domenica 10 settembre 2023

41..♥ღ♥ ROBERT PLANT ,..LIVE anni 2000( 2023 e oltre ♥ღ♥ )

Dreamland Tour 2003 7 & 7 Is
Exclusive Only to The Lemon Tree fanzine - Privately Owned


fan Paul Harper. Tangerine, The Band of Joy Paris ottobre 2010.
videos from fan Paul Harper. Tangerine, The Band of Joy Paris October 2010.
tangerine

Una piccola clip di Robert che rende omaggio a BB King con una splendida interpretazione di "The Thrill Is Gone" al Sasquatch Festival 2015 - 24 maggio a Quincy, Washington


A Lemon Tree Video! Sent to us by Michael Denton a Deborah Bonham, Robert Plant and Lemon Tree fan. Everyone give Michael a big thank you for sharing the video with us.
The Deborah Bonham Band, performed at Huntingdon Hall in Worcester, UK on March 17, 2017, with special guests Doug Boyle and Robert joined them on stage to perform the song 'When the Levee Breaks'.
Deborah and her band are traveling through the UK on the Free Spirit tour with Paul Rodgers and she has also re issued her 2014 album 'Spirit', which has been remastered with extra tracks. Guests on the album include Robert playing harmonica on the song 'What It Feels', Marco Giovani the drummer from Robert's The Band Of Joy, performed on several tracks and guitarist Doug Boyle.
One final Lemon Tree note on Doug Boyle,
Robert recruited Doug as guitarist for his 1988 album. 'Now and Zen’ and Doug found himself touring and recording with Robert for five years. The follow up album 'Manic Nirvana' gained critical and commercial accolades with Doug featured on several song co-writes. While no longer a member of Robert's band in 1993, Doug also appeared on the 'Fate of Nations' album adding guitar hooks and writing credits to cuts such as 29 Palms.
inviato a noi da Michael Denton, un fan di Deborah Bonham, Robert Plant e Lemon Tree. Tutti ringraziano di cuore Michael per aver condiviso il video con noi.
La Deborah Bonham Band si è esibita alla Huntingdon Hall di Worcester, nel Regno Unito, il 17 marzo 2017, con gli ospiti speciali Doug Boyle e Robert che si sono uniti a loro sul palco per eseguire la canzone "When the Levee Breaks".
Deborah e la sua band stanno viaggiando attraverso il Regno Unito nel tour Free Spirit con Paul Rodgers e ha anche ripubblicato il suo album del 2014 "Spirit", che è stato rimasterizzato con tracce extra. Tra gli ospiti dell'album figurano Robert che suona l'armonica nella canzone "What It Feels", Marco Giovani, il batterista dei Robert's The Band Of Joy, che si è esibito in diversi brani e il chitarrista Doug Boyle.
Un'ultima nota di Lemon Tree su Doug Boyle,
Robert reclutò Doug come chitarrista per il suo album del 1988. "Now and Zen" e Doug si ritrovarono in tournée e registrarono con Robert per cinque anni. L'album successivo "Manic Nirvana" ha ottenuto riconoscimenti critici e commerciali con Doug presente in diverse co-scritture di canzoni. Pur non essendo più un membro della band di Robert nel 1993, Doug è apparso anche nell'album "Fate of Nations" aggiungendo hook per chitarra e scrivendo crediti a brani come 29 Palms.



 video di foto di Robert che ha realizzato per San Valentino. Colonna sonora: "29 Palms". In diretta il 21.06.06. Festival dei Giorni Incantevoli,Austria.

Grazie mille Barbara..







Robert Plant Live At The Isle Of Wight Festival
Robert Plant And The Priory Of Brion - Season Of The Witch.

Robert Plant. One More Cup of Coffee
e BOB DYLAN...
Il suono di Robert Plant e Bob Dylan era in netto contrasto quando i Led Zeppelin irruppero sulla scena alla fine degli anni '60 ma, con il passare del tempo, il cantante ha permesso al suo amore per Dylan di influenzare notevolmente il suo lavoro. Questa copertina di "One More Cup of Coffee" è una splendida rielaborazione blues del classico del 1976 presente nell'album Dreamland di Plant del 2002 , che anche il difficile Dylan può sicuramente apprezzare.
Certo, i due musicisti hanno una storia piuttosto a scacchi. La loro relazione era una strada a senso unico all'inizio della loro associazione, con l' amore di Plant per la sua icona che non veniva minimamente ricambiato. Secondo la leggenda , quando il manager del gruppo Peter Grant ha cercato di presentarsi a Dylan quando le loro stelle si sono allineate a Los Angeles nel 1974 con la fatidica battuta: “Hello Bob. Sono Peter Grant, gestisco i Led Zeppelin ", che è stato accolto con questa risposta brutale da Dylan," Vengo da te con i miei problemi? ".
Forse questo era solo Dylan che era scherzoso perché il duo ha ora goduto di una serie di incontri nel corso dei decenni che sono seguiti e, anche se potrebbero non essere gli amici più stretti, non c'è certamente sangue cattivo tra di loro.
Rivivendo un incontro specifico, Plant ha fornito a Dylan l'energia per andare avanti: "'Ehi, amico, non ti fermi mai!'" Ha rivelato una volta a Classic Rock . “Mi ha guardato, ha sorriso e ha detto: 'Per cosa fermarsi?' Ma non potevo chiedergli delle sue canzoni, perché per quanto sia stato influenzato dal suo lavoro non puoi parlarne. Il mio lavoro non è neanche lontanamente così profondo in quello che sta cercando di fare. "
La sua cover di "One More Cup of Coffee" conferisce al brano un aspetto più oscuro e sinistro rispetto all'originale di Dylan grazie alla sua voce roca che funziona un fascino su questo numero impeccabile. Ciò che rende questa copertina eccezionale è che non ha cercato di emulare Dylan e invece ha tentato di dare una nuova prospettiva sulla pista, il che la rende una delle copertine definitive di Dylan
Robert Plant One More Cup Of Coffee


“Mi piace pensare che la gente torni a casa dopo un nostro concerto sapendo che siamo andati un po’ sopra le righe e che è abbiamo fatto davvero un sacco delle cose che gira voce facciamo…è questo che ci rende superiori: è la nostra premura. Non è questione di potenza, rivoluzione, pugni per aria. Mi piace che chi ci viene a vedere alla fine si senta come dopo una bella scopata, soddisfatto e sfinito…certe sere guardo il pubblico e vorrei farmi tutta la prima fila”.
~ Robert Plant ~
“I like to think that people go home after one of our concerts knowing that we went a little over the top and that we really did a lot of the things that people say we do...that's what makes us superior: it's our thoughtfulness . It's not a question of power, revolution, fists in the air. I like that those who come to see us at the end feel like they are after a good fuck, satisfied and exhausted...some evenings I look at the audience and I would like to get the whole front row."
~Robert Plant~
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Robert Plant @ Lignano Sabbiadoro- Babe, I'm gonna leave you
... peccato l'audio
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ROBERT PLANT: L’UGOLA DIONISIACA DELL’HARD ROCK, blues..invenzione carisma talento..NON SOLO LED ZEPPELIN
https://www.facebook.com/notes/473303310278750/



blues..invenzione carisma talento fascino

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Oh, lascia che il sole picchi sul mio viso, con le stelle per riempire il mio sogno. Sono un viaggiatore del tempo e dello spazio per essere dove sono stato. Sedersi con gli anziani di una razza gentile questo mondo ha visto raramente. Che parlano di giorni per i quali si siedono e aspettano Quando tutto sarà rivelato. Oh, let the sun beat down upon my face, with stars to fill my dream. I am a traveler of both time and space to be where I have been. To sit with elders of a gentle race this world has seldom seen. Who talk of days for which they sit and wait When all will be revealed.❤️

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Oh, lascia che il sole picchi sul mio viso, con le stelle per riempire il mio sogno.

Sono un viaggiatore del tempo e dello spazio per essere dove sono stato.

Sedersi con gli anziani di una razza gentile questo mondo ha visto raramente.

Che parlano di giorni per i quali si siedono e aspettano

Quando tutto sarà rivelato.

Oh, let the sun beat down upon my face, with stars to fill my dream.

I am a traveler of both time and space to be where I have been.

To sit with elders of a gentle race this world has seldom seen.

Who talk of days for which they sit and wait

When all will be revealed.❤️

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Oh, lascia che il sole picchi sul mio viso, con le stelle per riempire il mio sogno.

Sono un viaggiatore del tempo e dello spazio per essere dove sono stato.

Sedersi con gli anziani di una razza gentile questo mondo ha visto raramente.

Che parlano di giorni per i quali si siedono e aspettano

Quando tutto sarà rivelato.

Oh, let the sun beat down upon my face, with stars to fill my dream.

I am a traveler of both time and space to be where I have been.

To sit with elders of a gentle race this world has seldom seen.

Who talk of days for which they sit and wait

When all will be revealed.❤️

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Nei giorni della mia giovinezza

Mi è stato detto cosa significa essere un uomo

E ora ho raggiunto quell'età

Ho provato a fare tutte quelle cose il meglio che potevo

Non importa come ci provo

Trovo la mia strada per la stessa vecchia marmellata❤️

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Come possono ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni?
Oh ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni, sì

Quando un minuto sembra durare una vita
Oh baby quando mi sento così.
Seduto a guardare l'orologio
Oh il tempo è molto lento.
Ho guardato per vedere le lancette muoversi
Fino a che non riesco più a guardare.

Come possono ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni?
Un minuto sembra durare una vita
Piccola, quando mi sento così.

Cantare una canzone per te
Ricordo che dicevi sempre
"Oh amore, questa è per noi due"
Che poi alla fine sei tu.

Come possono ventiquattr'ore
Piccola, a volte sembrano scivolare nei giorni?
Un minuto sembra durare una vita
Oh piccola, quando mi sento cos?.

Ci fu un tempo in cui
Io spiccavo agli occhi degli altri uomini
Ma ti ho lasciata per mia scelta, donna
E adesso non riesco più a riaverti.

