Robert Plant visita i membri del gruppo rock Heart dopo la loro esibizione a Milton Keynes, in Inghilterra, intorno agli anni '80. (LR) Ann Wilson, Robert Plant, Nancy Wilson, Marke Andes, Denny Carmassi e Howard Leese parlano nell'area del concerto. (Foto di Epic / Hulton Archive / Getty Images)
Nigel Kennedy & Robert Plant Kashmir 2017 Royal Albert Hall
Blues..invenzione..carisma..talento..fascino
Robert Plant - Going to California (Live at Roskilde Festival, July 4th, 2019)
Le radici dei Led Zeppelin possono essere ascoltate in questa canzone ... Plant ha un suono definito R&B e canta in una chiave leggermente diversa da quella che ci si aspetterebbe, diversa da ciò che farebbe un cantante R&B ... ed è proprio questo ciò che ha reso Led Zep: quella tensione tra e dentro la voce e la musica, che fa sì che l'ascoltatore non sappia esattamente dove sta andando la musica.
Pre Zep 1967 A1.Long Time Coming B1.I'VE GOT A SECRET
Le radici dei Led Zeppelin possono essere ascoltate in questa canzone ... Plant ha un suono definito R&B e canta in una chiave leggermente diversa da quella che ci si aspetterebbe, diversa da ciò che farebbe un cantante R&B ... ed è proprio questo ciò che ha reso Led Zep: quella tensione tra e dentro la voce e la musica, che fa sì che l'ascoltatore non sappia esattamente dove sta andando la musica.
Robert Plant concerto Roma 20 luglio 2007 chiusura concerto
Robert Plant & Strange Sensation - Babe I'm Gonna Leave You - COMPLETA!!
Live at Teatro Antico, Taormina 15/07/2007
amici fedeli..fedeli compagni compagni e fedeli amici per una vita e oltre❤️
amici fedeli..fedeli compagni
compagni e fedeli amici per una vita e oltre❤️ oggi e per sempre 25 settembre 1980..una leggenda ci lascia..Ciao Bonzo..
Robert Plant presso Leicester University - Sono passati 32 anni ...
32 anni fa, ieri, 23 gennaio 1988, ho viaggiato a Leicester con la brava signora Janet e gli amici Kam, Julie e Alan per avvertire che Robert Plant si sarebbe esibito in un concerto segreto di riscaldamento all'Università per il suo prossimo tour nel Regno Unito
Dopo che un set degli Shadows assomigliava a The Rapiers, Robert è arrivato con una band completamente nuova. Ha proceduto a tessere un ricco arazzo di vecchi e nuovi in una performance piuttosto sorprendente.
Il nuovo è arrivato tramite i brani del suo prossimo album Now And Zen, tra cui Tall Cool One campionato da Zep, un vecchio rockerbilly strappato Billy's Revenge e il singolo al momento appena pubblicato Heaven Knows.
Il vecchio è venuto per gentile concessione della sua ex band nelle vesti di In The Evening, Misty Mountain Hop e Trampled Underfoot. Dopo le precedenti date di riscaldamento a Folkestone e Stourbridge, questa era la terza volta nella sua carriera da solista in cui aveva eseguito dal vivo sul palco brani del catalogo dei Led Zeppelin.
In un'epoca in cui non si parlava di niente, era semplicemente catartico. Come si può vedere da questa recensione che ho scritto all'epoca nella colonna settimanale che ho fatto per il quotidiano locale Bedfordshire Citizen, sono rimasto molto colpito. A 32 anni, quella notte alla Leicester University resta vivo nella memoria.
Fu la sera in cui vidi per la prima volta Robert Plant riconciliare con successo il suo passato con il presente. Essere lì per assistere a tutto ciò che si svolgeva è stato fonte di timore reverenziale.
Ha dato il via a un grande anno di apparizioni di Now And Zen che per me includevano concerti alla Colchester University, al Marquee club di Londra (dove ho incontrato per la prima volta Gary Foy), alla Warwick University, a Oxford Apollo, al London's Town and Country Club e all'Astoria Theatre e due volte all'Hammersmith Odeon (la seconda notte con una sorpresa e un cameo semplicemente incredibile di Jimmy Page).
Per quanto brillanti siano stati tutti, è quella prima notte a Leicester tutti 32 anni fa questa settimana che risuona ancora di più - è proprio lì nella mia lista dei dieci migliori concerti preferiti di tutti i tempi ...
Dave Lewis, 22 gennaio 2020
◊ ◊ ◊..notte doppia..vi lascio questo..genio Robert e genio MikeMillaRD....sembra di essere sotto al palco
Robert Plant - 1990-08-09 - San Diego, CA @ Sports Arena [Audio]
è un grandissimo concerto e Robert in forma smagliante..acuti a parte.
Registrazione dunque stupenda, certo non avrà la qualità di un disco dal vivo ufficiale ben registrato col multitraccia, ma il suono del rock che ti ribolle nella pancia è catturato in modo perfetto. Gran bootleg dunque, gran concerto, grande prova di Robert e dei ragazzi … allora era ancora il golden god e dava la paga ai gruppi tipo Whitesnake in quegli anni ormai annegati nel metal radiofonico americano.
con una cuffia riuscirete a sentirne l'essenza...
https://youtu.be/LpiCkAiAC9w
Robert Plant - 1990-08-09 - San Diego, CA @ Sports Arena [Audio]
Recorded by MIke "the MIC" Millard with AKG 451E + CK1 » Nakamichi 550, from cassette master
Di Mike Millard su questo blog ne abbiamo parlato più volte, amante del rock proveniente dalla west coast americana, dal 1973 al 1992 registrò parecchi concerti tenutisi in quell’area. Lo fece con una strumentazione di qualità, per quei tempi davvero notevole, portandola all’interno delle arene in questione usando diversi stratagemmi (a volte anche fingendosi disabile e quindi su una sedia a rotelle). Le sue sono dunque registrazioni audience, cioè prese dal pubblico, ma di una qualità micidiale; non è un un caso che ancora oggi – tra il giro di appassionati – siano considerate tra i documenti migliori per quanto riguarda l’epoca d’oro della musica rock. Sì perché con le registrazione audience si ha l’idea esatta di cosa fosse andare ad un concerto rock, la performance dell’artista catturato nella sua essenza più pura: l’umore e le scosse emotive del pubblico, la musica messa su nastro senza artifici (e dunque senza le modifiche e i trucchetti presenti nei dischi dal vivo ufficiali), i commenti dei fans che a tratti finivano sul nastro. La fortuna ha voluto che i LZ fossero tra i suoi gruppi preferiti e, ad esempio, le sue registrazione di alcuni dei sei concerti tenuti nel 1977 a Los Angeles sono per tutti noi testimonianze preziosissime. Nel 1994 Millard decise di togliersi la vita, decisione che non necessita nè di giudizi ne altro niente commenti verso un dolore a cui deve essere andato incontro. Per moltissimo tempo le sue cassette rimasero archiviate nella sua stanza a casa di sua madre, le registrazioni che circolavano provenivano infatti da copie che lo stesso Millard aveva fatto per amici e altri collezionisti. Successe poi che sua madre finalmente affidò ad amici intimi di suo figlio le tante cassette (si parla di 280 concerti registrati) in modo che potessero essere trasferite e quindi salvate su DAT. Sotto all’articolo riporto (oltre al testo che accompagna la registrazione di RP di cui tra poco parleremo) tutta la lunga storia in caso qualcuno fosse interessato. Per chiudere questo breve riassunto, quando si pensava che i master originali di Millard fossero andati persi, ecco che vengono ritrovati, rimasterizzati e messi gratuitamente in circolo da generosi collezionisti e amanti del rock come noi. E’ dunque doveroso mandare un pensiero a Mike Millard perché grazie ai suoi nastri il rock si mantiene vivo e noi possiamo ancora illuderci di vivere in prima persona i momenti più esaltanti della musica che amiamo.
anche questo concerto è stato registrato da Mike Millard...
https://youtu.be/LpiCkAiAC9w
Robert Plant August 9, 1990 Sports Arena San Diego, CA 00:00:00 Watching You 00:06:20 Nobody's Fault But Mine 00:10:16 Billy's Revenge 00:16:55 Tie Dye On Th...
https://timtirelli.com/2020/06/
“Mio padre ama la Gran Bretagna: da bambini andavamo dappertutto, andavamo in tutti i tipi di castelli, cime e fortezze. Sono molto orgoglioso di essere britannico. La famiglia è enorme per me. La mia educazione è stata fantastica: i miei genitori erano separati ma mi hanno sostenuto in tutto ciò che ho fatto. Sono molto orgoglioso di essere del Paese Nero: è pieno delle persone più incredibili, della classe operaia e oneste. È un posto dove puoi parlare di spazzatura al pub, ridere - è davvero un'estensione della stanza di fronte. '" LOGAN PLANT
“Mio padre ama la Gran Bretagna: da bambini andavamo dappertutto, andavamo in tutti i tipi di castelli, cime e fortezze. Sono molto orgoglioso di essere britannico. La famiglia è enorme per me. La mia educazione è stata fantastica: i miei genitori erano separati ma mi hanno sostenuto in tutto ciò che ho fatto. Sono molto orgoglioso di essere del Paese Nero: è pieno delle persone più incredibili, della classe operaia e oneste. È un posto dove puoi parlare di spazzatura al pub, ridere - è davvero un'estensione della stanza di fronte. '" LOGAN PLANT
“Mio padre ama la Gran Bretagna: da bambini andavamo dappertutto, andavamo in tutti i tipi di castelli, cime e fortezze. Sono molto orgoglioso di essere britannico. La famiglia è enorme per me. La mia educazione è stata fantastica: i miei genitori erano separati ma mi hanno sostenuto in tutto ciò che ho fatto. Sono molto orgoglioso di essere del Paese Nero: è pieno delle persone più incredibili, della classe operaia e oneste. È un posto dove puoi parlare di spazzatura al pub, ridere - è davvero un'estensione della stanza di fronte. '" LOGAN PLANT
“È stato un viaggio interessante e lungo la strada ho avuto dei veri e forti calci all'inguine, insieme a tutto il successo. Ho affrontato alcune cose difficili lungo la linea. Ho perso un bambino quando aveva cinque anni. Sono stato costretto su una sedia a rotelle per un po 'di tempo. Il mio migliore amico, il batterista degli Zeppelin, è morto. Quindi ti rialzi, ti rialzi, ti rialzi e poco a poco ti trasformi in qualcosa. Alla fine, sei il tipo di stampa di tutti questi eventi. Non c'è tempo da perdere, quindi non ha senso insistere su qualcosa. Saggio come, ho bisogno di umorismo. E certamente, ho bisogno di bandire la gerarchia e tutta quella merda. La fama è una grande cosa, ma non sempre funziona per te. Sono in quel posto dove non ha sempre funzionato per me, sai? Ci sono altre cose che le persone potrebbero volere da me ".
ROBERT PLANT, 2014.
Robert Plant nella foto qui con la moglie e la figlia di Marco Giovino (batterista dei Band of Joy)
Robert Plant nella foto qui con la moglie e la figlia di Marco Giovino (batterista dei Band of Joy)
- Intervistatore: Hai attraversato così tante relazioni diverse nella tua vita. Cosa ti ha insegnato sull'amore? Cosa diresti a un 27enne dell'amore, e cosa significa?
- Robert Plant: Non usare mai la parola. Non per molto, molto tempo.
- Intervistatore: perché?
- RP: Perché puoi ferire le persone. È una parola molto potente. Ha effetti davvero notevoli.
- Intervistatore: Quando l'hai imparato?
- RP: Quando il primo pezzo di argenteria mi è volato addosso. Quando ho indossato il primo mobile. Credi che stia scherzando.
Sono rimasto stordito e confuso da una storia che ha fatto il giro questa settimana su di noi che apparentemente offriamo ai Led Zeppelin 500 milioni di sterline per riformare e realizzare un tour. Per quanto io ami la band, non c'è assolutamente nessuna verità nella storia. Ho parlato con Robert Plant della storia, che ha anche confermato essere completamente spazzatura anche da parte sua. Robert mi ha detto che è molto orgoglioso della sua storia e del passato della band, e ha sempre avuto grande rispetto e amore per il suo lavoro durante la sua carriera. Tuttavia, crede davvero di dover andare avanti con la sua vita e carriera oggi. Inventare questa storia è molto irrispettoso di quanto sia meravigliosa la sua carriera da solista con i Sensational Space Shifters. Oggi parte per un tour tutto esaurito e l'anno scorso hanno pubblicato un album brillante. Come mi ha detto Robert: "Guarda Richard, faccio le cose solo perché le amo e voglio fare più cose nuove che amo". Non potrei essere più d'accordo. " RICHARD BRANSON
È semplicemente molto eccitante per me provare a vedere cosa posso fare veramente come cantante".
“Il tempo è così prezioso. Non metto niente per cui non ho una passione al 110%. Altrimenti ho molte altre cose che potrei fare nella mia vita. Mescola un levriero con un buon Bedlington Terrier, tutta quella roba. Questo è ciò che amo. "
ROBERT PLANT, 2014.
