https://ledwallet.wordpress.com/john-bonham/
lo voglio ricordare così..
con qualche sua citazione
ma soprattutto con il suo grande talento, cuore, amicizia..
“Mi è sempre piaciuto che la batteria fosse grande e potente. Non uso mai molto i piatti, li uso per entrare o uscire da un assolo, ma generalmente preferisco un altro suono.”
“Rompevo sempre le pelli della batteria le prime volte che suonavo. Poi ho imparato a suonare più forte colpendo più piano: basta rullare”
“Noi non facciamo quello che fanno molti gruppi, registrare ogni strumento separatamente, penso che così si perda l’atmosfera della canzone”
Quando nell’agosto 1968 Plant suggerì a Page di contattare il suo amico Bonzo (così lo chiamava scherzosamente, in riferimento al cagnolino maldestro e dal cuore nobile protagonista di una serie animata degli anni Venti) per la formazione di un nuovo gruppo sulle ceneri degli Yardbirds, Bonham aveva tante possibilità da considerare: era oggetto della contesa tra Chris Farlowe e Joe Cocker, e il suo ingaggio con Tim Rose era stato il suo primo lavoro regolarmente retribuito. Ma il problema era un altro: “Non era un fatto di chi aveva le migliori possibilità, ma di chi avrebbe fatto il giusto tipo di roba… Sapevo cosa piaceva a Robert per averci suonato con la Band Of Joy, e sapevo a cosa si interessava Jimmy, così decisi che quella musica sarebbe stata meglio. E il tempo m’ha dato ragione”. Nonostante ciò ci furono molte insistenze da parte di Peter Grant, il manager della band, Plant e Page.
All’interno dei Led Zeppelin Bonham è a proprio agio: da una parte il suo bisogno di sentirsi parte di un gruppo è soddisfatto, Plant è in sostanza un amico di vecchia data, dall’altra può dare libero sfogo al suo modo di suonare, in una band in cui sin dal primo album una batteria potente e spontanea come la sua ha un posto centrale, basti pensare a come si apre il disco con Good Times Bad Times. Altre occasioni per mostrare il suo talento sono in pezzi come Dazed And Confused nelle rullate finali o in How Many More Times nel Bolero, ma Bonzo da il meglio di sé durante i concerti, dove si scatena in lunghi assoli comprendenti una parte a mani nude, che genera interminabili ovazioni del pubblico. Questo assolo si chiama Pat’s Delight e presto diventerà Moby Dick, brano proposto anche in Led Zeppelin II, ma, a detta di molti, riduttivo in confronto alle performance dal vivo, arrivate nel 1973-75 a durare di regola oltre i trenta minuti.
Al di là del suo talento di batterista..
c’era anche un padre di famiglia gentile e premuroso come ci ricorda suo figlio Jason: “Ogni volta che comprava un nuovo set, me ne comprava uno identico -solo un po’ più piccolo”. Bonham gli aveva infatti regalato un set di batteria identico al suo, ma in scala ridotta, quello che si può vedere nel film The Song Remains The Same. E anche: “Veniva da me e mi svegliava verso le tre o le quattro del mattino, e diceva: ‘Su, Jason. Vieni a suonare per me e i miei amici’. Così io mi alzavo, mi trascinavo per le scale, andavo alla batteria e suonavo. Lì sì che mi divertivo. Ma, crescendo, divenni più saggio, dicevo a mio padre: ‘Va bene, mi alzo se domani non mi fai andare a scuola’ e lui: ‘Va bene, domani niente scuola’. E io mi alzavo”. Nella tournée USA del 1977 il piccolo Jason, a 11 anni, fu anche portato a qualche concerto.
-----------------
John Bonham
Premessa:La batteria di John Bonham è ricordata come la più potente della storia del rock. Sin da bambino aveva l’istinto di percuotere qualcosa, anche a mani nude, come negli spaventosi e indimenticabili assoli di Moby Dick.
Cresciuto a Kidderminster, nello stesso ambiente di Plant, suonò con varie band procurando spesso problemi per l’elevato “rumore” del suo strumento, che nei Led Zeppelin sarà l’elemento distintivo. Tra le band in cui suonò vanno ricordate The Band Of Joy e The Crawling King Snakes (insieme all’amico Robert Plant). Fu il più titubante ad entrare nella formazione dei Led Zeppelin, forse anche a causa della sua situazione economicamente instabile nonostante fosse già sposato (a diciassette anni) con Pat. Numerosi sono gli aneddoti sul suo selvaggio modo di suonare la batteria sulla sua foga inumana, sul suo amore per l’alcool e gli amici, sul suo carattere rissoso ma affidabile e riservato, che gli procurò il soprannome, divenuto celebre, di Bonzo (dal nome del protagonista di un cartone animato inglese).
Il suo instancabile amore per le percussioni e per la musica finirà con la sua morte il 25 settembre 1980, ma l’eco della sua Ludwig riecheggerà per sempre nella storia del rock n’ roll.
Biografia:Era il 31 maggio del 1948 quando, a Reddicth, un piccolo paese nella regione del Worchestershire, quasi al confine col Galles, nacque John Henry Bonham. Sebbene non fosse nato in una famiglia di musicisti, sin dalla giovane età era evidente il suo amore per le percussioni, come egli stesso racconta: “Volevo essere un batterista da quando avevo cinque anni. A quel tempo suonavo su un bidone per sali da bagno con fili di ferro sul fondo, e su una lattina di caffè tenuta da uno spagno un po’ allentato per dargli l’effetto di un rullante”. Cinque anni più tardi Bonham ebbe il suo primo rullante, e dopo altri cinque il padre gli comprò la prima vera batteria, e nonostante questa fosse un rudimentale arnese in pessime condizioni, fu in questo periodo che imparò a prendersi cura del proprio strumento, a coccolarlo e modificarlo, ritenendo che sapere suonare una batteria e prendersene cura personalmente fossero due requisiti complementari in un buon batterista.
