giovedì 6 aprile 2023

1BIS DA 1 a 5....JOHN BONHAM LE TRACCE DI BATTERIA..L'INSUPERABILE (31 maggio 1948--25 settembre 1980) e STATUA IN SUO ONORE-----------------------------

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da 1 a 5..JOHN BONHAM  LE TRACCE DI BATTERIA..L'INSUPERABILE (31 maggio 1948--25 settembre 1980)
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LED ZEPPELIN, COME JOHN BONHAM AIUTÒ ROBERT PLANT AD AFFRONTARE LA MORTE DEL FIGLIO KARACIl leggendario batterista e il frontman erano legatissimi da un'amicizia nata durante l'adolescenza
Nel 1977 una grande tragedia colpì i Led Zeppelin e in particolare il loro immenso frontman Robert Plant: la morte del suo secondogenito Karac.
"Nel 1977 abbiamo perso nostro figlio, Karac" dichiarò Plant in un'intervista, "Aveva solo cinque anni. Avevo passato così tanto tempo a cercare di essere un padre decente, ma allo stesso tempo ero molto coinvolto da quello che stavo facendo negli Zeppelin". Karac morì improvvisamente per un'infezione virale allo stomaco mentre la band era in tour negli Stati Uniti.
"Quando è scomparso ho pensato: 'Quanto vale tutto questo? Cosa significa? Sarebbe stato diverso se fossi stato lì con lui, se fossi stato in tour?" Quindi mi sono messo a pensare a ciò che avevo fatto nella mia vita fino a quel momento, se dovevo fare di più per le persone che ho amato e cresciuto, per mia figlia e per la mia famiglia. Ero pronto a ritirarmi per dedicare tutto me stesso a loro, fino a quando non è arrivato Bonzo".
In quel tragico momento il frontman dei Led Zeppelin provava un enorme senso di colpa per il fatto di non essere stato presente per aiutare la sua famiglia durante la tragica morte del figlio. Era pronto a farla finita con la band per dedicarsi alla sua famiglia. E così John Bonham riuscì ad aiutare Plant ad affrontare l'immenso dolore di quell'incalcolabile perdita.
Robert Plant e John Bonham erano legati da una profonda e autentica amicizia. Il loro percorso musicale è iniziato praticamente insieme fondando i Band Of Joy: «La prima volta che l’ho incontrato eravamo due ragazzini, ma lui si è presentato dicendomi: “Sono il miglior batterista del mondo”» ha dichiarato Plant durante un'intervista a Rick Rubin di qualche mese fa.
Ma come fece Bonzo ad aiutare il suo amico e collega? "Aveva una limousine Mercedes a sei porte e un bellissimo cappello da autista", ha ricordato la voce degli Zeppelin, "Vivevamo a cinque o sei miglia di distanza e qualche volta uscivamo per bere qualcosa. Mi passava a prendere indossando quel cappello, io mi sedevo sul retro di questa Mercedes e uscivamo. Per risalire in macchina si rimetteva il cappello e mi accompagnava a casa"
"Andavamo velocissimi e superavamo pure la polizia" ha aggiunto Plant ricordando quel periodo trascorso assieme all'amico John Bonham, "sicuramente pensavano: 'Guarda, un altro povero stronzo che lavora per i ricchi!' Ma in quel momento Bonzo si rese molto disponibile e mi aiutò tantissimo, assieme anche a sua moglie e i suoi bambini. Così mi fece ritornare con gli Zeppelin"
Il batterista si mise completamente a disposizione di Plant cercando di aiutarlo ad affrontare la tragedia e forse cercando di mostrargli che, nonostante la morte del figlio, non poteva ritirarsi dalla musica, dal lavoro e dalla società. Il modo migliore per continuare era proseguire con il suo percorso, regalando spensieratezza ed emozioni a tante altre persone del loro pubblico che senza alcun dubbio avevano subito le delle perdite e vissuto altrettante tragedie.
In ricordo del figlio Karac Robert Plant scrisse due incredibili canzoni, una con gli Zeppelin e l'altra durante la sua carriera solista. Si tratta di All My Love, pubblicata nel 1979 nell'album In Through the Out Door dei Led Zeppelin, e di I Believe, contenuta nell'album solista Fate Of Nations del 1993.


“Non era solo una questione di tecnica” ha spiegato il chitarrista in una celebre intervista con David Letterman “Il punto è che avevamo inserito le canzoni nella scaletta dei nostri concerti fin dall’inizio, e avevano preso subito un’altra direzione. Cambiavano in continuazione, perché tra di noi si era creata una chimica basata sull’improvvisazione. Era impossibile trovare un altro batterista e dirgli: puoi imparare a suonare così? Non avrebbe mai funzionato.”
LED ZEPPELIN, JIMMY PAGE: "ECCO PERCHÉ NON SI POTEVA DAVVERO ANDARE AVANTI SENZA JOHN BONHAM"“Non era solo una questione di tecnica”. Il chitarrista inglese spiega come la band non provò nemmeno a sostituire il compianto batterista
Jimmy Page ha spiegato il motivo per cui i Led Zeppelin hanno deciso di non provare nemmeno a sostituire John Bonham, il batterista della band, The Beast, il pilastro del loro monumentale suono chiamato Il Martello degli Dei, morto il 25 settembre 1980
John Bonham è considerato uno dei migliori batteristi di tutti i tempi per la potenza, il suono e il dinamismo che hanno reso grandiose le canzoni degli otto album pubblicati dai Led Zeppelin tra il 1969 e il 1979. L’ultima cosa che gli interessava era la tecnica: Bonham era istintivo e diceva di voler suonare sempre al servizio delle canzoni per creare un’emozione e non per mostrare la sua abilità. Durante i concerti faceva dei lunghi assoli (come quello su Moby Dick) e non si preoccupava di sbagliare. Se faceva un errore, per i Led Zeppelin voleva dire che stava provando qualcosa di nuovo. Ecco perché secondo Jimmy Page era impossibile sostituirlo.

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LED ZEPPELIN, LA CANZONE CHE ROBERT PLANT SCRISSE SULLA "CULTURA DELLE GROUPIES" A LOS ANGELESIl brano venne pubblicato nell'album Physical Graffiti: "In quella città il divertimento era ovunque"
Robert Plant ha ricordato il giorno in cui Jimmy Page gli ha chiesto di entrare a far parte dei Led Zeppelin: “Stavo suonando con la mia prima band, i Band of Joy in un college, Jimmy e Peter Grant sono venuti a cercarmi e mi hanno chiesto se volevo entrare a fare parte degli Yardbirds. Sapevo che avevano lavorato molto in America, il che significava un pubblico più grande e quindi ero molto interessato.”
Si dice che alla prima audizione, Plant abbia cantato Somebody to Love dei Jefferson Airplane: “Appena l’ho sentito cantare ho pensato: deve avere qualcosa che non va a livello personale, oppure è uno con cui è impossibile lavorare. Non riuscivo a capire come fosse possibile che nonostante fosse in giro da un po’ non era ancora diventato famoso.” Con l’arrivo di Robert Plant e del suo amico John Bonham (che suona con lui nei Band of Joy) alla batteria, la band decolla all’improvviso: dopo il primo tour in Scandinava con il nome di The New Yardbirds e l’esordio davanti ad un pubblico a Gladsaxe in Danimarca il 7 settembre 1968, cambiano nome in Led Zeppelin e nel novembre 1968 grazie a Peter Grant firmano un contratto con la Atlantic Records, partono in tour in Inghilterra (il primo concerto con il nome Led Zeppelin è all’Università del Surrey il 25 ottobre 1968) e debuttano il 12 gennaio 1969 con il primo disco omonimo con cui vanno al n.6 in classifica in Inghilterra e al numero 10 in America. Sei anni e cinque album dopo, nel 1975 sono la più grande rock band del mondo, una band sovrumana che suona una versione elettrificata del blues che viene definita “Il martello degli Dei” (da una strofa del brano con cui hanno descritto l’'esperienza del tour in Scandinavia, Immigrant Song) e vivono al massimo o stile di vita travolgente e trasgressivo che si è creato intorno alla rivoluzionaria cultura giovanile del rock’n’roll, soprattutto in America.
“Los Angeles era Los Angeles” ha detto Robert Plant in una intervista nel 1975 “Il divertimento era ovunque.” I Led Zeppelin hanno fatto un tour dopo l’altro (solo nel 1969, il loro primo anno di carriera ne hanno fatti quattro, durante i quali hanno scritto e registrato le canzoni di Led Zeppelin II), riempito per cinque sere consecutive la Earl’s Court Arena di Londra, al tempo la più grande in Inghilterra e conquistato il pubblico americano e il 24 febbraio 1975 escono con il doppio album Physical Graffiti, un monumento di suono e potenza che debutta al numero uno in Inghilterra e al numero tre negli Stati Uniti.
Nell’ultima canzone dell’album, Sick Again, Robert Plant parla del rock di fine anni Sessanta, le notti di Los Angeles e le groupie e descrive come tutto sia cambiato negli anni Settanta: “Nel circo delle Regine di Los Angeles / Impari in fretta quanto sia facile cadere” canta Plant. Gli anni sessanta sono finiti, e Robert Plant canta la fine di un sogno: “Non c’è più quell’atmosfera di prima” racconta in un’intervista a proposito di Sick Again, “Tutto era diventato più oscuro.”


