Probabilmente..se non avesse continuato a cantare dopo la morte di Karac..
Robert Plant..
"Come tante persone provenienti da ogni tipo di vita, stasera mi sento parte di una grande famiglia allargata", ha detto Robert Plant.
Oh, lascia che il sole picchi sul mio viso, con le stelle per riempire il mio sogno. Sono un viaggiatore del tempo e dello spazio per essere dove sono stato. Sedersi con gli anziani di una razza gentile questo mondo ha visto raramente. Che parlano di giorni per i quali si siedono e aspettano Quando tutto sarà rivelato. Oh, let the sun beat down upon my face, with stars to fill my dream. I am a traveler of both time and space to be where I have been. To sit with elders of a gentle race this world has seldom seen. Who talk of days for which they sit and wait When all will be revealed.❤️
Oh, lascia che il sole picchi sul mio viso, con le stelle per riempire il mio sogno.
Sono un viaggiatore del tempo e dello spazio per essere dove sono stato.
Sedersi con gli anziani di una razza gentile questo mondo ha visto raramente.
Che parlano di giorni per i quali si siedono e aspettano
Quando tutto sarà rivelato.
Oh, let the sun beat down upon my face, with stars to fill my dream.
I am a traveler of both time and space to be where I have been.
To sit with elders of a gentle race this world has seldom seen.
Who talk of days for which they sit and wait
When all will be revealed.❤️
Oh, lascia che il sole picchi sul mio viso, con le stelle per riempire il mio sogno.
Sono un viaggiatore del tempo e dello spazio per essere dove sono stato.
Sedersi con gli anziani di una razza gentile questo mondo ha visto raramente.
Che parlano di giorni per i quali si siedono e aspettano
Quando tutto sarà rivelato.
Oh, let the sun beat down upon my face, with stars to fill my dream.
I am a traveler of both time and space to be where I have been.
To sit with elders of a gentle race this world has seldom seen.
Who talk of days for which they sit and wait
When all will be revealed.❤️
Nei giorni della mia giovinezza
Mi è stato detto cosa significa essere un uomo
E ora ho raggiunto quell'età
Ho provato a fare tutte quelle cose il meglio che potevo
Non importa come ci provo
Trovo la mia strada per la stessa vecchia marmellata❤️
Come possono ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni?
Oh ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni, sì
Quando un minuto sembra durare una vita
Oh baby quando mi sento così.
Seduto a guardare l'orologio
Oh il tempo è molto lento.
Ho guardato per vedere le lancette muoversi
Fino a che non riesco più a guardare.
Come possono ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni?
Un minuto sembra durare una vita
Piccola, quando mi sento così.
Cantare una canzone per te
Ricordo che dicevi sempre
"Oh amore, questa è per noi due"
Che poi alla fine sei tu.
Come possono ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni?
Un minuto sembra durare una vita
Oh piccola, quando mi sento cos?.
Ci fu un tempo in cui
Io spiccavo agli occhi degli altri uomini
Ma ti ho lasciata per mia scelta, donna
E adesso non riesco più a riaverti.
Come possono ventiquattr'ore
A volte sembrano scivolare nei giorni sì, bene?
Bene, bene,bene, bene un minuto sembra durare una vita
Piccola, quando mi sento così.
Un minuto sembra durare una vita
Oh piccola, quando mi sento così, quando mi sento così
Come dichiarato dallo stesso cantante, l'ispirazione per il testo venne proprio dal fatto di essersi ritrovato solo ed ingessatopoco tempo prima ebbeil famoso incidente a Rodi con la sua famiglia..e poi per problemi fiscali tutti partirono dall'Inghlterra.. in camera d'albergo, escluso dal lavoro e dalla goliardia di amici e colleghi. ..lontano dalla famiglia E di aver perciò ordinato del "tè per uno". Nonostante ciò, è anche vero che la solitudine di cui parla Plant è raccontata in maniera tale da far sì che chiunque vi si possa riconoscere. Il pretesto è semplice ed immediato, adatto in particolar modo all'atmosfera blues del brano: una storia finita da tempo, troncata proprio da colui che ora ne soffre le conseguenze. Conseguenze espresse appunto con la solitudine e con la più totale apatia.