In questo periodo Bonham abbandonò gli studi per dedicarsi alla batteria, mantenendosi lavorando insieme al padre per un’impresa edile, in modo che se non avesse sfondato nel mondo della musica avrebbe comunque avuto un’altra possibilità. Il primo gruppo in cui suonò stabilmente fu Terry Webb and The Spiders seguito poi da A Way Of Life, Steve Brett and the Mavericks e The Nicky James Movement, del quale Bonham ricorda con ammirazione il cantante, Nicky James appunto. Questo gruppo aveva un grosso seguito nell’area di Birmingham, grazie proprio al cantante, e girava per tutti i club della zona, ma a stimolare Bonham in quel periodo era più l’entusiasmo di fare parte in un gruppo musicale che un vero guadagno, tanto che aveva promesso alla sua ragazza e futura moglie, la bionda Pat, che avrebbe smesso di suonare una volta sposati, rendendosi però conto di quanto queste promesse fossero vane.
Siamo alla metà degli anni Sessanta e, nonostante Bonham abbia sposato Pat, le sue promesse non vengono mantenute: entra a far parte del gruppo The Crawling King Snake, dove conosce e fa amicizia con un altro interessante cantate solista cresciuto nel suo stesso ambiente, Robert Plant. E’ in questo periodo che la reputazione di Bonham inizia a circolare, sia con risultati positivi, sia con risultati negativi: c’è chi rifiuta di farlo suonare nel proprio locale per via di una batteria troppo rumorosa e per la foga che impiega quando la suona, batterie foderate di carta stagnola, pelli sfondate, assoli a mani nude, casse di birra consumate a tempi da record e risse occasionali sono causa ed effetto di questa reputazione. Il suo modo di suonare è influenzato dalla rivoluzione portata da Ginger Baker nell’ambito della batteria rock, il lavoro di questo grande musicista nella Graham Bond Organization è ciò che il giovane Bonham preferisce, insieme al sound e al groove del catalogo soul dell’epoca. Bonham preferisce affidarsi alla pratica più che alla teoria e come in seguito dichiarerà: “Quando iniziai a suonare ero molto interessato alla musica ed ero capace di leggerla. Ma quando cominciai a suonare nelle prime bands, stupidamente, lasciai perdere questo aspetto. Sono convito che sia una gran cosa se sei capace di scrivere in musica le tue idee. Ma penso anche che nella batteria il feeling sia molto più importante della tecnica”.
Dopo uno sporadico ritorno alla band A Way Of Life, e la nascita del suo primo figlio nel 1966, Jason, Bonham, nel 1967, entra a far parte della nuova band dell’amico Robert Plant: la Band Of Joy. Fino all’estate del 1968 i due rimarranno uniti, ma allo scioglimento della Band Of Joy le loro strade si dividono momentaneamente. In questo periodo Bonham suona in vari tour con Tim Rose, un talentuoso cantautore folk e blues dell’epoca.
Quando nell’agosto 1968 Plant suggerì a Page di contattare il suo amico Bonzo (così lo chiamava scherzosamente, in riferimento al cagnolino maldestro e dal cuore nobile protagonista di una serie animata degli anni Venti) per la formazione di un nuovo gruppo sulle ceneri degli Yardbirds, Bonham aveva tante possibilità da considerare: era oggetto della contesa tra Chris Farlowe e Joe Cocker, e il suo ingaggio con Tim Rose era stato il suo primo lavoro regolarmente retribuito. Ma il problema era un altro: “Non era un fatto di chi aveva le migliori possibilità, ma di chi avrebbe fatto il giusto tipo di roba… Sapevo cosa piaceva a Robert per averci suonato con la Band Of Joy, e sapevo a cosa si interessava Jimmy, così decisi che quella musica sarebbe stata meglio. E il tempo m’ha dato ragione”. Nonostante ciò ci furono molte insistenze da parte di Peter Grant, il manager della band, Plant e Page.
All’interno dei Led Zeppelin Bonham è a proprio agio: da una parte il suo bisogno di sentirsi parte di un gruppo è soddisfatto, Plant è in sostanza un amico di vecchia data, dall’altra può dare libero sfogo al suo modo di suonare, in una band in cui sin dal primo album una batteria potente e spontanea come la sua ha un posto centrale, basti pensare a come si apre il disco con Good Times Bad Times. Altre occasioni per mostrare il suo talento sono in pezzi come Dazed And Confused nelle rullate finali o in How Many More Times nel Bolero, ma Bonzo da il meglio di sé durante i concerti, dove si scatena in lunghi assoli comprendenti una parte a mani nude, che genera interminabili ovazioni del pubblico. Questo assolo si chiama Pat’s Delight e presto diventerà Moby Dick, brano proposto anche in Led Zeppelin II, ma, a detta di molti, riduttivo in confronto alle performance dal vivo, arrivate nel 1973-75 a durare di regola oltre i trenta minuti. Quando Bonham non è sul palco a percuotere una batteria lo si trova in giro a far danni, tanto che nella notte tra il 6 e il 7 marzo 1971 si rompe addirittura il naso in una rissa, ma del resto, come ricorda Richard Cole, Bonham era sempre stata una persona vivace: “A John Paul piaceva il gin and tonic. Robert beveva principalmente vino, e alle volte scotch. Jimmy era fissato col Jack Daniels. Ma Bonzo e io non eravamo così schizzinosi. Dal rum alla birra e allo champagne, bevevamo praticamente di tutto”. Il fatto fu che a notte inoltrata, all’Intercontinental di Dublino, dopo lo show, Bonham e uno dei roadies reclamavano per avere un pasto e Cole, per sedare la rissa che avevano fomentato con il cuoco dell’albergo, dovette tirare un forte pugno sul naso di Bonzo, rompendolo. Nonostante questo aspetto, dietro al rissoso batterista rock c’era anche un padre di famiglia gentile e premuroso come ci ricorda suo figlio Jason: “Ogni volta che comprava un nuovo set, me ne comprava uno identico -solo un po’ più piccolo”. Bonham gli aveva infatti regalato un set di batteria identico al suo, ma in scala ridotta, quello che si può vedere nel film The Song Remains The Same. E anche: “Veniva da me e mi svegliava verso le tre o le quattro del mattino, e diceva: ‘Su, Jason. Vieni a suonare per me e i miei amici’. Così io mi alzavo, mi trascinavo per le scale, andavo alla batteria e suonavo. Lì sì che mi divertivo. Ma, crescendo, divenni più saggio, dicevo a mio padre: ‘Va bene, mi alzo se domani non mi fai andare a scuola’ e lui: ‘Va bene, domani niente scuola’. E io mi alzavo”. Nella tournée USA del 1977 il piccolo Jason, a 11 anni, fu anche portato a qualche concerto.