Come possono ventiquattr'ore
A volte sembrano scivolare nei giorni sì, bene?
Bene, bene,bene, bene un minuto sembra durare una vita
Piccola, quando mi sento così.
Un minuto sembra durare una vita
Oh piccola, quando mi sento così, quando mi sento così

Come dichiarato dallo stesso cantante, l'ispirazione per il testo venne proprio dal fatto di essersi ritrovato solo ed ingessatopoco tempo prima ebbeil famoso incidente a Rodi con la sua famiglia..e poi per problemi fiscali tutti partirono dall'Inghlterra.. in camera d'albergo, escluso dal lavoro e dalla goliardia di amici e colleghi. ..lontano dalla famiglia E di aver perciò ordinato del "tè per uno". Nonostante ciò, è anche vero che la solitudine di cui parla Plant è raccontata in maniera tale da far sì che chiunque vi si possa riconoscere. Il pretesto è semplice ed immediato, adatto in particolar modo all'atmosfera blues del brano: una storia finita da tempo, troncata proprio da colui che ora ne soffre le conseguenze. Conseguenze espresse appunto con la solitudine e con la più totale apatia.

LED ZEPPELIN
Presence
1976 - Swan Song Records

Isola di Rodi, 4 agosto del 1975, un lunedì pomeriggio. Robert Plant e sua moglie Maureen, assieme ai figli Carmen e Karac, sono in vacanza in una terra che per il cantante rappresenta tanto un momento di svago, quanto di studio. Si trovano tutti in automobile, quando Maureen perde il controllo del mezzo. L'auto si schianta, ed il bilancio è impietoso: la donna ha una lacerazione al volto, il bacino rotto in quattro punti e fratture multiple ad una gamba. Plant è ridotto poco meglio, con l'anca rotta ed una gamba e un gomito fratturati. I figli, fortunatamente, riportano lesioni di più lieve entità: Karac, 4 anni, ne esce con una gamba fratturata, mentre la piccola Carmen, 7 anni, se la cava con un polso rotto. Tutti riportano tagli ed escoriazioni. Tempo dopo, col senno di poi, Robert Plant deve aver pensato che sarebbe potuta andare molto, molto peggio. Fortunatamente, a Rodi quel giorno non erano soli; con loro, su un'altra automobile, cerano la sorella di Robert e l'allora fidanzata di Jimmy Page, Charlotte Martin, assieme alla figlioletta del chitarrista, Scarlet. L'ufficio stampa della "Swan Song Records" - la giovanissima etichetta discografica fondata dai Led Zeppelin e Peter Grant - riportò la notizia dell'incidente pochi giorni dopo, l'8 agosto, aggiungendo l'avviso che qualsiasi esibizione live della band britannica era rinviata fino a data da destinarsi. Dopo solo un mini-tour negli Stati Uniti, gli Zeps si trovarono così a dover annullare un tour mondiale che sarebbe servito a consacrare il neonato sesto album in studio, Physical Graffiti. Non solo: le condizioni del cantante erano tali che ogni attività dal vivo subì uno stop di quasi un anno e mezzo, impedendo in tal modo alla band di pubblicizzare il disco seguente attraverso le consuete date di concerti in giro per il mondo. Ma le gambe di Robert Plant non rappresentavano l'unico problema; da tempo i rapporti tra John Paul Jones ed il resto del gruppo si erano fatti complicati, in particolare quelli con Jimmy Page. Già in passato il bassista aveva ponderato di lasciare la band ed intraprendere strade che ne valorizzassero di più le poliedriche abilità, ma dopo il quinto album e la splendida No Quarter pareva che l'ombra di un suo abbandono si fosse dileguata. Ora però, complice lo stress di quel particolare periodo, i vecchi dissapori erano tornato a galla. A peggiorare la situazione c'era l'esilio fiscale che costringeva la band a vivere lontana dall'Inghilterra già da diversi mesi. Negli anni '70, in Gran Bretagna, dovevano esserci praticamente più rockstar che sassi, tanto da indurre il governo britannico ad istituire una tassa ad hoc. Ne conseguì che molti gruppi musicali, tra cui i Led Zeppelin, preferirono cambiare aria e trasferirsi altrove. Il problema è che tranne piacevoli e tranquille vacanze, come quella di Plant a Rodi, i nostri erano sempre lontani dalle rispettive famiglie. Per John Bonham, rinomato per il suo tenero attaccamento alla famiglia, tale forzato distacco fu più devastante che per chiunque altro, ed i suoi già gravi problemi con l'alcol subirono un netto peggioramento. Inoltre, pare che Jimmy Page avesse preso a fare uso di sostanze più deleterie del solito, tra cui l'eroina. Ma sono solo voci, cui viene difficile dare fiducia considerato l'ottimo lavoro del chitarrista su "Presence". Impossibilitati a tornare in patria, i Led Zeppelin si trasferirono dapprima in Francia, poi a Malibu, in California. Robert Plant e Jimmy Page occuparono delle eleganti villette vicino alla spiaggia, l'una vicina all'altra, da dove cominciarono a delineare le prime bozze del settimo album. In realtà, con Plant depresso dal dubbio se fosse mai tornato a camminare come prima o meno, e con Jones e Bonzo apparentemente privi di idee e di creatività, a caricarsi sulle spalle il peso di portare alla luce il nuovo disco fu principalmente Jimmy Page. Neanche negli States era possibile rimanere per più di qualche mese, e così gli Zeps si trasferirono a Monaco, nell'allora Germania Ovest. Qui i nostri iniziarono le registrazioni ai Musicland Studios, un ambiente piuttosto anonimo che in qualche modo, dopo interi dischi registrati in viaggio o negli spazi evocativi di Headly Grange, riportò i quattro musicisti alle tumultuose origini. Ad ogni modo la sala era stata prenotata anche dai Rolling Stones, ragion per cui gli Zeppelin avevano i giorni contati per terminare la registrazione dei nuovi brani; diciotto, per l'esattezza. Ancora una volta Jimmy Page si caricò l'onere di fare il grosso del lavoro, chiudendosi in sala registrazione per venti ore al giorno assieme all'ingegnere del suono Keith Harwood. Incredibilmente, nonostante i tempi ristretti, nonostante la scarsa comunicazione tra i membri del gruppo, nonostante la gamba ingessata che costringeva Robert Plant a registrare seduto in sedia a rotelle, e nonostante, per chi vi credesse, la maledizione della Boleskine House, Presence venne completato secondo i tempi prestabiliti. L'unico album Zeppelin ad essere stato registrato in tempi più brevi è il primo, Led Zeppelin, trentasei ore come vuole la leggenda. Ma c'è una bella differenza: il primo disco era praticamente una raccolta di cover, stravolte e zeppeliniane, certo, ma pur sempre delle rivisitazioni che partivano totalmente da canzoni già elaborate in precedenza. Non solo; gran parte delle intuizioni venivano dall'esperienza che Jimmy Page e John Paul Jones avevano maturato negli Yardbirds, così come sarebbe stato per buona parte di Led Zeppelin II. Un bel vantaggio iniziale, di cui Presence era sprovvisto. Come se non bastasse, alla realizzazione del settimo album gli Zeps avevano esaurito anche il bacino di idee nato dal periodo passato a Bron Yr Aur, della cui influenza creativa avevano giovato tutti i dischi dei Led Zeppelin, dal secondo fino a Physical Graffiti. Oltre ai ristretti tempi di registrazione, c'è un altro aspetto che accomuna Presence con il primo album della band: entrambi sono fondamentalmente opera di Jimmy Page. Il chitarrista e Robert Plant sono gli unici accreditati in ben sei dei sette pezzi del disco. Non che non ci siano incisive esecuzioni di John Paul Jones, nonostante il suo contributo sia minore del solito, e naturalmente il tocco di Bonham fa una gran bella differenza come al solito, ma è indubbio che se c'è uno strumento che risalta come non mai, quello è la chitarra di Jimmy Page. Dopotutto è ovvio: il chitarrista si trovò praticamente solo nell'affrontare l'elaborazione del nuovo album, per non menzionare il fatto che a registrazione ultimata, intorno al novembre del '75, Page rimase a Monaco per curare come di consueto missaggio, sovraincisioni ed editing. D'altronde è sempre stato lui il regista della band, ma mai come su Presence anche attore protagonista e sceneggiatore. Dato che il completamento dell'album avvenne il giorno prima del Giorno del Ringraziamento, la prima idea fu di chiamare il nuovo full length Thanksgiving, proposta rapidamente scartata in favore del più evocativo Presence, simbolo della potente e mistica "presenza" dei Led Zeppelin; ma anche, paradossalmente, un richiamo all'assenza forzata della band dalla scena, riempita in fretta e furia con un disco nuovo e con l'uscita un po' disarticolata del film-concerto The Song Remains the Same, a mio avviso l'unico vero passo falso nella carriera degli Zeps. Ad ogni modo l'uscita del disco venne ritardata notevolmente per dare alla nuova creatura una copertina degna del suo nome, compito affidato ancora una volta alla maestria dello Studio Hipgnosis. Il risultato è una delle cover art più particolareggiate ed allusive di tutto il campionario Zeppelin, il cui valore è però rimasto offuscato dall'immaginario mistico già delineato sulle grafiche di Led Zeppelin IV e di Houses of the Holy, oramai fortemente associato a Page e compagni. Riguardo la cover art di Presence rimando il lettore alla recensione della stessa sulla sezione "Artworks" del nostro sito, in cui il lavoro di Storm Thorgeson ed Aubrey Powell viene analizzato per filo e per segno. D'altra parte, come accennato dallo stesso Jimmy Page, ciò che ci interessa ora è "quel che sta dietro l'immagine". Presence uscì il 31 marzo del 1976, e tra tutti gli album dei Led Zeppelin è in assoluto quello più carico di contraddizioni. Insieme al seguente ed ultimo disco è considerato un'opera "sfortunata" (non economicamente, sia chiaro), da alcuni è visto come "la morte" del dirigibile, mentre per altri è la massima espressione della maturità della band. E' l'unico disco dei Led Zeppelin a non risentire di alcuna intuizione nata in un contesto live, ovvero da ciò che per il gruppo rappresentava la massima "espressione Zeppelin", eppure è anche l'album più grezzo ed estemporaneo dai tempi del loro primo disco in studio (1969). Ma soprattutto, Presence è un'opera che trasuda disperazione. Quasi mai nei testi, o nelle melodie, ma proprio: nello spirito. E' una cosa che si avverte solo ascoltandolo. Per fare un esempio, ricorda le opere più mature del Michelangelo: da una parte erano opere di stampo religioso o neoclassico, certo, eppure dalla tensione dei corpi e dall'espressione contrita dei soggetti era possibile cogliere la tensione dell'animo dell'artista. Con Presence è lo stesso. Il cantante bloccato in sedia a rotelle a riflettere seriamente sul suo futuro, la band costretta a restarsene in disarmo senza suonare dal vivo, i dissapori tra i membri del gruppo e la lontananza da casa e dai figli - tutto questo si era tradotto in una tensione palpabile tra le note dell'album, che è al tempo stesso sia la prima crepa sul castello dorato dei Led Zeppelin, che un grido di sopravvivenza che sembra urlare: "noi siamo qui e ci resteremo".

