Islanda! Isola fortunata, magnifica e fertile madre!
Dove sono la tua fama e la tua fortuna, la libertà e l'antica virtù?
Le cose terrene sono transitorie, i giorni della tua grandezza e gloria
tremolano come fiammelle nella notte, lontano, negli abissi del passato".
(Jónas Hallgrímsson, poeta islandese)
Oggi è il "dagur íslenskrar tungu", ovvero la Giornata della Lingua Islandese, dedicata a uno dei poeti più amati da questo popolo, Jónas Hallgrímsson, nato proprio il 16 novembre.
Viene considerato tra i fondatori del romanticismo in Islanda, e nel 1835 diede origine alla rivista Fjölnir, nella quale cercò, assieme ad altri poeti, di destare negli animi dei contemporanei un sentimento di orgoglio nazionale, ribellandosi alla dominazione danese, da cui l'Islanda riuscì ad affrancarsi solo nel 1944.
Fjölnir è uno dei nomi di Odino, oltre ad essere il figlio del dio Frey e della gigantessa Gerdr, il primo re della dinastia degli Ynglingar che regnò sulla Svezia e, in seguito, anche sulla Norvegia.
Un altro famoso poeta islandese, Snorri Sturluson, vissuto nel XIII secolo, raccontò le gesta dei primi sovrani leggendari, discesi direttamente dalla stirpe divina, in un'opera chiamata Heimskringla.
e allora quale miglior modo per "andare e navigar per mar di Islanda"..
Veniamo dalla terra del ghiaccio e della neve
We come from the land of the ice and snow
Dal sole di mezzanotte dove sgorgano le sorgenti termali
From the midnight sun where the hot springs flow
Quanto sono morbidi i tuoi campi così verdi
How soft your fields so green
Può sussurrare storie di sangue
Can whisper tales of gore
Di come abbiamo calmato le maree della guerra
Of how we calmed the tides of war
Siamo i tuoi signori
We are your overlords
Su spazziamo con il remo per trebbiare
On we sweep with threshing oar
Il nostro unico obiettivo sarà la sponda occidentale
Our only goal will be the western shore
Quindi ora faresti meglio a fermarti e ricostruire tutte le tue rovine
So now you'd better stop and rebuild all your ruins
Perché la pace e la fiducia possono vincere la giornata nonostante tutte le tue perdite
For peace and trust can win the day despite of all your losing
La "terra del ghiaccio e della neve" è ovviamente l'Islanda, dove la band suonò nel giugno 1970.
Come nacque quella canzone? Robert Plant provò a spiegarlo durante un'intervista qualche anno seguente: "Non eravamo così potenti e famosi. Ma eravamo ospiti del governo islandese per un viaggio culturale. Fummo invitati a suonare per un concerto a Reykjavik, ma il giorno prima del nostro arrivo tutti i dipendenti pubblici scioperarono e lo show rischò di essere annullato. L'università così preparò una sala da concerto tutta per noi e fu. La risposta dei ragazzi è stata notevole e ci divertimmo moltissimo. "Immigrant Song" parlava di quel viaggio ed era la traccia di apertura di un album che doveva essere molto diverso".
All'interno del testo di Immigrant Song c'è un verso in particolare cantato da Robert Plant che portò la band nell'olimpo, non solo di quello rock: "il martello degli dei guiderà le nostre navi verso nuove terre". Questa frase venne interpretata in maniera particolare dai fan dei Led Zeppelin, pensando che Plant intendesse il "martello" come il suono potente della band. Il verso divenne così famoso che fu utilizzato dall'autore Stephen Davis come titolo per uno dei primi e più completi libri scritti sulla storia della band.
L'amore di Robert Plant per la storia e per l'epica giocò un ruolo chiave nella scrittura del testo di Immigrant Song. Per raccontare le sensazioni e i pensieri dei viaggiatori si ispirò a Marco Polo, immaginando come avrebbe potuto sentirsi nell'esplorare e scoprire terre così lontane e sconosciute. Proprio come Plant sentiva la pressione per fare un disco ancora più bello del precedente, si chiedeva se questi esploratori sentissero la pressione di trovare terre ancora più belle dopo una grande scoperta.
4. "VALHALLA, STO ARRIVANDO!"