Nel periodo d’oro dei Led Zeppelin, dal 1972 al 1975, Bonham era sul tetto del mondo: quando stava a casa in Inghilterra passava il tempo al pub, a curare il suo giardino e a giocare con suo figlio, o a guidare una a caso delle sue ventuno automobili d’epoca, che insieme alle moto costituivano la sua grande passione per i motori: una volta fu pure visto andare su una Harley Davidson nella lavanderia dell’Hyatt House di Los Angeles.
La vita durante le tournée era sregolata e selvaggia: fiumi di Black Russians al Rainbow di Los Angeles, incidenti con le camere d’albergo e televisori che volano dalle finestre. Sul palco c’era l’entusiasmo di sempre, come il 31 maggio 1973, quando durante il concerto al Forum di Los Angeles Plant invitò tutto il pubblico a fare gli auguri a Bonzo, cantando tutti insieme: “happy birthday to Bonzo”. Oltre ai concerti ci sono pure da considerare i tanti capolavori presenti nel catalogo dei Led Zeppelin, come più tardi ricorderà Jimmy Page: “E’ stato la ragione per cui abbiamo dovuto comprare amplificatori più grandi”, il suo suono andava valorizzato. E come si possono dimenticare gli intramontabili pezzi che lo vedono protagonista: Since I’ve Been Loving You, Rock And Roll, Black Dog, When The Leeve Breaks, D’yer Mak’er, The Ocean, In My Time Of Dying e molti altri. Tutti brani che, peraltro, saranno oggetto di innumerevoli campionamenti nell’epoca dei sintetizzatori.
Ma proprio dopo questo periodo, dopo l’epico tour USA del 1975, il comportamento sregolato comune a lui e alla band inizia a dare i suoi frutti più cattivi. E’ durante le sessions per la registrazione di Presence, a Monaco, che l’uso di droghe pesanti inizia a insinuarsi pericolosamente nella sua vita. Ce lo aveva portato lo stress accumulato negli anni, e non è nemmeno da dimenticare il clima terribile di quel periodo: Robert Plant, amico di Bonham da anni, aveva rischiato la vita insieme alla moglie a Rodi, pochi mesi prima, e le sue condizioni erano ancora incerte. Nell’album Presence, tuttavia, Bonzo risulta essere in gran forma: da Achilles Last Stand a Nobody’s Fault But Mine. La testimonianza del disagio della band viene fuori dall’undicesimo tour USA, nel 1977. Sebbene sul palco Bonzo sia sempre al massimo, Moby Dick (forse la canzone che i Led Zeppelin hanno suonato più volte dal vivo) contiene nuove ed interessanti sezioni e ha preso il nome di Over The Top, nei momenti morti Bonham non è più quello di una volta, e nemmeno la presenza della moglie e del figlio durante la tournée lo fanno stare meglio. Come ricorda la giornalista Lisa Robinson, mentre gli altri andavano in giro a divertirsi: “John Bonham è stato parecchio in camera a guardare la TV”. E quando stava chiuso nelle camere degli alberghi doveva dare in qualche modo sfogo al suo disagio. All’Ambassador East a Pontiac, Michigan Cole aveva prenotato due stanze per Bonham, una normale e una senza mobili e con un biliardo al centro, ma quando era sopraggiunta la noia al biliardo era stata presa di mira l’altra stanza e, metodicamente, demolita in ogni sua parte. Cole dovette pagare un conto di 5100 Dollari. Anche un altro tragico incidente avviene a Oakland, durante il penultimo concerto dei Led Zeppelin in America: il 23 Luglio. Un dipendente di Bill Graham, gestore del Coliseum e magnate dell’industria dello spettacolo, non aveva ceduto al figlio di Grant, Warren, un cartello con la scritta “Led Zeppelin”, e così era stato malmenato da Bonzo e massacrato durante il concerto da Grant, Cole e John Bindon, il roadie di Bonzo. I quattro, un anno più tardi, verrano poi giudicati colpevoli ma non condannati.
Il 1980 è l’anno più duro per la salute fisica e mentale della band. Nonostante il successo degli show a Copenhagen e Knebworth, con relativi applausi al loro nuovo album, In Through The Out Door, la tournée europea, che doveva essere di prova per una negli USA, da un lato riceve consenso presso il pubblico, ma dall’altro mette a nudo le condizioni di Bonham: il suo immortale assolo Pat’s Delight-Moby Dick-Over The Top è stato escluso dalla scaletta e il 27 giugno, a Norimberga, Bonzo sviene sul palco dopo solo tre canzoni. Non bisogna dimenticare che in questo periodo Richard Cole era stato allontanato da Peter Grant per il suo abuso di droghe pesanti. Nonostante tutti questi problemi la voglia di andare avanti c’è, e il progetto di una dodicesima tournée USA non era sfumato, ma proprio durante un party in casa di Page a Windsor, il 24 settembre 1980, dopo delle sessions di prova per il tour, Bonzo aveva per l’ennesima volta ecceduto con la vodka, fino allo svenimento, tanto che i roadies avevano dovuto coricarlo su un divano. Verso le prime ore del mattino seguente Bonzo viene trovato senza vita dal roadie Benji Le Fevre e da Robert Plant. Come possibili cause del decesso furono accreditate: edema polmonare, inalazione del proprio vomito e abuso di alcol, venne giudicata una morte accidentale.