https://youtu.be/4BOZxWJ-Io4

i Led Zeppelin non portarono mai Tea For One in concerto.
e non dimentichiamoci di
Achilles Last Stand

Un urlo la cui essenza è rappresentata dal primo brano del disco: "Achilles Last Stand (L'ultima resistenza di Achille)". Innanzitutto una precisazione riguardo il titolo: il termine "last stand", qui riferito al personaggio mitologico di Achille e da me tradotto "ultima resistenza", non è traducibile in italiano. "Last stand" è un'espressione di origine militare che sottintende una battaglia disperata, un'ultima difesa quasi certamente perdente contro un nemico soverchiante. In virtù del titolo e di alcuni passi del testo, molti fans hanno pensato che Achilles Last Stand fosse stata ispirata dall'incidente occorso a Robert Plant in Grecia, o più in generale alla situazione in cui allora versavano i Led Zeppelin. Non è impossibile che sia così per quel che riguarda il titolo, ma l'ispirazione per le liriche ebbe origine un paio di mesi prima i fatti di Rodi, da un viaggio in Marocco che il cantante intraprese insieme a Jimmy Page. Con i suoi oltre dieci minuti di durata, la ricercatezza poetica, l'incisività e la potenza di basso e batteria, nonché per la complessità compositiva delle sue parti di chitarra, questa canzone merita un posto d'onore nella top ten dei migliori pezzi Zeppelin. Ma non è solo per l'aspetto tecnico; Achilles Last Stand riesce a trasmettere con grande intensità un senso di eroismo e dramma, anche senza capire un'acca del testo. Esattamente quanto si propone fin dal titolo. Gran parte del merito va al lavoro svolto da Jimmy Page, che in pochi giorni di lavoro intensivo confezionò una complessa struttura compositiva: numerose tracce di chitarra sovraincise, magistralmente condotte verso uno degli assoli più importanti della carriera di Page nei Led Zeppelin. L'intento del chitarrista era di far sì che le due sezioni da cui è composto il pezzo non fossero ridondanti, ma esprimessero lo stesso concetto attraverso sensazioni differenti, e decise di raggiungere tale obiettivo orchestrando tra loro le varie parti di chitarra. D'altronde, considerato che era praticamente l'unico a preoccuparsi della resa creativa, cos'altro poteva inventarsi Jimmy Page se non portare all'estremo un espediente già usato (con successo) in pezzi come Stairway to Heaven e Ten Years Gone? A detta di Page, Jones e gli altri pensavano che una simile "guitar army" non potesse funzionare, rendendo la resa generale sconclusionata e confusa. Ed invece, funzionò. La sola sovraincisione delle tracce, per alcuni addirittura una dozzina, per altri circa sei, venne realizzata in appena una notte di lavoro no-stop, nello spirito che contraddistingue l'intero album; la fretta di dover realizzare un lavoro così importante in pochi giorni, così come i dubbi sulla salute di Plant ed il futuro del gruppo, si rifletterono sul lavoro di Jimmy Page, rendendo il suono teso, cupo e drammatico. Achilles Last Stand è un continuo prendere la rincorsa ed accelerare, soccombere solo per rialzarsi faticosamente e tornare a correre, senza tregua né pietà. Il brano comincia immediatamente con una corsa a perdifiato, e se si riesce a distrarsi un momento dall'intricato quadro disegnato da Page ci si accorge immediatamente di un altro protagonista; John Bonham è colui che delinea allo stesso tempo sia la possanza che la concitazione del pezzo, e se è corretto dire che Presence nasce soprattutto dalle mani e dalla mente di Jimmy Page, è pur vero che Bonzo dà il meglio di sé come e più del solito. Delineare il merito di Bonham, di rado accreditato a qualche pezzo, non è mai facile; d'altra parte non è tanto quello che scrive o propone, ma proprio un fatto di personalità e di stile, entrambi unici. Questo non vuol dire che il cantante ed il bassista, il cui apporto appare meno spiccato del solito, facciano un lavoro mediocre; pur senza grandi picchi creativi, quel che sanno fare lo fanno al meglio, come sempre. Jones tiene il passo di Page sfoderando il suo basso a otto corde, mentre Robert Plant riesce ad elevarsi, in senso metaforico, oltre la sedia a rotelle che lo imprigiona ed a lanciarsi in echeggianti urla che ricordano da vicino quelle di The Immigrant Song; un accostamento forse non del tutto casuale. Il consueto incisivo alternarsi di breaks e fills di Bonzo, caratterizzato da rapidissime rullate, apre ben presto la strada al primo exploit di Jimmy Page, che prima rallenta il tempo ed alza i toni facendo salire la tensione, poi torna improvvisamente a correre sul riff principale della canzone. La voce di Plant è tesa e quasi sofferente, limitandosi a riempire lo spazio tra l'orchestra personale di Page e l'assolo centrale del chitarrista, vero e proprio virtuosismo carico di tensione eroica. Sempre accompagnato dal sottofondo delle proprie sovraincisioni, Page tira l'assolo fino allo stremo per rallentare proprio nell'istante di massima tensione, portato all'estremo dall'improvviso e pesante incedere di basso e batteria; pare davvero di guardare un guerriero allo stremo delle forze rialzarsi nonostante tutto, fino a quando il chitarrista non riprende tutta la sua energia nell'assolo per portarlo a termine e continuare a correre, ancora e ancora. E' a questo punto che la voce di Plant cessa di essere semplice cornice e si trasforma in vero e proprio strumento, essenziale ed evocativo, i cui lamenti divengono veri e propri urli di guerra. La sua situazione fisica, altrimenti un handicap (anche psicologico), è più che adatta a delineare un eroismo che fa capo ad ogni energia rimasta pur di sopravvivere. Achilles Last Stand segue questo schema fino alla fine, ma tra mille sfumature sempre diverse eppure sempre uguali, fino a sfumare su un arpeggio vacuo e tranquillo, circolare; come se la battaglia non avesse avuto davvero fine, ma durasse in eterno. Il testo di Robert Plant è un ottimo esempio della migliore poetica del cantante: criptico, ricco di metafore evocative e volto ad una sorta di "ricerca del sé" dai toni epici, esistenzialismo e misticismo che diventano vera e propria guerra interiore, ed ogni figura o esperienza esterna dall'Io è un simbolo che ricava il proprio valore su un piano che è allo stesso tempo individuale ed universale. Non è la prima volta che Plant accosta tematiche di tale natura a sonorità dai toni epici, ed è ammirevole come egli dimostri quanto questi aspetti abbiano, in realtà, così tanti elementi concettuali da spartire. Fosse stato un altro, forse il testo di Achilles Last Stand avrebbe parlato di antichi guerrieri britanni impegnati a resistere coraggiosamente contro l'avanzata dei romani, o di pochi cavalieri caledoni soverchiati dai normanni; ma lo stile di Robert Plant era un altro e, piaccia o no, questo brano non fa eccezione. I riferimenti al viaggio in Marocco (e nel Mediterraneo in generale), sono puramente di stampo evocativo e paesaggistico. Uno tra tutti riguarda l'ultima strofa, laddove il cantante cita il mitologico titano Atlante (Atlas) che sorregge il mondo, in un riferimento alla catena montuosa dell'Atlante situata proprio tra Marocco, Algeria e Tunisia. Ma vi sono altre ispirazioni, come ad esempio William Blake ed il suo The Dance of Albion, ove Plant afferma: "i resti di Albione ora dormono per sorgere di nuovo". Un omaggio sia allo scrittore che al paese d'origine del cantante, dal momento che Albione è il più antico nome delle isole britanniche; un luogo di cui Plant aveva grande nostalgia, visto l'esilio fiscale dei Led Zeppelin. Come prevedibile, data la complessa natura compositiva del brano, eseguire Achilles Last Stand dal vivo rappresentò una bella sfida per i quattro musicisti, e tuttavia non mancò mai di venir suonata durante tutto il tour del '77, dimostrando ampiamente quanto questa canzone avesse fatto breccia nel cuore del pubblico. Nonostante l'ostica struttura chitarristica, Page non ebbe nemmeno bisogno di ricorrere alla sua iconica Gibson a doppio manico, preferendo affidarsi alla solida sicurezza della sua vecchia Les Paul Standard del '59. Riassumendo: Achilles Last Stand è un piccolo capolavoro, nonché senza dubbio il brano più potente ed incisivo di Presence. Basterebbe questo pezzo da solo a dare un senso all'intero album, alla faccia di alcune drastiche critiche che gli furono mosse. Non sorprende affatto che i Led Zeppelin avessero deciso di usarlo per aprire il loro disco, piuttosto che porlo come "baricentro" dell'opera così come fu per pezzi come Kashmir e Stairway to Heaven. Perché questa canzone è l'emblema stesso dell'album che la ospita, quel che occorre per dire: siamo ancora in campo, feriti ma non sconfitti, e questa è la nostra Presenza. Come da consuetudine, la traccia che segue tende a smorzare la tensione per portarsi su sonorità più distese; è la tipica alternanza di "luci e ombre" tanto cara a Jimmy Page.
https://youtu.be/YWOuzYvksRw

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Perché questa canzone è l'emblema stesso dell'album che la ospita, quel che occorre per dire: siamo ancora in campo, feriti ma non sconfitti, e questa è la nostra Presenza.