La frase "Valhalla I'm Coming" si riferisce chiaramente alla mitologia norrena. Secondo la mitologia e l'epica delle popolazioni del nord Europa, il Valhalla è una sala di Asgard dove le anime dei guerrieri caduti vengono portate dalle "Valchirie". Solo gli eroi vengono portati nel Valhalla, dove aspetteranno il loro destino certo.
Curiosità: Robert Plant reinterpretò nuovamente la canzone nel 2019 dopo moltissimi anni proprio durante un concerto in Islanda all'età di 71 anni
JACK BLACK E SCHOOL OF ROCK
Per ottenere il permesso di utilizzare Immigrant Song all'interno del film School Of Rock, Jack Black ha girato un filmato assieme a migliaia di persone, implorando direttamente i Led Zeppelin di far loro usare la canzone all'interno del film. Alla fine Jack Black ci riuscì e la canzone venne utilizzata in una scena in cui è lo stesso attore a cantarla all'interno del suo furgone mentre porta a scuola i suoi "studenti".
Pubblicato come singolo il 5 novembre 1970, il brano è diventato immediatamente uno degli inni più iconici dei Led Zeppelin, restando come loro brano d'apertura dei concerti per diverso tempo.
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Foto: Mirrorpix via Getty Images
Jimmy Page aveva tutto in testa dall’inizio. La musica dei Led Zeppelin, lo ha spiegato tante volte, doveva essere un’architettura di luci e ombre, una sinfonia di pieni e vuoti. Nelle canzoni del gruppo ci sarebbero state forza bruta e gentilezza, istinto primordiale ed elaborazione concettuale, pulsione sessuale e finezza cerebrale, metallo pesante (prima che il termine diventasse d’uso comune) e delicatezza. Ci fu, da subito, un altro lato della medaglia a controbilanciare gli amplificatori in overdrive, i riff esplosivi e gli assoli lancinanti, il blues turbocompresso, la batteria devastante di John Bonham, le urla orgiastiche o guerresche di Robert Plant. Robert e Jimmy adoravano Joni Mitchell e certi suoni sognanti che arrivavano dal Laurel Canyon, il folk revival dei Fairport Convention e della Incredible String Band, gli arpeggi di Davey Graham e di Bert Jansch, la poetica lunare e visionaria di Roy Harper, la musica acustica e le chitarre suonate senza spina. Questione di DNA e di educazione musicale, riflesso del mood del tempo e della musica che allora gli girava intorno anche se in radio e in classifica lasciava poche tracce e per scovarla bisognava avere antenne dritte e orecchie aperte.
Gli Zeppelin non erano i Black Sabbath o i Deep Purple, sempre (o quasi) con il volume a palla e il pedale del distorsore acceso. Cresciuto con lo skiffle e svezzato da una miriade di session in sala di incisione in cui bisognava adattarsi a ogni evenienza, Page amava imbracciare anche chitarre Martin e dodici corde, mentre Plant cercava una corrispondenza sonora ai suoi ideali hippie e flower power, Bonham aveva suonato con Tim Rose e John Paul Jones, un altro uomo per tutte le stagioni, come Jimmy era stato in studio con Donovan. Fu comunque una sorpresa, per qualcuno uno shock, quando nel ’70 decisero di riservare un’intera facciata del loro terzo album a canzoni folk e (semi)acustiche, ispirati da quelle idilliache giornate di primavera che Plant e Page avevano trascorso in un remoto cottage gallese del diciottesimo secolo sprovvisto di acqua corrente e di energia elettrica (il cantante c’era stato da bambino in vacanza con la famiglia). Robert con moglie, figlia piccola e cane al seguito, Page con la fidanzata Charlotte Martin, due roadie ingaggiati per sbrigare le faccende quotidiane: quel breve soggiorno scandito da camminate rigeneranti nella natura selvaggia, da qualche visita al pub del villaggio più vicino e da serate trascorse davanti un camino crepitante sotto la luce delle candele produsse un mazzo di canzoni che finirono su III, su IV, su Houses of the Holy e su Physical Graffiti, a volte totalmente trasformate da arrangiamenti elettrici (The Rover e Down by the Seaside, mentre Over The Hills and Far Away conservava la sua dimensione acustica e pastorale nella parte introduttiva) ma capaci di aprire nuovi orizzonti al gruppo soprattutto nella fase centrale della sua vita artistica (non ne rimane traccia negli ultimi due dischi, Presence e In Through the Out Door).