LED ZEPPELIN
Presence
1976 - Swan Song Records
Isola di Rodi, 4 agosto del 1975, un lunedì pomeriggio. Robert Plant e sua moglie Maureen, assieme ai figli Carmen e Karac, sono in vacanza in una terra che per il cantante rappresenta tanto un momento di svago, quanto di studio. Si trovano tutti in automobile, quando Maureen perde il controllo del mezzo. L'auto si schianta, ed il bilancio è impietoso: la donna ha una lacerazione al volto, il bacino rotto in quattro punti e fratture multiple ad una gamba. Plant è ridotto poco meglio, con l'anca rotta ed una gamba e un gomito fratturati. I figli, fortunatamente, riportano lesioni di più lieve entità: Karac, 4 anni, ne esce con una gamba fratturata, mentre la piccola Carmen, 7 anni, se la cava con un polso rotto. Tutti riportano tagli ed escoriazioni. Tempo dopo, col senno di poi, Robert Plant deve aver pensato che sarebbe potuta andare molto, molto peggio. Fortunatamente, a Rodi quel giorno non erano soli; con loro, su un'altra automobile, cerano la sorella di Robert e l'allora fidanzata di Jimmy Page, Charlotte Martin, assieme alla figlioletta del chitarrista, Scarlet. L'ufficio stampa della "Swan Song Records" - la giovanissima etichetta discografica fondata dai Led Zeppelin e Peter Grant - riportò la notizia dell'incidente pochi giorni dopo, l'8 agosto, aggiungendo l'avviso che qualsiasi esibizione live della band britannica era rinviata fino a data da destinarsi. Dopo solo un mini-tour negli Stati Uniti, gli Zeps si trovarono così a dover annullare un tour mondiale che sarebbe servito a consacrare il neonato sesto album in studio, Physical Graffiti. Non solo: le condizioni del cantante erano tali che ogni attività dal vivo subì uno stop di quasi un anno e mezzo, impedendo in tal modo alla band di pubblicizzare il disco seguente attraverso le consuete date di concerti in giro per il mondo. Ma le gambe di Robert Plant non rappresentavano l'unico problema; da tempo i rapporti tra John Paul Jones ed il resto del gruppo si erano fatti complicati, in particolare quelli con Jimmy Page. Già in passato il bassista aveva ponderato di lasciare la band ed intraprendere strade che ne valorizzassero di più le poliedriche abilità, ma dopo il quinto album e la splendida No Quarter pareva che l'ombra di un suo abbandono si fosse dileguata. Ora però, complice lo stress di quel particolare periodo, i vecchi dissapori erano tornato a galla. A peggiorare la situazione c'era l'esilio fiscale che costringeva la band a vivere lontana dall'Inghilterra già da diversi mesi. Negli anni '70, in Gran Bretagna, dovevano esserci praticamente più rockstar che sassi, tanto da indurre il governo britannico ad istituire una tassa ad hoc. Ne conseguì che molti gruppi musicali, tra cui i Led Zeppelin, preferirono cambiare aria e trasferirsi altrove. Il problema è che tranne piacevoli e tranquille vacanze, come quella di Plant a Rodi, i nostri erano sempre lontani dalle rispettive famiglie. Per John Bonham, rinomato per il suo tenero attaccamento alla famiglia, tale forzato distacco fu più devastante che per chiunque altro, ed i suoi già gravi problemi con l'alcol subirono un netto peggioramento. Inoltre, pare che Jimmy Page avesse preso a fare uso di sostanze più deleterie del solito, tra cui l'eroina. Ma sono solo voci, cui viene difficile dare fiducia considerato l'ottimo lavoro del chitarrista su "Presence". Impossibilitati a tornare in patria, i Led Zeppelin si trasferirono dapprima in Francia, poi a Malibu, in California. Robert Plant e Jimmy Page occuparono delle eleganti villette vicino alla spiaggia, l'una vicina all'altra, da dove cominciarono a delineare le prime bozze del settimo album. In realtà, con Plant depresso dal dubbio se fosse mai tornato a camminare come prima o