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Il 24 febbraio 1975 la band di Jimmy Page e Robert Plant pubblicava il disco capolavoro con Kashmir
Physical Graffiti è sicuramente uno degli album più vari, coraggiosi e sfaccettati usciti negli anni '70. Una delle ultime e lucenti gemme create dalla band di Jimmy Page e Robert Plant, capace con le sue 15 tracce di creare un percorso sonoro unico ed estremamente vaio, partendo dal blues granitico di Custard Pie, passando per la sperimentazione di In My Time Of Dying e l'epicità di Kashmir sta arrivando all'esaltazione hard rock per eccellenza di The Wanton Song, una delle canzoni più dure e corpose mai create dai Led Zeppelin.
Non sono poche le curiosità legate a questo doppio album, primo e unico nella storia della band. Abbiamo deciso di raccontarvi le 5 + 1 cose fondamentali da sapere.
ALBUM LA SCELTA DEL DOPPIO
Physical Graffiti è l'album dei Led Zeppelin preferito dal frontman Robert Plant, per lui il più rappresentativo e creativo della band. Ma perché scegliere di pubblicare un doppio album? Originariamente il disco avrebbe dovuto essere composto da otto tracce, troppo lunghe per essere contenute all'interno di un singolo LP e troppo brevi per riempire due dischi. La band così decisiva di rimettere mano ad alcuni brani esclusi dagli album precedenti per includerli all'interno della scaletta. Tra queste tracce ricordiamo Down By The Seaside , creata originariamente come ballata acustica durante le sessioni di Led Zeppelin IV, The Rover , concepita per Led Zeppelin III e Houses Of The Holy, scritta come title track per l'album precedente ma stranamente esclusa dalla scaletta.
DURANTE LE REGISTRAZIONI JOHN PAUL JONES VOLEVA LASCIARE LA BAND PER DIRIGERE UN CRO DA CHIESA
Le sessioni di registrazione di Physical Graffiti durano 15 mesi. Per l'epoca questo era un fattore abbastanza standard considerando i vari tour in cui le band erano impegnate. Ma forse gli Zeppelin avrebbero potuto concludere le registrazioni in metà tempo se John Paul Jones non avesse dato di matto.
Il leggendario bassista aveva seriamente preso in considerazione l'idea di abbandonare la band per diventare maestro del coro della Cattedrale di Winchester prima che il manager della band, Peter Grant , non lo “tirasse fuori” alla sua maniera. Al suo ritorno nel gruppo Jones si sentii rinvigorito e pieno di ispirazione, tanto da apportare un nuovo e inedito contributo all'interno degli Zeppelin, registrando anche alcune parti di chitarra (fattore completamente inedito e unico nella storia della band).
AL MOMENTO DELLA MIA MORTE
In My Time of Dying è sicuramente una delle canzoni più potenti, granitiche e lunghe mai registrate dai Led Zeppelin. Fin dalla sua pubblicazione è diventata immediatamente parte imprescindibile dei loro concerti. Ma qual è la genesi di questo grande brano?
"In My Time of Dying" è una rielaborazione del blues " Jesus, Make Up My Dying Bed " scritto da Blind Willie Johnson nel 1927. Un'altra versione di questa grande canzone è stata incisa da Bob Dylan nel 1962.
IL PALAZZO SULLA COPERTINA
La copertina di Physical Graffiti rappresenta una delle più complesse e geniali realizzazioni grafiche degli anni '70. La band ci mise mesi per creare e approvare il lavoro ma il risultato, a quasi mezzo secolo di distanza, è ancora uno dei più apprezzati tra gli amanti del vinile. La copertina mostra una coppia di palazzi con delle finestre aperte attraverso le quali è possibile “vedere” diverse scene intercambiabili tra di loro. Essendo un doppio album la band inserì differenti immagini a seconda del disco inserite nella custodia. È possibile fare la stessa cosa anche sul retro dove però la copertina è stata realizzata con uno scatto in notturna. Gli edifici immortalati sono gli stessi scelti da Keith Richards e Mick Jagger per girare il videoclip di “Aspettando un amico ”.
L'ATTACCO DELLE OCHE CONTRO ROBERT PLANT
" Black Country Woman " è stato registrato nel giardino della casa di Mick Jagger , a Stargroves, nel 1972. Ma registrando all'aperto si è rivelato davvero molto difficile per la band, soprattutto per Robert Plant. Durante una sessione di registrazione ad Headley Grange, Plant ha deciso di uscire in giardino per provare la canzone ma è stata attaccata da uno stormo di oche arrabbiate.
KASHMIR NON HA NULLA A CHE FARE CON IL KASHMIR: LA STORIA DELLA CANZONE
Originariamente intitolata Driving To Kashmir , la canzone è stata originariamente scritta da Plant per raccontare un lungo viaggio intrapreso nell'autunno del 1973 attraverso "le terre desolate", come da lui definito, del sud del Marocco. In realtà, non ha nulla a che fare con il Kashmir, nell'India settentrionale.
La parte musicale è stata abbozzata da Jimmy Page e John Bonham una notte durante una jam session ad Headley Grange , la dimora infestata nell'East Hampshire dove registrarono quasi tre album nei primi anni '70.
" Eravamo solo io e Bonzo ", ha detto Page. “ Ha iniziato a suonare questo grandioso pattern di batteria, e io ho creato il riff che alla fine venne duplicato da una parte orchestrale. Sembrava inquietante all'inizio ma aveva una qualità davvero incredibile .
Le lavorazioni del brano vennero interrotte a metà del 1973 quando John Paul Jones decise di abbandonare la band e ripresero all'inizio del 1974 quando tornò sui suoi passi. A quel punto il leggendario bassista e tastierista scrisse l'epica traccia sul suo Mellotron, donando un'epicità senza paragoni al brano. Plant dichiarò che più volte si mise a piangere durante la registrazione di Kashmir , cercando di interpretare il suo testo su una base strumentale così bella.
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 NOTIZIE ROCKL'AMORE DI JOHN FRUSCIANTE PER I LED ZEPPELIN: ECCO QUAL È IL SUO DISCO PREFERITO DELLA BANDIl disco della band di Jimmy Page e Robert Plant ha influenzato totalmente il suo stile chitarristico
I Led Zeppelin sono stati sicuranti una tra la band più influenti per le generazioni di rockers cresciuti negli anni '70 e che negli anni '80 e '90 hanno avuto l'opportunità di far emergere la loro arte creando alcune tra le band più leggendarie nella storia del rock, tra cui Guns N' Roses, Soundgarden, Alice In Chains, Pearl Jam e Red Hot Chili Peppers. Da Slash allo stesso Chris Cornell, l'impronta sonora creata dalla band di Jimmy Page e Robert Plant è stata fondamentale per la crescita artistica di questi grandi rocker, tra i quali John Friusciante .
Il chitarrista dei Red Hot Chili Peppers, rientrato nella band alla fine del 2019 a 10 anni dal suo secondo abbandono, è un vero nerd abbandono della musica in generale. La sua serie di armonie e sperimentazioni l'hanno portata a diventare uno dei più influenti chitarristi del panorama rock moderno, arrivando a collaborare insieme a geni indiscussi come Johnny Cash e George Clinton.
L'influenza che i Led Zeppelin hanno avuto sulla sua crescita artistica è incredibile, arrivando a definire così la band: " Non credo che esista un altro gruppo rock in grado di portare in giro tanta potenza quanto loro ".
Il suo disco preferito della band è Led Zeppelin II , definito da Frusciante come il miglior album di sempre del gruppo . Dopo il devastante impatto hard blues del primo album (incredibilmente sotto contratto con la casa madre Atlantic Records fin dal debutto), con i Led Zeppelin II il gruppo ha dato vita ad un disco potentissimo, in grado di mettere fuori gioco chiunque si trovasse davanti a loro. L'estenuante primo tour della band aveva affinato non solo il sound ma anche la loro visione per il futuro.
Mantenendo di base un suono e una struttura blues la band riuscirà a porre le basi per una vera e propria rivoluzione hard rock, inserendo nello stesso album brani come Whole Lotta Love, Heartbreaker e Moby Dick , canzoni con strutture portanti sulle quali qualsiasi gruppo rock e hard rock avrebbe basato la propria tracklist dal vivo (virtuosismo, potenza, improvvisazione).
È facile immaginare come questo disco (del 1969) abbia ispirato innumerevoli musicisti come Frusciante a iniziare il proprio viaggio verso la grandezza.