Anche dove l’elettricità si infiltrava e finiva per prendere il sopravvento – Ramble On, naturalmente Stairway to Heaven: sintesi e fusione suprema tra gli Zeppelin acustici ed elettrici e di ogni stile musicale toccato dalla band – le chitarre acustiche erano morbidi pennelli che permettevano a Page di arricchire la tavolozza di colori e la gamma timbrica del sound, mentre Plant vi trovava la sponda ideale per i suoi testi ispirati a Tolkien e alle leggende celtiche, di sapore mistico ed esoterico. Tra il ’70 e il ’72, alla Earls Court di Londra nel ’75 o nel tour americano del ’77, il breve set acustico diventava un momento sospeso, ipnotico e incantato dei loro concerti. In studio, un filone musicale ricco e seducente che, in aridi termini statistici, rappresenta circa il 20 per cento della produzione. Sedici canzoni che vi riproponiamo in ordine cronologico di pubblicazione e che ascoltate di seguito, o rimescolate nella sequenza preferita, compongono una playlist alternativa, parallela e suggestiva al classico best of: come diceva sogghignando il loro temibile manager Peter Grant, i Led Zeppelin sapevano anche essere dei barbari gentili.
“Babe, I’m Gonna Leave You” (da “Led Zeppelin”, 1969)
L’album Joan Baez In Concert (1962) fu uno degli LP che Jimmy Page mise sul piatto, il giorno d’estate del 1968 in cui Robert Plant gli fece visita nella sua casa galleggiante a Pangbourne, sul Tamigi, per parlare di musica e discutere di un possibile futuro professionale insieme. La canzone che il chitarrista amava di più, e su cui si era già esercitato a lungo quando accompagnava Marianne Faithfull, era un folk blues di fine anni ’50 firmato da Anne Bredon e intitolato Babe I’m Gonna Leave You, di cui nel primo album degli Zeppelin stravolgerà l’arrangiamento sovraincidendo parti di chitarra acustica ed elettrica, alternando sequenze in fingerpicking a sezioni in cui il sound dell’intera band deflagra alla massima potenza, amplificandone il mood spagnoleggiante e il pathos drammatico grazie anche all’interpretazione passionale e acrobatica di Plant. Inizialmente accreditato con la dicitura “Traditional, arr. by Jimmy Page”, solo in seguito riporterà correttamente come autrice la Bredon che, a quanto si dice, ricevette poi sostanziose royalty a titolo di compensazione. Resta uno dei vertici del folgorante debutto, e Plant la ripropone tutt’oggi regolarmente in concerto con i Sensational Space Shifters. Nel luglio del 2015, lui e la Baez si sono trovati a condividere il cartellone del Paleo Festival di Nyon in Svizzera: in quella occasione Robert non poteva fare a meno di chiamare Joan sul palco a cantare in duetto la canzone.
“Your Time Is Gonna Come” (da “Led Zeppelin”, 1969)
Se Babe, I’m Gonna Leave You è una delle canzoni più celebri del debutto degli Zeppelin, Your Time Is Gonna Come è forse la più dimenticata: trascurabile per il testo misogino che preannuncia alla perfida donna amata l’imminente resa dei conti, è uno strano ma piacevole pastiche folk pop psichedelico introdotto dagli accordi maestosi di un Hammond che sembra un organo a canne, vivacizzato da un raro coro cantato a quattro voci da tutti i membri del gruppo e da un brillante arrangiamento in cui si intrecciano una chitarra acustica e una Fender pedal steel che Page aveva preso a prestito per la session. Proposta dal vivo soltanto nel primo tour in Scandinavia nel ’68, è stata ripresa dal chitarrista durante i tour con i Black Crowes del 1999-2000.