meno, e con Jones e Bonzo apparentemente privi di idee e di creatività, a caricarsi sulle spalle il peso di portare alla luce il nuovo disco fu principalmente Jimmy Page. Neanche negli States era possibile rimanere per più di qualche mese, e così gli Zeps si trasferirono a Monaco, nell'allora Germania Ovest. Qui i nostri iniziarono le registrazioni ai Musicland Studios, un ambiente piuttosto anonimo che in qualche modo, dopo interi dischi registrati in viaggio o negli spazi evocativi di Headly Grange, riportò i quattro musicisti alle tumultuose origini. Ad ogni modo la sala era stata prenotata anche dai Rolling Stones, ragion per cui gli Zeppelin avevano i giorni contati per terminare la registrazione dei nuovi brani; diciotto, per l'esattezza. Ancora una volta Jimmy Page si caricò l'onere di fare il grosso del lavoro, chiudendosi in sala registrazione per venti ore al giorno assieme all'ingegnere del suono Keith Harwood. Incredibilmente, nonostante i tempi ristretti, nonostante la scarsa comunicazione tra i membri del gruppo, nonostante la gamba ingessata che costringeva Robert Plant a registrare seduto in sedia a rotelle, e nonostante, per chi vi credesse, la maledizione della Boleskine House, Presence venne completato secondo i tempi prestabiliti. L'unico album Zeppelin ad essere stato registrato in tempi più brevi è il primo, Led Zeppelin, trentasei ore come vuole la leggenda. Ma c'è una bella differenza: il primo disco era praticamente una raccolta di cover, stravolte e zeppeliniane, certo, ma pur sempre delle rivisitazioni che partivano totalmente da canzoni già elaborate in precedenza. Non solo; gran parte delle intuizioni venivano dall'esperienza che Jimmy Page e John Paul Jones avevano maturato negli Yardbirds, così come sarebbe stato per buona parte di Led Zeppelin II. Un bel vantaggio iniziale, di cui Presence era sprovvisto. Come se non bastasse, alla realizzazione del settimo album gli Zeps avevano esaurito anche il bacino di idee nato dal periodo passato a Bron Yr Aur, della cui influenza creativa avevano giovato tutti i dischi dei Led Zeppelin, dal secondo fino a Physical Graffiti. Oltre ai ristretti tempi di registrazione, c'è un altro aspetto che accomuna Presence con il primo album della band: entrambi sono fondamentalmente opera di Jimmy Page. Il chitarrista e Robert Plant sono gli unici accreditati in ben sei dei sette pezzi del disco. Non che non ci siano incisive esecuzioni di John Paul Jones, nonostante il suo contributo sia minore del solito, e naturalmente il tocco di Bonham fa una gran bella differenza come al solito, ma è indubbio che se c'è uno strumento che risalta come non mai, quello è la chitarra di Jimmy Page. Dopotutto è ovvio: il chitarrista si trovò praticamente solo nell'affrontare l'elaborazione del nuovo album, per non menzionare il fatto che a registrazione ultimata, intorno al novembre del '75, Page rimase a Monaco per curare come di consueto missaggio, sovraincisioni ed editing. D'altronde è sempre stato lui il regista della band, ma mai come su Presence anche attore protagonista e sceneggiatore. Dato che il completamento dell'album avvenne il giorno prima del Giorno del Ringraziamento, la prima idea fu di chiamare il nuovo full length Thanksgiving, proposta rapidamente scartata in favore del più evocativo Presence, simbolo della potente e mistica "presenza" dei Led Zeppelin; ma anche, paradossalmente, un richiamo all'assenza forzata della band dalla scena, riempita in fretta e furia con un disco nuovo e con l'uscita un po' disarticolata del film-concerto The Song Remains the Same, a mio avviso l'unico vero passo falso nella carriera degli Zeps. Ad ogni modo l'uscita del disco venne ritardata notevolmente per dare alla nuova creatura una copertina degna