Robert Plant and Strange Sensation play 'When The Levee Breaks' live on 20th May 2005. Band includes Billy Fuller on double bass, Clive Deamer on drums, Justin Adams on mandolin/guitar, Skin Tyson on guitar and John Baggott on keyboards
https://youtu.be/b3hDoyrqsV0
Robert Plant & the Sensational Space Shifters - When the Levee Breaks - Harvest Fest 2019
https://youtu.be/fULKh9ItDQo Robert Plant & the Sensational Space Shifters - When the Levee Breaks - Harvest Fest 2019
Robert Plant & the Sensational Space Shifters - When the Levee Breaks - Harvest Fest 2019
Robert Plant & the Sensational Space Shifters - When the Levee Breaks - Harvest Fest 2019
Robert Plant and Strange Sensation play 'When The Levee Breaks' live on 20th May 2005. Band includes Billy Fuller on double bass, Clive Deamer on drums, Justin Adams on mandolin/guitar, Skin Tyson on guitar and John Baggott on keyboards https://youtu.be/AWTZ67-9Qoo
Robert Plant and Strange Sensation play 'When The Levee Breaks' live on 20th May 2005. Band includes Billy Fuller on double bass, Clive Deamer on drums, Justin Adams on mandolin/guitar, Skin Tyson on guitar and John Baggott on keyboards
Robert Plant, Whole Lotta Love ,Vancouver B.C. June , 29Th 2018 https://youtu.be/l7nGztsWsSg
Robert Plant, Whole Lotta Love ,Vancouver B.C. June , 29Th 2018
Robert Plant, Whole Lotta Love ,Vancouver B.C. June , 29Th 2018
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ROBERT PLANT, 2010.
"Watching wolves is a perfect cure for my madness. I am always happy to wander around Molineux and hear someone shout, "Alright Planty, do some more?" I feel an affinity with the Black Country. I am fascinated by the local history and I love the humour. It's very stuck. in the spirit of the region, that little circle west of Birmingham. '"
ROBERT PLANT, 2010.
Robert Plant, 2014.
It's been an interesting journey, and I've had some real, hard kicks in the groin along the way, along with all the success of wandering. I went through some difficult things along the way. I lost a child when he was five years old. I was wheelchair-bound for a while. My best friend, the drummer of Zeppelin, died. So you get up, you get up, you get up, and little by little you shape into something. In the end, you're the press of all these events. There's no time to waste, so there's no point insisting on anything. Like Sage, I need humour. And certainly, I need to banish hierarchy and all that crap. Fame is a great thing, but it doesn't always work for you. I'm in that place where it hasn't always worked for me, you know? There are other things that people might want from me.
Robert Plant, 2014.
ROBERT PLANT..
"I think a lot of people can't believe I'm still alive because I've been around a long time."
ROBERT PLANT
E’ il solito ragazzo che con la sua voce graffiante e calda allo stesso tempo, ti riesce ad entrare dentro e a toccare le parti più profonde del cuore. Robert è ancora lui, e non molla.
Eterno giovincello che adoro in ogni sua particella..
Fluttua rigenerandosi e rigenerando emozioni. ..le sue primavere lo hanno temprato, sia in sofferenza che in gioia..
un poeta, dall'animo gentile, raffinato e allo stesso tempo monello
non si è ancora tolto il vizio di fare swish con i suoi capelli e di toccarli sempre, quei capelli che resistono ancora a tutto, lunghi e perfettamente ricci come pochi. Certo, l’età non gli permette più di fare determinate cose con la voce, ma a Rob piace azzardare, e allora si butta, con un po’ di coscienza, e quel pizzico di misteriosa incoscienza, ci prova. Stecca? Che importa, ci ha messo l’anima per buttare giù quella parola o quella nota o quel vocalizzo. E lo si apprezza per questo, per la grande passione che prova per la musica e per quello che fa da sempre.
I suoi Babe restano impressi nella mente degli ascoltatori per tantissimo tempo. Trovatemi qualcuno che sappia dire meglio di lui babe. E lo mette ovunque, anche nei momenti più improbabili, proprio quando meno te l’aspetti.
..è il mio "cappellaio matto"..la mia fatina, la mia Alice..e ne avrei da aggiungere...
Ciao Immenso Robert..comunque vada a finire tu hai dato sempre tutto te stesso e quel sorriso va oltre l'emozione..trapassa ogni tempo e lo rende meta di meraviglia...
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https://www.facebook.com/notes/781885169258126/
Blues..invenzione..carisma..talento..fascino
AMNESTY INTERNATIONAL
Former Led Zeppelin members singer Robert Plant and guitarist Jimmy Page perform at the Amnesty International Human Rights concert, presented by The Body Shop at Bercy Stadium, Paris. The concert is aid of of the 50th anniversary of the Universal Declaration of Human Rights. (Photo by Peter Jordan - PA Images/PA Images via Getty Images)
AMNESTY INTERNATIONAL
Former Led Zeppelin members singer Robert Plant and guitarist Jimmy Page perform at the Amnesty International Human Rights concert, presented by The Body Shop at Bercy Stadium, Paris. The concert is aid of of the 50th anniversary of the Universal Declaration of Human Rights. (Photo by Peter Jordan - PA Images/PA Images via Getty Images)
The Paris Concert for Amnesty International (1999)
01. Get Up, Stand Up (Gabriel, Chapman, Springsteen, N'Dour) 02. Baba (Morissette) 03. Hand in My Pocket (Morissette) 04. Thank U (Morissette) 05. Medley (Kassiv') 06. Se Dam Bon Jou (Kassiv') 07. Black White (Asian Dub Foundation) 08. Buzzin' (Asian Dub Foundation) 09. Free Satpal Ram (Asian Dub Foundation) 10. Signal to Noise (Peter Garbiel with Youssou N'Dour) 11. In Your Eyes (Peter Garbiel with Youssou N'Dour) 12. New Beginning (Tracy Chapman) 13. Fast Car (Tracy Chapman) 14. Baby I Can Hold You (Tracy Chapman) 15. No Surrender (Bruce Springsteen) 16. Born in the USA (Bruce Springsteen) 17. Working on the Highway (Bruce Springsteen) 18. When the World Was Young (Jimmy Page and Robert Plant) 19. Babe I'm Gonna Leave You (Jimmy Page and Robert Plant) 20. Gallows Pole (Jimmy Page and Robert Plant) 21. Rock and Roll (Jimmy Page and Robert Plant) 22. You're Still the One (Shania Twain) 23. Black Eyes, Blue Tears (Shania Twain) 24. Karma Police (Radiohead) 25. Bones (Radiohead) 26. Paranoid Android (Radiohead) 27. Shaking the Tree (Youssou N'Dour with Peter Gabriel) 28. 7 Seconds (N'Dour, Gabriel, Chapman and Jocelyn Beroard) Peter Gabriel, Bruce Springsteen, Alanis Morissette, Tracy Chapman, Jimmy Page and Robert Plant, Shania Twain, Radiohead, Kassiv', Asian Dub Foundation e Youssou N'Dour.
AMNESTY INTERNATIONAL
Former Led Zeppelin members singer Robert Plant and guitarist Jimmy Page perform at the Amnesty International Human Rights concert, presented by The Body Shop at Bercy Stadium, Paris. The concert is aid of of the 50th anniversary of the Universal Declaration of Human Rights. (Photo by Peter Jordan - PA Images/PA Images via Getty Images)
The Paris Concert for Amnesty International (1999)
01. Get Up, Stand Up (Gabriel, Chapman, Springsteen, N'Dour) 02. Baba (Morissette) 03. Hand in My Pocket (Morissette) 04. Thank U (Morissette) 05. Medley (Kassiv') 06. Se Dam Bon Jou (Kassiv') 07. Black White (Asian Dub Foundation) 08. Buzzin' (Asian Dub Foundation) 09. Free Satpal Ram (Asian Dub Foundation) 10. Signal to Noise (Peter Garbiel with Youssou N'Dour) 11. In Your Eyes (Peter Garbiel with Youssou N'Dour) 12. New Beginning (Tracy Chapman) 13. Fast Car (Tracy Chapman) 14. Baby I Can Hold You (Tracy Chapman) 15. No Surrender (Bruce Springsteen) 16. Born in the USA (Bruce Springsteen) 17. Working on the Highway (Bruce Springsteen) 18. When the World Was Young (Jimmy Page and Robert Plant) 19. Babe I'm Gonna Leave You (Jimmy Page and Robert Plant) 20. Gallows Pole (Jimmy Page and Robert Plant) 21. Rock and Roll (Jimmy Page and Robert Plant) 22. You're Still the One (Shania Twain) 23. Black Eyes, Blue Tears (Shania Twain) 24. Karma Police (Radiohead) 25. Bones (Radiohead) 26. Paranoid Android (Radiohead) 27. Shaking the Tree (Youssou N'Dour with Peter Gabriel) 28. 7 Seconds (N'Dour, Gabriel, Chapman and Jocelyn Beroard) Peter Gabriel, Bruce Springsteen, Alanis Morissette, Tracy Chapman, Jimmy Page and Robert Plant, Shania Twain, Radiohead, Kassiv', Asian Dub Foundation e Youssou N'Dour.
DENVER, CO - SEPTEMBER 30: Guitarist Jimmy Page and Singer Robert Plant, late of the rock band "Led Zeppelin", perform onstage at the Fiddler's Green on September 30, 1995 in Denver, Colorado. (Photo by Larry Hulst/Michael Ochs Archives/Getty Images)
DENVER, CO - SEPTEMBER 30: Guitarist Jimmy Page and Singer Robert Plant, late of the rock band "Led Zeppelin", perform onstage at the Fiddler's Green on September 30, 1995 in Denver, Colorado. (Photo by Larry Hulst/Michael Ochs Archives/Getty Images)
AUSTRALIA - JANUARY 01: Photo of Jimmy PAGE and PAGE & PLANT and Robert PLANT and LED ZEPPELIN; L-R: Robert Plant, Jimmy Page of Led Zeppelin performing live onstage (Photo by Bob King/Redferns)
https://www.rollingstone.it/musica/tutti-i-dischi-di-robert-plant-dal-peggiore-al-migliore/533623/#undici
Chiusa l'avventura coi Led Zeppelin, Plant ha flirtato con il synth pop, ha fatto hard rock, ha suonato blues americano e africano, ha rievocato folk e psichedelia. Ma quali sono i suoi album più riusciti?
La sera del 10 dicembre del 2007, sul palco della O2 Arena di Londra accanto a Jimmy Page, John Paul Jones e Jason Bonham, Robert Plant aveva puntati addosso gli occhi adoranti del mondo, 20 mila fortunati spettatori – fan, rock star, celebrities, addetti ai lavori – accorsi all’Ahmet Ertegun Tribute Concert per assistere con il fiato sospeso alla prima rimpatriata dei Led Zeppelin in quasi trent’anni. Un evento mediatico di proporzioni enormi, con 20 milioni di richieste di biglietti pervenute on line e una pressione difficile da reggere per i musicisti: subito dopo lo show il cantante si dileguò, rifugiandosi in un anonimo ristorante turco di Chalk Farm Road, periferia nord della capitale inglese, per scaricare stress e adrenalina davanti a un piatto di hummus e a mezza bottiglia di vodka. Il 22 dicembre del 2019, prima che il blocco totale dei concerti mandasse all’aria il suo calendario di impegni per il nuovo anno, lo si è visto in azione alla Town Hall di Birmingham in un concerto di basso profilo: stavolta molto più rilassato e a fianco dei Saving Grace, quartetto di semisconosciuti innamorati come lui del blues, del folk angloamericano e della musica acustica con cui si esibisce nei club e in piccoli teatri senza alcun clamore pubblicitario.
La si potrebbe leggere come la malinconica parabola discendente di una rock star sul viale del tramonto, ma è tutt’altra cosa perché l’ultima impresa all’insegna dell’understatement di Mr. Plant dice molto della sua personalità volitiva e imprevedibile, della sua natura di uomo e artista irrequieto e curioso. Tetragono alle offerte multimilionarie e ricorrenti di chi (non ultimo lo stesso Page) vorrebbe rimettere in piedi una volta ancora i Led Zeppelin, sempre attento ad anteporre le sue priorità esistenziali e la ricerca di nuovi stimoli alle lusinghe del music business, sistematicamente impegnato a demolire la figurina stereotipata del dio dorato, l’icona sexy dalla voce deflagrante che aveva il mondo ai suoi piedi.
Ci sono corsi e ricorsi, nel cammino tutto stop e ripartenze del vocalist di West Bromwich la cui carriera solista viene oggi riassunta da Digging Deep: Subterranea, doppio CD retrospettivo nato sulla scia di una omonima e apprezzata serie di podcast e confezionato pescando da tutto il suo back catalog (escluse le collaborazioni con Jimmy Page e con Alison Krauss, e il mini album degli Honeydrippers) con tre titoli inediti inclusi tra i 30 brani selezionati. Primo ex Zeppelin a reagire al torpido sbigottimento che colse la band dopo la morte di John Bonham, fin dal primo album pubblicato a proprio nome e dai primi concerti senza i vecchi compagni, all’alba degli anni ’80, Percy ha messo in chiaro l’intenzione di voltare pagina. In seguito, è vero, il repertorio storico del quartetto è rientrato nelle scalette dei suoi show: ma sempre reinventato, rielaborato e rigurgitato con modalità che a volte sconcertano chi viene ad ascoltarlo indossando magliette con i simboli runici di IV o il logo dell’etichetta Swan Song.