“Black Mountain Side” (da “Led Zeppelin”, 1969)
In questo brano strumentale che emerge dalle ultime note in dissolvenza di Your Time Is Gonna Come, Jimmy Page non si fa scrupolo di evocare già nel titolo il celebre traditional britannico Blackwaterside e in particolare la versione che ne incise Bert Jansch nell’album Jack Orion (1966), pur senza riconoscere formalmente il contributo creativo del chitarrista scozzese (un vecchio vizio ricorrente). «Non ne abbiamo mai parlato», ha spiegato in varie occasioni il musicista scomparso nel 2011, raccontando che Page è sempre stato evasivo al riguardo e dicendosi poco interessato a una eventuale transazione economica («che me ne farei di tre Rolls Royce?»). «Page ha fatto lo stesso con Davy (Graham)», aveva aggiunto in un’intervista rilasciata nel 2007, «appropriandosi del suo arrangiamento di She Moved Thro’ The Fair». Un altro famoso brano di antiche origini irlandesi da cui Jimmy prese spunto per la sua White Summer, uno strumentale che già eseguiva con gli Yardbirds e che nei primi anni degli Zeppelin proponeva dal vivo proprio in medley con Black Mountain Side. Ad aggiungere un tocco esotico alla versione di studio registrata in un’unica take sono le tabla di Viram Jasani, compositore, sitarista e percussionista britannico nato nel 1945 a Nairobi, in Kenya.
Friends” (da “Led Zeppelin III”, 1970)
Subito dopo le scorribande vichinghe, il riff martellante e il terrificante grido di battaglia di Immigrant Song il terzo album dei Led Zeppelin cambia completamente registro con questa ballata dal sapore indiano nata durante il soggiorno tra le colline gallesi di Snowdonia, ispirata vagamente a Neil Young e in cui la chitarra acustica ad accordatura aperta utilizzata in funzione ritmica si fonde con una originale partitura per archi ideata da John Paul Jones (stranamente non menzionato come coautore accanto a Page e Plant). Suonata una sola volta dal vivo a Osaka nel 1971, secondo quanto riporta lo storico e biografo del gruppo Dave Lewis nel libro Led Zeppelin – A Celebration venne reincisa insieme a Four Sticks da Page e Plant con l’Orchestra Sinfonica di Bombay nel marzo del 1972: quelle due mitizzate registrazioni, spesso circolate su bootleg, sono state finalmente pubblicate in forma ufficiale nel 2015 nella ristampa “extended” dell’album Coda. Con The Battle of Evermore, That’s The Way e Gallows Pole, Friends è stata ripresa da Page e Plant nell’album No Quarter del 1994.
“Gallows Pole” (da “Led Zeppelin III”, 1970)
Un arcano e sommesso dialogo tra voce e chitarra introduce il pezzo che apre la facciata “acustica” di Led Zeppelin III, libero riadattamento di un antico folk blues tramandato sotto tanti nomi diversi (The Maid Freed from The Gallows, The Gallis Pole), reso popolare dal leggendario Huddie “Lead Belly” Ledbetter e conosciuto da Page grazie alla versione registrata dal californiano Fred Gerlach, uno specialista delle dodici corde, su un vecchio disco Folkways. Il banjo (per la prima e ultima volta in un disco degli Zeppelin), le chitarre acustiche a 6 e 12 corde e la Gibson elettrica di Jimmy, il basso e il mandolino di Jones e poi la batteria arrembante di Bonham si sovrappongono nel missaggio trascinando la canzone verso il finale convulso e accelerato mentre Plant, nella parte del condannato a morte, implora inutilmente il boia di risparmiargli la vita in cambio dell’oro e dell’argento portato dal fratello e dei favori sessuali della sorella. Se pensate che non sia possibile trasformare una ballata ultracentenaria in un rock and roll mozzafiato, (ri)ascoltatela.
“Tangerine” (da “Led Zeppelin III”, 1970)
Una delle ballate più dolci e placide del repertorio Zeppelin ha le sue origini all’epoca degli Yardbirds, quando Page (unico autore accreditato) scrive una canzone intitolata Knowing That I’m Losing You pubblicata ufficialmente solo nel 2017 sull’album Yardbirds ’68 in una versione da cui è stata cancellata la voce di Keith Relf. Nostalgico e sognante lamento che Plant presentava spesso dal vivo come «una canzone sull’amore nelle sue fasi più innocenti», vive di un delicato intreccio tra chitarra acustica e pedal steel di atmosfera westcoastiana: originale la scelta di includere la falsa partenza, quei primi otto secondi in cui Page cerca il tempo e l’accordatura con cui eseguire il pezzo.