del suo nome, compito affidato ancora una volta alla maestria dello Studio Hipgnosis. Il risultato è una delle cover art più particolareggiate ed allusive di tutto il campionario Zeppelin, il cui valore è però rimasto offuscato dall'immaginario mistico già delineato sulle grafiche di Led Zeppelin IV e di Houses of the Holy, oramai fortemente associato a Page e compagni. Riguardo la cover art di Presence rimando il lettore alla recensione della stessa sulla sezione "Artworks" del nostro sito, in cui il lavoro di Storm Thorgeson ed Aubrey Powell viene analizzato per filo e per segno. D'altra parte, come accennato dallo stesso Jimmy Page, ciò che ci interessa ora è "quel che sta dietro l'immagine". Presence uscì il 31 marzo del 1976, e tra tutti gli album dei Led Zeppelin è in assoluto quello più carico di contraddizioni. Insieme al seguente ed ultimo disco è considerato un'opera "sfortunata" (non economicamente, sia chiaro), da alcuni è visto come "la morte" del dirigibile, mentre per altri è la massima espressione della maturità della band. E' l'unico disco dei Led Zeppelin a non risentire di alcuna intuizione nata in un contesto live, ovvero da ciò che per il gruppo rappresentava la massima "espressione Zeppelin", eppure è anche l'album più grezzo ed estemporaneo dai tempi del loro primo disco in studio (1969). Ma soprattutto, Presence è un'opera che trasuda disperazione. Quasi mai nei testi, o nelle melodie, ma proprio: nello spirito. E' una cosa che si avverte solo ascoltandolo. Per fare un esempio, ricorda le opere più mature del Michelangelo: da una parte erano opere di stampo religioso o neoclassico, certo, eppure dalla tensione dei corpi e dall'espressione contrita dei soggetti era possibile cogliere la tensione dell'animo dell'artista. Con Presence è lo stesso. Il cantante bloccato in sedia a rotelle a riflettere seriamente sul suo futuro, la band costretta a restarsene in disarmo senza suonare dal vivo, i dissapori tra i membri del gruppo e la lontananza da casa e dai figli - tutto questo si era tradotto in una tensione palpabile tra le note dell'album, che è al tempo stesso sia la prima crepa sul castello dorato dei Led Zeppelin, che un grido di sopravvivenza che sembra urlare: "noi siamo qui e ci resteremo".
i Led Zeppelin non portarono mai Tea For One in concerto.
e non dimentichiamoci di
Achilles Last Stand
Un urlo la cui essenza è rappresentata dal primo brano del disco: "Achilles Last Stand (L'ultima resistenza di Achille)". Innanzitutto una precisazione riguardo il titolo: il termine "last stand", qui riferito al personaggio mitologico di Achille e da me tradotto "ultima resistenza", non è traducibile in italiano. "Last stand" è un'espressione di origine militare che sottintende una battaglia disperata, un'ultima difesa quasi certamente perdente contro un nemico soverchiante. In virtù del titolo e di alcuni passi del testo, molti fans hanno pensato che Achilles Last Stand fosse stata ispirata dall'incidente occorso a Robert Plant in Grecia, o più in generale alla situazione in cui allora versavano i Led Zeppelin. Non è impossibile che sia così per quel che riguarda il titolo, ma l'ispirazione per le liriche ebbe origine un paio di mesi prima i fatti di Rodi, da un viaggio in Marocco che il cantante intraprese insieme a Jimmy Page. Con i suoi oltre dieci minuti di durata, la ricercatezza poetica, l'incisività e la potenza di basso e batteria, nonché per la complessità compositiva delle sue parti di chitarra, questa canzone merita un posto d'onore nella top ten dei migliori pezzi Zeppelin. Ma non è solo per l'aspetto tecnico; Achilles Last Stand riesce a trasmettere con grande intensità un senso di eroismo e dramma, anche senza capire un'acca del testo. Esattamente quanto si propone