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ROBERT PLANT SU STAIRWAY TO HEAVEN: "NON HO IDEA DI COSA PARLI. RIFLETTE L’OTTIMISMO DEL RAGAZZO CHE ERO A 23 ANNI"Il frontman dei Led Zeppelin: "All'epoca tutti parlavano di Vietnam. Io credo di aver fatto un lavoro migliore parlando di speranza"
«Ogni musicista spera di scrivere una canzone che duri nel tempo» ha detto Jimmy Page in una intervista celebrativa della carriera dei Led Zeppelin nel 1992, «Noi abbiamo fatto Stairway to Heaven. Ha tutti gli elementi che ci rappresentano, è stata una pietra miliare per noi. Per questo siamo stati molto attenti a non farla uscire mai come singolo e non tagliarla». Secondo il chitarrista dei Led Zeppelin, Stairway to Heaven (che la band ha suonato per la prima volta il 5 marzo 1971 alla Ulster Hall di Belfast) doveva spingere il pubblico a comprare l’intero album Led Zeppelin IV che esce l’8 novembre 1971, arriva al numero 1 in Inghilterra e al numero 2 in America e vende 35 milioni di copie.
Con sette minuti e 55 secondi di durata e diversi cambi di tempo e genere, dalla ballad folk alla sezione hard rock, Stairway to Heaven è diventata una della canzoni più importanti nella storia del rock, la più richiesta dagli ascoltatori delle radio americane di sempre e il monumento definitivo della grandezza dei Led Zeppelin. Robert Plant e Jimmy Page iniziano a scriverla durante il periodo trascorso in isolamento in Galles nel cottage di Bron-Y-Aur, subito dopo aver concluso il quinto trionfale tour consecutivo in America e la finiscono durante le session di Led Zeppelin IV ad Headley Grange.
«Una sera ci siamo seduti davanti al fuoco e io ho scritto le prime due strofe del pezzo, che mi sembravano perfette per quello che Jimmy stava suonando» ha raccontato Robert Plant, «Volevo mettere insieme tutti i riferimenti alle antiche tradizioni britanniche e al mondo Celtico». Il cantante dei Led Zeppelin, però, non ha spiegato davvero il significato del testo e delle sue immagini affascinanti, dalla “scala verso il paradiso” alla “foresta che riecheggia di risate”, dalla Regina di Maggio al “pifferaio” alla “signora anziana che pensa sia oro tutto ciò che luccica.”
Nel 2022 in una intervista con Rolling Stone ha ammesso: «Non ho idea di cosa parli. Credo sia una canzone sulla speranza, ma piuttosto grande. Riflette l’ottimismo di un ragazzo di soli 23 anni». Robert Plant ha detto che Stairway to Heaven contiene anche degli inevitabili riferimenti alla situazione politica del tempo: «Tutti i cantautori del tempo parlavano del Vietnam e della corruzione, ed erano tutti molto eloquenti e impegnati nei loro testi. Io credo di aver fatto un lavoro migliore per arrivare al punto e parlare della speranza».

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"Abbiamo fatto 6 settimane di prove. Tante per un solo Show.
Per cui mi son detto : qui c'è di più.
Così dopo una partita a calcio chiesi a Robert:
" Devo chiedertelo... Stiamo rimettendo insieme la band? "
E lui rispose : " Ho amato troppo tuo padre! Non è una mancanza di rispetto nei tuoi confronti.
Tu conosci tutto come nessun altro e nessuno può suonarlo come te.
Ma non è la stessa cosa. Non posso uscire sul palco e fingere. Non posso essere un JukeBox.
Non posso andare la fuori e provare a farlo così.
Quando tuo padre ci ha lasciato ed ha lasciato il mondo i Led Zeppelin sono finiti.
Non potevamo fare quello che hanno fatto altri.
Non si poteva proprio"
E lì ho compreso tutto. E mi va bene così.
Robert e mio padre si conoscevano da quando avevano 15 anni.
Per lui era stato troppo doloroso e profondo.
È stato un bel momento, concludere così con un grande concerto.
Dopo lo show Robert disse : " Dovevamo fare questo grande concerto e dopo mettere tutto a tacere. Per sempre."
Jason Bonham parlando del Celebration Day allo 02 Arena di Londra e di Robert Plant, miglior amico di suo padre.
E se ancora al mondo c'è qualcuno che non ha capito perché non ci sarà più una Reunion dei Led Zeppelin allora non ha mai capito niente della vita, dell'amore e della storia di due "fratelli"
Lu
...Robert ha sempre saputo la verità..l'ha scritta, detta..ancora qualcuno non riesce a capire..ma in molti si..non si tratta ,come anche io ho già scritto, solo di musica..si tratta di fratellanza,rispetto,affetto,consanguignità,anima che si vive.. lezioni di vita.grazie Lu..😘🌹
per tutto questo i LED ZEPPELIN sono unici e inarrivabili
..spesso dovremmo entrare in contatto con l'anima di un uomo e non solo con il personaggio per capire il significato di alcune sue scelte..ma bisogna veramente essere bravi e coraggiosi dentro per farlo..

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Jimmy Page una volta ha rivelato che non erano solo le abilità di batterista di Bonham che i Led Zeppelin non potevano sostituire
La musica dei Led Zeppelin potrebbe non essere ciò che viene in mente quando si sente il termine "jam band". La band ha pubblicato i suoi primi tre album in studio in poco più di 20 mesi, e il loro debutto è avvenuto in un lasso di tempo sorprendente , ma gli Zeppelin sono sopravvissuti al tour.
Come una volta Page ha rivelato a David Letterman (tramite YouTube ), i Led Zeppelin non potevano sostituire John Bonham perché le loro canzoni hanno preso una nuova vita on the road:
"Il fatto è che, sai, avevamo pubblicato i dischi e abbiamo inserito quelle canzoni nel set [live], è stato quasi come un altro inizio, un secondo vento per quelle canzoni perché cambiavano ogni sera con l'improvvisazione che Non c'era modo, con la quantità di lavoro e di mutazione che era andata avanti con quelle canzoni, che potessimo dire a un altro batterista: "Puoi imparare questo e quel pezzo?" Semplicemente non funzionerebbe.
Jimmy Page spiega perché i Led Zeppelin non sono riusciti a sostituire John Bonham
Non era solo la tecnica di Bonzo che non poteva essere replicata. I Led Zeppelin non hanno potuto sostituire Bonham perché è stato lui a dare forma alle canzoni in quello che sono diventate. Era un quarto di un'unità che condivideva una mente quando suonavano dal vivo. Gli Zep hanno sviluppato quella mentalità collettiva suonando insieme per 12 anni. Non c'era modo che un nuovo arrivato potesse duplicare la conoscenza radicata di Bonham di come Page, Jones e il cantante Robert Plant si esibissero dal vivo.
Bonzo non si preoccupava della precisione nel suo modo di suonare
Bonham in genere si unisce alla conversazione quando si parla dei migliori batteristi della musica rock. Il suo stile è quasi immediatamente identificabile, ma non si è mai preoccupato troppo della sua tecnica di batteria . Preferiva suonare in base ai sentimenti e alle emozioni che si adattavano alla canzone piuttosto che esibirsi sempre secondo il libro. Bonzo suonava la batteria in un modo che servisse alle canzoni, non impressionasse gli altri batteristi.
In effetti, Bonham non si è mai preoccupato di sbagliare durante i numerosi assoli di batteria che ha suonato in concerto. Se inciampava durante la sua esibizione, era segno che aveva provato qualcosa di nuovo. Faceva parte dell'evoluzione della canzone che Page ha detto essere la ragione per cui i Led Zeppelin non hanno potuto sostituire John Bonham quando è morto."""""