https://www.youtube.com/watch?v=YWOuzYvksRw

Achilles Last Stand
LED ZEPPELIN
Presence
1976 - Swan Song Records
Un urlo la cui essenza è rappresentata dal primo brano del disco: "Achilles Last Stand (L'ultima resistenza di Achille)". Innanzitutto una precisazione riguardo il titolo: il termine "last stand", qui riferito al personaggio mitologico di Achille e da me tradotto "ultima resistenza", non è traducibile in italiano. "Last stand" è un'espressione di origine militare che sottintende una battaglia disperata, un'ultima difesa quasi certamente perdente contro un nemico soverchiante. In virtù del titolo e di alcuni passi del testo, molti fans hanno pensato che Achilles Last Stand fosse stata ispirata dall'incidente occorso a Robert Plant in Grecia, o più in generale alla situazione in cui allora versavano i Led Zeppelin. Non è impossibile che sia così per quel che riguarda il titolo, ma l'ispirazione per le liriche ebbe origine un paio di mesi prima i fatti di Rodi, da un viaggio in Marocco che il cantante intraprese insieme a Jimmy Page. Con i suoi oltre dieci minuti di durata, la ricercatezza poetica, l'incisività e la potenza di basso e batteria, nonché per la complessità compositiva delle sue parti di chitarra, questa canzone merita un posto d'onore nella top ten dei migliori pezzi Zeppelin. Ma non è solo per l'aspetto tecnico; Achilles Last Stand riesce a trasmettere con grande intensità un senso di eroismo e dramma, anche senza capire un'acca del testo. Esattamente quanto si propone fin dal titolo. Gran parte del merito va al lavoro svolto da Jimmy Page, che in pochi giorni di lavoro intensivo confezionò una complessa struttura compositiva: numerose tracce di chitarra sovraincise, magistralmente condotte verso uno degli assoli più importanti della carriera di Page nei Led Zeppelin. L'intento del chitarrista era di far sì che le due sezioni da cui è composto il pezzo non fossero ridondanti, ma esprimessero lo stesso concetto attraverso sensazioni differenti, e decise di raggiungere tale obiettivo orchestrando tra loro le varie parti di chitarra. D'altronde, considerato che era praticamente l'unico a preoccuparsi della resa creativa, cos'altro poteva inventarsi Jimmy Page se non portare all'estremo un espediente già usato (con successo) in pezzi come Stairway to Heaven e Ten Years Gone? A detta di Page, Jones e gli altri pensavano che una simile "guitar army" non potesse funzionare, rendendo la resa generale sconclusionata e confusa. Ed invece, funzionò. La sola sovraincisione delle tracce, per alcuni addirittura una dozzina, per altri circa sei, venne realizzata in appena una notte di lavoro no-stop, nello spirito che contraddistingue l'intero album; la fretta di dover realizzare un lavoro così importante in pochi giorni, così come i dubbi sulla salute di Plant ed il futuro del gruppo, si rifletterono sul lavoro di Jimmy Page, rendendo il suono teso, cupo e drammatico. Achilles Last Stand è un continuo prendere la rincorsa ed accelerare, soccombere solo per rialzarsi faticosamente e tornare a correre, senza tregua né pietà. Il brano comincia immediatamente con una corsa a perdifiato, e se si riesce a distrarsi un momento dall'intricato quadro disegnato da Page ci si accorge immediatamente di un altro protagonista; John Bonham è colui che delinea allo stesso tempo sia la possanza che la concitazione del pezzo, e se è corretto dire che Presence nasce soprattutto dalle mani e dalla mente di Jimmy Page, è pur vero che Bonzo dà il meglio di sé come e più del solito. Delineare il merito di Bonham, di rado accreditato a qualche pezzo, non è mai facile; d'altra parte non è tanto quello che scrive o propone, ma proprio un fatto di personalità e di stile, entrambi unici. Questo non vuol dire che il cantante ed il bassista, il cui apporto appare meno spiccato del solito, facciano un lavoro mediocre; pur senza grandi picchi creativi, quel che sanno fare lo fanno al meglio, come sempre. Jones tiene il passo di Page sfoderando il suo basso a otto corde, mentre Robert Plant riesce ad elevarsi, in senso metaforico, oltre la sedia a rotelle che lo imprigiona ed a lanciarsi in echeggianti urla che ricordano da vicino quelle di The Immigrant Song; un accostamento forse non del tutto casuale. Il consueto incisivo alternarsi di breaks e fills di Bonzo, caratterizzato da rapidissime rullate, apre ben presto la strada al primo exploit di Jimmy Page, che prima rallenta il tempo ed alza i toni facendo salire la tensione, poi torna improvvisamente a correre sul riff principale della canzone. La voce di Plant è tesa e quasi sofferente, limitandosi a riempire lo spazio tra l'orchestra personale di Page e l'assolo centrale del chitarrista, vero e proprio virtuosismo carico di tensione eroica. Sempre accompagnato dal sottofondo delle proprie sovraincisioni, Page tira l'assolo fino allo stremo per rallentare proprio nell'istante di massima tensione, portato all'estremo dall'improvviso e pesante incedere di basso e batteria; pare davvero di guardare un guerriero allo stremo delle forze rialzarsi nonostante tutto, fino a quando il chitarrista non riprende tutta la sua energia nell'assolo per portarlo a termine e continuare a correre, ancora e ancora. E' a questo punto che la voce di Plant cessa di essere semplice cornice e si trasforma in vero e proprio strumento, essenziale ed evocativo, i cui lamenti divengono veri e propri urli di guerra. La sua situazione fisica, altrimenti un handicap (anche psicologico), è più che adatta a delineare un eroismo che fa capo ad ogni energia rimasta pur di sopravvivere. Achilles Last Stand segue questo schema fino alla fine, ma tra mille sfumature sempre diverse eppure sempre uguali, fino a sfumare su un arpeggio vacuo e tranquillo, circolare; come se la battaglia non avesse avuto davvero fine, ma durasse in eterno. Il testo di Robert Plant è un ottimo esempio della migliore poetica del cantante: criptico, ricco di metafore evocative e volto ad una sorta di "ricerca del sé" dai toni epici, esistenzialismo e misticismo che diventano vera e propria guerra interiore, ed ogni figura o esperienza esterna dall'Io è un simbolo che ricava il proprio valore su un piano che è allo stesso tempo individuale ed universale. Non è la prima volta che Plant accosta tematiche di tale natura a sonorità dai toni epici, ed è ammirevole come egli dimostri quanto questi aspetti abbiano, in realtà, così tanti elementi concettuali da spartire. Fosse stato un altro, forse il testo di Achilles Last Stand avrebbe parlato di antichi guerrieri britanni impegnati a resistere coraggiosamente contro l'avanzata dei romani, o di pochi cavalieri caledoni soverchiati dai normanni; ma lo stile di Robert Plant era un altro e, piaccia o no, questo brano non fa eccezione. I riferimenti al viaggio in Marocco (e nel Mediterraneo in generale), sono puramente di stampo evocativo e paesaggistico. Uno tra tutti riguarda l'ultima strofa, laddove il cantante cita il mitologico titano Atlante (Atlas) che sorregge il mondo, in un riferimento alla catena montuosa dell'Atlante situata proprio tra Marocco, Algeria e Tunisia. Ma vi sono altre ispirazioni, come ad esempio William Blake ed il suo The Dance of Albion, ove Plant afferma: "i resti di Albione ora dormono per sorgere di nuovo". Un omaggio sia allo scrittore che al paese d'origine del cantante, dal momento che Albione è il più antico nome delle isole britanniche; un luogo di cui Plant aveva grande nostalgia, visto l'esilio fiscale dei Led Zeppelin. Come prevedibile, data la complessa natura compositiva del brano, eseguire Achilles Last Stand dal vivo rappresentò una bella sfida per i quattro musicisti, e tuttavia non mancò mai di venir suonata durante tutto il tour del '77, dimostrando ampiamente quanto questa canzone avesse fatto breccia nel cuore del pubblico. Nonostante l'ostica struttura chitarristica, Page non ebbe nemmeno bisogno di ricorrere alla sua iconica Gibson a doppio manico, preferendo affidarsi alla solida sicurezza della sua vecchia Les Paul Standard del '59. Riassumendo: Achilles Last Stand è un piccolo capolavoro, nonché senza dubbio il brano più potente ed incisivo di Presence. Basterebbe questo pezzo da solo a dare un senso all'intero album, alla faccia di alcune drastiche critiche che gli furono mosse. Non sorprende affatto che i Led Zeppelin avessero deciso di usarlo per aprire il loro disco, piuttosto che porlo come "baricentro" dell'opera così come fu per pezzi come Kashmir e Stairway to Heaven. Perché questa canzone è l'emblema stesso dell'album che la ospita, quel che occorre per dire: siamo ancora in campo, feriti ma non sconfitti, e questa è la nostra Presenza. Come da consuetudine, la traccia che segue tende a smorzare la tensione per portarsi su sonorità più distese; è la tipica alternanza di "luci e ombre" tanto cara a Jimmy Page.

da completare


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Justin Adams & Robert Plant 11/2004


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 Nigel Kennedy & Robert Plant Kashmir 2017 Royal Albert Hall

Robert Plant ha offerto una rara interpretazione di "Kashmir" dei Led Zeppelin durante un turno da ospite con il violinista Nigel Kennedy la scorsa notte. Dai un'occhiata allo spettacolo dalla Royal Albert Hall di Londra di seguito.
Planty' è una vera leggenda del rock e un vero pioniere musicale", ha detto Kennedy, che in precedenza aveva collaborato con Plant in Fate of Nations del 1993 . "Spinge sempre e sfida se stesso e si immerge nella musica. Quando lavoriamo insieme, è una combinazione di potere e creatività".
Kennedy si unì originariamente alle sessioni di Fate of Nations dopo che Plant non fu soddisfatto dell'orchestrazione. Plant ha fatto riferimento specificamente a quel periodo sul palco, dicendo "questo ragazzo ci ha salvato la vita". Plant ha poi scherzato: "Non so se questo sia un rimborso o cosa".
Plant è stato raggiunto in questo arrangiamento orchestrale completamente nuovo da un gruppo di musicisti indiani che hanno aggiunto l'accompagnamento perfetto. Ha aperto la performance con una cover di "Hey Joe", una canzone resa popolare da Jimi Hendrix . Altri ospiti includevano la leggenda del jazz Jean-Luc Ponty, così come Justin Adams e Jon Baggott del gruppo di lavoro regolare di Plant, i Sensational Shape Shifters.