fin dal titolo. Gran parte del merito va al lavoro svolto da Jimmy Page, che in pochi giorni di lavoro intensivo confezionò una complessa struttura compositiva: numerose tracce di chitarra sovraincise, magistralmente condotte verso uno degli assoli più importanti della carriera di Page nei Led Zeppelin. L'intento del chitarrista era di far sì che le due sezioni da cui è composto il pezzo non fossero ridondanti, ma esprimessero lo stesso concetto attraverso sensazioni differenti, e decise di raggiungere tale obiettivo orchestrando tra loro le varie parti di chitarra. D'altronde, considerato che era praticamente l'unico a preoccuparsi della resa creativa, cos'altro poteva inventarsi Jimmy Page se non portare all'estremo un espediente già usato (con successo) in pezzi come Stairway to Heaven e Ten Years Gone? A detta di Page, Jones e gli altri pensavano che una simile "guitar army" non potesse funzionare, rendendo la resa generale sconclusionata e confusa. Ed invece, funzionò. La sola sovraincisione delle tracce, per alcuni addirittura una dozzina, per altri circa sei, venne realizzata in appena una notte di lavoro no-stop, nello spirito che contraddistingue l'intero album; la fretta di dover realizzare un lavoro così importante in pochi giorni, così come i dubbi sulla salute di Plant ed il futuro del gruppo, si rifletterono sul lavoro di Jimmy Page, rendendo il suono teso, cupo e drammatico. Achilles Last Stand è un continuo prendere la rincorsa ed accelerare, soccombere solo per rialzarsi faticosamente e tornare a correre, senza tregua né pietà. Il brano comincia immediatamente con una corsa a perdifiato, e se si riesce a distrarsi un momento dall'intricato quadro disegnato da Page ci si accorge immediatamente di un altro protagonista; John Bonham è colui che delinea allo stesso tempo sia la possanza che la concitazione del pezzo, e se è corretto dire che Presence nasce soprattutto dalle mani e dalla mente di Jimmy Page, è pur vero che Bonzo dà il meglio di sé come e più del solito. Delineare il merito di Bonham, di rado accreditato a qualche pezzo, non è mai facile; d'altra parte non è tanto quello che scrive o propone, ma proprio un fatto di personalità e di stile, entrambi unici. Questo non vuol dire che il cantante ed il bassista, il cui apporto appare meno spiccato del solito, facciano un lavoro mediocre; pur senza grandi picchi creativi, quel che sanno fare lo fanno al meglio, come sempre. Jones tiene il passo di Page sfoderando il suo basso a otto corde, mentre Robert Plant riesce ad elevarsi, in senso metaforico, oltre la sedia a rotelle che lo imprigiona ed a lanciarsi in echeggianti urla che ricordano da vicino quelle di The Immigrant Song; un accostamento forse non del tutto casuale. Il consueto incisivo alternarsi di breaks e fills di Bonzo, caratterizzato da rapidissime rullate, apre ben presto la strada al primo exploit di Jimmy Page, che prima rallenta il tempo ed alza i toni facendo salire la tensione, poi torna improvvisamente a correre sul riff principale della canzone. La voce di Plant è tesa e quasi sofferente, limitandosi a riempire lo spazio tra l'orchestra personale di Page e l'assolo centrale del chitarrista, vero e proprio virtuosismo carico di tensione eroica. Sempre accompagnato dal sottofondo delle proprie sovraincisioni, Page tira l'assolo fino allo stremo per rallentare proprio nell'istante di massima tensione, portato all'estremo dall'improvviso e pesante incedere di basso e batteria; pare davvero di guardare un guerriero allo stremo delle forze rialzarsi nonostante tutto, fino a quando il chitarrista non riprende tutta la sua energia nell'assolo per portarlo a termine e continuare a correre, ancora e ancora. E' a questo punto che la voce di Plant cessa di essere