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30 maggio 2018
è stata installata la mia scultura a doppio rilievo che commemora John Bonham. Nella tradizione dei Led Zep, l'abbiamo installato durante la notte con pochi amici affinché apparvesse all'alba del 31 maggio. Grazie a tutti coloro che hanno reso questa un'occasione intima e memorabile.
Mark Richards
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Ciao Bonzo..per mano in una vita e oltre..😘
tuo Pearcy..Ciao Amico mio..
John Bonham 31 maggio 1948 25 settembre 1980
..ovunque tu sia..il vento porta la tua energia..







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È come Bach, Mozart e Beethoven che guardano la gente che esegue la musica che hanno scritto. I Led Zeppelin saranno ricordati nei secoli.

https://www.ganjingworld.com/it-IT/video/1fptvkg5bkqkXjLL86kYk1KJM1t31c?fbclid=IwAR3Jlyikuy4dxYxJ0OFmGPnHmAYju0pY49lNnOkKScxw1LcSMhzz4sTb2jc




La leggendaria eredità della batteria di Bonham
L'abilità alla batteria di John Bonham continua a ispirare generazioni di musicisti. I suoi trucchi innovativi e la dedizione alla sua arte hanno giocato un ruolo fondamentale nel plasmare il suono unico dei Led Zeppelin. La capacità di Bonham di combinare perfettamente influenze di generi diversi e le sue collaborazioni con altri batteristi come Bill Harvey hanno lasciato un segno indelebile nel suo stile di batteria. Grazie al suo virtuosismo e alla volontà di superare i limiti, Bonham si è affermato come uno dei più grandi batteristi della storia del rock.
Nella sua giovinezza, Bonham ha stretto una stretta amicizia con il collega batterista Bill Harvey. Trascorrendo ore insieme in una roulotte dove Bonham conservava la sua batteria Ludwig Green Sparkle, i due amici si esercitavano senza sosta, attirando spesso le ire del padre di Bonham. Harvey ha ricordato i loro primi incontri, affermando: “Ci esercitavamo e suo padre impazziva… Diceva: 'Oh, siete di nuovo voi due. Vattene – vattene!'”
Trucchi alla batteria e opportunità inaspettate
La disponibilità di Bonham a sostituire il suo amico Harvey è diventata il catalizzatore di alcuni momenti indimenticabili. Dopo che Harvey ha litigato con la sua band, il Blue Star Trio, Bonham è intervenuto per esibirsi in un concerto al suo posto. Questa svolta inaspettata degli eventi ha portato alla collaborazione improvvisata di Bonham con Harvey durante un assolo di batteria. Il pubblico si è meravigliato dei loro duetti di batteria, ignaro delle ore di prove dietro le quinte. Harvey ha spiegato: “Tutti dicevano: 'Come hanno fatto?' Non si erano resi conto che lo avevamo provato per ore... e sembrava che fossimo rivali, che giocassimo l'uno contro l'altro".

Influenza e scambio di tecniche
L'influenza di Harvey sullo stile di batteria di Bonham non può essere sottovalutata. In quanto fan della big band, Harvey possedeva abilità e tecniche che Bonham ammirava. Harvey ha rivelato: "Anche se John era un batterista rock molto migliore di me, ero cresciuto come un fan di big band e potevo suonare alcune cose che lui non poteva fare". Questa reciproca ammirazione ha portato Bonham a cercare la guida di Harvey. Incuriosito dalla tecnica di percussione con le dita di Harvey, Bonham ha tentato di replicarla ma ha finito per ferirsi le mani. Tuttavia, questa battuta d'arresto non lo ha scoraggiato, come ha condiviso Harvey: "Ha usato quella tecnica su 'Moby Dick', che è stato uno dei primi assoli di batteria che ha registrato con i Led Zeppelin".

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“Avevo così tanto da considerare prima di entrare a far parte dei Led Zeppelin. Non era una questione di chi avesse le migliori prospettive, ma quale avrebbe fatto le cose giuste. Sapevo che Joe Cocker ce l'avrebbe fatta. Ma sapevo già suonando in Band of Joy con Robert Plant cosa gli piaceva, e sapevo cosa faceva Jimmy Page, quindi ho deciso che mi piaceva di più quel tipo di musica. Ed è stato ripagato. " - John Bonham...