Frasi famose:“In effetti mi piace urlare quando suono. Urlo come un orso e suono con più foga. Mi piace che il nostro show sia una tempesta tonante”
“Sono sempre la stessa persona. Mi piacciono il giardinaggio e i lavori di casa, e sono ancora la testa calda di sempre. Non mi siedo mai a riflettere sulle cose”
“Mi è sempre piaciuto che la batteria fosse grande e potente. Non uso mai molto i piatti, li uso per entrare o uscire da un assolo, ma generalmente preferisco un altro suono.”
“Rompevo sempre le pelli della batteria le prime volte che suonavo. Poi ho imparato a suonare più forte colpendo più piano: basta rullare”
“Noi non facciamo quello che fanno molti gruppi, registrare ogni strumento separatamente, penso che così si perda l’atmosfera della canzone”
“Ci piace suonare. Ogni concerto è importante per noi. Qui non importa quanto tu sei famoso, non ti puoi permettere di dormire sugli allori: se fai così sei morto. Questo non ci accadrà mai”
“Non so fin quando dureremo, ma andremo avanti finchè potremo. Quando mi unii alla band non conoscevo Jimmy, mi sentivo un po’ in imbarazzo, lui era la grande star con anni di esperienza, come session man e con gli Yardbirds. Ora il gruppo è più unito che mai, e penso che abbiamo molto da dire.”
Hanno detto di lui:“Bonham… non ne trovi un altro come lui” — Charlie Watts
“Ragazzo, hai il piede destro più veloce di quello di un coniglio!” — Jimi Hendrix
“Il Rock and Roll è morto il giorno in cui è morto John Bonham” — Billy Joel
“Era il sogno di ogni bassista” — John Paul Jones
“Bonzo diceva sempre di essere il più grande batterista del mondo. Quando lo sentivamo suonare, sapevamo che lo era!” — Robert Plant
“In sostanza, credo che sia lassù o da qualche altra parte, pensando che si tratti di un bello scherzo. Lo puoi sentire dire: Facciamoci una bevuta e giochiamo a freccette. Ehi, divertente, no?” — Benoit Gautier
------------------
Bonham: Dal punto di vista dei suoi coetanei
DI WAYNE BLANCHARD
“Bonzo se n'è andato. Lo Zeppelin è finito". Sono passati 30 anni da quando la tragica notizia è arrivata dalla Mill House di Jimmy Page, a Pangbourne, nel Berkshire. La memoria di John Bonham, alimentata da fatti e fantasia, da allora è cresciuta fino a diventare leggenda. Ma la realtà è che Bonham era altrettanto bravo come si suol dire. Era l'uomo con il ritmo d'oro, le costolette sensazionali e quel grande, grande suono.
Amici e fan ricordano il ragazzo rumoroso ma adorabile di Birmingham con gratitudine e rispetto. Per loro, ha definito e dignitoso il tamburo rock. E dopo tutti questi anni rimane l'Uno. Sì, ci sono stati giocatori più veloci, più rumorosi e più tecnici, ma alla fine si sono tutti inchinati a Bonham.
Dalla slam-down intro di "Good Times, Bad Times", l'album di debutto dei Led Zeppelin ha preso a calci in faccia il rock and roll. Con riempimenti funky, campanaccio che spingeva il groove, lavoro di tripletta e atteggiamento puro, la sua batteria era straordinariamente fresca e devastantemente potente.
Grazie agli arrangiamenti di Jimmy Page, la batteria è stata mostrata in ambienti spaziosi ma intensi. Quindi, quando quella corsa a tutto campo ha ruggito in "Communication Breakdown" o quei riempimenti attraverso la barra ti hanno trascinato più in profondità in "Dazed And Confused", c'era un palpabile senso di dramma. Non era più "rock and roll". Questo era rock . Hard rock. Metalli pesanti, anche.
E prima ancora che il debutto degli Zeppelin lasciasse il giradischi, la nuova band più calda del pianeta era tornata con i Led Zeppelin II , con brani che viravano dal ritmo tempestoso di "Whole Lotta Love" all'assolo di batteria mozzafiato di "Moby Dick". e quel rauco riff-o-rama "Ramble On". Non si trattava di ridefinire qualcosa di vecchio. Bonham voleva definire qualcosa di nuovo. La batteria rock non aveva mai suonato così bene. Alcuni potrebbero obiettare, non l'ha mai più fatto.
METTERE TUTTO IN CONTESTO
Facciamo un primo passo indietro ai primi anni '60 per vedere come Bonham è sopravvissuto a un decennio di transizione musicale per diventare il batterista giusto al posto giusto al momento giusto. La Gran Bretagna degli anni '50 vide le band jazz e dance tradizionali cedere il passo al rock and roll e al rhythm and blues americano, con skiffle e i successi strumentali di The Shadows che fecero da cornice alla Beatlemania e allo Swinging '60s.
Tony Meehan e Brian Bennett, entrambi dei The Shadows, erano gli eroi della batteria britannica, mentre Charlie Watts, Keef Hartley, Jon Hiseman, Tony Newman, Mickey Waller, Ginger Baker, Aynsley Dunbar e Mitch Mitchell erano giovani "jazzer" che si muovevano nel blues e, in alcuni casi, nel rock. Gene Krupa, Elvin Jones, Buddy Rich, Joe Morello, Davey Tough - i grandi del jazz americano - erano i loro eroi, quindi lo swing ride "ting-ting-a-ting" dominava, le accordature della batteria erano alte e il tono e il tocco erano tra i requisiti.
Nel 1964, il re della sessione Bobby Graham e Ringo Starr dei Beatles erano due dei musicisti più rock della radio, con i ritmi sbattuti di Graham su Dave Clark Five stompers "Glad All Over" e "Do You Love Me", così come Kink's i successi "You Really Got Me" e "All Of The Day And All of The Night" segnalano un approccio sempre più aggressivo. Ancora più importante, questi successi hanno evidenziato il passaggio dal suonare in stile swing all'ottavo diritto, spingendo anche da parte l'obbligatorio ritmo pop del giorno " boom -ta ta — boom ta ".