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Buddy Miller featured playing "Somewhere Trouble Don't Go" live at Hardly Strictly Bluegrass festival on Sept 30, 2011. Robert Plant, Patty Griffin on backing vocals, Robert Plant on harmonica, and Darrell Scott on banjo.
Robert Plant and the Band of Joy playing "Somewhere Trouble Don't Go".


"ROBERT PLANT & THE HONEYDRIPPERS: Live In Monmouth Wales" - (1985
The Honeydrippers were an English rock and roll band of the 1980s, deriving their name from Roosevelt Sykes, an American blues singer also known as "Honeydripper". Former Led Zeppelin lead singer Robert Plant formed the group in 1981 to satisfy his long-time goal of having a rock band with a heavy rhythm and blues basis. Formed originally in Worcestershire, the band was also composed of fellow former Led Zeppelin member Jimmy Page; Jeff Beck (a former Yardbirds member like Page); and other friends and well-known studio musicians including original Judas Priest guitarist Ernest Chataway. The band released only one recording, an EP titled The Honeydrippers: Volume One, on 12 November 1984.
The Honeydrippers peaked at number 3 in early 1985 on the Billboard Hot 100 with a remake of the Phil Phillips' tune "Sea of Love", and hit number 25 with "Rockin' at Midnight", originally a Roy Brown recording and a rewrite of "Good Rockin' Tonight." With the EP's success, Plant stated that a full album would be recorded, but it never was.
Gli Honeydrippers erano un gruppo rock and roll inglese degli anni '80, che prende il nome da Roosevelt Sykes, un cantante blues americano noto anche come "Honeydripper". L'ex cantante dei Led Zeppelin Robert Plant formò il gruppo nel 1981 per soddisfare il suo obiettivo di lunga data di avere una rock band con una forte base rhythm and blues. Formatasi originariamente nel Worcestershire, la band era composta anche dal collega ex membro dei Led Zeppelin Jimmy Page; Jeff Beck (un ex membro degli Yardbirds come Page); e altri amici e noti musicisti di studio tra cui il chitarrista originale dei Judas Priest Ernest Chataway. La band pubblicò solo una registrazione, un EP intitolato The Honeydrippers: Volume One, il 12 novembre 1984.
Gli Honeydrippers raggiunsero il numero 3 all'inizio del 1985 nella Billboard Hot 100 con un remake del brano di Phil Phillips "Sea of Love", e raggiunsero il numero 25 con "Rockin' at Midnight", originariamente una registrazione di Roy Brown e una riscrittura di "Buon rock stasera." Con il successo dell'EP, Plant dichiarò che sarebbe stato registrato un album completo, ma non lo fu mai.
ROBERT PLANT & THE HONEYDRIPPERS: Live In Monmouth Wales" - (1985)


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Robert Plant tells a Guns N Roses joke / The Rain Song (Led Zeppelin) 03/09/2023 Ostia Rome Italy






Saving Grace- Nature Boy- Set Theatre Kilkenny- 21.07.19


The finale of Robert Plant & the Sensational Space Shifters´ performance at Secret Solstice, June 23, ´19. A clip of the Immigrant Song snippet, featured as an extra encore.


Saving Grace (Robert Plant)- Nature Boy Snippet- Waterford

Robert Plant "Nature Boy" written by Eden Ahbez, hit Nat King Cole (Washington DC, 21 October 2016
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robert plant, hey hey mama, 04/28/2011, jazz fest 2011


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Fantastico è dir poco..
In the light..!
.E se senti che non puoi andare avanti
E la tua determinazione sta affondando lentamente
Credi solamente, e non potrai sbagliare
Nella luce, troverai la strada
Troverai la strada Nella luce
Tutti hanno bisogno della luce
Nella luce, nella luce, nella luce💞
Hey, oh, though the winds of change may blow around you
But that will always be so
Wow-wow, wow-wow, when love is pain it can devour you
If you are never alone
I would share your load, I would share your load
Baby, let me, oh, let me
In the light
Everybody needs the light
Pensavi che Kashmir fosse una perla isolata nel deserto?
Invece no, il secondo vinile di Physical Graffiti riprende da dove aveva finito il primo.
In The Light ha ancora un’atmosfera orientale, con la nota acuta del sintetizzatore di John Paul Jones e un altro suono baritono in sottofondo, un suono strano e in effetti molto orientale ma allo stesso tempo già sentito, un qualcosa che rimanda a un altro brano del gruppo.
L’intro è lunga e penetrante, quasi ti manda in trance prima della voce di Robert Plant a quasi due minuti. Ti dice di essere determinato, di credere intensamente per andare avanti, di credere per non sbagliare, di credere per trovare la strada, la luce. Di credere.
In The Light non segue semplicemente Kashmir nella tracklist ma è legata a lei per il concetto, essendo la scoperta di quell’illuminazione che il gruppo cercava su Kashmir, e anche per le sonorità.
Qui il merito è tutto, finalmente, di John Paul Jones. Jimmy Page suona l’intro con la tecnica dell’archetto da violino, come su Dazed and Confused e How Many More Times. Ecco cos’era quel suono baritono nei primi secondi.
Tutto questo rende l’inizio contemplativo, come un miraggio nel deserto o una luce interiore per andare avanti, il senso della vita.
Sei ipnotizzato ma il risveglio è improvviso, arriva con il riff di chitarra di Page; ti svegli di soprassalto, seguendo la luce, seguendo la voce chiara di Plant, la chitarra e la batteria di John Bonham che scandisce il tempo tranquillo, senza fretta.
Plant racconta questo “senso” a un’ipotetica figura femminile, un’abitudine tanto cara ai fan Led Zeppelin, con parole di conforto e aiuto (“Did you ever believe that I could leave you standin out in the cold”).
Il protagonista della storia può essere lo stesso di Kashmir che ha raggiunto un livello di saggezza molto grande. Dice alla donna di essere “scivolato attraverso gli abissi della mia anima” e di volerle mostrare la luce dietro “ogni piega della strada”, come se la luce (interiore) fosse indispensabile per vedere le curve (pieghe) cioè i problemi, le difficoltà della vita.
Dopo un particolare momento di tastiere e chitarra a metà brano, In The Light si ferma nuovamente e torna a essere quella dell’inizio, come l’illusione di un’oasi nel deserto e dover ricominciare da capo, di nuovo in trance con un’altra luce.
L’uomo vuole condividere il “peso” della donna, le chiede di permetterglielo, di aprire il suo cuore perché “everybody needs the light”.
In The Light passa continuamente dall’atmosfera cupa, di chi cerca la luce ma non la trova, a un senso di liberazione quando Jimmy Page suona la chitarra.
È un brano pieno d’amore.
Robert Plant and His Strange Sensations
Pori Jazz 2001 WorkShop, Pori, Finland 7-18-2001
1. Intro tape 0:00
2. If I ever get lucky 2:54
3. In The Light 11:36
4. Darkness Darkness 21:54
5. Four Sticks 28:07
6. Hey Joe 33:54
7. In The Mood 43:08
8. A House Is Not A Motel 49:43
9. Babe, I'm gonna Leave You 58:31
Encores:
1. Seasons Of The Witch 1:05:23
2. Whole Lotta Love 1:14:34
3. Song To A Siren 1:22:41


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“Divinità dalla suprema voce
la tua temporalità mi é entrata nelle ossa.”💞

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...tutto è vita...il nostro tempo peggiore e quello migliore..
basta essere sempre se stessi, guardare avanti tenendo per mano i nostri affetti più cari..
non siamo infallibili ma proprio per questo
siamo emozioni..