“That’s the Way” (da “Led Zeppelin III”, 1970)
Il frutto migliore del periodo trascorso da Page e Plant a Bron-Yr-Aur, il cottage gallese in cui i due soggiornarono brevemente nella primavera del ’70, è questa riflessiva ballata dal titolo provvisorio di The Boy Next Door in cui Plant estrae dalle corde vocali i suoi toni più morbidi e suadenti e dalla penna il suo testo migliore (la storia di due bambini – o adolescenti, o forse amanti – divisi da discriminazioni e barriere sociali, in cui il cantante include anche le sue preoccupazioni ambientaliste e il ricordo dell’atteggiamento ostile da parte dei redneck conservatori di cui è stato vittima nei primi tour americani), mentre Page passa con delicata disinvoltura dall’acustica alla pedal steel, Jones suona un mandolino e Bonham maneggia con discrezione un tamburello. Robert e Jimmy la creano all’istante durante la sosta di una camminata in montagna, seduti ai bordi di un burrone, quando fissano melodia e accordi per voce e chitarra su un registratore portatile a cassetta; mezz’ora dopo, secondo quanto racconterà Plant in successive interviste, Page e la compagna Charlotte concepiranno la figlia Scarlet. Persino il critico musicale Lester Bangs, fustigatore e acerrimo nemico della band, scriverà di essersi commosso al suo ascolto.
“Bron-Y-Aur Stomp” (da “Led Zeppelin III”, 1970)
Uno stomp, in gergo musicale, è una melodia, una canzone o un ballo dal ritmo marcato e veloce: esattamente come questo brano che già nel titolo (storpiato per errore) denuncia la sua origine gallese. È l’altra faccia di That’s The Way, un pezzo allegro, scanzonato e spensierato che Plant dedica (citandolo in coda al testo) al suo collie Strider, mentre dopo un’introduzione nuovamente “ispirata” da Jansch e dalla sua versione del traditional The Waggoner’s Lad Page si muove tra folk e jug music, pennate vigorose e fingerpicking («un incrocio tra Pete Seeger, Earl Scruggs e una totale incompetenza», scherzerà a proposito del suo stile), Jones suona un basso acustico a cinque corde e Bonham percuote cucchiai e nacchere. Funziona decisamente meglio della versione elettrica provata in precedenza, intitolata Jennings Farm Blues e pubblicata tra le bonus della ristampa di Coda. Con That’s The Way farà spesso felicemente coppia nella sezione acustica dei concerti degli Zeppelin.
“Hats Off to (Roy) Harper” (da “Led Zeppelin III”, 1970)
Il brano più debole di III è un’improvvisazione semiparodistica e di poche pretese liberamente ispirata a un vecchio blues di Bukka White, Shake ‘Em On Down (poi rielaborato anche in Custard Pie, il pezzo di apertura di Physical Graffiti). La voce di Plant è distorta da un amplificatore, Page suona una acustica con il bottleneck mentre il titolo è un esplicito omaggio al cantautore Roy Harper, amico della band, artista di spalla in alcuni dei loro tour e grande eccentrico del folk britannico (autore di dischi di culto come Stormcock e HQ e voce solista in Have a Cigar dei Pink Floyd). Ignaro di tutto, quest’ultimo scoprì l’esistenza di una canzone a lui dedicata solo quando Page gli consegnò in anteprima una copia dell’LP. È solo una piccola digressione, un filler, e non stupisce che non sia mai stata eseguita dal vivo.
“Hey Hey What Can I Do” (lato B del singolo “Immigrant Song”, 1970)
A lungo ricercato dai collezionisti per la sua difficile reperibilità, Hey Hey What Can I Do è il solo brano della discografia zeppeliniana a essere stato pubblicato in origine esclusivamente su 45 giri (sia in Europa che negli Stati Uniti). Eppure si tratta di un pezzo robusto e convincente che avrebbe tranquillamente potuto far parte della seconda facciata di III: registrato nel luglio del 1970, sprizza esuberanza ed energia rock and roll a dispetto dell’arrangiamento acustico a base di chitarre e mandolino, mentre Plant sfrutta la sua potenza di emissione e la sua estensione passando in scioltezza da tonalità profonde ai suoi inconfondibili acuti, sostenuto dai cori dei compagni. Una piccola perla nascosta del catalogo, dai primi anni ’90 inclusa in diverse ristampe, oggi disponibile sulle piattaforme digitali e riesumata da Page e Plant nel loro tour del ’95.