Ma Bonham? "Non sono sicuro che John fosse un fan dei batteristi britannici, anche se deve essere stato influenzato da Tony Meehan e Brian Bennett e dal lavoro di sessione di Clem Cattini", afferma Bev Bevan, batterista con i leggendari toppers delle classifiche degli anni '60 The Move, poi ELO , e per un po', i Black Sabbath. "John e io generalmente condividevamo gusti musicali, tutti americani". Qualche jazz? "Non ricordo che fosse un jazzista, anche se avrei fatto un assolo di batteria in 5/4 in un adattamento di 'Take 5' di Dave Brubeck, e questo gli è piaciuto".
Secondo Jon Hiseman - che ha sostituito Ginger Baker quando ha lasciato la Graham Bond Organization per i Cream, ha preso il posto di Mitch Mitchell con Georgie Fame quando Mitchell si è unito a Hendrix, e poi ha inserito il jazz nei Bluesbreakers di John Mayall prima di lanciare la sua rivoluzionaria unità jazz-rock, Colosseum - molti jazzisti non sono stati così generosi con Zeppelin o Bonham.
“Gli irriducibili semplicemente non l'hanno capito, e in una certa misura non l'hanno mai fatto. Ma i musicisti blues-rock che conoscevo erano tutti grandi fan dei Led Zeppelin e del suono grande e aperto di John. Quanto a me, ho sempre sentito che il problema con il ritmo jazz era che era legato a una sorta di convenzione, e i musicisti jazz ti giudicavano in base a quanto bene hai "ricreato" le sensazioni dei maestri affermati. Quando ho iniziato a esplorare la sensazione di croma, mi sono sentito libero. Mi sentivo in un territorio inesplorato”.
INIZI DI BIRMINGHAM
Bill Ward dei Black Sabbath parla con affetto del suo amico. “Il mio primo ricordo dell'incontro con John Bonham risale al 1964 al The Wharf Pub di Ombersley, nel Worcestershire. Era con i Crawling King Snakes, suonando canzoni popolari di quell'epoca, oltre a blues e R&B. I suoi ritmi erano immacolati, rendendo ogni canzone sua, trasformandola in qualcosa di superbo. Un ottimo esempio è stato "Morning Dew". Di tutte le versioni che ho sentito, inclusa l'originale, nessuna è paragonata a quella di King Snakes, con John Bonham in testa al gruppo".
Ward ricorda che, "A volte durante un viaggio a Drum City, il negozio del centro di Birmingham di proprietà del batterista della BBC Light Jazz Orchestra Mike Evans, mi imbattevo in Bonham, insieme ad altri bravi batteristi, ramificazioni delle orde cosmopolite che avevano scelto Birmingham come casa.
Alcune visite si sono trasformate in mini-cliniche. Guarderei Mike mentre fa il suo "Purdie". Penso che abbia fatto interessare tutti a Bernard Purdie, il cui lavoro con il charleston era incomparabile. Bonham si sedeva e si divertiva, la sua grancassa suonava quella lingua che tutti sembravano parlare ma ancora non si applicava bene come lui.
Esistevano molti stili di batteria diversi e in qualche modo sono finiti tutti nel negozio di batteria di Mike. Eravamo ricchi di rudimenti e sani nella musica del giorno”. Ma Ward ha un'ammissione. “Nel 1964/'65 non capivo cosa stesse facendo John.
Spesso, nelle tante occasioni in cui lo guardavo suonare, pensavo che stesse rovinando la canzone, come se forse avesse perso la sua 1 . Stranamente, tuttavia, dopo diverse battute, avrebbe allineato i suoi ritmi con chiunque stesse suonando. Alla fine, ho capito cosa aveva fatto. Era sempre nel suo 1 , anche quando sembrava che non lo fosse. "
Anche i ricordi del bassista/cantante dei Trapeze e dei Deep Purple Glenn Hughes, il cui nuovo progetto, Black Country Communion, vede suonare la batteria dal figlio di John, Jason Bonham, sono sinceri. “Ho visto John suonare per la prima volta nel 1968. È salito sul palco con la mia baby band, Finders Keepers, al Rum Runner di Birmingham, e ha praticamente demolito la batteria. Avevo sentito storie di Big Bloke da Redditch con le grandi "e". Un paio di anni dopo si unì a me e Trapeze in molti spettacoli. Era lo stronzo del cane... fantastico!”
Ward ricorda che, sebbene spesso rumoroso ea volte sembrasse quasi sbranare i suoi tamburi, il talento di Bonham risiedeva nel fatto che era uno studente naturale e molto colto. “Dietro il suo aspetto quasi brutale e caotico era un uomo affettuoso, studioso e un uomo irrimediabilmente preso dalla batteria e dai batteristi. La sua conoscenza della batteria era straripante. Questo era il Bonham che conoscevo".
Nel '66/'67 la psichedelia guidata da Jeff Beck e Jimmy Page del singolo "Happenings Ten Years Time Ago" degli Yardbirds , il revolver che espande la mente dei Beatles e il successo di Cream e Hendrix, evidenziarono il vero potenziale di potere in Pop e rock britannico. Ma ora anche le band blues britanniche Chicken Shack, Bluesbreakers di John Mayall e Fleetwood Mac di Peter Green facevano parte del mix.
"Bonham è stato un'ispirazione quando si suonava il blues a metà tempo", ricorda Ward. "I suoi groove erano sempre al punto giusto, e riempiva il vuoto tra i quattro rullante con terzine e poliritmi, stupindo l'ascoltatore e raccogliendo applausi felici per ogni splendida esecuzione di ciò che sembrava l'impossibile." Come osserva Hiseman, la musicalità negli anni '60 contava.