semplice cornice e si trasforma in vero e proprio strumento, essenziale ed evocativo, i cui lamenti divengono veri e propri urli di guerra. La sua situazione fisica, altrimenti un handicap (anche psicologico), è più che adatta a delineare un eroismo che fa capo ad ogni energia rimasta pur di sopravvivere. Achilles Last Stand segue questo schema fino alla fine, ma tra mille sfumature sempre diverse eppure sempre uguali, fino a sfumare su un arpeggio vacuo e tranquillo, circolare; come se la battaglia non avesse avuto davvero fine, ma durasse in eterno. Il testo di Robert Plant è un ottimo esempio della migliore poetica del cantante: criptico, ricco di metafore evocative e volto ad una sorta di "ricerca del sé" dai toni epici, esistenzialismo e misticismo che diventano vera e propria guerra interiore, ed ogni figura o esperienza esterna dall'Io è un simbolo che ricava il proprio valore su un piano che è allo stesso tempo individuale ed universale. Non è la prima volta che Plant accosta tematiche di tale natura a sonorità dai toni epici, ed è ammirevole come egli dimostri quanto questi aspetti abbiano, in realtà, così tanti elementi concettuali da spartire. Fosse stato un altro, forse il testo di Achilles Last Stand avrebbe parlato di antichi guerrieri britanni impegnati a resistere coraggiosamente contro l'avanzata dei romani, o di pochi cavalieri caledoni soverchiati dai normanni; ma lo stile di Robert Plant era un altro e, piaccia o no, questo brano non fa eccezione. I riferimenti al viaggio in Marocco (e nel Mediterraneo in generale), sono puramente di stampo evocativo e paesaggistico. Uno tra tutti riguarda l'ultima strofa, laddove il cantante cita il mitologico titano Atlante (Atlas) che sorregge il mondo, in un riferimento alla catena montuosa dell'Atlante situata proprio tra Marocco, Algeria e Tunisia. Ma vi sono altre ispirazioni, come ad esempio William Blake ed il suo The Dance of Albion, ove Plant afferma: "i resti di Albione ora dormono per sorgere di nuovo". Un omaggio sia allo scrittore che al paese d'origine del cantante, dal momento che Albione è il più antico nome delle isole britanniche; un luogo di cui Plant aveva grande nostalgia, visto l'esilio fiscale dei Led Zeppelin. Come prevedibile, data la complessa natura compositiva del brano, eseguire Achilles Last Stand dal vivo rappresentò una bella sfida per i quattro musicisti, e tuttavia non mancò mai di venir suonata durante tutto il tour del '77, dimostrando ampiamente quanto questa canzone avesse fatto breccia nel cuore del pubblico. Nonostante l'ostica struttura chitarristica, Page non ebbe nemmeno bisogno di ricorrere alla sua iconica Gibson a doppio manico, preferendo affidarsi alla solida sicurezza della sua vecchia Les Paul Standard del '59. Riassumendo: Achilles Last Stand è un piccolo capolavoro, nonché senza dubbio il brano più potente ed incisivo di Presence. Basterebbe questo pezzo da solo a dare un senso all'intero album, alla faccia di alcune drastiche critiche che gli furono mosse. Non sorprende affatto che i Led Zeppelin avessero deciso di usarlo per aprire il loro disco, piuttosto che porlo come "baricentro" dell'opera così come fu per pezzi come Kashmir e Stairway to Heaven. Perché questa canzone è l'emblema stesso dell'album che la ospita, quel che occorre per dire: siamo ancora in campo, feriti ma non sconfitti, e questa è la nostra Presenza. Come da consuetudine, la traccia che segue tende a smorzare la tensione per portarsi su sonorità più distese; è la tipica alternanza di "luci e ombre" tanto cara a Jimmy Page.
https://youtu.be/YWOuzYvksRw
Perché questa canzone è l'emblema stesso dell'album che la ospita, quel che occorre per dire: siamo ancora in campo, feriti ma non sconfitti, e questa è la nostra Presenza.