“The Battle of Evermore” (da “Led Zeppelin IV”, 1971)
L’amore degli Zeppelin (e di Plant in particolare) per il folk, per la storia britannica e per la fantasy dà forma a una suggestiva ballata a due voci in cui il frontman del quartetto interpreta il ruolo del narratore e la cantante folk inglese Sandy Denny, già nei Fairport Convention, la voce del popolo: sarà l’unica volta in cui in un disco degli Zeppelin si ascolta il contributo vocale di un ospite; alla Denny viene cavallerescamente assegnato anche un simbolo, composto da tre piramidi, nella busta interna dell’LP accanto a quelli che rappresentano i membri del gruppo. Il loro fitto botta e risposta nel testo ispirato da un libro sulle guerre d’indipendenza scozzesi che Plant aveva appena finito di leggere non è l’unica arma vincente di un brano dall’arrangiamento incalzante in cui Page si cimenta al mandolino (di proprietà di Jones, che suona invece una chitarra acustica). Un brano nato quasi per caso, ma baciato dall’ispirazione: quando gli Zeppelin la eseguiranno dal vivo nel tour americano del 1977 sarà Jones a fare da seconda voce al posto della Denny ma non sarà la stessa cosa.
“Going to California” (da “Led Zeppelin IV”, 1971)
Un altro classico, che Plant esegue ancora con frequenza in concerto. Stavolta il tema è più concreto (la ricerca della donna ideale si intreccia a un commento sui terremoti che poco prima avevano scosso la California) mentre la citazione di una ragazza “con l’amore negli occhi e i fiori tra i capelli” che “suona la chitarra, piange e canta” non può non far pensare all’adorata – da lui e da Page – Joni Mitchell. Due chitarre acustiche (a sei e dodici corde) e un mandolino (stavolta suonato dal suo legittimo proprietario, John Paul Jones) intessono lo sfondo strumentale di una delle canzoni più gentili, quiete e riflessive del catalogo Zeppelin, soffusa di contenuta malinconia e di ideali flower power, una romantica elegia il cui protagonista sogna di ripartire da zero e di rifarsi una vita nella Terra Promessa. La miglior risposta a chi considerava e considera la band soltanto “sangue e tuono” (per dirla con le parole di Plant).
“Bron-Yr-Aur” (da “Physical Graffiti”, 1975)
Un altro brano concepito durante la permanenza nell’omonimo cottage, è un breve intermezzo strumentale in cui Page si esibisce da solo con una Martin D-28 ad accordatura aperta evocando ancora una volta lo stile di maestri anticonvenzionali della sei corde acustica come Graham e Jansch. Apprezzabile la sua scelta di non correggere alcuni errori e di non attenuare il cigolio prodotto dallo scivolamento delle dita sulle corde: va a tutto vantaggio del calore e della spontaneità della performance.
“Boogie with Stu” (da “Physical Graffiti”, 1975)
Lo Stu del titolo è il “sesto Stone” Ian Stewart, road manager e pianista della band di Mick Jagger e Keith Richards che aveva già suonato in Rock and Roll e che qui si diverte a strimpellare un vecchio pianoforte scordato nella stanza principale di Headley Grange, la magione diroccata dell’East Hampshire che era uno dei covi preferiti degli Zeppelin. Totalmente improvvisato in studio sia nel testo che nella musica, con Bonham a dettare vigorosamente il ritmo, Page al mandolino e Plant alla chitarra acustica e alla voce, il pezzo a metà tra boogie woogie e country blues richiama così tanto Ooh My Head di Ritchie Valens che la band inserirà nei crediti anche la madre del musicista scomparso in un incidente aereo con Buddy Holly e The Big Bopper il 3 febbraio del 1959, “il giorno in cui la musica morì”. Un divertissement senza pretese ma che mette di buon umore, come le risate che chiosano il brano dopo le ultime battute affidate al solo Bonham.
