative su di lui è stata il compositore, bandleader e straordinario batterista jazz Gene Krupa. Il nativo di Chicago era famoso per la sua energia e carismatico spettacolo, e questo ha affascinato un giovane Bonzo, che ha idolatrato il percussionista e la sua tecnica unica.
Notato da suo fratello Michael sul sito web di Bonham, John è stato ampiamente influenzato dal film biografico del 1956 The Benny Goodman Story, in cui Krupa ha interpretato un ruolo da protagonista come il re dello swing. Michael dice che "John è andato a vedere il film con suo padre" e che, in parole povere, per un giovane Bonzo, "Gene Krupa era Dio". Altrove, Bonham ha anche espresso il suo affetto per un altro film di Krupa, Beat The Band, in cui il percussionista suona un set su alcuni tubi del vapore.
È chiaro che Gene Krupa è stato l'uomo che ha creato John Bonham e per questo lo ringraziamo.
https://youtu.be/fyAUKU_ImNg
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Questo uomo ha suonato la batteria in una delle band che più di tutte viene ricordata per aver segnato la storia del rock e della musica in generale: sto parlando dei Led Zeppelin, gruppo britannico composto dal frontman Robert Plant, dal chitarrista Jimmy Page e dal bassista John Paul Jones.
Si dice che questo batterista abbia cambiato completamente la musica rock attraverso la sua tecnica, il suo modo di suonare pieno di passione e la sua apertura a nuovi stili.
Essendo in prima linea nell’LP fondamentale dei Led Zeppelin, le sue capacità da batterista erano invidiate da tutti all’interno dell’industria.
Anni dopo la sua scomparsa, Jimmy Page, uno dei più bravi chitarristi di tutti i tempi nonché suo compagno di band, ammise di essere rimasto affascinato dal contributo di questo artista alla musica rock.
John Bonham – Il Motore Dei Led Zeppelin
Scritto dal fratello Mick, questo libro è un resoconto molto intimo sulla vita del nostro batterista; partendo dall’adolescenza di entrambi, il libro racconta (grazie anche al contributo delle testimonianze di Robert Plant e John Paul Jones) la vita e la carriera di Bonham, dagli esordi alla fama planetaria, come membro della più potente band rock’n’roll della storia.
Attraverso questo libro è possibile capire per quale motivo “Bonzo” venga considerato come il motore di questo incredibile progetto; si tratta di uno scritto che un vero fan non può perdersi.
John Bonzo Bonham E I Led Zeppelin
Prima della sua prematura scomparsa, avvenuta nel 1980, la creatività ed il suono di Bonham avevano già contrassegnato il gusto di molti amanti del rock in tutto il mondo, lasciandoli alla ricerca continua di quel grande impatto simbolo del modo in cui suonava nel gruppo.
In seguito alle loro conclusioni si parlava a lungo di ognuna delle esibizioni di questo batterista. Ciò che emergeva ogni volta in maniera piuttosto chiara era che la performance fosse pesante, vivace, virtuosistica e deliberata.
Ogni ascoltatore sarebbe elettrizzato dallo spettacolo mostrato dalle abili percussioni di questo batterista. Questo è il motivo; forse rimane nei libri di storia come uno tra i più grandi batteristi di tutti i tempi.
Si dice che quando Bonham fosse al minimo, non suonasse mai in modo noioso. Tutti potevano ancora sentire l’impatto del suo potere e della sua forza.
Era come se stesse solo parlando alla batteria e questa avesse seguito alla lettera le sue istruzioni. Quando era al suo meglio dal punto di vista ritmico, non ha mai dato al suo pubblico alcuna delusione.
Ogni notte in cui Bonham era in tournée con i Led Zeppelin, l’atmosfera si riempiva di vita e divertimento.
Sembrava sapere come sfuggire ad ogni difficoltà con il suo drumming travolgente; ne è un esempio il pezzo “Moby Dick “.
https://youtu.be/IOb8otk7Y0U
Questo suo modo particolare di suonare la batteria e le percussioni era la sua firma e la sua tecnica per lasciare tutti i fan a chiedere di più.