lo voglio ricordare così..
con qualche sua citazione
ma soprattutto con il suo grande talento, cuore, amicizia..
“Mi è sempre piaciuto che la batteria fosse grande e potente. Non uso mai molto i piatti, li uso per entrare o uscire da un assolo, ma generalmente preferisco un altro suono.”
“Rompevo sempre le pelli della batteria le prime volte che suonavo. Poi ho imparato a suonare più forte colpendo più piano: basta rullare”
“Noi non facciamo quello che fanno molti gruppi, registrare ogni strumento separatamente, penso che così si perda l’atmosfera della canzone”
Ciao Campione..🥰
𝘾𝙞𝙖𝙤 𝘾𝙖𝙢𝙥𝙞𝙤𝙣𝙚..🥰
𝙌𝙪𝙖𝙣𝙙𝙤 𝙣𝙚𝙡𝙡’𝙖𝙜𝙤𝙨𝙩𝙤 1968 𝙋𝙡𝙖𝙣𝙩 𝙨𝙪𝙜𝙜𝙚𝙧𝙞̀ 𝙖 𝙋𝙖𝙜𝙚 𝙙𝙞 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙖𝙩𝙩𝙖𝙧𝙚 𝙞𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙖𝙢𝙞𝙘𝙤 𝘽𝙤𝙣𝙯𝙤 (𝙘𝙤𝙨𝙞̀ 𝙡𝙤 𝙘𝙝𝙞𝙖𝙢𝙖𝙫𝙖 𝙨𝙘𝙝𝙚𝙧𝙯𝙤𝙨𝙖𝙢𝙚𝙣𝙩𝙚, 𝙞𝙣 𝙧𝙞𝙛𝙚𝙧𝙞𝙢𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙖𝙡 𝙘𝙖𝙜𝙣𝙤𝙡𝙞𝙣𝙤 𝙢𝙖𝙡𝙙𝙚𝙨𝙩𝙧𝙤 𝙚 𝙙𝙖𝙡 𝙘𝙪𝙤𝙧𝙚 𝙣𝙤𝙗𝙞𝙡𝙚 𝙥𝙧𝙤𝙩𝙖𝙜𝙤𝙣𝙞𝙨𝙩𝙖 𝙙𝙞 𝙪𝙣𝙖 𝙨𝙚𝙧𝙞𝙚 𝙖𝙣𝙞𝙢𝙖𝙩𝙖 𝙙𝙚𝙜𝙡𝙞 𝙖𝙣𝙣𝙞 𝙑𝙚𝙣𝙩𝙞) 𝙥𝙚𝙧 𝙡𝙖 𝙛𝙤𝙧𝙢𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙞 𝙪𝙣 𝙣𝙪𝙤𝙫𝙤 𝙜𝙧𝙪𝙥𝙥𝙤 𝙨𝙪𝙡𝙡𝙚 𝙘𝙚𝙣𝙚𝙧𝙞 𝙙𝙚𝙜𝙡𝙞 𝙔𝙖𝙧𝙙𝙗𝙞𝙧𝙙𝙨, 𝘽𝙤𝙣𝙝𝙖𝙢 𝙖𝙫𝙚𝙫𝙖 𝙩𝙖𝙣𝙩𝙚 𝙥𝙤𝙨𝙨𝙞𝙗𝙞𝙡𝙞𝙩𝙖̀ 𝙙𝙖 𝙘𝙤𝙣𝙨𝙞𝙙𝙚𝙧𝙖𝙧𝙚: 𝙚𝙧𝙖 𝙤𝙜𝙜𝙚𝙩𝙩𝙤 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙚𝙨𝙖 𝙩𝙧𝙖 𝘾𝙝𝙧𝙞𝙨 𝙁𝙖𝙧𝙡𝙤𝙬𝙚 𝙚 𝙅𝙤𝙚 𝘾𝙤𝙘𝙠𝙚𝙧, 𝙚 𝙞𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙞𝙣𝙜𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤 𝙘𝙤𝙣 𝙏𝙞𝙢 𝙍𝙤𝙨𝙚 𝙚𝙧𝙖 𝙨𝙩𝙖𝙩𝙤 𝙞𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙤 𝙡𝙖𝙫𝙤𝙧𝙤 𝙧𝙚𝙜𝙤𝙡𝙖𝙧𝙢𝙚𝙣𝙩𝙚 𝙧𝙚𝙩𝙧𝙞𝙗𝙪𝙞𝙩𝙤. 𝙈𝙖 𝙞𝙡 𝙥𝙧𝙤𝙗𝙡𝙚𝙢𝙖 𝙚𝙧𝙖 𝙪𝙣 𝙖𝙡𝙩𝙧𝙤: “𝙉𝙤𝙣 𝙚𝙧𝙖 𝙪𝙣 𝙛𝙖𝙩𝙩𝙤 𝙙𝙞 𝙘𝙝𝙞 𝙖𝙫𝙚𝙫𝙖 𝙡𝙚 𝙢𝙞𝙜𝙡𝙞𝙤𝙧𝙞 𝙥𝙤𝙨𝙨𝙞𝙗𝙞𝙡𝙞𝙩𝙖̀, 𝙢𝙖 𝙙𝙞 𝙘𝙝𝙞 𝙖𝙫𝙧𝙚𝙗𝙗𝙚 𝙛𝙖𝙩𝙩𝙤 𝙞𝙡 𝙜𝙞𝙪𝙨𝙩𝙤 𝙩𝙞𝙥𝙤 𝙙𝙞 𝙧𝙤𝙗𝙖… 𝙎𝙖𝙥𝙚𝙫𝙤 𝙘𝙤𝙨𝙖 𝙥𝙞𝙖𝙘𝙚𝙫𝙖 𝙖 𝙍𝙤𝙗𝙚𝙧𝙩 𝙥𝙚𝙧 𝙖𝙫𝙚𝙧𝙘𝙞 𝙨𝙪𝙤𝙣𝙖𝙩𝙤 𝙘𝙤𝙣 𝙡𝙖 𝘽𝙖𝙣𝙙 𝙊𝙛 𝙅𝙤𝙮, 𝙚 𝙨𝙖𝙥𝙚𝙫𝙤 𝙖 𝙘𝙤𝙨𝙖 𝙨𝙞 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙚𝙨𝙨𝙖𝙫𝙖 𝙅𝙞𝙢𝙢𝙮, 𝙘𝙤𝙨𝙞̀ 𝙙𝙚𝙘𝙞𝙨𝙞 𝙘𝙝𝙚 𝙦𝙪𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙢𝙪𝙨𝙞𝙘𝙖 𝙨𝙖𝙧𝙚𝙗𝙗𝙚 𝙨𝙩𝙖𝙩𝙖 𝙢𝙚𝙜𝙡𝙞𝙤. 𝙀 𝙞𝙡 𝙩𝙚𝙢𝙥𝙤 𝙢’𝙝𝙖 𝙙𝙖𝙩𝙤 𝙧𝙖𝙜𝙞𝙤𝙣𝙚”. 𝙉𝙤𝙣𝙤𝙨𝙩𝙖𝙣𝙩𝙚 𝙘𝙞𝙤̀ 𝙘𝙞 𝙛𝙪𝙧𝙤𝙣𝙤 𝙢𝙤𝙡𝙩𝙚 𝙞𝙣𝙨𝙞𝙨𝙩𝙚𝙣𝙯𝙚 𝙙𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙙𝙞 𝙋𝙚𝙩𝙚𝙧 𝙂𝙧𝙖𝙣𝙩, 𝙞𝙡 𝙢𝙖𝙣𝙖𝙜𝙚𝙧 𝙙𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙗𝙖𝙣𝙙, 𝙋𝙡𝙖𝙣𝙩 𝙚 𝙋𝙖𝙜𝙚.
𝘼𝙡𝙡’𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙣𝙤 𝙙𝙚𝙞 𝙇𝙚𝙙 𝙕𝙚𝙥𝙥𝙚𝙡𝙞𝙣 𝘽𝙤𝙣𝙝𝙖𝙢 𝙚̀ 𝙖 𝙥𝙧𝙤𝙥𝙧𝙞𝙤 𝙖𝙜𝙞𝙤: 𝙙𝙖 𝙪𝙣𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙞𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙗𝙞𝙨𝙤𝙜𝙣𝙤 𝙙𝙞 𝙨𝙚𝙣𝙩𝙞𝙧𝙨𝙞 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙙𝙞 𝙪𝙣 𝙜𝙧𝙪𝙥𝙥𝙤 𝙚̀ 𝙨𝙤𝙙𝙙𝙞𝙨𝙛𝙖𝙩𝙩𝙤, 𝙋𝙡𝙖𝙣𝙩 𝙚̀ 𝙞𝙣 𝙨𝙤𝙨𝙩𝙖𝙣𝙯𝙖 𝙪𝙣 𝙖𝙢𝙞𝙘𝙤 𝙙𝙞 𝙫𝙚𝙘𝙘𝙝𝙞𝙖 𝙙𝙖𝙩𝙖, 𝙙𝙖𝙡𝙡’𝙖𝙡𝙩𝙧𝙖 𝙥𝙪𝙤̀ 𝙙𝙖𝙧𝙚 𝙡𝙞𝙗𝙚𝙧𝙤 𝙨𝙛𝙤𝙜𝙤 𝙖𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙢𝙤𝙙𝙤 𝙙𝙞 𝙨𝙪𝙤𝙣𝙖𝙧𝙚, 𝙞𝙣 𝙪𝙣𝙖 𝙗𝙖𝙣𝙙 𝙞𝙣 𝙘𝙪𝙞 𝙨𝙞𝙣 𝙙𝙖𝙡 𝙥𝙧𝙞𝙢𝙤 𝙖𝙡𝙗𝙪𝙢 𝙪𝙣𝙖 𝙗𝙖𝙩𝙩𝙚𝙧𝙞𝙖 𝙥𝙤𝙩𝙚𝙣𝙩𝙚 𝙚 𝙨𝙥𝙤𝙣𝙩𝙖𝙣𝙚𝙖 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙡𝙖 𝙨𝙪𝙖 𝙝𝙖 𝙪𝙣 𝙥𝙤𝙨𝙩𝙤 𝙘𝙚𝙣𝙩𝙧𝙖𝙡𝙚, 𝙗𝙖𝙨𝙩𝙞 𝙥𝙚𝙣𝙨𝙖𝙧𝙚 𝙖 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙨𝙞 𝙖𝙥𝙧𝙚 𝙞𝙡 𝙙𝙞𝙨𝙘𝙤 𝙘𝙤𝙣 𝙂𝙤𝙤𝙙 𝙏𝙞𝙢𝙚𝙨 𝘽𝙖𝙙 𝙏𝙞𝙢𝙚𝙨. 