Nei dischi – escludendo il ricongiungimento con Page celebrato a metà anni ’90 con il progetto No Quarter/Unledded – se n’è tenuto alla larga cercando e trovando altre strade. Ha flirtato con il synth pop e con l’elettronica, è tornato a strizzare l’occhio all’hard rock dialogando con chitarristi abili e virtuosi che nello stile richiamavano spesso l’ingombrante predecessore. Ha recuperato sigle utilizzate nel suo passato recente e remoto – Honeydrippers, Band Of Joy – per progetti una tantum e messo in piedi nuove, agguerrite band – gli Strange Sensation, poi evolutisi nei Sensational Space Shifters – per tornare ad antichi amori e coltivare infatuazioni più recenti. L’r&b e il rockabilly degli anni ’50 e la psichedelia californiana dei Sixties, il blues di Chicago e quello del Mali, la grande canzone d’autore americana e la musica del deserto maghrebino, il folklore delle Marche gallesi e quello degli Appalachi statunitensi. Sfoggiando, senza pedanteria, una immensa passione e cultura musicale coltivate in decenni di ricerche e di ascolti voraci.
Squisito interprete di cover, riconosce i suoi limiti autorali e per questo predilige da sempre il lavoro di squadra mostrando un fiuto particolare nella scelta dei collaboratori, si tratti del nashvilliano Buddy Miller o di Justin Adams, inglese cresciuto in Egitto che tanta world music gli ha fatto scoprire. Con altrettanta intelligenza, ha saputo fare i conti con l’usura delle sue, un tempo poderose, corde vocali trovando nuove sfumature timbriche e toni più contenuti in una voce che resta inconfondibile ed emozionante, capace di sorprendere per duttilità ed eleganza di fraseggio in uno straordinario disco di Americana come Raising Sand, inciso in coppia con la star del bluegrass Alison Krauss e con T Bone Burnett in cabina di regia (album dell’anno e cinque premi complessivi ai Grammy 2009, oltre un milione di copie vendute nei soli Stati Uniti e probabilmente la cosa migliore da lui incisa nel dopo Zeppelin).
È un provinciale delle Midlands inglesi ancora disposto a sorprendersi e un disincantato cittadino del mondo, Robert Plant. Una icona del rock perfettamente a suo agio nei panni dell’anti star. Un’eccezione quasi unica, tra i sopravvissuti del classic rock che continuano a ripetere se stessi cavalcando l’onda retro-maniaca di questi anni. Un hippie impenitente incapace di star fermo, un’anima inquieta che, a 72 anni suonati, non ne vuole sapere di scrivere un’autobiografia da tanti richiesta «perché c’è ancora tanto da fare e certe cose è meglio tenerle per sé». Sempre in ebollizione, oggi tiene il piede in più scarpe – i Saving Grace, i Sensational Space Shifters, i Band of Joy in procinto di pubblicare un secondo album anticipato da un pezzo della nuova antologia – e preannuncia una nuova impresa a fianco dell’angelica Krauss, mentre con il vecchio amico Jimmy (ultimo progetto comune l’incerto Walking Into Clarksdale nel 1998) le uniche occasioni d’incontro sembrano confinate a premi, serate di gala e conferenze stampa di lancio di qualche operazione celebrativa (che lui, Robert, affronta sempre con ironico distacco e nonchalance).
L’ascolto di Digging Deep: Subterranea spinge a riascoltare e approfondire i dischi di cui rappresenta una sintesi e una chiave di lettura: non tutti di primissimo livello, in parte anche dimenticabili, ma sempre – dal peggior titolo al migliore – contraddistinti da un coraggio e da una voglia di rimettersi in gioco che non possono non suscitare rispetto e ammirazione.
Robert Plant, sensualità hard rock
Un artista dal timbro unico, potente, graffiante e allo stesso tempo delicato, pervaso da una sensualità immortale, fortemente voluto da Jimmy Page per dare parole e voce alla musica del nascente hard rock dei Led Zeppelin
Le sue origini sono britanniche, Robert nasce nel West Midlands e cresce all’interno di un nucleo familiare che non approva il suo intenso amore per la musica. Per questo motivo, a diciassette anni va via di casa per inseguire i suoi sogni e per immergersi totalmente nell’apprendimento e nella conoscenza del blues. Fino a quando, nel 1965, durante la sua militanza nei The Crawing King Snakes, incontra un tanto gioviale quanto fenomenale batterista dal nome di John Bonham. Tra i due si crea un legame profondissimo, un’amicizia che sarà destinata a durare nel tempo per la loro affinità musicale e umana. Suonano insieme anche nella Band of Joy, nel ’67, esperienza in cui fondono il loro amato blues con le nuove vibrazioni psichedeliche che arrivavano dalla West Coast californiana.
Plant, nel mentre, è comunque alle prese con una turbinosa serie di collaborazioni. Tra queste, quella con i Hobbstweedle, un gruppo folk rock che univa blues, elementi psichedelici e tematiche connesse a Il Signore degli Anelli di Tolkien, un’opera di cui è un grande appassionato. Ma presto, una realtà più concreta avrebbe bussato alla sua porta. È durante la prima metà del 1968 che il chitarrista Jimmy Page è alla ricerca di un cantante adatto al sound del suo nuovo gruppo. Page viene a sapere che ce n’è uno dal carisma impressionante e dalla voce estremamente blues. A Birmingham assiste a una performance di Robert, ne rimane così impressionato che gli propone di raggiungerlo nella sua abitazione galleggiante a Londra per parlare di un innovativo progetto musicale. I due trascorrono alcuni giorni immersi nell’ascolto di vecchi dischi blues e folk, si confrontano sul nuovo suono e sull’impatto che il rock avrebbe dovuto dare negli anni Settanta, e propongono idee senza riserve. Era l’inizio di un’incredibile alchimia che avrebbe portato ad una epocale collaborazione. Il 21 ottobre di quell’anno Plant diventa padre di Carmen Jane, e pochi giorni dopo, durante le sessioni di registrazione di Led Zeppelin I, sposa la sua compagna indiana Maureen Wilson. Una tranquillità completamente sconvolta dal clamoroso successo della band: vita on the road
Plant diventa un sex symbol senza precedenti, con le sue pose e i suoi atteggiamenti sfrontati al limite dell’osceno, con la sua voce dotata di un’unica e selvaggia sensualità, i suoi abiti aderenti e la sua lunghissima criniera di lucenti riccioli biondi. La sua carriera è impegnativa, lo costringe spesso ad allontanarsi da casa, ma non gli impedisce di coronare il sogno di Maureen e avere un secondo figlio nell’aprile del ‘71, Karac Pendragon.📷
Qualche anno più tardi per Robert arriva un’operazione alle corde vocali per via di alcuni noduli. Una battuta d’arresto che comporterà gravi ripercussioni sulla sua incredibile voce che, col passare del tempo cambia livello di estensione e timbrica. E ancora, altro brutto imprevisto nell’agosto del ’75 quando viene coinvolto, insieme alla sua famiglia e alla figlia di Page, in un incidente. La convalescenza e la riabilitazione di Plant, sulla sedia a rotelle, ritardano l’inizio del tour e condizionano le vendite del nuovo disco, a causa della poca promozione dal vivo e della generale debolezza delle composizioni. La caparbia volontà del frontman riceve il colpo di grazia il 26 luglio ’77, con la tragica notizia della prematura morte del piccolo Karac, forse per un’infezione. I Led Zeppelin cancellano la tournèe e Robert si chiude in sè stesso arrivando a meditare anche un ritiro dalle scene. Le sorti del gruppo restano in sospeso sino al maggio successivo, quando i componenti si riuniscono al Castello di Clearwell per discutere sul da farsi: nuove registrazioni verso fine ’78 e un nuovo tour. Un bel periodo coronato con l’avvio del 1979, che regala a Robert e Maureen la nascita di un altro figlio, Logan Romero.
Nonostante il doloroso scioglimento dei Led Zeppelin nel 1980, a seguito della morte di Bonham, Plant non ha mai smesso di fare musica. Lui che ha introdotto radicali innovazioni non solo nello stile ma anche nelle tecniche di scrittura dei testi e nelle tematiche trattate, con quell’intuitivo accostare testi oscuri e mistici a esoterismo e filosofia. E di questa fusione, i Led Zeppelin sono i primi artefici. Perché l’hard rock epico non si era ancora visto, e non era altro che il punto di partenza per quella corrente heavy ed epic metal che sarebbe arrivata nei decenni successivi.
- Un incredibile esponente del carisma e della sensualità emanati da una voce cambiata, vissuta, ma pur sempre fantastica.
Robert Plant joins Rockpile for a steaming version of Little Sister at the Concerts for the People of Kampuchea event, filmed at Hammersmith Odeon, London, UK on December 29, 1979. "Concert For Kampuchea" https://youtu.be/ylt5i8srOPI Robert Plant - Little Sister 1979..in un intervallo dopo il concerto live dei LED..del 1979 gli fu chiesto di partecipare..prima di cominciare poi il tour 1980 e questa è veramente una chicca stratosferica.. https://youtu.be/htGxkpt64ho?list=RDhtGxkpt64ho
Robert Plant joins Rockpile for a steaming version of Little Sister at the Concerts for the People of Kampuchea event, filmed at Hammersmith Odeon, London, UK on December 29, 1979.
"Concert For Kampuchea"
Robert Plant - Little Sister 1979..in un intervallo dopo il concerto live dei LED..del 1979
gli fu chiesto di partecipare..prima di cominciare poi il tour 1980
e questa è veramente una chicca stratosferica..
https://youtu.be/htGxkpt64ho?list=RDhtGxkpt64ho
..e per ricordare che Robert è stato operato a noduli alle corde vocali nel 1974 cosa assai abituale in cantanti che hanno e usano tonalità quasi a freddo nel cantare
,infatti i primi concerti negli stati uniti del 1975 ha fatto un pò fatica..ma poi..cambiando cure e svariati dottori è riuscito a ritrovare equilibrio..
cosa che negli agli inizi anni 90 lo vede ancora in difficoltà, con l'aggravante che gli fu predetto che doveva smettere di cantare perchè avrebbe perso la voce,
ma facendo leva su professionisti più competenti e sulla "ginnastica vocale" come si chiama in gergo, ha scongiurato tutto ciò...
certo la sua voce ha calato di un tono..ma la potenza di estensione è incredibilmente eterogenea..anzi in alcuni vibrati più profonda..
lui è sempre stato capace di modulare la sua timbrica come nessun altro ha mai fatto..cantanti versatili come lui non ce ne sono..
a parte quel mio mito d'anima e di cuore che è Michael Jackson..due genialità e talenti stratosferici..diversi fra loro..
ma unici nel loro genere...
Since I've been loving you from No Quarter: Jimmy Page and Robert Plant Unledded with the London Metropolitan Orchestra Vocals: Robert Plant...
Led Zeppelin perform 'Rock And Roll' live at Knebworth in 1979
Robert Plant # The Early Years Robert Plant esordi prima di LED ZEPPELIN https://youtu.be/-NWJ827VaII
Robert Plant # The Early Years Robert Plant esordi prima di LED ZEPPELIN
Robert Plant # The Early Years Robert Plant esordi prima di LED ZEPPELIN https://youtu.be/-NWJ827VaII
Robert Plant # The Early Years Robert Plant esordi prima di LED ZEPPELIN
Led Zeppelin - Bring It On Home (Live at Royal Albert Hall 1970)
Robert Plant - You Shook Me - Montreux 1993
Robert Plant - Going to California [Montreux - 1993]
Robert Plant - Montreux 1993 (Fate of Nations) concerto live
Robert Plant..2006
..uno sguardo che "blocca"..e ti dice "attenta...ti osservo..
è magnetismo.. arriva dritto..
sempre ...
Album: Manic Nirvana Rilasciato: 19 marzo 1990 Video: Jockey Club Paraguayo, Asunción Paraguay, 19 marzo 2015 Robert Anthony Plant, CBE (nato il 20 agosto 1948 a West Bromwich) è un musicista, cantante e autore di canzoni inglese meglio conosciuto come cantante e paroliere della rock band Led Zeppelin. Una gamma vocale potente e ampia (particolarmente evidente nella sua voce acuta) gli ha dato una carriera da solista di successo che dura da oltre 30 anni. Plant è considerato uno dei più grandi cantanti nella storia del rock and roll; ha influenzato altri cantanti rock come Freddie Mercury, Axl Rose e Chris Cornell. Nel 2006, la rivista Heavy Metal Hit Parader ha nominato Plant il "Greatest Metal Vocalist of All Time". Nel 2009, Plant è stata votata "la più grande voce del rock" in un sondaggio condotto da Planet Rock. Nel 2008, gli editori di Rolling Stone lo hanno classificato al 15 ° posto nella loro lista dei 100 migliori cantanti di tutti i tempi. Nel 2011, i lettori di Rolling Stone hanno classificato Plant il più grande di tutti i cantanti principali. https://youtu.be/crTtQq3Exc0
Album: Manic Nirvana
Rilasciato: 19 marzo 1990
Video: Jockey Club Paraguayo, Asunción Paraguay, 19 marzo 2015
Robert Anthony Plant, CBE (nato il 20 agosto 1948 a West Bromwich) è un musicista, cantante e autore di canzoni inglese meglio conosciuto come cantante e paroliere della rock band Led Zeppelin. Una gamma vocale potente e ampia (particolarmente evidente nella sua voce acuta) gli ha dato una carriera da solista di successo che dura da oltre 30 anni. Plant è considerato uno dei più grandi cantanti nella storia del rock and roll; ha influenzato altri cantanti rock come Freddie Mercury, Axl Rose e Chris Cornell. Nel 2006, la rivista Heavy Metal Hit Parader ha nominato Plant il "Greatest Metal Vocalist of All Time". Nel 2009, Plant è stata votata "la più grande voce del rock" in un sondaggio condotto da Planet Rock. Nel 2008, gli editori di Rolling Stone lo hanno classificato al 15 ° posto nella loro lista dei 100 migliori cantanti di tutti i tempi. Nel 2011, i lettori di Rolling Stone hanno classificato Plant il più grande di tutti i cantanti principali.