Ogni performance che ha fatto durante il suo periodo di attività con i Led Zeppelin era migliore della precedente; facendo così, Bohnam lasciava il palco tra gli applausi di tutti.
Dave Grohl, un altro famoso batterista, non ha perso l’occasione di elogiare lo stile di questo musicista quando ha scritto per “Rolling Stone”.
Grohl dice di aver passato anni nella sua camera da letto ascoltando il lavoro di Bonham e cercando di emulare il suo stile.
Era affascinato dallo swing e dalla spavalderia dietro al ritmo, alla velocità ed alla potenza della batteria di Bonham.
Lui stesso ha ammesso di voler raggiungere lo stesso senso di direzione istintiva, oltre che memorizzare ciò che ha fatto Bonham alla batteria mentre suonava con i Led Zeppelin.
Scommetto che, se guardassi John in azione, saresti costretto anche tu a provare quello che abbiamo descritto. Si tratta di portare la musica nel sangue.
Per anni, ogni rocker post-Bonham ha desiderato seguire le orme di questo batterista in un caso o nell’altro. È anche vero che i più grandi batteristi oggi sul mercato hanno ricevuto la sua ispirazione.
Ci sono così tante registrazioni delle sue esibizioni che qualsiasi tua esigenza di batteria potrebbe essere soddisfatta.
È sempre stato il desiderio di molti batteristi crescere allo stesso livello del più grande di tutti i tempi e questa ricerca ha permesso loro di trovare la strada giusta.
La Morte Di John Bonham
I Led Zeppelin sono ricordati come una delle band più grandi e produttive di sempre; il loro talento è noto tanto quanto il loro successo. Tuttavia è ben conosciuta anche la loro reputazione per gli eccessi nella vita privata.
Questo gruppo britannico era famoso per le storie che lo ritraevano al centro di numerose storie di dissolutezza, tra cui numerose avventure sessuali e l’abuso di alcool e droghe.
Nel ’75 Robert Plant, il frontman, ebbe un tragico incidente con la moglie e ne uscì con una prognosi di sei mesi bloccato su una sedia a rotelle: la conclusione più ovvia fu il ritiro del gruppo dalla scena rock, che avvenne nel 1976.
A seguito di questo spiacevole episodio, la band visse un periodo piuttosto buio che culminò con la morte di John Bonham, avvenuta il 25 Settembre 1980, quando il batterista dei Led Zeppelin aveva solo 32 anni.
Durante le prove con i compagni di gruppo nella villa di Jimmy Page a Windsor, Inghilterra, il nostro batterista era ubriaco e non accennava a smettere di bere.
Fu così che la sera dello stesso giorno, John venne trasportato in una stanza e lasciato là a dormire, venendo poi ritrovato senza vita a causa del vomito che lo aveva soffocato.
Successivamente all’accaduto, il 4 Dicembre del medesimo anno i Led Zeppelin rilasciarono un comunicato all’interno del quale dichiaravano l’interruzione dell’attività artistica della band, la quale si riunirà in seguito solamente altre cinque volte, tra cui il Live Aid dell’85 ed il loro ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame, avvenuto dieci anni dopo.
Primo set
Purtroppo ci sono diversi racconti discordanti su questo primissimo set usato da Bonham. Unica cosa certa è che fosse un set particolarmente rovinato e che fosse stato comprato al negozio Drumland di Birmingham. In molti suppongono si trattasse di una Premier, mentre altre fonti citano una Trixon rossa. Sfortunatamente non esistono alcune foto o documentazioni certe in tal senso.
Prima Ludwig Green Sparkle
Quando il giovane Bonham a 15 anni si stancò del suo primo kit, lo rimpiazzò con la sua prima Ludwig. L’acquistò in quello che divenne il suo negozio di fiducia per tutti gli anni a venire : Yardley’s Music Shop a Birmingham.