“I musicisti erano considerati degni di attenzione a pieno titolo. L'interesse dei media non era per lo stile di vita, ma per le capacità di suonare che producevano la musica. Ho appena comprato un Melody Maker [carta da musica] del 1970, con tre oggetti in prima pagina: Jimi Hendrix Dead; Colosseum (la mia band) Ingaggia Chris Farlowe come cantante; Harry James e la Big Band arrivano in Gran Bretagna".
Questo non vuol dire che le cose fossero perfette, ma con i Beatles che hanno praticamente cancellato tutto ciò che era accaduto prima, la musica era roba seria. Nel frattempo, negli studi di Londra, Jimmy Page e John Paul Jones sono stati i primi turnisti nei dischi con tutti, dai Kinks e The Who, a Donovan e Dusty Springfield prima che Page si unisse agli Yardbirds. Mentre quel gruppo prosperava con Jeff Beck, con Page si agitavano, anche se sul palco il chitarrista ha adottato un approccio più pesante, con canzoni come "Dazed And Confused" che prendevano forma.
Quando aveva bisogno di un nuovo cantante e batterista, Page andò a Birmingham, dove i cieli opachi nascondevano un passato industriale un tempo glorioso e il mondo dei concerti era costituito dalle centinaia di pub e club fumosi in tutta la città turbolenta e nei dintorni di Black Country of England's Midlands. Scelse il piagnucolone hippy-blues Robert Plant come suo cantante, e Plant raccomandò il rauco Bonham. La pagina era agganciata.
STA SUCCEDENDO QUALCOSA
Nel numero del 12 ottobre 1968 di Melody Maker , un titolo diceva "Solo Jimmy è rimasto per formare i New Yardbirds". Della sua nuova band, il giovane chitarrista ha commentato: “È blues, fondamentalmente, ma non in stile Fleetwood Mac. [Quella band all'epoca, con il chitarrista Peter Green, era rigorosamente una band blues.] Odio il termine "blues progressivo", ma è più o meno quello che suonavano gli Yardbirds alla fine. È bello sapere che oggi puoi formare un gruppo per suonare la musica che ti piace e le persone ascolteranno”.
All'inizio dell'anno, il Jeff Beck Group, con il compianto, grande Mickey Waller alla batteria, ha gettato le basi per l'heavy blues-rock con il suo debutto, Truth , in cui sono stati ospiti Jimmy Page, John Paul Jones e Keith Moon degli Who. Il seguito rauco e pesante, Beck-Ola , ha visto Tony Newman introdurre un funky spaventoso, con interpretazioni da Led di "Jailhouse Rock" e "All Shook Up" di Elvis Presley.
Sempre astuto, Page era sul concetto. “Quando i 'New Yardbirds' sono tornati dai loro primi appuntamenti in Europa”, dice Newman, “ci fu un vero fermento intorno a Londra. Ti ha fatto venire un brivido lungo la schiena, perché sapevamo che stava succedendo qualcosa di radicale”. [Il manager di Beck e Zep] Peter Grant ha portato i ragazzi degli Zeppelin a vedere il Beck Group in molte occasioni, dicendo: "Vieni a vedere questo lotto, perché questa è una band che non durerà". [ ride ] Ma il nostro gruppo – tre musicisti e un cantante che suonavano rock heavy blues – era un concetto su cui Peter sapeva poteva essere ampliato.
Una delle prime esibizioni di Zep è stata in cartellone con Buddy Miles, Buddy Guy, Jack Bruce e il Colosseo di Jon Hiseman. "Per me", dice Hiseman, "I Led Zeppelin erano un'altra band che percepivo avrebbe avuto più successo dei Colosseum perché aveva spettacolo e canzoni relativamente semplici. Colosseum proveniva da un pianeta diverso, ma questo significava che potevo apprezzare ancora di più John e la band: ero un fan. Ho comprato i dischi. Ma non l'ho mai visto come qualcosa che avrei voluto fare".
LE INFLUENZE DI BONHAM
Ricordando i loro tempi in tour insieme, Carmine Appice dei Vanilla Fudge è rimasto colpito: “John era nuovo e fresco, con molta aggressività ed energia. Sono rimasto sbalordito dalla sua terzina di piede destro di semicrome. Ha detto di averlo preso dal primo album di Vanilla Fudge, cosa che mi ha confuso, perché non ricordavo di averlo fatto. Quindi mi ha mostrato dove l'ho suonato - una volta! Ha preso quella leccata e ha creato la sua tripletta caratteristica. Aveva mani, piedi e sensibilità eccezionali e diceva che i suoi idoli erano gli stessi dei miei. Ma ascoltava anche i musicisti contemporanei del '67/'68".
Un contemporaneo era Rob Henrit, dei popster pre-British Invasion Adam Faith & The Roulettes, i rocker prog degli anni '70 Argent, l'incarnazione dei Kinks degli anni '80, e ora è tornato sul palco con Argent nel 2010. “Sono stato molto in TV con Adam Faith, ed era un musicista sgargiante poiché la musica mi permetteva di mettermi in mostra. Ho sentito che a Bonham piaceva e ho detto che aveva imparato molto da me".
Liberty DeVitto, la cui batteria ha dato impulso ai numerosi successi di Billy Joel, ritiene che “John Bonham fosse un batterista R&B in una band heavy metal. Aveva il suono pesante e l'attacco di Carmine con "D'yer Maker", i riempimenti R&B e le sensazioni di Roger Hawkins in "What Is And What Should Never Be" e man mano che si sviluppava aggiunse sensazioni jazz o più swing, come il Mescolare in stile Purdie per 'Fool In The Rain.'"
Appice dice: "A John piacevano i grandi artisti Motown, Atlantic e Stax, e il rock and roll come Little Richard, Bo Diddley". Sia Bonham che Bevan amavano il rock and roll americano. "Ricordo che John e io eravamo d'accordo sul fatto che i due migliori batteristi rock and roll fossero Earl Palmer e Hal Blaine", dice Bevan. "La batteria di Palmer in 'Somethin' Else' di Eddie Cochran ha ovviamente ispirato l'introduzione di Bonzo a 'Rock And Roll' di Zep."