Watching You - (Robert Plant) LIVE
Led Zeppelin - Going to California - Live Earls Court 1975 (Full Performance)
Led Zeppelin - Going to California - Live Earls Court 1975 (Full Performance)
Led Zeppelin - Going to California - Live Earls Court 1975 (Full Performance)
Led Zeppelin - Going to California - Live Earls Court 1975 (Full Performance)
Led Zeppelin - Going to California - Live Earls Court 1975 (Full Performance)
When The Levee Breaks - Led Zeppelin live at Brussels (1/12/1975)
Led Zeppelin - Live in Houston, TX - May 21, 1977 (
Nel '77 decisero di aprire con The Song Remains the Same, che, se sia Percy che Jimmy stanno bene, è una delle migliori introduzioni di sempre! Quando escono le prime note è già un vero spasso! La qualità della tavola armonica ti aiuta ad ascoltare l'alambicco di Jonesy e la batteria di Bonzo, in cui entrambi sono i maghi dello spettacolo; Ti dirò, le uniche cose a cui ho prestato attenzione, soprattutto, in questo spettacolo sono stati quei due magnifici musicisti; A Sick Again Bonzo è una vera macchina, inoltre, il basso di Jonesy ha rimosso completamente la necessità di una chitarra ritmica! (Se mai ce ne fosse uno)
È solo durante Nobody's Fault But Percy's, noterai che Robert ha avuto alcuni piccoli problemi con la sua voce, ma sembrava averli superati entro la fine della performance
Sia Nobody's Fault But Mine che In My Time of Dying sono ora accreditati come "Blues act from the turn of the century, with a bit of Zepp on it", la definizione perfetta per queste due tracce; Su entrambi Bonzo è una vera macchina, se hai mai dubitato di lui, cosa che io dubito tu abbia mai fatto, ascolta quelle; In seguito una versione potente e sorprendente di SIBLY (da quando ho amato, faresti meglio a fare attenzione, più tardi lo chiamerò SIBLY tutto il tempo hahahaha)
Nonostante abbia brillato durante lo spettacolo fino ad ora, No Quarter è stato il tempo reale di Jonesy per farlo; 25 minuti di pura eccitazione, più una speciale jam blues della band (dopo questa lunga jam in realtà dimentichi quale canzone stavano suonando per primo)
Un punto di forza del '77 è che Percy sembrava sempre più rilassato e per niente preoccupato quando si esibiva, di solito divagando alcune battute e divagando alcuni discorsi divertenti (A questo spettacolo, la morte di suo figlio era a un mese di distanza: /); Se ascolti completamente questo, vedrai che da Ten Years Gone alla fine del set acustico menziona e scherza con Jonesy circa 7 volte
Dopo un breve discorso, viene riprodotta una bellissima versione di Ten Years Gone, e una molto speciale per me, dato che è la prima volta che sento la `` Turchia '' a tre manici di Jonesy (secondo Percy, è un tacchino , ascoltalo, si sta divertendo!)
Quindi, abbiamo il set acustico! È passato un po 'di tempo dall'ultima volta che non l'avevo ascoltato dal vivo, ma è sempre una grande parte dello spettacolo; The Battle of Evermore, con Jonesy che canta, non ha prezzo, Going to California non è come le versioni del '72, ma è comunque molto bello; C'è una presa in giro di Custard Pie di Jimmy e Robert prima di un cortometraggio Black Country Woman e un grande Bron-Y-Aur Stomp
Da quando ho avuto la spiacevole esperienza di ascoltare Tempe '77 sono stato traumatizzato con Achilles Last Stand suonato dal vivo, ma mentre lo ascoltavo il trauma scompare, e mi sono reso conto che Jimmy cullava! (Achille continuava a stare in piedi!)
Stairway, secondo lo stesso Percy, non aveva bisogno di presentazioni, e davvero no; Ha cantato molto bene e la strumentale è perfetta!
Per il bis più insolito che abbia mai sentito suonare i Led, una delle migliori versioni che ho sentito da un po 'di tempo di Rock And Roll, che non credo davvero dovrebbe essere suonato come bis, più come intro, e Trampled Sotto i piedi
Godere!
* Jonesy è la cosa principale a cui ho prestato attenzione in questo spettacolo, ecco perché l'immagine selezionata per il caricamento è sua, te lo meriti Jonesy!
* Dopo Sick Again Percy spiega il loro ritardo dicendo "Mi dispiace per il ritardo, ma c'era del cibo nel camerino"
Led Zeppelin - Live in Houston, TX - May 21, 1977 (
Nel '77 decisero di aprire con The Song Remains the Same, che, se sia Percy che Jimmy stanno bene, è una delle migliori introduzioni di sempre! Quando escono le prime note è già un vero spasso! La qualità della tavola armonica ti aiuta ad ascoltare l'alambicco di Jonesy e la batteria di Bonzo, in cui entrambi sono i maghi dello spettacolo; Ti dirò, le uniche cose a cui ho prestato attenzione, soprattutto, in questo spettacolo sono stati quei due magnifici musicisti; A Sick Again Bonzo è una vera macchina, inoltre, il basso di Jonesy ha rimosso completamente la necessità di una chitarra ritmica! (Se mai ce ne fosse uno)
È solo durante Nobody's Fault But Percy's, noterai che Robert ha avuto alcuni piccoli problemi con la sua voce, ma sembrava averli superati entro la fine della performance
Sia Nobody's Fault But Mine che In My Time of Dying sono ora accreditati come "Blues act from the turn of the century, with a bit of Zepp on it", la definizione perfetta per queste due tracce; Su entrambi Bonzo è una vera macchina, se hai mai dubitato di lui, cosa che io dubito tu abbia mai fatto, ascolta quelle; In seguito una versione potente e sorprendente di SIBLY (da quando ho amato, faresti meglio a fare attenzione, più tardi lo chiamerò SIBLY tutto il tempo hahahaha)
Nonostante abbia brillato durante lo spettacolo fino ad ora, No Quarter è stato il tempo reale di Jonesy per farlo; 25 minuti di pura eccitazione, più una speciale jam blues della band (dopo questa lunga jam in realtà dimentichi quale canzone stavano suonando per primo)
Un punto di forza del '77 è che Percy sembrava sempre più rilassato e per niente preoccupato quando si esibiva, di solito divagando alcune battute e divagando alcuni discorsi divertenti (A questo spettacolo, la morte di suo figlio era a un mese di distanza: /); Se ascolti completamente questo, vedrai che da Ten Years Gone alla fine del set acustico menziona e scherza con Jonesy circa 7 volte
Dopo un breve discorso, viene riprodotta una bellissima versione di Ten Years Gone, e una molto speciale per me, dato che è la prima volta che sento la `` Turchia '' a tre manici di Jonesy (secondo Percy, è un tacchino , ascoltalo, si sta divertendo!)
Quindi, abbiamo il set acustico! È passato un po 'di tempo dall'ultima volta che non l'avevo ascoltato dal vivo, ma è sempre una grande parte dello spettacolo; The Battle of Evermore, con Jonesy che canta, non ha prezzo, Going to California non è come le versioni del '72, ma è comunque molto bello; C'è una presa in giro di Custard Pie di Jimmy e Robert prima di un cortometraggio Black Country Woman e un grande Bron-Y-Aur Stomp
Da quando ho avuto la spiacevole esperienza di ascoltare Tempe '77 sono stato traumatizzato con Achilles Last Stand suonato dal vivo, ma mentre lo ascoltavo il trauma scompare, e mi sono reso conto che Jimmy cullava! (Achille continuava a stare in piedi!)
Stairway, secondo lo stesso Percy, non aveva bisogno di presentazioni, e davvero no; Ha cantato molto bene e la strumentale è perfetta!
Per il bis più insolito che abbia mai sentito suonare i Led, una delle migliori versioni che ho sentito da un po 'di tempo di Rock And Roll, che non credo davvero dovrebbe essere suonato come bis, più come intro, e Trampled Sotto i piedi
Godere!
* Jonesy è la cosa principale a cui ho prestato attenzione in questo spettacolo, ecco perché l'immagine selezionata per il caricamento è sua, te lo meriti Jonesy!
* Dopo Sick Again Percy spiega il loro ritardo dicendo "Mi dispiace per il ritardo, ma c'era del cibo nel camerino"
Robert Plant and Pearl Jam - Fool in the Rain Live
Robert Plant and Pearl Jam - Fool in the Rain Live
- LA CANZONE IN CUI JOHN BONHAM DIMOSTRA DI ESSERE UN FENOMENO
Ma allora quale è la canzone dei Led Zeppelin in cui John Bonham ha dato il meglio di sè, secondo Robert Plant? Il cantante del gruppo ha definito il pezzo “The Crunge” come la canzone che vede John Bonham dare il suo 200% tirando fuori dal cilindro una cosa straordinaria. “The Crunge” è tratto da Houses of the Holy del 1973 ed è nota come una canzone in stile James Brown con un insolito tempo in 5/4. Si tratta di una canzone piuttosto particolare ma che Plant ama tantissimo.
LE PAROLE DI ROBERT PLANT
“È davvero un pezzo molto bello e quello che suono Bonzo è fantastico, soprattutto la grancassa. Il suo contributo è davvero molto coerente ed estremo allo stesso punto e purtroppo davvero sottovalutato. Ci sono tanti mood diversi in quello che suona, bastava al tempo mettere solo una parte riempitiva di batteria. Ma quando ha iniziato a suonare…”. Inutile dire che Robert era innamorato del lavoro di Bonzo.
Led Zeppelin 1975-03-12 Long Beach Arena CA
The Crunge
https://youtu.be/lqub8fRn3w8
This is a clip from a 1985 UK charity gig performed by Robert Plant. Band includes Robbie Blunt, Richie Haywood and a few others.
Robert Plant - Georgia On My Mind
https://youtu.be/lqub8fRn3w8
This is a clip from a 1985 UK charity gig performed by Robert Plant. Band includes Robbie Blunt, Richie Haywood and a few others.
Robert Plant - Georgia On My Mind
A cover of the famous Ray Charles song, played live once during the 1973 tour. This was improvised while Jimmy has a broken guitar string replaced.
A cover of the famous Ray Charles song, played live once during the 1973 tour. This was improvised while Jimmy has a broken guitar string replaced.
RARE SONG* Led Zeppelin: Georgia on My Mind
A cover of the famous Ray Charles song, played live once during the 1973 tour. This was improvised while Jimmy has a broken guitar string replaced.
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le storie dietro delle foto perle rare
Zeppelin rinati: il racconto della reunion più attesa della storia del rock
«Vuoi sapere quali sono le mie aspettative? Solo che, se lo facciamo, lo dobbiamo fare molto bene»: parola di Page. A dicembre 2007 i Led Zeppelin hanno suonato di nuovo insieme dopo 27 anni, ecco come era andata
Il 10 giugno 2007, alle due e mezza di pomeriggio, i membri sopravvissuti dei Led Zeppelin, il chitarrista Jimmy Page, il cantante Robert Plant e il bassista John Paul Jones si ritrovano in una sala prove per suonare alcune canzoni. È la prima volta che si ritrovano nella stessa stanza con gli strumenti in mano, da quando nel 1995 hanno suonato quattro pezzi durante la cerimonia per la loro introduzione nella Rock & Roll Hall of Fame. Questa volta la posta in gioco è più alta: devono scoprire se hanno la forza, l’empatia e il desiderio di esibirsi come Led Zeppelin nel loro primo vero concerto dalla morte del batterista John Bonham avvenuta nel 1980.
Il luogo delle prove, che si trova da qualche parte in Inghilterra, è segreto. Nelle interviste che hanno rilasciato per promuovere il concerto, un evento benefico che si svolgerà il 10 dicembre 2007 alla O2 Arena di Londra in onore di Ahmet Ertegun (cofondatore della Atlantic Records), Page, Plant e Jones hanno detto di non ricordarsi il giorno in cui si sono incontrati, cosa hanno suonato e nemmeno come è nata l’idea di riunire la band per rendere omaggio a Ertegun, amico e mentore della band nei loro anni con la Atlantic. Tutti e tre, però, d’accordo nel dire che suonare ancora insieme dopo così tanto tempo è stato un momento emozionante e molto importante. «È stato istantaneo», dice Page, che ha il mignolo sinistro steccato, conseguenza di una caduta che ha costretto la band a posticipare il concerto originariamente previsto per il 26 novembre: «Siamo arrivati tutti pieni di voglia di lavorare e di divertirci. È stata una delizia». Plant ricorda «tanti sorrisi» e mentre lo fa sorride anche lui: «È stato un momento catartico e terapeutico. Nessun peso, nessuna pressione». Jones afferma di non aver avuto «alcun dubbio. Qualcuno ha scelto una canzone, l’abbiamo fatta, funzionava». Il figlio di John Bonham, Jason, ricorda invece benissimo il giorno e l’ora in cui i Led Zeppelin sono tornati a esistere, perché lui era lì, seduto nel posto che una volta era di suo padre: «Loro forse non se lo ricordano, ma io sì. Avevo un nodo in gola». Jason ha 41 anni, due figli e suona con i Foreigner: «Non pensavo che avremmo trovato subito un suono. Mi dicevo: “Ci vorrà tempo”». Aveva torto. La band era immersa nella furia lenta e oscura di No Quarter dall’album Houses of the Holy del 1973: «Quando siamo arrivati al riff, ci siamo guardati tutti negli occhi. Era fantastico». Il pezzo successivo è stato la marcia della carovana nel deserto di Kashmir, da Physical Graffiti del 1975: «Poi ci siamo fermati e Jimmy ha detto: “Possiamo abbracciarci?” e Robert ha gridato: “Sì, figli del tuono!”». Alla fine della giornata, racconta Jason: «Mi hanno detto: “La prossima volta…”», si ferma e scoppia a ridere: «Ho pensato: “Ci sarà una prossima volta?”».