https://www.youtube.com/watch?v=YWOuzYvksRw
Achilles Last Stand
LED ZEPPELIN
Presence
1976 - Swan Song Records
Un urlo la cui essenza è rappresentata dal primo brano del disco: "Achilles Last Stand (L'ultima resistenza di Achille)". Innanzitutto una precisazione riguardo il titolo: il termine "last stand", qui riferito al personaggio mitologico di Achille e da me tradotto "ultima resistenza", non è traducibile in italiano. "Last stand" è un'espressione di origine militare che sottintende una battaglia disperata, un'ultima difesa quasi certamente perdente contro un nemico soverchiante. In virtù del titolo e di alcuni passi del testo, molti fans hanno pensato che Achilles Last Stand fosse stata ispirata dall'incidente occorso a Robert Plant in Grecia, o più in generale alla situazione in cui allora versavano i Led Zeppelin. Non è impossibile che sia così per quel che riguarda il titolo, ma l'ispirazione per le liriche ebbe origine un paio di mesi prima i fatti di Rodi, da un viaggio in Marocco che il cantante intraprese insieme a Jimmy Page. Con i suoi oltre dieci minuti di durata, la ricercatezza poetica, l'incisività e la potenza di basso e batteria, nonché per la complessità compositiva delle sue parti di chitarra, questa canzone merita un posto d'onore nella top ten dei migliori pezzi Zeppelin. Ma non è solo per l'aspetto tecnico; Achilles Last Stand riesce a trasmettere con grande intensità un senso di eroismo e dramma, anche senza capire un'acca del testo. Esattamente quanto si propone fin dal titolo. Gran parte del merito va al lavoro svolto da Jimmy Page, che in pochi giorni di lavoro intensivo confezionò una complessa struttura compositiva: numerose tracce di chitarra sovraincise, magistralmente condotte verso uno degli assoli più importanti della carriera di Page nei Led Zeppelin. L'intento del chitarrista era di far sì che le due sezioni da cui è composto il pezzo non fossero ridondanti, ma esprimessero lo stesso concetto attraverso sensazioni differenti, e decise di raggiungere tale obiettivo orchestrando tra loro le varie parti di chitarra. D'altronde, considerato che era praticamente l'unico a preoccuparsi della resa creativa, cos'altro poteva inventarsi Jimmy Page se non portare all'estremo un espediente già usato (con successo) in pezzi come Stairway to Heaven e Ten Years Gone? A detta di Page, Jones e gli altri pensavano che una simile "guitar army" non potesse funzionare, rendendo la resa generale sconclusionata e confusa. Ed invece, funzionò. La sola sovraincisione delle tracce, per alcuni addirittura una dozzina, per altri circa sei, venne realizzata in appena una notte di lavoro no-stop, nello spirito che contraddistingue l'intero album; la fretta di dover realizzare un lavoro così importante in pochi giorni, così come i dubbi sulla salute di Plant ed il futuro del gruppo, si rifletterono sul lavoro di Jimmy Page, rendendo il suono teso, cupo e drammatico. Achilles Last Stand è un continuo prendere la rincorsa ed accelerare, soccombere solo per rialzarsi faticosamente e tornare a correre, senza tregua né pietà. Il brano comincia immediatamente con una corsa a perdifiato, e se si riesce a distrarsi un momento dall'intricato quadro disegnato da Page ci si accorge immediatamente di un altro protagonista; John Bonham è colui che delinea allo stesso tempo sia la possanza che la concitazione del pezzo, e se è corretto dire che Presence nasce soprattutto dalle mani e dalla mente di Jimmy Page, è pur vero che Bonzo dà il meglio di sé come e più del solito. Delineare il merito di Bonham, di rado accreditato a qualche pezzo, non è mai facile; d'altra parte non è tanto quello che scrive o propone, ma proprio un fatto di personalità e di stile, entrambi unici. Questo non vuol dire che il cantante ed il bassista, il cui apporto appare meno spiccato del solito, facciano un lavoro mediocre; pur senza grandi picchi creativi, quel che sanno fare lo fanno al meglio, come sempre. Jones tiene il passo di Page sfoderando il suo basso a otto corde, mentre Robert Plant riesce ad elevarsi, in senso metaforico, oltre la sedia a rotelle che lo imprigiona ed a lanciarsi in echeggianti urla che ricordano da vicino quelle di The Immigrant Song; un accostamento forse non del tutto casuale. Il consueto incisivo alternarsi di breaks e fills di Bonzo, caratterizzato da rapidissime rullate, apre ben presto la strada al primo exploit di Jimmy Page, che prima rallenta il tempo ed alza i