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“Pioggia d'autunno, Lloyd…”
“Bagna i ricordi d'estate, sir”
“E li lava via, Lloyd?”
“Li innaffia, sir”
“Crescerà la malinconia per quel che è stato, Lloyd”
“O forse spunterà il sole su quel che verrà, sir”
“Non è poi male la pioggia d'autunno”
“Per niente, sir. Per niente”
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𝑬̀ 𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒂𝒗𝒆𝒓𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒎𝒊𝒐 𝒂𝒎𝒐𝒓𝒆
𝑳𝒂 𝒔𝒆𝒄𝒐𝒏𝒅𝒂 𝒔𝒕𝒂𝒈𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒐
𝑻𝒖 𝒔𝒆𝒊 𝒍𝒂 𝒍𝒖𝒄𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝒔𝒐𝒍𝒆 𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒎𝒊𝒂 𝒄𝒓𝒆𝒔𝒄𝒊𝒕𝒂
𝑷𝒓𝒊𝒎𝒂 𝒉𝒐 𝒔𝒆𝒏𝒕𝒊𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒑𝒐𝒄𝒐 𝒄𝒂𝒍𝒐𝒓𝒆
𝑵𝒐𝒏 𝒆̀ 𝒅𝒊𝒇𝒇𝒊𝒄𝒊𝒍𝒆 𝒑𝒆𝒓 𝒎𝒆 𝒔𝒆𝒏𝒕𝒊𝒓𝒎𝒊 𝒔𝒑𝒍𝒆𝒏𝒅𝒆𝒓𝒆
𝑯𝒐 𝒈𝒖𝒂𝒓𝒅𝒂𝒕𝒐 𝒊𝒍 𝒇𝒖𝒐𝒄𝒐 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒏𝒕𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒔𝒄𝒂𝒓𝒔𝒐
𝑬̀ 𝒍’𝒆𝒔𝒕𝒂𝒕𝒆 𝒅𝒆𝒊 𝒎𝒊𝒆𝒊 𝒔𝒐𝒓𝒓𝒊𝒔𝒊
𝑭𝒖𝒈𝒈𝒊𝒕𝒆 𝒅𝒂 𝒎𝒆, 𝒄𝒖𝒔𝒕𝒐𝒅𝒊 𝒅𝒆𝒍 𝒃𝒖𝒊𝒐
𝑷𝒂𝒓𝒍𝒂𝒕𝒆𝒎𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒄𝒐𝒏 𝒊 𝒗𝒐𝒔𝒕𝒓𝒊 𝒐𝒄𝒄𝒉𝒊
𝑬̀ 𝒂 𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒉𝒐 𝒅𝒂𝒕𝒐 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒎𝒆𝒍𝒐𝒅𝒊𝒂
𝑵𝒐𝒏 𝒆̀ 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒅𝒊𝒇𝒇𝒊𝒄𝒊𝒍𝒆 𝒅𝒂 𝒓𝒊𝒄𝒐𝒏𝒐𝒔𝒄𝒆𝒓𝒆, 𝒐𝒉
𝑸𝒖𝒆𝒔𝒕𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒆 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒓𝒆 𝒂 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒗𝒐𝒍𝒕𝒂 𝒊𝒏 𝒗𝒐𝒍𝒕𝒂, 𝒐𝒐𝒉
𝑶𝒉, 𝒐𝒉
𝑶𝒉, 𝒐𝒉
𝑷𝒂𝒓𝒍𝒂, 𝒑𝒂𝒓𝒍𝒂, 𝒑𝒂𝒓𝒍𝒂, 𝒑𝒂𝒓𝒍𝒂
𝑬𝒉𝒊, 𝒉𝒐 𝒔𝒆𝒏𝒕𝒊𝒕𝒐 𝒊𝒍 𝒇𝒓𝒆𝒅𝒅𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒎𝒊𝒐 𝒊𝒏𝒗𝒆𝒓𝒏𝒐
𝑵𝒐𝒏 𝒂𝒗𝒓𝒆𝒊 𝒎𝒂𝒊 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒂𝒕𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒂𝒓𝒆𝒃𝒃𝒆 𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒊𝒕𝒐
𝑯𝒐 𝒎𝒂𝒍𝒆𝒅𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒍’𝒐𝒔𝒄𝒖𝒓𝒊𝒕𝒂̀ 𝒄𝒉𝒆 𝒔𝒊 𝒆̀ 𝒇𝒊𝒔𝒔𝒂𝒕𝒂 𝒔𝒖 𝒅𝒊 𝒏𝒐𝒊
𝑺𝒖 𝒅𝒊 𝒏𝒐𝒊, 𝒔𝒖 𝒅𝒊 𝒏𝒐𝒊, 𝒔𝒖 𝒅𝒊 𝒏𝒐𝒊
𝑴𝒂 𝒔𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒕𝒊 𝒂𝒎𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒕𝒂𝒏𝒕𝒐
𝑶𝒉, 𝒎𝒂 𝒍𝒐 𝒔𝒐
𝑪𝒉𝒆 𝒕𝒊 𝒂𝒎𝒐 𝒄𝒐𝒔𝒊̀ 𝒕𝒂𝒏𝒕𝒐
𝑸𝒖𝒆𝒔𝒕𝒆 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒍𝒆 𝒔𝒕𝒂𝒈𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝒆𝒎𝒐𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊
𝑬 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒊𝒍 𝒗𝒆𝒏𝒕𝒐, 𝒄𝒓𝒆𝒔𝒄𝒐𝒏𝒐 𝒆 𝒅𝒊𝒎𝒊𝒏𝒖𝒊𝒔𝒄𝒐𝒏𝒐
𝑸𝒖𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒆̀ 𝒍𝒂 𝒎𝒆𝒓𝒂𝒗𝒊𝒈𝒍𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒅𝒆𝒗𝒐𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆
𝑽𝒆𝒅𝒐 𝒍𝒂 𝒕𝒐𝒓𝒄𝒊𝒂
𝑻𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒏𝒐𝒊 𝒅𝒐𝒃𝒃𝒊𝒂𝒎𝒐 𝒕𝒆𝒏𝒆𝒓𝒍𝒂
𝑸𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒆̀ 𝒊𝒍 𝒎𝒊𝒔𝒕𝒆𝒓𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝒒𝒖𝒐𝒛𝒊𝒆𝒏𝒕𝒆
𝑸𝒖𝒐𝒛𝒊𝒆𝒏𝒕𝒆
𝑺𝒖 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒏𝒐𝒊, 𝒔𝒖 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒏𝒐𝒊 𝒅𝒆𝒗𝒆 𝒄𝒂𝒅𝒆𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒑𝒐’ 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒐𝒈𝒈𝒊𝒂
𝑺𝒐𝒍𝒐 𝒖𝒏 𝒑𝒐’ 𝒅𝒊 𝒑𝒊𝒐𝒈𝒈𝒊𝒂, 𝒐𝒉
𝑶𝒐𝒉, 𝒔𝒊̀ 𝒔𝒊̀ 𝒔𝒊̀
𝑹𝑶𝑩𝑬𝑹𝑻 𝑷𝑳𝑨𝑵𝑻..
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Sidney 2018