Led Zeppelin - Black Dog (Live at Celebration Day) (
Robert Plant riflette, sorseggiando caffè nella suite di un hotel di Londra con vista su Hyde Park: «La cosa più difficile è stata riuscire ad arrivare tutti e quattro nella stessa sala prove senza che nessuno lo sapesse. Avremmo potuto crollare subito, al primo ostacolo. Sarebbe stato pericoloso avere intorno altre persone in preda al delirio per questo momento». È sempre stato questo, del resto, il piano della band. Quando Page ha formato i Led Zeppelin nel 1968, non voleva solo una band ma: «Una potenza, quattro musicisti virtuosi in grado di dare vita al quinto elemento».
Solo un anno dopo, i Led Zeppelin erano la più grande band del mondo, pronti a dominare gli anni ’70, distruggere il pubblico e riempire gli stadi. La fine improvvisa della band dopo la sbornia fatale di John Bonham poco prima di iniziare un tour in Nord America nel 1980 ha fatto crescere costantemente l’attesa per una reunion. Tecnicamente il concerto alla O2 Arena Londra è molto di più. Il ricavato andrà all’Ahmet Ertegun Education Fund e gli altri che si esibiranno – l’ex cantante di Free e Bad Company Paul Rodgers, Pete Townshend, i Foreigner, l’ex bassista dei Rolling Stones Bill Wyman e Paolo Nutini – sono tutti artisti della Atlantic che, come gli Zeppelin, erano molto legati a Ertegun. Ma per i circa 20 milioni di fan che hanno cercato di comprare uno dei 18mila biglietti disponibili, la serata del 10 dicembre è la realizzazione di un sogno che sembrava impossibile: un concerto dei Led Zeppelin.
Jimmy Page, 63 anni e una tempesta di capelli bianchi lunghi fino alle spalle al posto della sua celebre chioma nerissima e lucente, dice di essere rimasto scioccato dall’isteria scatenata da questa reunion a sorpresa: «Non ce lo aspettavamo assolutamente». È sempre stato lui il guardiano dell’eredità della band, si è occupato personalmente di tutte le rimasterizzazioni e riedizioni del loro catalogo. Quando parla dei Led Zeppelin il suo sguardo è d’acciaio. Durante le prove, dice Jason: «Jimmy è sempre molto attento. È concentratissimo su quello che vuole ottenere».
«Quali sono le mie aspettative?», dice Page: «Una sola: se lo facciamo lo dobbiamo fare molto bene, visti i casini che abbiamo combinato in passato». Si riferisce alle mezze reunion del “Live Aid” nel 1985 e al miniconcerto del 1988 con Jason alla batteria per la celebrazione dei 40 anni della Atlantic. Jones si lamenta del fatto che «al “Live Aid” avevamo dei batteristi che non conoscevano le nostre canzoni», riferendosi a Phil Collins e Tony Thompson degli Chic, ma si prende anche la responsabilità del concerto del 1988: «L’ho dato per scontato, non ho fatto i compiti a casa». Questa volta, dice Page con decisione: «Dobbiamo essere preparati e impegnarci molto». L’organizzazione gli ha detto che il tempo a loro disposizione è un’ora, ma Page dice che dopo le prime prove in giugno e la seconda session a luglio è parso subito chiaro che non sarebbe abbastanza. Adesso, infatti, la scaletta dura «100 minuti, e non ci sono solo Whole Lotta Love, Dazed and Confused e No Quarter».
La band ha passato il secondo e il terzo giorno di prove a lavorare su For Your Life, un pezzo mai fatto dal vivo estratto dall’album Presence del 1976: «Poi l’abbiamo scartata, ma questo per farti capire lo spirito con cui abbiamo affrontato la cosa», mi dice Plant. A 59 anni, con la barba grigia curata e un misto di biondo e argento nella lunga chioma, Robert Plant sembra la versione “anziano capotribù” del vichingo ventenne che è sbarcato in America per la prima volta nel 1968, ma anche seduto sul divano nell’ufficio del suo manager a Londra la sua voce e il suo atteggiamento così sicuro di sé lo fanno sembrare un conquistatore.
«All’inizio c’era molto rispetto reciproco, ma è svanito presto. John Paul ha cominciato ad alzare le sopracciglia come fa lui di solito, e ha tirato fuori il suo sorriso ironico. Sapevo che eravamo tornati al punto in cui ci siamo lasciati con In Through the Out Door del 1979», dice Plant. Poi si corregge: «No, siamo andati anche più indietro» John Paul Jones, 61 anni, parla con un melodioso tono sottovoce pieno di umorismo sagace (ha definito i suoi 12 anni nei Led Zeppelin come «il lavoro più stabile e lungo che abbia mai avuto»): «C’era un pezzo in cui non mi ricordavo cosa dovessi suonare, poi ho capito che era perché non l’avevamo mai fatto dal vivo». Fortunatamente Jason Bonham ha una conoscenza enciclopedica di tutti i bootleg dei concerti e degli outtakes in studio: «A volte ci domandiamo: “Cosa succede adesso?”, e lui risponde subito: “Nel 1971 avete fatto questo, nel 1973 in quello e quell’altro concerto invece avete fatto così». «Jason conosce le canzoni», dice Page, «ma soprattutto le capisce. Fa una gran differenza». «Questa è la seconda buona ragione per farlo, secondo me», dice Plant. «Quando era più giovane, Jason pensava che suonare nei Led Zeppelin gli spettasse di diritto». Jason ammette che i rapporti con Plant non sono stati facili «prima di diventare sobrio, quando bevevo troppo». «Adesso invece», continua Plant, «Jason sa che non solo è la persona giusta per suonare nella band, ma che con il suo entusiasmo e la sua abilità la sta anche cambiando». Molte cose sono cambiate del resto. Nel 2004 Jason Bonham è andato a seguire un festival bluegrass in North Carolina: «Ho incontrato una grande comunità di musicisti, tutti fan dei Led Zeppelin, e ho suonato con loro quella musica così antica». Recentemente ha prodotto un album per il quartetto bluegrass femminile Uncle Earl, e la sera prima di questa intervista le ha raggiunte in un club di Londra per suonare il mandolino. Plant fa dischi solisti dal 1982, esegue le sue versioni indiane e nordafricane di pezzi dei Led Zeppelin e ha avuto molto successo con l’album Raising Sands, un sublime disco di blues del Delta e gothic-country registrato in collaborazione con la cantante e violinista Alison Krauss. L’anno scorso, dopo le registrazioni di questo disco a Nashville, io stesso ho fatto a Plant la solita domanda sulla reunion: «Mi piacerebbe lavorare ancora con Page, a patto che non diventi una questione troppo importante e che sia una cosa vera», mi ha risposto. Glielo ricordo. Lui scrolla le spalle e non accetta il suggerimento implicito che questa reunion sia in effetti una questione molto importante: «No, non lo è», dice, «le prime prove sono state ottime». E per quanto riguarda il fatto che deve essere una cosa vera? «Quello che è successo in quella stanza, senza avere nessuno intorno, è stato in certi momenti buono come in passato. Prima non lo volevo fare, adesso invece non voglio fare altro. Che te ne pare?».
«Avevo un progetto in mente», dice Page a proposito di quell’estate del 1968 in cui ha formato i Led Zeppelin: «Cercavo un cantante simile a Steve Winwood o a Steve Marriott. Qualcuno che non avesse paura di farsi avanti, per questo volevo Terry Reid». Reid era un giovane e precoce cantante britannico soul, che passa alla storia per aver rifiutato l’offerta di Page e aver suggerito Robert Plant al suo posto, per poi proseguire la sua carriera nella scena delle band psichedeliche delle Midlands.
John Paul Jones, invece, conosce Page dai tempi in cui era uno dei più richiesti session man di Londra, e non vede l’ora di entrare nella sua nuova band. Ricorda di averlo sentito al telefono poco prima che Page andasse in un college di Birmingham a sentire Plant: «Mi ha detto: “Ti faccio sapere”, e quando è tornato mi ha detto: “È incredibile, ha una voce potentissima”».
Plant è fluido, intuitivo, e come Page è interessato alle possibilità espressive che si possono trovare dentro e fuori dalle progressioni di accordi blues: «L’idea era quella di espandere i confini», dice Page. L’esempio migliore secondo lui è Babe I’m Gonna Leave You da Led Zeppelin del 1969: «In origine è un pezzo folk», per l’esattezza una ballad che Page ha sentito in un disco di Joan Baez del 1962, «ma è pieno di colori, con quella chitarra ipnotica e increspata nelle strofe, e gli stacchi flamenco in mezzo. C’è la chitarra acustica, la pedal steel e tutti quegli elementi tipici di un suono potente e duro, ma estremamente sensibile».
I Led Zeppelin raccontano il live del 2007 alla presentazione del DVD del live, uscito nel 2012
«Ho riascoltato le canzoni dopo molto tempo, le ho analizzate per capire il numero di battute tra le singole parti», dice Plant, «hanno una specie di combinazione chimica molto astuta che le fa andare a volte in una direzione, a volte in un’altra. In Nobody’s Fault But Mine è pungente, cattiva, ti fa digrignare i denti, In My Time of Dying è spettacolare e gigantesca: ogni tanto è più veloce e ogni tanto più lenta, va da una parte all’altra, si avvolge a spirale o sbanda di lato. E in mezzo a tutto questo ci sono io». «La mia prima idea», dice Plant a proposito della reunion, «era di rifare tutta la scaletta del concerto alla Royal Albert Hall (del 9 gennaio 1970, ndr), cominciando da We’re Gonna Groove». Attacca la prima strofa del classico di Ben E. King, originariamente registrato da King dal vivo all’Apollo Theater di New York nel 1963 per la Atlantic, e scelto dai Led Zeppelin come pezzo di apertura di quasi tutti i concerti del tour del 1960: «C’ero anche io quella sera alla Albert Hall, ma non mi ricordo niente di quello che è successo!», dice sorridendo: «Stavo volando in mezzo a una specie di grande tempesta». L’aura di invincibilità che circonda i Led Zeppelin comincia a vacillare nel 1975, quando Plant rimane ferito in un incidente d’auto in Grecia. Nell’estate del 1977 i Led Zeppelin cancellano le ultime settimane di un tour sold out in America per la morte improvvisa del figlio di Plant, Karac, a causa di un virus sconosciuto. In seguito, ci sono stati i due concerti all’aperto a Knebworth nel 1979 per promuovere In Through the Out Door, l’ultimo album dei Led Zeppelin, un breve tour europeo nel 1980 e poi più niente.
Page dice che non c’era modo di andare avanti dopo la morte di Bonham: «Ne abbiamo discusso, io e John pensavamo di fare un disco più potente, pieno di riff. Ogni album doveva essere un passo in avanti rispetto a quello precedente, anche se non era il nostro credo». In ogni caso, dice Page, la musica che i Led Zeppelin avrebbero fatto negli anni ’80 «non sarebbe certo stata più leggera».
Dopo lo scioglimento ognuno di loro ha fatto pezzi dei Led Zeppelin nei rispettivi lavori solisti, sotto varie forme. Page e Plant hanno collaborato nello speciale di MTV “Unledded” del 1994 e hanno trascorso gran parte degli anni ’90 in tour insieme: «Ma non erano i Led Zeppelin», insiste Page, «erano due membri dei Led Zeppelin». Jones non viene invitato a partecipare a “Unledded”, anzi scopre la sua esistenza solo quando vede lo show in televisione durante un tour in Germania. Oggi dice che l’ha superata: «È successo tanto tempo fa. L’anno prossimo saranno 40 anni da quando abbiamo iniziato a suonare insieme. È una cosa da non credere».
«Non mi sorprende il fatto che oggi abbiamo ancora questa connessione», dice Page, «è sempre stato così: un attimo prima non c’è niente e un attimo dopo… Boom! La vera tragedia per me è se un giorno non fossi più capace di farlo. Essere in grado di venire qui e lavorare con gli altri è un dono, una cosa che rispetto e apprezzo moltissimo».
C’è solo una differenza tra questa e una vera reunion dei Led Zeppelin: manca Bonzo. Jason è molto schietto nel parlare di cosa voglia dire a livello emotivo essere il sostituto di suo padre, che veniva chiamato Bonzo o The Beast per il suo modo di suonare, ma anche per il suo modo di bere e per il suo comportamento animalesco fuori dal palco. Jason racconta che, dopo le prime prove, sua madre Pat gli ha chiesto come era andata: «E io non me la sono sentita di dire che era andata benissimo. Non volevo togliere niente a papà. Così ho risposto: “È andata bene, ma non come papà”».
«John aveva una tecnica favolosa», dice Page, «ma aveva anche una grande immaginazione. La struttura che ha tirato fuori in Good Times Bad Times nel primo album è una cosa che ancora oggi lascia perplessi molti batteristi. Nessun altro è in grado di farlo. Nessuno ha la stessa immaginazione».