𝘼𝙡𝙩𝙧𝙚 𝙤𝙘𝙘𝙖𝙨𝙞𝙤𝙣𝙞 𝙥𝙚𝙧 𝙢𝙤𝙨𝙩𝙧𝙖𝙧𝙚 𝙞𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙩𝙖𝙡𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙞𝙣 𝙥𝙚𝙯𝙯𝙞 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝘿𝙖𝙯𝙚𝙙 𝘼𝙣𝙙 𝘾𝙤𝙣𝙛𝙪𝙨𝙚𝙙 𝙣𝙚𝙡𝙡𝙚 𝙧𝙪𝙡𝙡𝙖𝙩𝙚 𝙛𝙞𝙣𝙖𝙡𝙞 𝙤 𝙞𝙣 𝙃𝙤𝙬 𝙈𝙖𝙣𝙮 𝙈𝙤𝙧𝙚 𝙏𝙞𝙢𝙚𝙨 𝙣𝙚𝙡 𝘽𝙤𝙡𝙚𝙧𝙤, 𝙢𝙖 𝘽𝙤𝙣𝙯𝙤 𝙙𝙖 𝙞𝙡 𝙢𝙚𝙜𝙡𝙞𝙤 𝙙𝙞 𝙨𝙚́ 𝙙𝙪𝙧𝙖𝙣𝙩𝙚 𝙞 𝙘𝙤𝙣𝙘𝙚𝙧𝙩𝙞, 𝙙𝙤𝙫𝙚 𝙨𝙞 𝙨𝙘𝙖𝙩𝙚𝙣𝙖 𝙞𝙣 𝙡𝙪𝙣𝙜𝙝𝙞 𝙖𝙨𝙨𝙤𝙡𝙞 𝙘𝙤𝙢𝙥𝙧𝙚𝙣𝙙𝙚𝙣𝙩𝙞 𝙪𝙣𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚 𝙖 𝙢𝙖𝙣𝙞 𝙣𝙪𝙙𝙚, 𝙘𝙝𝙚 𝙜𝙚𝙣𝙚𝙧𝙖 𝙞𝙣𝙩𝙚𝙧𝙢𝙞𝙣𝙖𝙗𝙞𝙡𝙞 𝙤𝙫𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙞 𝙙𝙚𝙡 𝙥𝙪𝙗𝙗𝙡𝙞𝙘𝙤. 𝙌𝙪𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙖𝙨𝙨𝙤𝙡𝙤 𝙨𝙞 𝙘𝙝𝙞𝙖𝙢𝙖 𝙋𝙖𝙩’𝙨 𝘿𝙚𝙡𝙞𝙜𝙝𝙩 𝙚 𝙥𝙧𝙚𝙨𝙩𝙤 𝙙𝙞𝙫𝙚𝙣𝙩𝙚𝙧𝙖̀ 𝙈𝙤𝙗𝙮 𝘿𝙞𝙘𝙠, 𝙗𝙧𝙖𝙣𝙤 𝙥𝙧𝙤𝙥𝙤𝙨𝙩𝙤 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙞𝙣 𝙇𝙚𝙙 𝙕𝙚𝙥𝙥𝙚𝙡𝙞𝙣 𝙄𝙄, 𝙢𝙖, 𝙖 𝙙𝙚𝙩𝙩𝙖 𝙙𝙞 𝙢𝙤𝙡𝙩𝙞, 𝙧𝙞𝙙𝙪𝙩𝙩𝙞𝙫𝙤 𝙞𝙣 𝙘𝙤𝙣𝙛𝙧𝙤𝙣𝙩𝙤 𝙖𝙡𝙡𝙚 𝙥𝙚𝙧𝙛𝙤𝙧𝙢𝙖𝙣𝙘𝙚 𝙙𝙖𝙡 𝙫𝙞𝙫𝙤, 𝙖𝙧𝙧𝙞𝙫𝙖𝙩𝙚 𝙣𝙚𝙡 1973-75 𝙖 𝙙𝙪𝙧𝙖𝙧𝙚 𝙙𝙞 𝙧𝙚𝙜𝙤𝙡𝙖 𝙤𝙡𝙩𝙧𝙚 𝙞 𝙩𝙧𝙚𝙣𝙩𝙖 𝙢𝙞𝙣𝙪𝙩𝙞.
𝘼𝙡 𝙙𝙞 𝙡𝙖̀ 𝙙𝙚𝙡 𝙨𝙪𝙤 𝙩𝙖𝙡𝙚𝙣𝙩𝙤 𝙙𝙞 𝙗𝙖𝙩𝙩𝙚𝙧𝙞𝙨𝙩𝙖..
𝙘’𝙚𝙧𝙖 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙪𝙣 𝙥𝙖𝙙𝙧𝙚 𝙙𝙞 𝙛𝙖𝙢𝙞𝙜𝙡𝙞𝙖 𝙜𝙚𝙣𝙩𝙞𝙡𝙚 𝙚 𝙥𝙧𝙚𝙢𝙪𝙧𝙤𝙨𝙤 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙘𝙞 𝙧𝙞𝙘𝙤𝙧𝙙𝙖 𝙨𝙪𝙤 𝙛𝙞𝙜𝙡𝙞𝙤 𝙅𝙖𝙨𝙤𝙣: “𝙊𝙜𝙣𝙞 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙖 𝙘𝙝𝙚 𝙘𝙤𝙢𝙥𝙧𝙖𝙫𝙖 𝙪𝙣 𝙣𝙪𝙤𝙫𝙤 𝙨𝙚𝙩, 𝙢𝙚 𝙣𝙚 𝙘𝙤𝙢𝙥𝙧𝙖𝙫𝙖 𝙪𝙣𝙤 𝙞𝙙𝙚𝙣𝙩𝙞𝙘𝙤 -𝙨𝙤𝙡𝙤 𝙪𝙣 𝙥𝙤’ 𝙥𝙞𝙪̀ 𝙥𝙞𝙘𝙘𝙤𝙡𝙤”. 𝘽𝙤𝙣𝙝𝙖𝙢 𝙜𝙡𝙞 𝙖𝙫𝙚𝙫𝙖 𝙞𝙣𝙛𝙖𝙩𝙩𝙞 𝙧𝙚𝙜𝙖𝙡𝙖𝙩𝙤 𝙪𝙣 𝙨𝙚𝙩 𝙙𝙞 𝙗𝙖𝙩𝙩𝙚𝙧𝙞𝙖 𝙞𝙙𝙚𝙣𝙩𝙞𝙘𝙤 𝙖𝙡 𝙨𝙪𝙤, 𝙢𝙖 𝙞𝙣 𝙨𝙘𝙖𝙡𝙖 𝙧𝙞𝙙𝙤𝙩𝙩𝙖, 𝙦𝙪𝙚𝙡𝙡𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙞 𝙥𝙪𝙤̀ 𝙫𝙚𝙙𝙚𝙧𝙚 𝙣𝙚𝙡 𝙛𝙞𝙡𝙢 𝙏𝙝𝙚 𝙎𝙤𝙣𝙜 𝙍𝙚𝙢𝙖𝙞𝙣𝙨 𝙏𝙝𝙚 𝙎𝙖𝙢𝙚. 𝙀 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚: “𝙑𝙚𝙣𝙞𝙫𝙖 𝙙𝙖 𝙢𝙚 𝙚 𝙢𝙞 𝙨𝙫𝙚𝙜𝙡𝙞𝙖𝙫𝙖 𝙫𝙚𝙧𝙨𝙤 𝙡𝙚 𝙩𝙧𝙚 𝙤 𝙡𝙚 𝙦𝙪𝙖𝙩𝙩𝙧𝙤 𝙙𝙚𝙡 𝙢𝙖𝙩𝙩𝙞𝙣𝙤, 𝙚 𝙙𝙞𝙘𝙚𝙫𝙖: ‘𝙎𝙪, 𝙅𝙖𝙨𝙤𝙣. 𝙑𝙞𝙚𝙣𝙞 𝙖 𝙨𝙪𝙤𝙣𝙖𝙧𝙚 𝙥𝙚𝙧 𝙢𝙚 𝙚 𝙞 𝙢𝙞𝙚𝙞 𝙖𝙢𝙞𝙘𝙞’. 𝘾𝙤𝙨𝙞̀ 𝙞𝙤 𝙢𝙞 𝙖𝙡𝙯𝙖𝙫𝙤, 𝙢𝙞 𝙩𝙧𝙖𝙨𝙘𝙞𝙣𝙖𝙫𝙤 𝙥𝙚𝙧 𝙡𝙚 𝙨𝙘𝙖𝙡𝙚, 𝙖𝙣𝙙𝙖𝙫𝙤 𝙖𝙡𝙡𝙖 𝙗𝙖𝙩𝙩𝙚𝙧𝙞𝙖 𝙚 𝙨𝙪𝙤𝙣𝙖𝙫𝙤. 𝙇𝙞̀ 𝙨𝙞̀ 𝙘𝙝𝙚 𝙢𝙞 𝙙𝙞𝙫𝙚𝙧𝙩𝙞𝙫𝙤. 𝙈𝙖, 𝙘𝙧𝙚𝙨𝙘𝙚𝙣𝙙𝙤, 𝙙𝙞𝙫𝙚𝙣𝙣𝙞 𝙥𝙞𝙪̀ 𝙨𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤, 𝙙𝙞𝙘𝙚𝙫𝙤 𝙖 𝙢𝙞𝙤 𝙥𝙖𝙙𝙧𝙚: ‘𝙑𝙖 𝙗𝙚𝙣𝙚, 𝙢𝙞 𝙖𝙡𝙯𝙤 𝙨𝙚 𝙙𝙤𝙢𝙖𝙣𝙞 𝙣𝙤𝙣 𝙢𝙞 𝙛𝙖𝙞 𝙖𝙣𝙙𝙖𝙧𝙚 𝙖 𝙨𝙘𝙪𝙤𝙡𝙖’ 𝙚 𝙡𝙪𝙞: ‘𝙑𝙖 𝙗𝙚𝙣𝙚, 𝙙𝙤𝙢𝙖𝙣𝙞 𝙣𝙞𝙚𝙣𝙩𝙚 𝙨𝙘𝙪𝙤𝙡𝙖’. 𝙀 𝙞𝙤 𝙢𝙞 𝙖𝙡𝙯𝙖𝙫𝙤”. 𝙉𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙩𝙤𝙪𝙧𝙣𝙚́𝙚 𝙐𝙎𝘼 𝙙𝙚𝙡 1977 𝙞𝙡 𝙥𝙞𝙘𝙘𝙤𝙡𝙤 𝙅𝙖𝙨𝙤𝙣, 𝙖 11 𝙖𝙣𝙣𝙞, 𝙛𝙪 𝙖𝙣𝙘𝙝𝙚 𝙥𝙤𝙧𝙩𝙖𝙩𝙤 𝙖 𝙦𝙪𝙖𝙡𝙘𝙝𝙚 𝙘𝙤𝙣𝙘𝙚𝙧𝙩𝙤.
“𝙄𝙣 𝙨𝙤𝙨𝙩𝙖𝙣𝙯𝙖, 𝙘𝙧𝙚𝙙𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙞𝙖 𝙡𝙖𝙨𝙨𝙪̀ 𝙤 𝙙𝙖 𝙦𝙪𝙖𝙡𝙘𝙝𝙚 𝙖𝙡𝙩𝙧𝙖 𝙥𝙖𝙧𝙩𝙚, 𝙥𝙚𝙣𝙨𝙖𝙣𝙙𝙤 𝙘𝙝𝙚 𝙨𝙞 𝙩𝙧𝙖𝙩𝙩𝙞 𝙙𝙞 𝙪𝙣 𝙗𝙚𝙡𝙡𝙤 𝙨𝙘𝙝𝙚𝙧𝙯𝙤. 𝙇𝙤 𝙥𝙪𝙤𝙞 𝙨𝙚𝙣𝙩𝙞𝙧𝙚 𝙙𝙞𝙧𝙚: 𝙁𝙖𝙘𝙘𝙞𝙖𝙢𝙤𝙘𝙞 𝙪𝙣𝙖 𝙗𝙚𝙫𝙪𝙩𝙖 𝙚 𝙜𝙞𝙤𝙘𝙝𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙖 𝙛𝙧𝙚𝙘𝙘𝙚𝙩𝙩𝙚. 𝙀𝙝𝙞, 𝙙𝙞𝙫𝙚𝙧𝙩𝙚𝙣𝙩𝙚, 𝙣𝙤?” — 𝘽𝙚𝙣𝙤𝙞𝙩 𝙂𝙖𝙪𝙩𝙞𝙚𝙧