Ma ancora più rivelatore, "Abbiamo adorato l'enorme suono di batteria che Phil Spector ha ottenuto nelle sue produzioni". Quindi è da lì che è nata l'idea del grande suono di batteria degli Zeppelin ? “La mia ipotesi”, commenta Hiseman, “è che Bonham avesse un orecchio naturale per ciò che accadeva intorno a lui. Ho imparato molto tempo fa a non suonare la batteria ma a suonare la band. Penso che sia quello che ha fatto John".
Ma Bonham aveva anche il potere della croma dritta. E il batterista dei Red Hot Chili Peppers Chad Smith sottolinea che, "Per quanto riguarda il modello di corsa punteggiato fino all'ottavo dritto, quello sarebbe il compianto, grande Earl Palmer. È stato il primo”. Quindi Bonham ha ottenuto qualcosa di più dell'introduzione "Rock And Roll" dal re della sessione americano.
Molto è stato fatto della sua attrezzatura, ma Bonham potrebbe far suonare enormemente qualsiasi batteria. "È l'atteggiamento", dice Henrit. Come ha detto Lance Armstrong, "Non si tratta della bici!" Mike Portnoy dei Dream Theater afferma: “Il suono di Bonzo proveniva da una combinazione di forza bruta, finezza sottile e groove impeccabile. John Bonham è l'unico che potrebbe mai suonare veramente come John Bonham. Quel suono era lui, non necessariamente la sua batteria".
Bill Ward la vede diversamente. “Bonham era leggero nei piedi e leggero nei polsi. Era la sua destrezza, il suo tocco che sembrava sapere intuitivamente come trovare i punti di forza su ogni tamburo". Page lo ha certamente riconosciuto. Dopotutto, aveva suonato con alcuni dei migliori batteristi di sessione, e loro sapevano sicuramente quando, dove e come suonare un tamburo. Ovviamente, anche Bonham.
Ward ricorda la batteria di Bonham ai tempi. “Erano gli stessi di tutti gli altri negli anni '60. Aveva diversi kit prima degli Zeppelin, per lo più Ludwig, credo. Quando gli Zeppelin sbarcarono in America per il primo dei due tour con i Vanilla Fudge, il kit di Bonham era minuscolo accanto alla possente bionda Ludwigs dell'headliner.
Secondo Appice, "Aveva un 22″ x 14″, 13″ x 9″ sulla cassa, e forse due timpani da 16″ x 16″ con un rullante Ludwig cromato da 14″ x 5″, un giro, due crash, e cappelli da 14 pollici. Quando ha visto le mie due grancasse in acero da 26″, i tom sovradimensionati e il rullante profondo, ha voluto lo stesso. Ho chiamato Ludwig: "Penso che questa band sarà davvero grande". Com'è per un eufemismo! Gli hanno dato la stessa configurazione del mio, completo di gong. Lo adorava".
Sebbene il secondo calcio – su insistenza di Page e Jones – fosse presto scomparso, ciò non ha ostacolato la sua capacità di fornire le terzine vesciche e i bassi insoliti che personificavano il suo approccio audace, ma sempre musicale. Alcuni anni dopo Ward vide Bonham su una configurazione diversa. “L'ho visto suonare il kit di suo figlio Jason negli anni '70. Era piccolo rispetto a un kit normale, ma John suonava in modo incredibile. Qualunque batteria avesse, poteva farla suonare enorme e molto tonale".
SI TRATTA DI “ARIA”
Page è stato veloce nell'integrare i suoni e lo stile di Bonham nelle composizioni di Zep: lui e Jones spesso si bloccavano sul misuratore e lasciavano che il batterista fluttuasse nel tempo. Oggi, fai clic sulle tracce e dipende dal batterista per mantenere il limite di tempo e l'opportunità di far respirare la musica come faceva con gli Zeppelin. Uno dei brani Bonham preferiti da Chad Smith è "Wanton Song". “L'uso dello spazio nel verso è mozzafiato. Adoro anche 'Since I've Been Loving You', dal vivo all'Albert Hall, con il suo fantastico uso delle dinamiche e quel famoso gioco di gambe in piena mostra".
Sì, era davvero tutta una questione di "aria - quello spazio che ha fatto una tale differenza. "Penso che la sua sensazione fosse un prodotto del suo suono ampio", afferma Rob Henrit. “È stato probabilmente il primo batterista ad avere una stanza tutta per sé in cui registrare, quindi non c'è mai stato un problema con le perdite, il che significa che ogni insolito potrebbe essere 'più grande della vita.' Sospetto che sia stato il primo ad avere un'eco sulla batteria nelle sue lattine e questo gli ha permesso di suonare in modo più scarso.
BIRMINGHAM DIVENTA PIÙ PESANTE
Un'altra cosa che John Bonham aveva da offrire per lui era il volume. Bevan pensa di averlo influenzato. “Verrebbe a vedermi suonare intorno al '63, '64, ma non so se è stato influenzato dal mio modo di suonare o dal mio volume! Sono stato il primo dei rumorosi batteristi della zona di Birmingham: Bevan, Bonham, Bill Ward, Cozy Powell: tutto ad alto volume! Ma perché le band di Birmingham stavano diventando così rumorose? "I Black Sabbath", dice Bevan, "sono stati la prima band davvero heavy a uscire dalla nostra zona".
Di sicuro, i Sabbath si sono presentati per esprimere il loro punto carico di sventura e angoscia, ma secondo Bill Ward, “La sfida più grande era farsi ascoltare. Quando Marshall Stacks si è presentato, come batterista, ho dovuto triplicare la mia produzione di energia. Tuttavia, suonare più forte all'inizio non era sempre accurato.
Ho dovuto imparare ad essere preciso e energico. E quando si sono presentati i sistemi PA e i microfoni, ho dovuto imparare di nuovo tutto da capo. E qui sta un'altra qualità di John Bonham: la capacità di groove profondo come lui e di tirare fuori le costolette, il tutto mentre si suona ad alto volume.