Questa batteria modello Superclassic era una green sparkle ed aveva dimensioni 22″x14″, 13″x9″, 16″x16″ e rullante in alluminio L400 14″x5″. Come piatti spesso utilizzava piatti Zildjian per imitare i suoi idoli Buddy Rich e Gene Krupa, ma ben presto iniziò a mettere nel suo set anche qualche Paiste. Purtroppo non esistono foto che testimonino questo kit, ma tutte le fonti sono concordi nello svolgersi dei fatti.
Questa batteria accompagnò Bonham per tutto il periodo di formazione fino all’ingresso nei Led Zeppelin. Successivamente la batteria fu venduta al suo caro amico Frank Hall. Così ricorda
Era un kit Ludwig green sparkle. Quando la vidi, gli dissi “Vorrei averne una così”. Subito dopo mi ricordo che stavamo guidando fino alla fattoria di Bonham in una Range Rover con quella batteria stipata dietro
Frank la usò per soli 5 anni ed in seguito la vendette per 40 pound al batterista dei West Cumbrian, Robin Melville. A sua volta questa batteria fu venduta in un negozio di Manchester.
La prima batteria usata con i Led Zeppelin era una Slingerland
Contrariamente a quello che si pensa, la prima batteria usata con i Led Zeppelin fu una Slingerland. Difatti in tutte le foto dei loro primi concerti è presente questo kit Slingerland con le medesime misure e colore del set Ludwig che aveva in precedenza.
La storia legata a questo kit è piuttosto nebulosa e frutto di molti dibattiti. Non si sa con certezza se fosse un kit affittato per il primo tour o se fosse con certezza di proprietà di Bonham. Altre fonti dicono che con questo kit sia stato registrato il primo album del gruppo, ma purtroppo non esiste alcune fonte certa che possa testimoniare tutto ciò.
La prima cassa “grande”
Durante il primo tour negli States, John Bonham ebbe maniera di sperimentare il primo kit con la cassa maggiorata. Si trattava di una Ludwig dalla finitura Black Diamond e composta da 24″x14″, 13″x9″, 16″x16″, 18″x16″ e rullante 14″x5″.
Arriva l’endorsement con Ludwig
Proprio durante il tour negli States, John ebbe maniera di conoscere uno dei suoi idoli : Carmine Appice. Difatti i Led Zeppelin condividevano le loro serate insieme ai Vanilla Fudge e tra uno spettacolo e l’altro i due batteristi avevano maniera di parlare lungamente dei propri strumenti.
Carmine Appice rimane particolarmente impressionato dal giovane Bonham e non perdendo tempo, telefona alla Ludwig e chiede di mettere sotto contratto il batterista inglese e realizzargli un set del tutto identico al suo : 2 grancasse 26″x15″(misura custom), un tom da 15″x12″,e due timpani 16″x16″ e 18″x16″. Il rullante il classico 14″x6,5″ in alluminio. A questi tamburi, Bonham chiese anche un tom 14″x10″ (misura custom e che diventò il tom che usò maggiormente) ed un tom 13″x9″ (rimastro inutilizzato).
Questo era un kit personalizzato fatto su ordinazione da Ludwig con fusti a 3 strati (acero-pioppo-acero) con l’aggiunta di cerchi di rinforzo, senza la vernice bianca resacote all’interno. La finitura esterna non era un ricoperta ma piuttosto laccata.
Il set montato con la doppia cassa non fu ben visto dagli altri del gruppo. Ben presto fu chiesto a John di suonare con una sola grancassa. Particolarità di questo kit customizzato stanno nel fatto che il tom holder Roger Swiv-o-matic, mentre le sordine interne sono presenti solamente nel tom da 13″x9″ e nel timpano 16″x16″, mentre invece nel tom 14″x12″ e nel timpano 18″x16″ non sono presenti.
Il kit fu usato per tutto il 1969, fino alla metà del 1970 (con questo kit venne registrato Led Zeppelin II) quando il set fu venduto al ragazzo della sorella di John per appena 5 pounds. In seguito il kit fu acquistato da Paul Thompson (batterista dei Roxy Music) che fece una piccola modifica al tom da 14″, accorciandolo la profondità a 10″ grazie all’aiuto del Roy Webster’s Drum Shop & Percussion Services.