Sydney 2018
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ROBERT PLANT: L’UGOLA DIONISIACA DELL’HARD ROCK, blues..invenzione carisma talento..NON SOLO LED ZEPPELIN
Blues..invenzione..carisma..talento..fascino
Robert Plant: quando il rock è di classe
Maresa Galli luglio 24, 2016
Un concerto carico di attesa non delusa, con migliaia di fan ad attendere la star del rock, la mitica voce e front dei leggendari Led Zeppelin all’Arena Flegrea di Napoli. Apre il concerto un gruppo favoloso, quello di Mike Sanchez and The Portions. L’ottimo blues singer, pianista, autore, band leader inglese conquista il pubblico con un repertorio irresistibile di r’n’b, r’n’r, blues, rockabilly, con il suo omaggio a John Lee Hooker e alla sua mitica Boom Boom, a Bo Diddley e ad altri mostri sacri.
Poi la scena si apre con l’ingresso di Robert Plant, che torna dopo dieci anni dall’ultimo concerto al Neapolis Festival, e della sua band The Sensational Space Shifters ed è un boato. La voce è ancora melodiosa, dolce e roca, versatile, sexy quando incanta con Rainbow, Al the king’s horses, brani tratti dal suo repertorio post Zeppelin, alternandoli con nuovi brani composti con la band attuale fino alla carrellata di vecchi successi della più importante band della storia del rock attesissimi dal pubblico.
Con i Sensational, ottimi musicisti, Plant riscopre le radici folk, un repertorio più world che concede lunghi assolo agli ottimi solisti tutti autori dei brani che interpretano. Suona banjo e chitarra acustica Liam “Skin” Tyson, chitarra elettrica, blues, rock’n’roll e rockabilly Justin Adams, John Baggott i synth, il goje Juldeh Camara dal Gambia, e la strepitosa sezione ritmica è composta da Billy Fuller al basso e Dave Smith alla batteria. Suggestivo il goje di Camara, il violino africano che con il mandolino e il banjo scandaglia sonorità folk e melodie napoletane.
Un momento di pura poesia è quello in cui Plant miscela Baby I’m gonna leave you con Surrender (Torna a Sorrento), cantata nello stile di Elvis che il musicista di West Bromwich ha tanto ammirato. Il suo ultimo album, Lullaby and the… Ceaseless Roar mostra la capacità di Plant di rimettersi in gioco senza vivere di gloria passata e nostalgia. Con i Sensational approda alla poliritmia africana passando per il blues, il folk, la trance, riscoprendo le tradizioni celtiche. I suoni giungono sino all’elettronica dei sintetizzatori di John Baggott (già membro degli Strange Sensation di Robert Plant e dal vivo con Portishead e Massive Attack) per poi tornare al grande r’n’r. Da Black Dog a What Is and What Should Never Be passando per la tradizionale Little Maggie, suonate con uno stile più intimo, country, Plant delizia i fan con No Place To Go dei Fleetwood Mac, How Many More Times, Dazed And Confused, Black Dog, Whole lotta love, Hey! Bo Diddley. E ancora
I just want to make love with you di Willie Dixon, una travolgente Whole lotta love, intercalate da Blubirds over the mountain di Ersel Hickley prima della celebre Rock and Roll in un rutilante medley di folk rock: All the King’s Horses, Babe, I’m gonna leave you, Fixin’ to die di Bukka White prima della struggente Going to California.
La bravura e l’intelligenza di Plant fanno si che le note prolungate dell’hard rock diventino oggi sopracuti di velluto, che le parentesi più acide si trasformino in caldi abbracci vocali, per un artista oggi sessantottenne ancora caposcuola di stile ed eleganza che non vive seduto sugli allori ma guarda avanti con sapienza e ironia.
Robert Plant - Live a Napoli
Robert Plant ha incantato l'Arena Flegrea di Napoli. Il suo concerto è stata un'esplorazione musicale che è andata dai Led Zeppelin all'Africa.
Napoli, Robert Plant incanta l’Arena Flegrea con la sua musica
24 LUGLIO 2016 01:59 DI ANDREA AVERSA
Sono le 22 in punto quando si spengono le luci e i Sensational Space Shifters fanno il loro ingresso sul palco. Subito dopo appare lui: camicia azzurra (chissà se è un caso) e inconfondibile chioma.
Napoli, Robert Plant incanta l'Arena Flegrea con la sua musica
Robert Plant ha 68 anni ma la sua figura ricorda sempre quella leggendaria degli anni ’70, quando cantava con i Led Zeppelin. Le sue movenze sono solo un pò più lente ma quando inizia a cantare dimostra di avere ancora una voce unica e inimitabile.
Il concerto è uno show dove il rocker instaura subito un rapporto empatico con la platea. Il pubblico si fa trovare pronto e stupisce per un dettaglio: ci sono giovani e meno giovani ad assistere al live. Questo dimostra come la musica di Plant sia multigenerazionale.
Sir Robert propone insieme alla sua nuova band, composta da eccellenti musicisti, nuovi brani ma anche grandi successi risalenti ai tempi dei Led Zeppelin. È qui che si comprende la grandezza dell’artista. Plant ha dimostrato di poter andare oltre il mito della sua vecchia band. Ha reso possibile il poter recidere un legame indissolubile, per esplorare la propria libertà musicale e creativa.
Se Plant fosse stato un contenitore e l’avremmo aperto, sarebbero usciti il blues, il rock, il folk, il country, melodie africane e suoni elettronici. Il bello è che insieme ai Sensational, tutti questi generi si fondono, diventandone uno soltanto.
La serata si infiamma quando vengono suonati e cantati i successi dei Led Zeppelin: “Black Dog” con una base ritmica nuova e magnificamente riarrangiata; “What Is and What Should Never Be” mostra quanto Plant sia un animale da palcoscenico; “Dazed and Confused” lasciata così come è, fedele alla versione originale; “Babe I’m Gonna Leave You” che emoziona e commuove gli spettatori; “Whole Lotta Love” e “Rock and Roll”, semplicemente il gran finale, il momento dove tutti balzano in piedi perché è impossibile resistere ai quei riff di chitarra.
Robert Plant ha anche fatto capire che non può fare a meno di chitarristi virtuosi e scenici allo stesso tempo. Justin Adams e Liam “Skin” Tyson sono perfetti per il ruolo. L’alchimia tra loro è incredibile.
Il rocker e frontman regala anche una chicca ai napoletani accorsi numerosi (più di 6mila persone) ad assistere al suo concerto. Una versione poetica, ovviamente tradotta in inglese, del capolavoro della canzone napoletana: “Torna a Surriento”.
Ha affermato Plant: “Io adoro, amo la canzone e la musica napoletana. Hanno una funzione epica e muovono sentimenti che nessuna altra melodia potrà mai comunicare“.
Anche noi ti amiamo Robert, amiamo il modo con cui fai e vivi la musica. Vieni a Napoli quando vuoi, sarai il benvenuto. Se oltre con i Sensational vuoi tornare anche in compagnia di Jimmy Page e John Paul Jones meglio ancora. O forse no, non ne hai più bisogno e da tempo ormai.
Guarda il video dell’esibizione:
Napoli [Arena Flegrea]2016
Robert Plant, la mitica voce dei Led Zeppelin trascorre due giorni all'Hotel Francia & Quirinale
Montecatini, 12 luglio 2014 - Robert Plant ha scelto Montecatini come base nei due giorni che ha trascorso in Toscana. La voce della grande bans Led Zeppelin è stato protagonista della seconda serata del Pistoia Blues Festival, dove si è esibito ieri insieme con i Sensational Space Shifters. Per il suo soggiorno ha scelto la la nostra città dove ha alloggiato all’Hotel Francia & Quirinale. Robert Plant, accompagnato dai musicisti e dai tecnici, in tutto circa 20 persone, ha trascorso due giorni in albergo, al riparo dai fan che hanno saputo della sua presenza solo dopo la partenza. Nonostante fosse ormai alla sua sesta partecipazione al Pistoia Blues, era la prima volta che soggiornava a Montecatini.
Il cantante è rimasto molto colpito dalla città, della sua tranquillità e ,allo stesso tempo, dall’eleganza dei suoi edifici storici e del parco termale. Nel pomeriggio di ieri si è anche dedicato allo shopping. Plant ha giudicato molto soddisfacente il soggiorno all’Hotel Francia & Quirinale, dove ha potuto rilassarsi nella sua suite prestige, una delle nuovissime camere dell'albergo, e sull’elegante terrazza prima e dopo il concerto. Montecatini e i suoi centri benessere hanno anche conquistato i musicisti della band Sensational Space Shifters, alcuni di loro hanno infatti voluto provare i trattamenti termali o correre nel parco. Gary Trew, il manager di Robert Plant, e anche di Peter Gabriel, ex Genesis, ha promesso che tornerà di nuovo a Montecatini in occasione di futuri concerti in Toscana.
Robert Plant, la mitica voce dei Led Zeppelin trascorre due giorni all'Hotel Francia & Quirinale
Montecatini, 12 luglio 2014 - Robert Plant ha scelto Montecatini come base nei due giorni che ha trascorso in Toscana. La voce della grande bans Led Zeppelin è stato protagonista della seconda serata del Pistoia Blues Festival, dove si è esibito ieri insieme con i Sensational Space Shifters. Per il suo soggiorno ha scelto la la nostra città dove ha alloggiato all’Hotel Francia & Quirinale. Robert Plant, accompagnato dai musicisti e dai tecnici, in tutto circa 20 persone, ha trascorso due giorni in albergo, al riparo dai fan che hanno saputo della sua presenza solo dopo la partenza. Nonostante fosse ormai alla sua sesta partecipazione al Pistoia Blues, era la prima volta che soggiornava a Montecatini.
Il cantante è rimasto molto colpito dalla città, della sua tranquillità e ,allo stesso tempo, dall’eleganza dei suoi edifici storici e del parco termale. Nel pomeriggio di ieri si è anche dedicato allo shopping. Plant ha giudicato molto soddisfacente il soggiorno all’Hotel Francia & Quirinale, dove ha potuto rilassarsi nella sua suite prestige, una delle nuovissime camere dell'albergo, e sull’elegante terrazza prima e dopo il concerto. Montecatini e i suoi centri benessere hanno anche conquistato i musicisti della band Sensational Space Shifters, alcuni di loro hanno infatti voluto provare i trattamenti termali o correre nel parco. Gary Trew, il manager di Robert Plant, e anche di Peter Gabriel, ex Genesis, ha promesso che tornerà di nuovo a Montecatini in occasione di futuri concerti in Toscana.
Live performance at Pistoia Blues Festival, Piazza Duomo 11.07.2014.
"Rock and Roll" is a song by the English rock band Led Zeppelin, which was first released as the second track from the band's fourth album in 1971. The song includes a guest appearance by the Rolling Stones pianist Ian Stewart. In 1972 Robert Christgau called it "simply the most dynamic hard-rock song in the music."
Robert Plant - Rock and Roll ~ Pistoia 2014 [Archive]

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“Non andare dove ti porta il sentiero, vai invece dove non c’è sentiero e lascia una traccia.” ―

Ogni volta che ho dato un addio frettoloso a una persona cara, mi sono sempre assicurato che la mia collezione di dischi fosse conservata al sicuro nel bagagliaio dell'auto.
Whenever I have said a hasty farewell to a loved one, I always made sure that my record collection was kept safely in the trunk of the car.
.a phrase full of emotional meaning
.una frase piena di significato emotivo
-Robert Plant..






“Non andare dove ti porta il sentiero, vai invece dove non c’è sentiero e lascia una traccia.” ―



𝐂𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢 𝐦𝐨𝐝𝐢 𝐝𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐧𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐞 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐩𝐫𝐞𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚. 𝐎𝐠𝐧𝐮𝐧𝐨 𝐡𝐚 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐫𝐞𝐟𝐞𝐫𝐢𝐭𝐨.
𝐦𝐢𝐚 𝐜𝐢𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
😘
𝐈𝐥 𝐫𝐢𝐭𝐦𝐨 𝐞̀ 𝐥’𝐚𝐧𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚.


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quelle che viaggiano leggiadre e non si fermano mai alle apparenze...😘
Robert Plant - Going To California (Live)
.ho sempre un refrain ..è quel "viaggio" che intraprendo ogni giorno..vado" going to.." qualunque sia la destinazione...ogni destinazione è qualcosa di prezioso ..Con amore negli occhi e fiori nei capelli.💐😘💓