When, in August 1968, Plant suggested that Page contact his friend Bonzo (as he jokingly called him, in reference to the clumsy and noble-hearted dog star of an animated series of the 1920s) to form a new group on the ashes of the Yardbirds , Bonham had so many possibilities to consider: he was the subject of contention between Chris Farlowe and Joe Cocker, and his engagement with Tim Rose had been his first regularly paid job. But the problem was another: “It wasn't a matter of who had the best chances, but who would do the right kind of stuff… I knew what Robert liked for playing with the Band Of Joy, and I knew what he cared about. Jimmy, so I decided that music would be better. And time has proved me right ". Despite this there was a lot of pressure from Peter Grant, the manager of the band, Plant and Page.
Inside Led Zeppelin Bonham is at ease: on the one hand his need to feel part of a group is satisfied, Plant is essentially a longtime friend, on the other he can give free rein to his playing, in a band in which since the first album a powerful and spontaneous drums like his have a central place, just think of how the record opens with Good Times Bad Times. Other occasions to show his talent are in pieces like Dazed And Confused in the final rolls or in How Many More Times in the Bolero, but Bonzo gives his best during concerts, where he unleashes in long solos including a part with his bare hands, which generates endless ovations from the audience. This solo is called Pat's Delight and will soon become Moby Dick, a song also proposed in Led Zeppelin II, but, according to many, an understatement compared to live performances, which arrived in 1973-75 and usually lasted over thirty minutes.
Beyond his talent as a drummer ..
There was also a kind and caring family man, as his son Jason reminds us: "Every time he bought a new set, he bought me an identical one - just a little smaller". Bonham had in fact given him a drum set identical to him, but on a smaller scale, the one that can be seen in the film The Song Remains The Same. And he too: "He would come to me and wake me up around three or four in the morning, and say, 'Come on, Jason. Come and play for me and my friends'. So I would get up, drag myself up the stairs, go to the drums and play. I had fun there. But as I got older, I became wiser, I said to my father: 'Okay, I'll get up if you don't let me go to school tomorrow' and he: 'Okay, no school tomorrow'. And I got up ”. In the US tour of 1977, little Jason, at 11, was also taken to some concerts.
“Basically, I think it's up there or somewhere else, thinking it's a good joke. You can hear him say: Let's have a drink and play darts. Hey, fun, isn't it? " - Benoit Gautier
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https://www.ondamusicale.it/oggi-in-primo-piano/21799-john-bonzo-bonham-il-miglior-batterista-del-rock/?fbclid=IwAR0-M9D1QAgCntzMoiinHNoio2I-3iSk-TcCbPUjJzFan52d3ZdQ1dygvTU