«Io me ne sono accorto subito», dice Jones. La prima volta che hanno provato insieme nel 1968 sono partiti con una cover degli Yardbirds, The Train Kept a Rollin’. «In quanto bassista la mia prima preoccupazione era: “Com’è il batterista?” Se non siamo uniti, è inutile. Abbiamo iniziato a suonare e sembravamo due che avevano fatto venti tour insieme». L’edizione in dvd di The Song Remains the Same, un film che mette insieme in modo singolare immagini girate dal vivo al Madison Square Garden nel 1973 e alcune scene fantasy interpretate dalla band, mostra un John Bonham diverso dall’animale che ogni sera faceva per un quarto d’ora l’assolo di Moby Dick. Bonham guida un trattore nella sua fattoria, gioca a biliardo e bacia Pat, mentre camminano insieme lungo una strada di campagna. In una scena dal valore profetico, si vede Jason piccolissimo suonare la batteria sotto lo sguardo orgoglioso del padre che lo accompagna ai bongos. «Quello era il vero John Bonham», dice Jason, «era un padre di famiglia. In un paio di libri è stato descritto molto male, ma in realtà per lui la cosa più difficile era stare lontano da casa».
Jason ha visto suonare suo padre solo tre volte, ma è l’unico batterista oltre a lui ad aver suonato con i Led Zeppelin negli anni ’70. È successo durante il soundcheck di Knebworth, mentre John controllava l’impianto ascoltando dal prato. Jason aveva 13 anni: «Abbiamo suonato Trampled Under Foot, papà me l’aveva fatta provare per una settimana intera. Gli ho chiesto: “Sarà uguale al disco?”, e lui mi ha risposto: “No, l’assolo sarà più lungo. Aspetta il segnale di Jimmy. Quando alza la mano vuole dire che ha finito”». Durante una delle prove, Jason ha chiesto agli altri di fare un omaggio a John durante il concerto a Londra: «Mi hanno risposto: “Stai facendo un ottimo lavoro, non credi che lui vorrebbe che tu prendessi il merito che ti spetta, invece di fare un passo indietro e dire: eccolo, è tuo?”. Non è stato facile per me, voglio essere rispettoso al massimo. Non mi ha potuto dare gli ultimi 27 anni della sua vita, lasciate che sia io a ridarglieli per una notte». Gli altri non penseranno troppo al passato, almeno non pubblicamente. Robert Plant mostra tutta la sua serenità d’animo e fiducia in se stesso: «Lo faremo con lo spirito giusto, Ahmet guarderà giù e dirà: “Ciao ragazzi”. Bonzo sorriderà. Pat sarà molto felice. Jason si alzerà in piedi e griderà: “Yeah!”. Jimmy farà un inchino. Jones scrollerà le spalle come fa di solito. E io…», dice ritrovando il suo grido da Dio del rock, «io canterò: “baby, baby, baby!”».
“Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve / dal sole di mezzanotte dove sgorgano le sorgenti calde / Il martello degli dèi spingerà le nostre navi a nuove terre / per combatter l’orda, cantando e urlando: Valhalla, sto arrivando!“.
...forse in una precedente vita..
vivevo fra cavalieri, dame..corti sassoni,bretoni,vichinghe..elfo o gnomo..maga o strega..
impugnavo vessilli o scudi
forse un guerriero forse un asceta..forse
il Dio del tuono e quello del cielo..
non sò..di sicuro però
qualcosa e qualcuno mi porta sempre là..
e mi trovo sempre a casa..
Led Zeppelin - Immigrant Song testo
Ah, ah,
Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve,
Dal sole di mezzanotte dove soffiano le sorgenti termali.
Il martello degli dei guiderà le nostre navi verso nuove terre,
per combattere l'orda, cantando e gridando: Valhalla, sto arrivando!
Su noi spazziamo con la trebbiatura, il nostro unico obiettivo sarà la sponda occidentale.
Ah, ah,
Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve,
Dal sole di mezzanotte dove soffiano le sorgenti calde.
Quanto morbidi i tuoi campi così verdi, possono sussurrare storie di sangue,
di come abbiamo calmato le maree della guerra. Siamo i tuoi signori.
Su noi spazziamo con la trebbiatura, il nostro unico obiettivo sarà la sponda occidentale.
Quindi ora è meglio che ti fermi e ricostruisci tutte le tue rovine,
Perché la pace e la fiducia possono vincere la giornata nonostante tutte le tue sconfitte.
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Amici
(Page / Plant.)
Luce intensa quasi accecante, la notte nera brilla ancora,
posso ' Smettila, continua a salire, cercando quello che sapevo.
Aveva un amico, una volta mi ha detto: "Hai amore, non sei solo",
ora se n'è andata e mi ha lasciato a cercare solo quello che sapevo.
Mmm, ti sto dicendo ora, la cosa più grande che tu possa fare ora,
è scambiare un sorriso con qualcuno che è blu ora, è molto facile solo ... Ho
incontrato un uomo sul ciglio della strada che piange, senza un amico, non si può negare ,
Sei incompleto, non troveranno nulla alla ricerca di ciò che sapevi.
Quindi ogni volta che qualcuno ha bisogno di te, non deluderlo, anche se ti addolora,
Un giorno avrai bisogno di qualcuno come loro, alla ricerca di ciò che sapevi.
Mmm, ti sto dicendo ora, la cosa più grande che tu possa fare ora,
è scambiare un sorriso con qualcuno che è blu ora, è molto facile solo ...
Dave Grohl racconta i Led Zeppelin: «Non facevano musica, ma esorcismi»
La scoperta dei dischi della band, lo stile di Jimmy Page, gli acidi e la spiritualità: il musicista di Nirvana e Foo Fighters racconta come, quando e perché è stato folgorato dalla band di ‘Black Dog’
Senza i Led Zeppelin non ci sarebbe stato il metal. E anche se ci fosse stato, avrebbe fatto schifo. Erano qualcosa di più di un gruppo rock, erano una combinazione perfetta di passione, mistero e talento. M’è sempre parso che fossero alla ricerca di qualcosa. Non erano mai paghi, cercavano di buttarsi in esperienze sempre nuove. Erano capaci di tutto e chissà dove sarebbero arrivati se John Bonham non fosse morto. Rappresentavano la fuga da un sacco di cose. In quel che facevano c’era un elemento fantasy, anzi era parte essenziale del loro carattere, di quel che li rendeva importanti. Senza i Led Zeppelin, fatico a immaginare tutta quella gente che va al cinema a vedere Il signore degli anelli.
Non erano amati dalla critica: troppo sperimentali, troppo estremi. Fra il ’69 e il ’70 girava un sacco di musica strana e loro era i più strani di tutti. Per me Jimmy Page era più strambo persino di Jimi Hendrix. Hendrix era un genio portentoso, Page un genio posseduto. I dischi e i concerti degli Zeppelin erano esorcismi. Hendrix, Jeff Beck ed Eric Clapton spaccavano i culi, ma Page stava a un altro livello, suonava in modo umano e imperfetto. Sembrava un vecchio bluesman che si è calato dell’acido. Ascolto i suoi assoli nei bootleg dei Led Zeppelin e mi ritrovo ora a ghignare e ora a versare lacrime. Sentite una versione a caso di Since I’ve Been Loving You e vi scoprirete a ridere e piangere nello stesso tempo. Per Page, la chitarra non è solo uno strumento. È un traduttore di emozioni.
Quando John Bonham suonava la batteria sembrava non sapesse che cosa sarebbe accaduto da un momento all’altro, pareva sempre sull’orlo di un precipizio. Nessuno ha mai fatto qualcosa del genere e nessuno, credo, ci si avvicinerà mai. È e resterà il più grande batterista di tutti i tempi. Ho passato anni in camera mia – parlo davvero di anni – ad ascoltare le tracce di batteria di Bonham e a cercare di imitarne lo swing, il modo in cui restava indietro sul beat, la velocità, la potenza. Non volevo solo imparare a memoria quel che suonava. Volevo ereditare il suo istinto. Ho tatuaggi di Bonham ovunque: sui polsi, sulle braccia, sulle spalle. Me ne sono fatto uno a 15 anni: sono i tre cerchi che rappresentano il suo simbolo su Zeppelin IV e che erano riprodotti sulla sua grancassa.
Black Dog, da Zeppelin IV, rappresenta i Led Zeppelin al top della potenza rock, è l’esempio perfetto di quant’erano possenti. Non avevano bisogno di grandi distorsioni o di suonare velocemente: erano heavy e bastava. Avevano pure un lato sensibile, una cosa che la gente tende a non prendere in considerazione perché li vede come animali rock, ma Zeppelin III era pieno di momenti belli e delicati. È stata la colonna sonora ai giorni in cui stavo mollando la scuola. Lo ascoltavo ogni giorno sul mio Maggiolone e intanto riflettevo su quel che avrei fatto nella vita. Per un motivo o per l’altro, quel disco mi ha regalato un po’ di luce.
Li ho sentiti per la prima volta negli anni ’70 trasmessi da una radio AM. Era il periodo in cui Stairway to Heaven era popolarissima. Avevo 6 o 7 anni e stavo cominciando a sentire musica, ma solo con l’adolescenza sono arrivato ad ascoltare i primi due dei Led Zeppelin. Me li passarono dei fattoni. Ce n’erano in sacco nelle periferie in Virginia, col loro armamentario di muscle car, fusti di birra, Zeppelin, acidi, erba. Quando c’era uno di questi elementi, c’erano anche gli altri. A me però gli Zeppelin pareva avessero un che di spirituale. Frequentavo una scuola cattolica e stavo mettendo in dubbio l’esistenza di dio, però credevo nei Led Zeppelin. Avevo fede, ma non in senso cristiano: avevo fede nei Led Zeppelin in quanto entità spirituale. Mi fecero capire che la musica proviene da un altro luogo e che gli esseri umani la canalizzano. Quella musica non veniva da un songbook, non da un produttore e nemmeno da un insegnante. Veniva da quattro musicisti che la portavano in posti in cui non era mai stata. Avevo l’impressione che venisse da un altrove. Ecco perché i Led Zeppelin sono il più grande gruppo rock di sempre. Non poteva essere altrimenti.
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““Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve / dal sole di mezzanotte dove sgorgano le sorgenti calde / Il martello degli dèi spingerà le nostre navi a nuove terre / per combatter l’orda, cantando e urlando: Valhalla, sto arrivando!“.
...forse in una precedente vita..
vivevo fra cavalieri, dame..corti sassoni,bretoni,vichinghe..elfo o gnomo..maga o strega..
impugnavo vessilli o scudi
forse un guerriero forse un asceta..forse
il Dio del tuono e quello del cielo..
non sò..di sicuro però
qualcosa e qualcuno mi porta sempre là..
e mi trovo sempre a casa..
““Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve / dal sole di mezzanotte dove sgorgano le sorgenti calde / Il martello degli dèi spingerà le nostre navi a nuove terre / per combatter l’orda, cantando e urlando: Valhalla, sto arrivando!“.
Robert Plant, autore principale del testo, ha preso in analisi la mitologia nordica/norrena e, in particolare modo, il mondo vichingo. Non è un caso che in una strofa venga citato l’hammer of the gods, che altro non è che il martello di Thor, altrimenti chiamato , altrimenti chiamato Mjollnir.
Led Zeppelin - Immigrant Song testo
Ah, ah,
Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve,
Dal sole di mezzanotte dove soffiano le sorgenti termali.
Il martello degli dei guiderà le nostre navi verso nuove terre,
per combattere l'orda, cantando e gridando: Valhalla, sto arrivando!
Su noi spazziamo con la trebbiatura, il nostro unico obiettivo sarà la sponda occidentale.
Ah, ah,
Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve,
Dal sole di mezzanotte dove soffiano le sorgenti calde.
Quanto morbidi i tuoi campi così verdi, possono sussurrare storie di sangue,
di come abbiamo calmato le maree della guerra. Siamo i tuoi signori.
Su noi spazziamo con la trebbiatura, il nostro unico obiettivo sarà la sponda occidentale.
Quindi ora è meglio che ti fermi e ricostruisci tutte le tue rovine,
Perché la pace e la fiducia possono vincere la giornata nonostante tutte le tue sconfitte.
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Amici
(Page / Plant.)
Luce intensa quasi accecante, la notte nera brilla ancora,
posso ' Smettila, continua a salire, cercando quello che sapevo.
Aveva un amico, una volta mi ha detto: "Hai amore, non sei solo",
ora se n'è andata e mi ha lasciato a cercare solo quello che sapevo.
Mmm, ti sto dicendo ora, la cosa più grande che tu possa fare ora,
è scambiare un sorriso con qualcuno che è blu ora, è molto facile solo ... Ho
incontrato un uomo sul ciglio della strada che piange, senza un amico, non si può negare ,
Sei incompleto, non troveranno nulla alla ricerca di ciò che sapevi.
Quindi ogni volta che qualcuno ha bisogno di te, non deluderlo, anche se ti addolora,
Un giorno avrai bisogno di qualcuno come loro, alla ricerca di ciò che sapevi.
Mmm, ti sto dicendo ora, la cosa più grande che tu possa fare ora,
è scambiare un sorriso con qualcuno che è blu ora, è molto facile solo ...
copertina del manoscritto islandese del xviii secolo che mostra Odino e le altre figure mitologiche norrene Odino e altre figure mitologiche
VALHALLA
Il pensiero di ogni guerriero, un attimo prima di indossare le armi e prepararsi allo scontro, era dedicato al mitico paradiso destinato ai guerrieri morti gloriosamente in battaglia. Ottenere l’immortalità sconfiggendo la morte grazie al proprio coraggio è il fulcro su cui ruota la concezione del Valhalla, la “dimora degli uccisi”.