Il secondo set Ludwig Green Sparkle
A partire dalla primavera del 1970, Bonham tornò ad utilizzare un kit color Green Sparkle. La Ludwig realizzò tre kit identici. Bonham ha usato questo drum kit dal 1970 fino alla fine del tour europeo del 1973. Si diceva che questo fosse il suo kit preferito da utilizzare in studio e che veniva utilizzato anche per la registrazione dei Led Zeppelin III, Led Zeppelin IV, House of the holy, Physical Graffiti, Presence e In Through The Out Door.
Le misure che adoperò furono 26″x14″, 14″x10″, 16″x16″ e 18″x16″.
Il kit Ludwig Green Sparkle ha fatto il suo debutto sul palco per il concerto del 22 giugno 1970 a Reykjavik in Islanda. Sotto questa batteria, Bonham aveva anche una piattaforma in legno. Consisteva in fogli di compensato uniti insieme con delle cerniere in modo che potesse essere piegato. Mick Hinton (drumtech che fece il suo primo concerto con Bonham a Belfast, in Irlanda, il 5 marzo 1971) raccontò in un’intervista: “Il mio compito era quello di avere il kit esattamente nella stessa posizione ogni sera. Avevo segnato tutto con diversi nastri colorati, e usavamo delle memorie per avere ogni cosa alla stessa altezza ogni notte. Avevamo dei fori per segnare tutte le gambe del tom, puntali della cassa e hi-hat: i buchi erano profondi circa mezzo pollice, quindi tutto si infilava dentro e avevo messo una striscia di nastro in gaffa su ogni gamba per fissarla al pavimento. Misi anche un bullone per ancorare la grancassa, se non lo avessi fatto, sarebbe volata al primo colpo”.
Dopo la morte di John Bonham, uno dei drum kit è stato consegnato al batterista e storico drumtech Jeff Ocheltree, un altro fu venduto ad un collezionista mentre un altro è stato tenuto da Pat Bonham (la vedova di John) che ad un certo punto lo diede in prestito al Rock And Roll Hall Of Fame di Cleveland, e ora risiede nella casa della famiglia Bonham, la Old Hyde Farm nel Wolcestershire, in Inghilterra, con sopra l’immagine di John.
La Vistalite
Questo kit è immortalato per sempre nel film dei Led Zeppelin, “The Song Remains The Same”, pubblicato nel 1976.
Stesse misure rispetto al Green Sparkle kit. Il kit è stato utilizzato per la prima volta sul palco del concerto il 4 maggio 1973 ad Atlanta, in Georgia. Ci sono alcune fonti che sostengono che oltre ai 16 “x16” e 16 “x18” forniti con il kit, siano stati forniti anche dei timpani più grandi da 16 “x20” e uno da 16 “x22”, alternandoli con quelli più piccoli in diversi momenti durante il tour, ma purtroppo tale teoria non trova alcun riscontro.
Black & White Spiral
Nel 1975 John Bonham ricevette 18 tamburi Black & White Spiral Ludwig Vistalite direttamente da Ludwig. Questi tamburi non sono mai stati utilizzati nè dal vivo, né in studio e sono stati tenuti solo a casa di John Bonham, la Old Hyde Farm nel Worcestershire, in Inghilterra.
Bonham ha dato alcuni tamburi al giornalista rock Chris Welch, il quale ha poi utilizzato per qualche anno il drum-kit in gruppi jazz. Alla fine, nel 1998 vendette a Phil Harris di Harris Hire Vintage Musical Instruments per £ 950. Nel corso degli anni, il drum kit è stato utilizzato da alcuni musicisti di rilievo, tra cui Robbie Williams, Shawn Drover di Megadeth e Manic Street Preachers. Il 4 settembre 2008, il kit di batteria Black & White Spiral Ludwig Vistalite è stato venduto alla casa d’aste The Fame Bureau per $ 41.000 a un compratore sconosciuto. I pezzi rimanenti sono ora in possesso della figlia di John Bonham, Zoe.