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Robert Plant & Alison Krauss
Jazzopen Stuttgart 2022
𝑬̀ 𝒃𝒆𝒍𝒍𝒐 𝒊𝒎𝒎𝒂𝒈𝒊𝒏𝒂𝒓𝒆 𝑹𝒐𝒃𝒆𝒓𝒕 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒖𝒏 𝒗𝒊𝒂𝒏𝒅𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒑𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒖𝒂 𝒇𝒂𝒕𝒕𝒐𝒓𝒊𝒂 𝒕𝒓𝒂 𝒍𝒆 𝒄𝒐𝒍𝒍𝒊𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍 𝑮𝒂𝒍𝒍𝒆𝒔 (𝒑𝒆𝒓 𝒈𝒊𝒓𝒂𝒓𝒆 𝒊𝒍 𝒎𝒐𝒏𝒅𝒐 𝒆 𝒊𝒎𝒎𝒆𝒓𝒈𝒆𝒓𝒔𝒊 𝒏𝒆𝒊 𝒔𝒖𝒐𝒊 𝒔𝒖𝒐𝒏𝒊, 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒊 𝒈𝒊𝒓𝒂 𝒎𝒂𝒊 𝒊𝒏𝒅𝒊𝒆𝒕𝒓𝒐 𝒆 𝒔𝒆 𝒍𝒂 𝒓𝒊𝒅𝒆 𝒎𝒆𝒏𝒕𝒓𝒆 𝒕𝒖𝒕𝒕𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒏𝒖𝒂𝒏𝒐 𝒂 𝒄𝒉𝒊𝒆𝒅𝒆𝒓𝒔𝒊 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒏𝒐𝒏 𝒗𝒖𝒐𝒍𝒆 𝒇𝒂𝒓𝒆 𝒍𝒂 𝒓𝒆𝒖𝒏𝒊𝒐𝒏 𝒅𝒆𝒊 𝑳𝒆𝒅 𝒁𝒆𝒑𝒑𝒆𝒍𝒊𝒏.
𝑺𝒆𝒎𝒑𝒍𝒊𝒄𝒆𝒎𝒆𝒏𝒕𝒆 𝑹𝑶𝑩𝑬𝑹𝑻 𝒏𝒐𝒏 𝒏𝒆 𝒉𝒂 𝒗𝒐𝒈𝒍𝒊𝒂 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒉𝒆́ 𝒉𝒂 𝒂𝒃𝒃𝒂𝒔𝒕𝒂𝒏𝒛𝒂 𝒊𝒔𝒑𝒊𝒓𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒆𝒅 𝒆𝒏𝒆𝒓𝒈𝒊𝒂 𝒑𝒆𝒓 𝒂𝒏𝒅𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒗𝒂𝒏𝒕𝒊 𝒏𝒆𝒍 𝒔𝒖𝒐 𝒑𝒆𝒓𝒄𝒐𝒓𝒔𝒐, 𝒆 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒏𝒖𝒂𝒓𝒆 𝒂𝒅 𝒂𝒍𝒍𝒂𝒓𝒈𝒂𝒓𝒆 𝒊 𝒄𝒐𝒏𝒇𝒊𝒏𝒊 𝒅𝒆𝒍 𝒔𝒖𝒐𝒏𝒐 𝒓𝒐𝒄𝒌, 𝒃𝒍𝒖𝒆𝒔 𝒆 𝒇𝒐𝒍𝒌 𝒄𝒉𝒆 𝒑𝒓𝒐𝒑𝒓𝒊𝒐 𝒈𝒍𝒊 𝒁𝒆𝒑𝒑𝒆𝒍𝒊𝒏 𝒉𝒂𝒏𝒏𝒐 𝒅𝒊𝒔𝒆𝒈𝒏𝒂𝒕𝒐 𝒊𝒏 𝒒𝒖𝒆𝒍 𝒎𝒐𝒅𝒐 𝒊𝒓𝒓𝒊𝒑𝒆𝒕𝒊𝒃𝒊𝒍𝒆. “𝑴𝒊 𝒔𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒖𝒏 𝒎𝒂𝒓𝒊𝒏𝒂𝒊𝒐 𝒄𝒉𝒆 𝒉𝒂 𝒑𝒂𝒔𝒔𝒂𝒕𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒕𝒐 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐 𝒊𝒏 𝒕𝒂𝒏𝒕𝒊 𝒑𝒐𝒓𝒕𝒊 𝒅𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊”, 𝒉𝒂 𝒅𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒊𝒏 𝒖𝒏’𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒗𝒊𝒔𝒕𝒂.
𝑰𝒍 𝒗𝒊𝒂𝒏𝒅𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒉𝒂 𝒑𝒐𝒓𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒍𝒂 𝒔𝒖𝒂 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒂𝒇𝒇𝒂𝒔𝒄𝒊𝒏𝒂𝒏𝒕𝒆 𝒊𝒏 𝒈𝒊𝒓𝒐 𝒑𝒆𝒓 𝒊𝒍 𝒎𝒐𝒏𝒅𝒐 𝒆𝒅 𝒆̀ 𝒕𝒐𝒓𝒏𝒂𝒕𝒐 𝒂 𝒏𝒐𝒊 𝒄𝒐𝒏 𝒖𝒏𝒂 𝒎𝒖𝒔𝒊𝒄𝒂 𝒈𝒓𝒂𝒇𝒇𝒊𝒂𝒏𝒕𝒆, 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒏𝒔𝒂 𝒆 𝒊𝒑𝒏𝒐𝒕𝒊𝒄𝒂 𝒔𝒆𝒏𝒛𝒂 𝒑𝒆𝒓𝒅𝒆𝒓𝒆 𝒏𝒖𝒍𝒍𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒔𝒖𝒐 𝒇𝒂𝒔𝒄𝒊𝒏𝒐 𝒐𝒔𝒄𝒖𝒓𝒐. 𝑪𝒐𝒎𝒆 𝒉𝒂 𝒓𝒂𝒄𝒄𝒐𝒏𝒕𝒂𝒕𝒐 𝒊𝒍 𝒔𝒖𝒐 𝒄𝒉𝒊𝒕𝒂𝒓𝒓𝒊𝒔𝒕𝒂 𝑱𝒖𝒔𝒕𝒊𝒏 𝑨𝒅𝒂𝒎𝒔 (𝒏𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒑𝒓𝒆𝒄𝒆𝒅𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒃𝒂𝒏𝒅 𝒅𝒊 𝑹𝒐𝒃𝒆𝒓𝒕): “𝑰𝒏 𝒔𝒕𝒖𝒅𝒊𝒐 𝑷𝒍𝒂𝒏𝒕 𝒄𝒓𝒆𝒂 𝒖𝒏’𝒂𝒕𝒎𝒐𝒔𝒇𝒆𝒓𝒂 𝒕𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒂 𝒇𝒂𝒓𝒕𝒊 𝒑𝒆𝒏𝒔𝒂𝒓𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒅𝒂 𝒖𝒏 𝒎𝒐𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒂𝒍𝒍’𝒂𝒍𝒕𝒓𝒐 𝒑𝒐𝒔𝒔𝒂 𝒗𝒆𝒏𝒊𝒓𝒆 𝒈𝒊𝒖̀ 𝒖𝒏 𝒇𝒖𝒍𝒎𝒊𝒏𝒆 𝒅𝒂𝒍 𝒄𝒊𝒆𝒍𝒐”.
It's nice to imagine Robert as a traveler who leaves from his farm in the Welsh hills to travel the world and immerse himself in its sounds, who never looks back and laughs while everyone continues to ask himself why he doesn't want to do the Led reunion Zeppelin.
Robert simply doesn't want to because he has enough inspiration and energy to continue on his path and continue to expand the boundaries of the rock, blues and folk sound that Zeppelin designed in that unrepeatable way.
"I feel like a sailor who has spent a lot of time in many different ports," he said in an interview.
The wanderer brought his fascinating presence around the world and returned to us with scratchy, intense and hypnotic music without losing any of his dark charm.
As his guitarist Justin Adams (in Robert's previous band) said: "Plant creates an atmosphere in the studio that makes you think that at any moment lightning could come down from the sky"
...Immenso
Robert Plant & Alison Krauss - When the Levee Breaks, 8/15/2022, Rady Shell, San Diego, CA
Robert Plant and Alison Krauss performing the Led Zeppelin classic "The Battle of Evermore». Recorded at Bergenhus Festning, Bergen, Norway. Saturday july 2th, 2022.
Robert Plant/Alison Krauss “When The Levee Breaks” Greek Theater Los Angeles, Calif. August 18, 2022
Robert Plant/Alison Krauss “Battle Of Evermore” Greek Theater Los Angeles, Californ August 18, 2022

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"la misura dell'intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario"💞



“Non andare dove ti porta il sentiero, vai invece dove non c’è sentiero e lascia una traccia.” ―



Robert Plant and Alison Krauss - In the Mood - AUB Pavilion, Portsmouth, Va - 5/17/23
https://www.facebook.com/watch?v=117620758081411
..trovartelo davanti e....❤



.una immagine che respira di Musica ..ne abbraccia contorni e vitalità!!

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La musica trasforma in poesia anche la vita più dura.
La musica significa comunicazione per me. Dico "ascoltate gente là fuori, ascoltate la mia musica,
diventiamo uno".
La musica mi è amica quando sono solo, quando sono blu.
Non puoi definire la musica perchè la musica è il cosmo e non conosce barriere o definizioni:
Devi sentire la musica per apprezzarla
Robert Plant.
..lo adoro!!!🥰
𝐚𝐠𝐠𝐢𝐮𝐧𝐠𝐨
𝐈𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐯𝐞𝐜𝐜𝐡𝐢𝐨! 𝐍𝐨𝐧 𝐯𝐨𝐠𝐥𝐢𝐨𝐧𝐨 𝐝𝐢𝐫 𝐧𝐮𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐚𝐧𝐭𝐚𝒄𝒊𝒏𝒒𝒖𝒆𝒂𝒏𝒏𝒊! 𝐂𝐢𝐧𝐪𝐮𝐚𝐧𝐭'𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐧𝐮𝐥𝐥𝐚, 𝐧𝐨𝐧 𝐦𝐢 𝐬𝐞𝐩𝐚𝐫𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐟𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐢𝐧𝐞𝐳𝐳𝐚. 𝐒𝐞 𝐦𝐢 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐨, 𝐝𝐢𝐞𝐭𝐫𝐨 𝐥𝐞 𝐦𝐢𝐞 𝐬𝐩𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐜'𝐞̀ 𝐥𝐚 𝐠𝐢𝐨𝐯𝐢𝐧𝐞𝐳𝐳𝐚 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐚, 𝐧𝐢𝐭𝐢𝐝𝐚, 𝐞 𝐝𝐢𝐞𝐭𝐫𝐨 𝐜'𝐞̀ 𝐥𝐚 𝐟𝐚𝐧𝐜𝐢𝐮𝐥𝐥𝐞𝐳𝐳𝐚, 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐚 𝐞 𝐧𝐢𝐭𝐢𝐝𝐚 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐚𝐯𝐞𝐯𝐨 𝐯𝐞𝐧𝐭'𝐚𝐧𝐧𝐢. 𝐈 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐫𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐦𝐞, 𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐬𝐯𝐢𝐥𝐮𝐩𝐩𝐚𝐫𝐞, 𝐞 𝐜𝐨𝐬𝐢̀ 𝐢 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢, 𝐢 𝐝𝐞𝐬𝐢𝐝𝐞𝐫𝐢: 𝐥𝐢 𝐝𝐞𝐯𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐚𝐩𝐩𝐚𝐠𝐚𝐫𝐞! 𝐈𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐚𝐟𝐟𝐚𝐭𝐭𝐨 𝐬𝐚𝐳𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐭𝐚, 𝐜𝐨𝐦𝐢𝐧𝐜𝐢𝐨 𝐚𝐩𝐩𝐞𝐧𝐚 𝐨𝐫𝐚 𝐚𝐝 𝐚𝐬𝐬𝐚𝐩𝐨𝐫𝐚𝐫𝐥𝐚! (𝐩𝐞𝐧𝐬𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭 𝐝𝐢𝐫𝐞𝐛𝐛𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 ..𝐚𝐧𝐳𝐢 𝐜𝐫𝐞𝐝𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢𝐚 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐢𝐞𝐫𝐨 𝐝𝐚 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐫𝐞)..
𝐜𝐢𝐚𝐨 𝐆𝐮𝐞𝐫𝐫𝐢𝐞𝐫𝐨..❤
Music transforms even the hardest life into poetry.
Music means communication for me. I say "listen people out there, listen to my music,
Let us become one."
Music is my friend when I'm alone, when I'm blue.
You cannot define music because music is the cosmos and knows no barriers or definitions:
You have to hear the music to appreciate it
Robert Plant.
..I love it!!!🥰
I add
I'm not old! Seventy-five years mean nothing! Fifty years or a hundred are nothing, they do not separate me from youth at all.
If I turn around, behind my shoulders there is clear, clear youth, and behind it there is childhood, even clearer and clearer than when I was twenty.
The thoughts with me, I have to develop, and so the feelings, the desires I still have to satisfy!! I'm not at all satisfied with life, I'm just starting to savor it!!
(I think Robert would say this...in fact I think it's always been his opinion)...
Hi Warrior❤

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