Una volta guadato a nuoto il fiume Thund e varcata l’entrata, sorvegliata da un lupo famelico e da un’aquila, i meritevoli trapassati ammiravano cosa li aspettava dopo una gloriosa morte: una sala con 540 porte, con i muri costituiti dalle lance dei guerrieri più valorosi, il tetto ricoperto di scudi d’oro su cui erano raffigurate scene di guerra, panche ricoperte di armature e arredi interni realizzati dalle vesti dei combattenti.
Rappresentato nelle opere d’arte più svariate, il Valhalla riassume ed esemplifica molte culture venatorie, tanto che alcuni studiosi ritengono che il Colosseo romano sia stato il referente storico al quale si sono ispirati i nordici nell’immaginare il luogo che ospita gli einheriar, i valorosi morti in battaglia.
Questo “paradiso” tuttavia non rappresenta solamente una ricompensa fine a se stessa: coloro ai quali Odino concede l’accesso al Valhalla sono guerrieri formidabili, radunati allo scopo di accrescere i ranghi del suo esercito per prepararsi alla suprema ed ultima battaglia che avrà luogo alla fine dei tempi, quando saranno chiamati a combattere contro i giganti e gli oscuri abitanti di Muspellsheim. Il Valhalla è infatti un luogo di lotta e battaglia perpetua, creato per migliorare senza sosta le abilità dei guerrieri: dopo ogni combattimento le ferite si rimarginano, le membra si ricompongono e i campioni riemergono completamente guariti, pronti per banchettare con carne di cinghiale e bere idromele tutti insieme prima di impugnare nuovamente le armi per un altro giro di combattimenti.
Altri personaggi fondamentali del Valhalla sono le Valchirie, coloro che scelgono gli uccisi: immortali semidée femminili armate di scudo e di lancia, cavalcano nell’aria durante le battaglie per raccogliere gli spiriti degli eroi meritevoli di superare le porte del Valhalla, dove offrivano loro corni pieni di idromele prima di condurli al cospetto di Odino. L’immagine che abbiamo oggi delle valchirie le vede cavalcare cavalli alati, ma nell’inglese antico “valkyrie horse” era un sinonimo di lupo: quindi, piuttosto che cavalli alati, le loro cavalcature erano feroci branchi di lupi.
Descrizione di Valhalla
Questo palazzo aveva più di cinquecento porte, abbastanza grandi da permettere a ottocento guerrieri di entrare facilmente, sopra l’ingresso principale c’era una testa di cinghiale e un’aquila, il cui sguardo raggiungeva gli angoli più remoti del mondo.
Valhalla aveva anche pareti fatte di lance brillanti, così ben lucidate che illuminavano l’intero luogo, i suoi sedili erano decorati con belle armature, un tetto coperto di scudi dorati, intorno alla sala grande c’erano diverse creature come la capra Hejörún e il cervo Eikpyrnir, e l’albero di glasir d’oro.
Questa sala è descritta nell’Edda Poética, una raccolta di poesie raccolte intorno al XIII secolo, utilizzando fonti antiche tradizionali, e nelle stanzas di un anonimo poema del X secolo.
Si dice che Valhalla abbia ispirato molte opere d’arte, titoli di pubblicazioni, sia stato inserito nella saga di Fagrskinna e sia diventato anche un termine sinonimo di luogo di venerazione per grandi personaggi già scomparsi.
https://www.albertomassaiu.it/storie-di-mondi-passati-lancestrale-tradizione-norrena-dei-vichinghi/
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le storie dietro delle foto perle rare
The Rain Song: testo e significato del brano romantico dei Led Zeppelin
Il titolo provvisorio di questa traccia era "Slush", un riferimento al suo finto arrangiamento orchestrale di facile ascolto.
The Rain Song "è una ballata di oltre 7 minuti di lunghezza. Il chitarrista Jimmy Page ha originariamente costruito la melodia di questa canzone nella sua casa di Plumpton, in Inghilterra, dove aveva recentemente installato una console da studio. Un nuovo modello Vista, è stato in parte realizzato dal Pye Mobile Studio che era stato utilizzato per registrare la performance della Royal Albert Hall del 1970 e l'album The Who's Live at Leeds.
Page è stato in grado di portare un arrangiamento completo della melodia, per il quale il cantante Robert Plant ha composto alcuni testi. Questi testi sono considerati dallo stesso Plant la sua migliore performance vocale complessiva. La canzone presenta anche un mellotron suonato da John Paul Jones per aggiungere all'effetto orchestrale, mentre Page suona una chitarra Danelectro.
Sicuramente questa canzone ha il testo più intenso scritto da Plant.
“Tu sei luce del sole nella mia crescita. Sentivo cosi poco calore prima”. Un verso semplice ma proprio per questo devastante, che immortala questa poesia tra le più belle canzoni d’amore mai scritte. E poi, una di quelle melodie che riesce a farti cambiare dimensione…
La leggenda vuole che sia nata per controbattere all’affermazione di George Harrison riguardo il fatto che i Led Zeppelin componessero poche ballad. L’essenza languida e finanche sensuale del brano si trasforma nel finale in un senso di liberazione, un lasciarsi alle spalle “le tenebre” carico di positività e rinnovata saggezza. Ed è su queste sensazioni, su questi ampi spazi carezzati dal vento, dove infelicità e gioia sembrano alternarsi e dipendere da un meccanismo naturale, che anche noi ci lasciamo trasportare, nel personale perseguimento della nostra, unica felicità.
versione acustica, molto emozionante di Plant e Page.
Per la sua bellezza vale la pena riportare il testo completo. Lo trovate qui sotto, inclusa traduzione.
“This is the springtime of my loving
The second season I am to know
You are the sunlight in my growing so little warmth I’ve felt before.
It isn’t hard to feel me glowing
I watched the fire that grew so low.
It is the summer of my smiles
Flee from me Keepers of the Gloom.
Speak to me only with your eyes. It is to you I give this tune.
Ain’t so hard to recognize These things are clear to all from time to time.
Talk Talk
I’ve felt the coldness of my winter
I never thought it would ever go. I cursed the gloom that set upon us…
But I know that I love you so
These are the seasons of emotion and like the winds they rise and fall
This is the wonder of devotion I see the torch we all must hold.
This is the mystery of the quotient
Upon us all a little rain must fall”“È la primavera del mio amore
La seconda stagione che sto conoscendo
Tu sei luce del sole nella mia crescita
Sentivo cosi poco calore prima
Non è difficile farmi sentire ardente
Ho guardato il fuoco crescere lentamente
È l’estate dei miei sorrisi
Fuggono da me i custodi del buio.
Parlami solo con i tuoi occhi
Per te porto questa melodia
Non è difficile da riconoscere
Queste cose sono chiare per tutti da sempre
Parlami, parlami
Ho sentito il freddo del mio inverno
Non ho mai pensato che se ne sarebbe andato
Ho maledetto l’oscurità scesa sopra noi
Ma io so che ti amo cosi
Ma lo so che ti amo cosi
Queste sono le stagioni delle emozioni e come il vento salgono e scendono
Questa è la meraviglia della devozione
Vedo la torcia che tutti dobbiamo tenere
Questo è il mistero del nostro scopo
Su tutti noi un po’ di pioggia deve cadere”
HOUSES OF THE HOLY:
– “Slush” (possibly just an early title for “The Rain Song”)
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– “Friends” (with the Bombay Symphony Orchestra)
– “Four Sticks” (with the Bombay Symphony Orchestra)
1972 Friends Final Mix Take 1 1972 Complete Bombay Sessions
1972 Four Sticks Final Mix Stereo 1972 Complete Bombay Sessions
da completare
le storie dietro delle foto perle rare
Zeppelin rinati: il racconto della reunion più attesa della storia del rock
«Vuoi sapere quali sono le mie aspettative? Solo che, se lo facciamo, lo dobbiamo fare molto bene»: parola di Page. A dicembre 2007 i Led Zeppelin hanno suonato di nuovo insieme dopo 27 anni, ecco come era andata
Il 10 giugno 2007, alle due e mezza di pomeriggio, i membri sopravvissuti dei Led Zeppelin, il chitarrista Jimmy Page, il cantante Robert Plant e il bassista John Paul Jones si ritrovano in una sala prove per suonare alcune canzoni. È la prima volta che si ritrovano nella stessa stanza con gli strumenti in mano, da quando nel 1995 hanno suonato quattro pezzi durante la cerimonia per la loro introduzione nella Rock & Roll Hall of Fame. Questa volta la posta in gioco è più alta: devono scoprire se hanno la forza, l’empatia e il desiderio di esibirsi come Led Zeppelin nel loro primo vero concerto dalla morte del batterista John Bonham avvenuta nel 1980.
Il luogo delle prove, che si trova da qualche parte in Inghilterra, è segreto. Nelle interviste che hanno rilasciato per promuovere il concerto, un evento benefico che si svolgerà il 10 dicembre 2007 alla O2 Arena di Londra in onore di Ahmet Ertegun (cofondatore della Atlantic Records), Page, Plant e Jones hanno detto di non ricordarsi il giorno in cui si sono incontrati, cosa hanno suonato e nemmeno come è nata l’idea di riunire la band per rendere omaggio a Ertegun, amico e mentore della band nei loro anni con la Atlantic. Tutti e tre, però, d’accordo nel dire che suonare ancora insieme dopo così tanto tempo è stato un momento emozionante e molto importante. «È stato istantaneo», dice Page, che ha il mignolo sinistro steccato, conseguenza di una caduta che ha costretto la band a posticipare il concerto originariamente previsto per il 26 novembre: «Siamo arrivati tutti pieni di voglia di lavorare e di divertirci. È stata una delizia». Plant ricorda «tanti sorrisi» e mentre lo fa sorride anche lui: «È stato un momento catartico e terapeutico. Nessun peso, nessuna pressione». Jones afferma di non aver avuto «alcun dubbio. Qualcuno ha scelto una canzone, l’abbiamo fatta, funzionava». Il figlio di John Bonham, Jason, ricorda invece benissimo il giorno e l’ora in cui i Led Zeppelin sono tornati a esistere, perché lui era lì, seduto nel posto che una volta era di suo padre: «Loro forse non se lo ricordano, ma io sì. Avevo un nodo in gola». Jason ha 41 anni, due figli e suona con i Foreigner: «Non pensavo che avremmo trovato subito un suono. Mi dicevo: “Ci vorrà tempo”». Aveva torto. La band era immersa nella furia lenta e oscura di No Quarter dall’album Houses of the Holy del 1973: «Quando siamo arrivati al riff, ci siamo guardati tutti negli occhi. Era fantastico». Il pezzo successivo è stato la marcia della carovana nel deserto di Kashmir, da Physical Graffiti del 1975: «Poi ci siamo fermati e Jimmy ha detto: “Possiamo abbracciarci?” e Robert ha gridato: “Sì, figli del tuono!”». Alla fine della giornata, racconta Jason: «Mi hanno detto: “La prossima volta…”», si ferma e scoppia a ridere: «Ho pensato: “Ci sarà una prossima volta?”».
Led Zeppelin - Black Dog (Live at Celebration Day) (
Robert Plant riflette, sorseggiando caffè nella suite di un hotel di Londra con vista su Hyde Park: «La cosa più difficile è stata riuscire ad arrivare tutti e quattro nella stessa sala prove senza che nessuno lo sapesse. Avremmo potuto crollare subito, al primo ostacolo. Sarebbe stato pericoloso avere intorno altre persone in preda al delirio per questo momento». È sempre stato questo, del resto, il piano della band. Quando Page ha formato i Led Zeppelin nel 1968, non voleva solo una band ma: «Una potenza, quattro musicisti virtuosi in grado di dare vita al quinto elemento».
Solo un anno dopo, i Led Zeppelin erano la più grande band del mondo, pronti a dominare gli anni ’70, distruggere il pubblico e riempire gli stadi. La fine improvvisa della band dopo la sbornia fatale di John Bonham poco prima di iniziare un tour in Nord America nel 1980 ha fatto crescere costantemente l’attesa per una reunion. Tecnicamente il concerto alla O2 Arena Londra è molto di più. Il ricavato andrà all’Ahmet Ertegun Education Fund e gli altri che si esibiranno – l’ex cantante di Free e Bad Company Paul Rodgers, Pete Townshend, i Foreigner, l’ex bassista dei Rolling Stones Bill Wyman e Paolo Nutini – sono tutti artisti della Atlantic che, come gli Zeppelin, erano molto legati a Ertegun. Ma per i circa 20 milioni di fan che hanno cercato di comprare uno dei 18mila biglietti disponibili, la serata del 10 dicembre è la realizzazione di un sogno che sembrava impossibile: un concerto dei Led Zeppelin.
Jimmy Page, 63 anni e una tempesta di capelli bianchi lunghi fino alle spalle al posto della sua celebre chioma nerissima e lucente, dice di essere rimasto scioccato dall’isteria scatenata da questa reunion a sorpresa: «Non ce lo aspettavamo assolutamente». È sempre stato lui il guardiano dell’eredità della band, si è occupato personalmente di tutte le rimasterizzazioni e riedizioni del loro catalogo. Quando parla dei Led Zeppelin il suo sguardo è d’acciaio. Durante le prove, dice Jason: «Jimmy è sempre molto attento. È concentratissimo su quello che vuole ottenere».