“Black Country Woman” (da “Physical Graffiti”, 1975)
Ancora spontaneità e un approccio da “buona la prima”. Durante la registrazione di Black Country Woman, all’aperto nel giardino degli studi Stargroves di Mick Jagger, sfreccia in cielo un aereo e il suo rombo rimane registrato sul nastro. Che fare, cancellare tutto e rifare da capo come suggerisce il fonico Eddie Kramer? «No, lascialo», intima Robert Plant prima di attaccare questo country blues con un titolo che omaggia l’area geografica di provenienza del cantante e di John Bonham, la regione industriale delle Midlands annerita dai fumi industriali di fabbriche e fonderie. Estromesso da Houses of the Holy, è un pezzo dal piacevole sapore roots e genuino che, pur senza essere memorabile, nel calderone stilistico di Physical Graffiti ha una sua ragion d’essere.
“Poor Tom” (da “Coda”, 1982)
Scarto di Led Zeppelin III, Poor Tom è un altro pezzo partorito a Bron-Yr-Aur che diventa in studio un blues semiacustico in stile jug band, con un drumming insistente da parte di Bonham e Plant impegnato all’armonica. Il titolo sarebbe ispirato al nome di uno dei protagonisti principali del romanzo di John Steinbeck La valle dell’Eden, il testo è di matrice blues (un uomo scopre il tradimento della moglie e la uccide con un colpo di pistola), il risultato atipico e un po’ confuso. Una outtake dal destino segnato, come la compagna fedifraga del povero Tom.
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Jimmy spiega come è stato registrato il suono di batteria unico di When The Levee Breaks, nel corridoio Headley Grange. La nuova batteria verde scintillante di Bonzo è stata sistemata ai piedi delle scale. I microfoni sono stati drappeggiati dalle ringhiere ai piani superiori per catturare l'atmosfera unica. Sono stati aggiunti anche effetti come l'eco.
Il resoconto del tecnico del suono Andy Johns è diverso da quello di Page e Johns ha detto: "Gli altri ragazzi erano fuori a bere qualcosa e io e John Bonham eravamo a casa (Headley Grange).. Gli ho detto "Ho un'idea", abbiamo ho preso la sua batteria e l'ho messa nel corridoio... ricordo che ero seduto lì pensando che suonasse in modo assolutamente fantastico, quindi sono corsa al camion (anche lo studio mobile dei Rolling Stones ha portato con sé) .."Bonzo devi venire a sentire questo!" Ed è entrato gridando: "Wow! questo è tutto"
Robert su Bonzo: "John ha sempre pensato che il suo significato fosse minimo, ma se lo togli da una delle nostre tracce, la traccia perde il suo sesso, la sua potenza e il suo potere. Aveva un cuore d'oro, ma non aveva mai idea di quanto fosse importante ed era molto insicuro per questo.'
L'atmosfera apocalittica della canzone si è rivelata difficile da ricreare in un ambiente dal vivo, ed è stata eseguita solo poche volte nel 1975.
Il fragoroso suono della batteria è uno dei più campionati di tutti i tempi, incluso da The Beastie Boys, Dr.Dre, Coldcut, Eminem e Bjork
LA PARTICOLARE NASCITA DEL BRANO
Ma la realizzazione di “When the Levee Breaks” fu un po’ particolare, un po’ come tutte le canzoni dei Led Zeppelin. Ed ecco che entra in gioco Jimmy Page. Pensate che nella registrazione del suddetto brano ci fu anche il “quinto Beatle”, il produttore George Martin che contribuì a registrare il pezzo. Ma poco importa questo, perché la parte più importante del pezzo è il riff di batteria, registrata proprio da John Bonham. In realtà tutti i membri della band riuscirono a dare il 110% per quel disco, isolandosi spesso a vicenda per trovare ispirazione. E pensate che quella canzone presenta il suono della caduta delle bacchette a terra, definito da diversi critici il più bello di sempre.
When the Levee Breaks. Conoscete questo pezzo dei Led Zeppelin? Va detto che non è il più famoso dell’intera discografia del gruppo di Jimmy Page, Robert Plant, John Bonham e John Paul Jones. Ma chi se ne frega, merita comunque di essere ascoltato per un motivo veramente particolare. Secondo Jimmy Page, il brano contiene il riff di batteria di John Bonham più bello mai registrato prima in una canzone dei Led Zeppelin. Cos’altro si può dire della batteria di John Bonham su “When the Levee Breaks”?