Il 25 settembre del 1980 ci lasciava John Bonham, detto “Bonzo”, batterista dei Led Zeppelin. John è molto spesso inserito in cima alle classifiche del suo strumento, per gli esperti è il migliore e il più innovativo batterista della storia del rock.

La sua morte mise fine non solo a una giovane vita – “Bonzo” aveva appena trentadue anni – ma anche alla storia dei Led Zeppelin. Nel 1980 la vicenda della band, seminale per tutto l’hard rock e dal successo milionario, aveva probabilmente già imboccato il viale del tramonto, un po’ come il rock in generale, tuttavia il complesso era ancora vitale e pieno di iniziativa. Erano passati da tempo i fasti dei primi quattro album, una continua evoluzione che aveva portato a “IV”, detto anche “Zoso”, il disco capolavoro del 1971 che segnò l’apice creativo dei Led Zeppelin; da lì in poi ancora buonissimi dischi e leggendari tour, in cui la batteria di Bonham era una grande attrattiva al pari della chitarra di Jimmy Page e della voce di Robert Plant, ma la musica era andata trasformandosi dal vibrante hard rock degli inizi in qualcosa di più sofisticato e contaminato; non per questo meno interessante, ovviamente.

In quel settembre del 1980, la band stava progettando il grande ritorno dal vivo, dopo una prolungata assenza dai palchi; per ricominciare a provare insieme i quattro si erano dati appuntamento in una delle ville di Page, quella di Windsor. “Bonzo”, non era un mistero, era da tempo prigioniero della dipendenza dall’alcol, e a quelle prove si presentò pesantemente alterato. I suoi compagni di band erano abituati al suo comportamento, tanto che – dato che John aveva continuato a bere anche durante le prove – si limitarono a portarlo di peso in una delle stanze da letto per dormire e fare in modo che smaltisse l’ennesima sbronza.

Purtroppo quella fu l’ultima volta che John si ubriacò; come era successo dieci anni prima a Jimi Hendrix, il batterista morì soffocato dal suo stesso vomito.

Il colpo per la band fu tremendo, Jimmy Page in particolare ne fu scioccato; la sentenza definitiva sul futuro dei Led Zeppelin era a quel punto scontata, nessuno poteva sostituire il carisma e la potenza di Bonham, ma il comunicato arrivò solo il 4 dicembre e fu piuttosto laconico: “Desideriamo rendere noto che la perdita del nostro caro amico e il profondo senso di rispetto che nutriamo verso la sua famiglia ci hanno portato a decidere — in piena armonia tra noi e il nostro manager — che non possiamo più continuare come eravamo.”

Storia di un ragazzone tranquillo

John Henry Bonham era nato a Redditch, nel Worcestershire, il 31 maggio del 1948; già a cinque anni il talento del piccolo John per le percussioni era evidente: si divertiva a suonare con un piccolo kit composto da lattine di caffè e barattoli di biscotti. A 10 anni ebbe il primo rullante in regalo dalla mamma, poi fu la volta di un vero drum kit della Premier. Pur non prendendo lezioni – il giovane si limitò a chiedere qualche consiglio a batteristi più esperti – già a quindici anni intraprese le prime collaborazioni.

Mentre aiuta il padre nel lavoro, come apprendista falegname, suona con diversi gruppi, come i Blue Star Trio. Un altro complesso con cui collabora e che prende il nome da una canzone di John Lee Hooker, i Crawling King Snake, fa da sfondo a un incontro fondamentale: John conosce Robert Plant.

Sono tuttavia tempi travagliati per “Bonzo”: la ragazza Pat rimane incinta e John , per prendersi cura della famiglia, cerca di trovarsi un lavoro più regolare; il mondo della musica non sembra certo un porto sicuro, inoltre il batterista fa grande fatica per un motivo surreale che segnerà poi la sua cifra stilistica: molti locali lo ritengono troppo rumoroso!

John Bonham poi, a dispetto dell’immagine di rockstar dannata con cui si consegnerà alla leggenda, è un ragazzone tranquillo, amante della famiglia, delle vita nei pub di paese e della campagna inglese; così mansueto da essere soprannominato “Bonzo” in onore di un placido cagnolino protagonista di un vecchio cartone animato, creato nel 1922 dal fumettista britannico George Studdy.

Grazie alla conoscenza con Robert Plant, John riprende a suonare, prima con i Band Of Joy, e poi con i New Yardbirds, che di lì a poco diventeranno i Led Zeppelin. Il quartetto nasce dall’unione di quattro grandi talenti, ma alla fine del 1968 nessuno può prevedere quanto questa miscela sarà esplosiva a livello artistico e di successo.

Il primo album diventa subito il caso musicale del momento e le vendite schizzano alle stelle; lo stesso succede coi successivi. Da un giorno all’altro i Led Zeppelin si ritrovano a essere il più grande caso del rock dai tempi dei Beatles; John passa dalla vita con Pat in una roulotte e dal lavoro di falegname, a essere uno dei musicisti più pagati del mondo. Purtroppo – come succede spesso nel caso di fortune così repentine – il cambiamento è troppo improvviso e John, più dei compagni di band, ne soffre terribilmente.

I tour mondiali sono lunghi e massacranti e la devastante nostalgia per la moglie e il figlioletto, per l’amata vita di provincia, fa da detonatore in un ambiente in cui gli eccessi sono all’ordine del giorno. Il placido cucciolo paffuto “Bonzo” diventa “The Beast”, l’altro suo soprannome.

John – fomentato anche dall’entourage degli Zeppelin, tra i più famigerati dell’epoca – non si fa mancare nulla: droghe, alcol, orge e intere ali di alberghi devastati dalla sua furia. È come se un demone si impadronisse di lui, durante i tour; quando torna alle sue radici, John è quello di sempre: casa, famiglia e ore passate al pub a bere con gli amici.

Una notte terribile

La terribile notte del 25 settembre del 1980 è la conclusione – purtroppo prevedibile – della sua parabola bipolare tra successo ed eccessi.

Quello che però rimane ai posteri di John è il suo incredibile lavoro di musicista rivoluzionario; il suo approccio autodidatta fa sì che a essere privilegiato nel suo sound sia il feeling, l’emozione che trasuda dal suo stile, tuttavia sbaglierebbe chi dovesse pensare che la tecnica fosse per “Bonzo” un aspetto marginale. Prima di iniziare a suonare nelle varie band, John aveva studiato a fondo batteristi jazz e rock come Buddy Rich e Ginger Baker, dedicandosi molto anche alla teoria, poi abbandonata:

“Agli inizi ero interessato alle partiture musicali ed ero abbastanza bravo e veloce nella lettura, ma quando cominciai a suonare con i gruppi feci l’enorme sbaglio di abbandonare lo studio. Credo che sia fantastico essere capaci di scrivere le proprie idee in forma musicale, ma credo anche che nella batteria il feeling sia molto più importante della mera tecnica: è fantastico suonare un triplo paradiddle… ma chi si accorge veramente che lo stai facendo? Se fai troppa attenzione alla tecnica, finisce che inizierai a suonare come ogni altro batterista. Credo che quello che conti veramente sia essere originale. Quando ascolto altri batteristi, mi piace poter dire “Wow… carina questa cosa, non l’avevo mai sentita prima!”. Credo che essere te stesso come batterista sia molto più importante che suonare come chiunque altro.” disse una volta egli stesso.

Ascoltando i dischi dei Led Zeppelin, anche il profano può rendersi conto della devastante potenza di Bonham, negli attacchi fulminanti di “Good Times, Bad Times” o di “Immigrant Song”, nell’assolo di “Moby Dick” o nell’incredibile sperimentazione di “When The Levee Brakes”, per la cui registrazione la batteria venne posta nella tromba delle scale dell’antica villa di Jimmy Page.

Tante sono le testimonianze degli altri musicisti sulla sua tecnica unica, come quella di Dave Mattacks dei Fairport Convention“La batteria non c’entrava. John si sedette dietro un kit in miniatura: una cassa da 18″, un rullante alto 4″, un tom da 12″ e uno da 14″… ed era quel suono! Rimasi annichilito da quello che stavo sentendo, e da come lo stava suonando: da quel minuscolo kit stava uscendo il sound dei Led Zeppelin!”

Di John Henry Bonham resta il ricordo di un uomo semplice e di un musicista eccezionale, i suoi dischi coi Led Zeppelin e Jason John, suo figlio: quattordicenne alla morte del padre, anche lui è diventato un bravo batterista.

Led Zeppelin, che hanno sempre resistito alle sirene di milionarie reunion, quelle poche volte che hanno suonato insieme lo hanno sempre voluto dietro ai tamburi.

In fondo “Bonzo” – che amava tanto la famiglia – sarebbe stato contento.

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