toni facendo salire la tensione, poi torna improvvisamente a correre sul riff principale della canzone. La voce di Plant è tesa e quasi sofferente, limitandosi a riempire lo spazio tra l'orchestra personale di Page e l'assolo centrale del chitarrista, vero e proprio virtuosismo carico di tensione eroica. Sempre accompagnato dal sottofondo delle proprie sovraincisioni, Page tira l'assolo fino allo stremo per rallentare proprio nell'istante di massima tensione, portato all'estremo dall'improvviso e pesante incedere di basso e batteria; pare davvero di guardare un guerriero allo stremo delle forze rialzarsi nonostante tutto, fino a quando il chitarrista non riprende tutta la sua energia nell'assolo per portarlo a termine e continuare a correre, ancora e ancora. E' a questo punto che la voce di Plant cessa di essere semplice cornice e si trasforma in vero e proprio strumento, essenziale ed evocativo, i cui lamenti divengono veri e propri urli di guerra. La sua situazione fisica, altrimenti un handicap (anche psicologico), è più che adatta a delineare un eroismo che fa capo ad ogni energia rimasta pur di sopravvivere. Achilles Last Stand segue questo schema fino alla fine, ma tra mille sfumature sempre diverse eppure sempre uguali, fino a sfumare su un arpeggio vacuo e tranquillo, circolare; come se la battaglia non avesse avuto davvero fine, ma durasse in eterno. Il testo di Robert Plant è un ottimo esempio della migliore poetica del cantante: criptico, ricco di metafore evocative e volto ad una sorta di "ricerca del sé" dai toni epici, esistenzialismo e misticismo che diventano vera e propria guerra interiore, ed ogni figura o esperienza esterna dall'Io è un simbolo che ricava il proprio valore su un piano che è allo stesso tempo individuale ed universale. Non è la prima volta che Plant accosta tematiche di tale natura a sonorità dai toni epici, ed è ammirevole come egli dimostri quanto questi aspetti abbiano, in realtà, così tanti elementi concettuali da spartire. Fosse stato un altro, forse il testo di Achilles Last Stand avrebbe parlato di antichi guerrieri britanni impegnati a resistere coraggiosamente contro l'avanzata dei romani, o di pochi cavalieri caledoni soverchiati dai normanni; ma lo stile di Robert Plant era un altro e, piaccia o no, questo brano non fa eccezione. I riferimenti al viaggio in Marocco (e nel Mediterraneo in generale), sono puramente di stampo evocativo e paesaggistico. Uno tra tutti riguarda l'ultima strofa, laddove il cantante cita il mitologico titano Atlante (Atlas) che sorregge il mondo, in un riferimento alla catena montuosa dell'Atlante situata proprio tra Marocco, Algeria e Tunisia. Ma vi sono altre ispirazioni, come ad esempio William Blake ed il suo The Dance of Albion, ove Plant afferma: "i resti di Albione ora dormono per sorgere di nuovo". Un omaggio sia allo scrittore che al paese d'origine del cantante, dal momento che Albione è il più antico nome delle isole britanniche; un luogo di cui Plant aveva grande nostalgia, visto l'esilio fiscale dei Led Zeppelin. Come prevedibile, data la complessa natura compositiva del brano, eseguire Achilles Last Stand dal vivo rappresentò una bella sfida per i quattro musicisti, e tuttavia non mancò mai di venir suonata durante tutto il tour del '77, dimostrando ampiamente quanto questa canzone avesse fatto breccia nel cuore del pubblico. Nonostante l'ostica struttura chitarristica, Page non ebbe nemmeno bisogno di ricorrere alla sua iconica Gibson a doppio manico, preferendo affidarsi alla solida sicurezza della sua vecchia Les Paul Standard del '59. Riassumendo: Achilles Last Stand è un piccolo capolavoro, nonché senza dubbio il brano più potente ed incisivo di Presence. Basterebbe questo pezzo da solo a dare un senso all'intero album, alla faccia di alcune drastiche critiche che gli furono mosse. Non sorprende affatto che i Led Zeppelin avessero deciso di usarlo per aprire il loro disco, piuttosto che porlo come "baricentro" dell'opera così come fu per pezzi come Kashmir e Stairway to Heaven. Perché questa canzone è l'emblema stesso dell'album che la ospita, quel che occorre per dire: siamo ancora in campo, feriti ma non sconfitti, e questa è la nostra Presenza. Come da consuetudine, la traccia che segue tende a smorzare la tensione per portarsi su sonorità più distese; è la tipica alternanza di "luci e ombre" tanto cara a Jimmy Page.
da completare
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