PARLA DI FAN
Come altri hanno influenzato Bonham, così ha influenzato gli altri. “I batteristi hot rock degli anni '60?” ride Chad Smith. “Ginger, Ringo, Charlie, Bonzo, Mitch, Moonie e Paice-y. Solo i maledetti inglesi per me! Il grande musicista britannico Geoff Dugmore, che ha registrato con John Paul Jones e Jimmy Page, ricorda: "Da bambino, trascorrevo giorni con Houses Of The Holy , cercando di capire il ritmo di 'The Crunge'".
Jones una volta disse a Dugmore che la seconda parte del riff "Black Dog" era stata modificata in modo che la batteria potesse suonare direttamente ed uscire nella stessa tasca dall'altra parte. "Lui e Bonham hanno lavorato sulle parti in modo che la grancassa e il basso non cadessero insieme, quindi ogni strumento suonava ancora più grande." Con Page, Dugmore si ritrovò agli Olympic Studios, allestiti allo stesso modo in cui registravano gli Zeppelin.
“Sono su un montante con gli amplificatori di Jimmy all'altro capo dello studio. È anche sul riser, proprio tra il mio piatto ride e il rack tom, suonando con me. Sapevo di non essere Bonham, quindi dovevo essere consapevole delle sue aspettative. Sia Jimmy che John Paul volevano solo che fossi me stesso e che sentissi il ritmo con loro. Questo mi ha fatto capire quanto fosse speciale l'unità Zep. Può succedere solo quando tutti sono sulla stessa lunghezza d'onda".
Qualche clausola? "Sì. Niente cuffie. Nessuna traccia di clic. E nessun conteggio. Abbiamo appena sentito il momento di iniziare, ed è stato sorprendente come istintivamente ciò sia arrivato. Jones ha il suono più massiccio, grasso e rotondo ed è calmo, rilassato e totalmente in controllo del suo strumento. Sono sicuro che la sicurezza ha permesso a Bonham di avere la creatività e il fuoco che aveva".
Mike Portnoy , la cui Hammer Of The Gods, una tribute band degli Zep, lo ha visto con indosso una tuta da lavoro bianca e una bombetta nera dietro un kit Bonzo di perspex arancione, ha una prospettiva unica. “I miei più grandi eroi della batteria sono John Bonham, Keith Moon, Ringo Starr e Neil Peart, ma penso che Bonham sia il più universalmente amato. Forse Moon era troppo sconsiderato per alcuni, Ringo troppo semplice per alcuni e Peart troppo tecnico per alcuni. Eppure lo stile di Bonham era qualcosa che tutti apprezzavano, quindi sì, forse era davvero il batterista rock per eccellenza".
C'è qualcuno che Portnoy sente abbracciare quell'estetica Bonham? “Mi viene in mente Dave Grohl. Anche se Jason Bonham era davvero l'unica persona per la reunion degli Zeppelin del '08. Ha fatto un lavoro incredibile, catturando lo spirito, il fuoco e lo stile di suo padre. Era l'ultimo tributo. Nessun altro dovrebbe suonare la batteria con Plant, Page e Jones a parte un Bonham!
ANDARE VIA
Fino alla fine, Bonham ha continuato, quasi da operaio, ad essere il batterista dei Led Zeppelin. È sfuggito ai rigori della celebrità con la sua famiglia e i suoi amici a casa, dove raramente ha toccato la batteria, ma si è divertito ad ascoltare di tutto, da Elvis Presley e James Brown a Stylistics e Supertramp sul suo jukebox. Di mentalità aperta, si è evoluto con gli Zeppelin, da un musicista indaffarato a suonare il groove e ispirato al soul ascoltato in Presence e In Through The Out Door .
Sebbene innamorato dell'audacia tecnica dei pionieri della fusione Billy Cobham, (Narada) Michael Walden e Alphonse Mouzon, sapeva che la loro influenza non aveva posto negli Zeppelin. Tutto questo era molto lontano dalle sue prime prove con The New Yardbirds, quando la sua batteria eccessivamente impegnata ed extra forte ha suscitato parole di avvertimento. Naturalmente, in quei primi tempi Bonham stava probabilmente cercando di assicurarsi di non essere trascurato. Non avrebbe dovuto preoccuparsene!
John Bonham: le ultime parole di un batterista
A quarantadue anni da quelle prime prove, e esattamente a 30 anni questo mese dalla sua prematura scomparsa, come viene ricordato Bonham? “John Henry Bonham, a mio modesto parere”, afferma Chad Smith con enfasi, “è senza dubbio il più grande batterista rock di tutti i tempi. Il suo suono, la sua tecnica, la sua musicalità, il suo groove e le sue sensazioni non sono mai stati duplicati. Nessuno si avvicina oggi e probabilmente nessuno lo farà mai".
Glen Hughes è d'accordo: "Tutti, dalle rock star agli uomini del latte, amano Bonham".
Jon Hiseman considera il potenziale perduto: "La reputazione di Bonham è stata costruita in una band e, a causa della sua morte prematura, non abbiamo mai sentito sviluppi successivi".
Liberty DeVitto considera le opzioni: "Se dicessi che è il migliore, lo metterei al di sopra di Keith Moon, Mick Avory, Bobby Elliott, Micky Waller, ma dirò che John Bonham era lì con il meglio di loro".
Senza esitazione, Bill Ward ricorda con affetto Bonham come The One. "Assolutamente! Lo ammiravo. Lo rispettavo. Era il maestro del groove. Ha scritto la Bibbia sulla batteria rock. Per imparare le basi primarie che porteranno un batterista all'era attuale della batteria rock o metal, bisogna ascoltare John Bonham. Era un'istituzione a sé stante. Era il suo ragazzo. Grazie, signor Bonham.
https://drummagazine.com/bonham-from-the-perspective-of-his-peers/
---------------------------
Nessun commento:
Posta un commento