Stainless Steel
Il suo quarto e ultimo kit di batteria prodotto da Ludwig nell’aprile del 1977 è quello noto come il Kit in acciaio inossidabile (stainless steel). Bonham ha utilizzato questo kit di batteria Ludwig Stainless Steel dall’inizio del Tour degli Stati Uniti del 1977 fino all’ultima sfilata dei Led Zeppelin il 7 luglio 1980.
Voci discordanti ne riportano l’utilizzo anche per registrare alcune tracce dell’ultimo album in studio dei Led Zeppelin “In Through The Out Door“, anche se è stato anche detto che in studio sia stata utilizzata il kit Ludwig Green Sparkle. Esiste tuttavia una foto che mostra sia i kit di batteria in acciaio inossidabile sia quelli in Green Sparkle nel libretto di accompagnamento incluso nell’edizione deluxe di “In Through The Out Door”. Questo kit in acciaio inossidabile è ora in possesso di un collezionista canadese sconosciuto.
Le misure che Bonham utilizzò nel corso del tour furono 26″x14″, 16″x16″ e 18″x16″. Nel corso del tour alternò spesso la dimensione del tom, utilizzando talvolta un 14″x10″ e talvolta un 15″x12″ (riconoscibile perchè aveva i blocchetti stile “marching band”).
Altri drum kit usati
John Bonham è stato invitato a partecipare alla registrazione di due brani, “So Glad To See You Here” e “Rockestra Theme” con Paul McCartney e la Rockestra Orchestra il 3 ottobre 1978 presso Abbey Road Studios, City of Westminster, Londra, Inghilterra. Per questa sessione, Bonham ha utilizzato un Drum-kit Staccato Voyager 6. Le due tracce si trovano nell’album del 1979 di The Wings ‘Return to the Egg’. Il tema Rockestra è stato eseguito dal vivo al Concerto per il Popolo della Kampuchea all’Hammersmith Odeon, Londra, Inghilterra, il 29 dicembre 1979, tuttavia Bonham ha utilizzato il kit di batteria Ludwig Stainless Steeel per questo spettacolo. Il kit Staccato Voyager 6 con rivestimento in fibra di vetro era composto di Rack Tom da 6 “, 8”, 10 “e 12”, un floor tom da 18 “e una cassa da 22”.
Paiste : i piatti scelti da Bonham
Prima di utilizzare i piatti elvetici, Bonham era solito usare anche piatti di altre marche (non viene mai detto ufficialmente i marchi che usasse, ma si desume aver avuto diversi Zildjian), tuttavia come raccontò lo stesso Bonham era rimasto insoddisfatto del suono troppo scuro e dalla facilità con cui questi piatti si rompevano. Decise di provare i nuovi piatti della Paiste : Giant Beat. Con questi piatti sembrò aver trovato la quadra sia dal punto di vista sonoro, sia dal punto di vista delle rotture.
Tuttavia quando Bonham divenne endorser Ludwig, allora il marchio americano aveva fortissimi legami con la Paiste. Difatti la Ludwig era distributore unico per la Paiste negli Stati Uniti, Messico e Canada. Non è difficile ipotizzare che l’accordo di sponsor per i piatti sia avvenuto di conseguenza.
Ufficialmente John Bonham divenne endorser Paiste a partire dal 1971, ma già a partire dal 1970 aveva iniziato a collaborare con il marchio, usando perlopiù la serie Giant Beat. In seguito, il suo nome sarebbe stato legato in maniera indissolubile alla serie 2002.
Qua sotto potete trovare tutti i piatti usati da John Bonham nel corso della carriera
Le bacchette che usava John Bonham
Le bacchette che usava John Bonham erano molto spesse. Ne usò diverse tipologie marche, tra di esse Jeff Ocheltree menzionò delle Ludwig 2A, mentre altri parlarono di 2B e 5B. Altre bacchette che usava Bonham erano delle bacchette realizzate da Eddie Ryan e dall’azienda Promuco. I drumtech dicevano che durante un concerto Bonham rompeva 2 o 3 paia a serata.
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