«Quali sono le mie aspettative?», dice Page: «Una sola: se lo facciamo lo dobbiamo fare molto bene, visti i casini che abbiamo combinato in passato». Si riferisce alle mezze reunion del “Live Aid” nel 1985 e al miniconcerto del 1988 con Jason alla batteria per la celebrazione dei 40 anni della Atlantic. Jones si lamenta del fatto che «al “Live Aid” avevamo dei batteristi che non conoscevano le nostre canzoni», riferendosi a Phil Collins e Tony Thompson degli Chic, ma si prende anche la responsabilità del concerto del 1988: «L’ho dato per scontato, non ho fatto i compiti a casa». Questa volta, dice Page con decisione: «Dobbiamo essere preparati e impegnarci molto». L’organizzazione gli ha detto che il tempo a loro disposizione è un’ora, ma Page dice che dopo le prime prove in giugno e la seconda session a luglio è parso subito chiaro che non sarebbe abbastanza. Adesso, infatti, la scaletta dura «100 minuti, e non ci sono solo Whole Lotta Love, Dazed and Confused e No Quarter».
La band ha passato il secondo e il terzo giorno di prove a lavorare su For Your Life, un pezzo mai fatto dal vivo estratto dall’album Presence del 1976: «Poi l’abbiamo scartata, ma questo per farti capire lo spirito con cui abbiamo affrontato la cosa», mi dice Plant. A 59 anni, con la barba grigia curata e un misto di biondo e argento nella lunga chioma, Robert Plant sembra la versione “anziano capotribù” del vichingo ventenne che è sbarcato in America per la prima volta nel 1968, ma anche seduto sul divano nell’ufficio del suo manager a Londra la sua voce e il suo atteggiamento così sicuro di sé lo fanno sembrare un conquistatore.
«All’inizio c’era molto rispetto reciproco, ma è svanito presto. John Paul ha cominciato ad alzare le sopracciglia come fa lui di solito, e ha tirato fuori il suo sorriso ironico. Sapevo che eravamo tornati al punto in cui ci siamo lasciati con In Through the Out Door del 1979», dice Plant. Poi si corregge: «No, siamo andati anche più indietro» John Paul Jones, 61 anni, parla con un melodioso tono sottovoce pieno di umorismo sagace (ha definito i suoi 12 anni nei Led Zeppelin come «il lavoro più stabile e lungo che abbia mai avuto»): «C’era un pezzo in cui non mi ricordavo cosa dovessi suonare, poi ho capito che era perché non l’avevamo mai fatto dal vivo». Fortunatamente Jason Bonham ha una conoscenza enciclopedica di tutti i bootleg dei concerti e degli outtakes in studio: «A volte ci domandiamo: “Cosa succede adesso?”, e lui risponde subito: “Nel 1971 avete fatto questo, nel 1973 in quello e quell’altro concerto invece avete fatto così». «Jason conosce le canzoni», dice Page, «ma soprattutto le capisce. Fa una gran differenza». «Questa è la seconda buona ragione per farlo, secondo me», dice Plant. «Quando era più giovane, Jason pensava che suonare nei Led Zeppelin gli spettasse di diritto». Jason ammette che i rapporti con Plant non sono stati facili «prima di diventare sobrio, quando bevevo troppo». «Adesso invece», continua Plant, «Jason sa che non solo è la persona giusta per suonare nella band, ma che con il suo entusiasmo e la sua abilità la sta anche cambiando». Molte cose sono cambiate del resto. Nel 2004 Jason Bonham è andato a seguire un festival bluegrass in North Carolina: «Ho incontrato una grande comunità di musicisti, tutti fan dei Led Zeppelin, e ho suonato con loro quella musica così antica». Recentemente ha prodotto un album per il quartetto bluegrass femminile Uncle Earl, e la sera prima di questa intervista le ha raggiunte in un club di Londra per suonare il mandolino. Plant fa dischi solisti dal 1982, esegue le sue versioni indiane e nordafricane di pezzi dei Led Zeppelin e ha avuto molto successo con l’album Raising Sands, un sublime disco di blues del Delta e gothic-country registrato in collaborazione con la cantante e violinista Alison Krauss. L’anno scorso, dopo le registrazioni di questo disco a Nashville, io stesso ho fatto a Plant la solita domanda sulla reunion: «Mi piacerebbe lavorare ancora con Page, a patto che non diventi una questione troppo importante e che sia una cosa vera», mi ha risposto. Glielo ricordo. Lui scrolla le spalle e non accetta il suggerimento implicito che questa reunion sia in effetti una questione molto importante: «No, non lo è», dice, «le prime prove sono state ottime». E per quanto riguarda il fatto che deve essere una cosa vera? «Quello che è successo in quella stanza, senza avere nessuno intorno, è stato in certi momenti buono come in passato. Prima non lo volevo fare, adesso invece non voglio fare altro. Che te ne pare?».
«Avevo un progetto in mente», dice Page a proposito di quell’estate del 1968 in cui ha formato i Led Zeppelin: «Cercavo un cantante simile a Steve Winwood o a Steve Marriott. Qualcuno che non avesse paura di farsi avanti, per questo volevo Terry Reid». Reid era un giovane e precoce cantante britannico soul, che passa alla storia per aver rifiutato l’offerta di Page e aver suggerito Robert Plant al suo posto, per poi proseguire la sua carriera nella scena delle band psichedeliche delle Midlands.
John Paul Jones, invece, conosce Page dai tempi in cui era uno dei più richiesti session man di Londra, e non vede l’ora di entrare nella sua nuova band. Ricorda di averlo sentito al telefono poco prima che Page andasse in un college di Birmingham a sentire Plant: «Mi ha detto: “Ti faccio sapere”, e quando è tornato mi ha detto: “È incredibile, ha una voce potentissima”».
Plant è fluido, intuitivo, e come Page è interessato alle possibilità espressive che si possono trovare dentro e fuori dalle progressioni di accordi blues: «L’idea era quella di espandere i confini», dice Page. L’esempio migliore secondo lui è Babe I’m Gonna Leave You da Led Zeppelin del 1969: «In origine è un pezzo folk», per l’esattezza una ballad che Page ha sentito in un disco di Joan Baez del 1962, «ma è pieno di colori, con quella chitarra ipnotica e increspata nelle strofe, e gli stacchi flamenco in mezzo. C’è la chitarra acustica, la pedal steel e tutti quegli elementi tipici di un suono potente e duro, ma estremamente sensibile».
I Led Zeppelin raccontano il live del 2007 alla presentazione del DVD del live, uscito nel 2012
«Ho riascoltato le canzoni dopo molto tempo, le ho analizzate per capire il numero di battute tra le singole parti», dice Plant, «hanno una specie di combinazione chimica molto astuta che le fa andare a volte in una direzione, a volte in un’altra. In Nobody’s Fault But Mine è pungente, cattiva, ti fa digrignare i denti, In My Time of Dying è spettacolare e gigantesca: ogni tanto è più veloce e ogni tanto più lenta, va da una parte all’altra, si avvolge a spirale o sbanda di lato. E in mezzo a tutto questo ci sono io». «La mia prima idea», dice Plant a proposito della reunion, «era di rifare tutta la scaletta del concerto alla Royal Albert Hall (del 9 gennaio 1970, ndr), cominciando da We’re Gonna Groove». Attacca la prima strofa del classico di Ben E. King, originariamente registrato da King dal vivo all’Apollo Theater di New York nel 1963 per la Atlantic, e scelto dai Led Zeppelin come pezzo di apertura di quasi tutti i concerti del tour del 1960: «C’ero anche io quella sera alla Albert Hall, ma non mi ricordo niente di quello che è successo!», dice sorridendo: «Stavo volando in mezzo a una specie di grande tempesta». L’aura di invincibilità che circonda i Led Zeppelin comincia a vacillare nel 1975, quando Plant rimane ferito in un incidente d’auto in Grecia. Nell’estate del 1977 i Led Zeppelin cancellano le ultime settimane di un tour sold out in America per la morte improvvisa del figlio di Plant, Karac, a causa di un virus sconosciuto. In seguito, ci sono stati i due concerti all’aperto a Knebworth nel 1979 per promuovere In Through the Out Door, l’ultimo album dei Led Zeppelin, un breve tour europeo nel 1980 e poi più niente.
Page dice che non c’era modo di andare avanti dopo la morte di Bonham: «Ne abbiamo discusso, io e John pensavamo di fare un disco più potente, pieno di riff. Ogni album doveva essere un passo in avanti rispetto a quello precedente, anche se non era il nostro credo». In ogni caso, dice Page, la musica che i Led Zeppelin avrebbero fatto negli anni ’80 «non sarebbe certo stata più leggera».
Dopo lo scioglimento ognuno di loro ha fatto pezzi dei Led Zeppelin nei rispettivi lavori solisti, sotto varie forme. Page e Plant hanno collaborato nello speciale di MTV “Unledded” del 1994 e hanno trascorso gran parte degli anni ’90 in tour insieme: «Ma non erano i Led Zeppelin», insiste Page, «erano due membri dei Led Zeppelin». Jones non viene invitato a partecipare a “Unledded”, anzi scopre la sua esistenza solo quando vede lo show in televisione durante un tour in Germania. Oggi dice che l’ha superata: «È successo tanto tempo fa. L’anno prossimo saranno 40 anni da quando abbiamo iniziato a suonare insieme. È una cosa da non credere».
«Non mi sorprende il fatto che oggi abbiamo ancora questa connessione», dice Page, «è sempre stato così: un attimo prima non c’è niente e un attimo dopo… Boom! La vera tragedia per me è se un giorno non fossi più capace di farlo. Essere in grado di venire qui e lavorare con gli altri è un dono, una cosa che rispetto e apprezzo moltissimo».
C’è solo una differenza tra questa e una vera reunion dei Led Zeppelin: manca Bonzo. Jason è molto schietto nel parlare di cosa voglia dire a livello emotivo essere il sostituto di suo padre, che veniva chiamato Bonzo o The Beast per il suo modo di suonare, ma anche per il suo modo di bere e per il suo comportamento animalesco fuori dal palco. Jason racconta che, dopo le prime prove, sua madre Pat gli ha chiesto come era andata: «E io non me la sono sentita di dire che era andata benissimo. Non volevo togliere niente a papà. Così ho risposto: “È andata bene, ma non come papà”».
«John aveva una tecnica favolosa», dice Page, «ma aveva anche una grande immaginazione. La struttura che ha tirato fuori in Good Times Bad Times nel primo album è una cosa che ancora oggi lascia perplessi molti batteristi. Nessun altro è in grado di farlo. Nessuno ha la stessa immaginazione».
«Io me ne sono accorto subito», dice Jones. La prima volta che hanno provato insieme nel 1968 sono partiti con una cover degli Yardbirds, The Train Kept a Rollin’. «In quanto bassista la mia prima preoccupazione era: “Com’è il batterista?” Se non siamo uniti, è inutile. Abbiamo iniziato a suonare e sembravamo due che avevano fatto venti tour insieme». L’edizione in dvd di The Song Remains the Same, un film che mette insieme in modo singolare immagini girate dal vivo al Madison Square Garden nel 1973 e alcune scene fantasy interpretate dalla band, mostra un John Bonham diverso dall’animale che ogni sera faceva per un quarto d’ora l’assolo di Moby Dick. Bonham guida un trattore nella sua fattoria, gioca a biliardo e bacia Pat, mentre camminano insieme lungo una strada di campagna. In una scena dal valore profetico, si vede Jason piccolissimo suonare la batteria sotto lo sguardo orgoglioso del padre che lo accompagna ai bongos. «Quello era il vero John Bonham», dice Jason, «era un padre di famiglia. In un paio di libri è stato descritto molto male, ma in realtà per lui la cosa più difficile era stare lontano da casa».
Jason ha visto suonare suo padre solo tre volte, ma è l’unico batterista oltre a lui ad aver suonato con i Led Zeppelin negli anni ’70. È successo durante il soundcheck di Knebworth, mentre John controllava l’impianto ascoltando dal prato. Jason aveva 13 anni: «Abbiamo suonato Trampled Under Foot, papà me l’aveva fatta provare per una settimana intera. Gli ho chiesto: “Sarà uguale al disco?”, e lui mi ha risposto: “No, l’assolo sarà più lungo. Aspetta il segnale di Jimmy. Quando alza la mano vuole dire che ha finito”». Durante una delle prove, Jason ha chiesto agli altri di fare un omaggio a John durante il concerto a Londra: «Mi hanno risposto: “Stai facendo un ottimo lavoro, non credi che lui vorrebbe che tu prendessi il merito che ti spetta, invece di fare un passo indietro e dire: eccolo, è tuo?”. Non è stato facile per me, voglio essere rispettoso al massimo. Non mi ha potuto dare gli ultimi 27 anni della sua vita, lasciate che sia io a ridarglieli per una notte». Gli altri non penseranno troppo al passato, almeno non pubblicamente. Robert Plant mostra tutta la sua serenità d’animo e fiducia in se stesso: «Lo faremo con lo spirito giusto, Ahmet guarderà giù e dirà: “Ciao ragazzi”. Bonzo sorriderà. Pat sarà molto felice. Jason si alzerà in piedi e griderà: “Yeah!”. Jimmy farà un inchino. Jones scrollerà le spalle come fa di solito. E io…», dice ritrovando il suo grido da Dio del rock, «io canterò: “baby, baby, baby!”».
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