L’ALBUM PAZZESCO DEI LED ZEPPELIN
Si tratta di uno splendido esempio di potere e di moderazione tanto da essere apprezzatissimo dai fan e dalla critica. Non è un caso di come il riff di batteria fece nascere un pezzo rap moltissimi anni dopo, ovvero un brano dei Beastie Boys. Il quarto album dei Led Zeppelin (Led Zeppelin IV) può vantare tantissimi brani veramente incredibili. Basterebbe citare 3 canzoni: Black Dog, Rock n’Roll e la sempreverde Stairway To Heaven. Pensate che When the Levee Breaks è l’ultima traccia del disco dei Led Zeppelin.
LA PARTICOLARE NASCITA DEL BRANO
Ma la realizzazione di “When the Levee Breaks” fu un po’ particolare, un po’ come tutte le canzoni dei Led Zeppelin. Ed ecco che entra in gioco Jimmy Page. Pensate che nella registrazione del suddetto brano ci fu anche il “quinto Beatle”, il produttore George Martin che contribuì a registrare il pezzo. Ma poco importa questo, perché la parte più importante del pezzo è il riff di batteria, registrata proprio da John Bonham. In realtà tutti i membri della band riuscirono a dare il 110% per quel disco, isolandosi spesso a vicenda per trovare ispirazione. E pensate che quella canzone presenta il suono della caduta delle bacchette a terra, definito da diversi critici il più bello di sempre.
IL DISCO REGISTRATO A HEADLEY GRANGE
I Led Zeppelin registrarono “IV” in una casa molto umile, chiamata Headley Grange. Prima di entrare nella registrazione di “When the Levee Breaks”, la band scelse di adottare un metodo simile a quello che fece nascere il precedente disco. Per il loro precedente album (Led Zeppelin III), la band si era trasferita in una casa modesta di Headley, nell’Hampshire inglese, del 1790, convertito in residenza alla fine del 1800. Lì la band visse, lavorò e registrò il disco. John Bonham decise di rimanere da solo nell’enorme corridoio di Headley Grange. Dopo un po’ di tempo, Bonham uscì per registrare delle demo di batteria.
IL SUONO REGISTRATO DEI LED ZEPPELIN
Page sentì un suono diverso da qualsiasi cosa avesse mai registrato il suo amato batterista. “Il suono era enorme perché la sala era così cavernosa. Così abbiamo detto: ‘Non sposteremo la batteria da qui!’”. Pensate che Bonham registrò con i microfoni appesi al soffitto del secondo piano, ma Bonham registrava in un’altra stanza. Il suono fu veramente sperimentale e non venne praticamente modificato se non leggermente dal bassista. Fu una registrazione di microfoni ambientali, non collegati direttamente allo strumento. Fu così che nacque il riff di batteria più bello di John Bonham, secondo Jimmy Page.
oggi è così...un momento per fermarsi a riflettere..
Buon pomeriggio a tutti
anime belle
ed a considerare quanto questi "quattro ragazzi" fossero grandi, immensi, lungimiranti, presenti nel passato, nel presente e nel futuro
per me sono stati e lo sono ancora quell'Oltre al quale in un modo o nell'altro tutti noi aspiriamo..
sogni da realizzare, incoerenze, certecce, dubbi, passionalità, coraggio e determinazione nonchè quel "non sò che" dato di eccelsa luce solo ad alcuni eletti
Lella..
For your life mai fatta live..
Immensi anche in questo ..
Significato di For Your Life
Robert Plant scrive il testo di questo brano per un’amica o per un amico che aveva seri problemi di droga.
Canta la canzone su una sedia a rotelle, ancora convalescente dopo il bruttissimo incidente d’auto a Rodi pochi mesi prima.
Nel testo Plant esprime il suo dispiacere per non aver previsto che la sua amica sarebbe arrivata a quel punto, e di non poterlo sopportare.
Si intuisce che lui stesso poteva finire facilmente nel tunnel della droga se non si fosse tirato via in tempo (“Had to pull away to save me”), quando lei gli propose di provare (“Don’t you wanna cocaine?”).
Frying, termine usato più volte nel brano, comunemente significa sballarsi duramente con LSD o altre droghe pesanti. É il cervello che frigge, questa volta, letteralmente.
Ci sono riferimenti all’abisso in cui ti conduce la droga, dove non puoi andare più in basso ma solo sotto terra (“next stop’s underground”), cioè morire.
Nel suo tentativo di aiutarla, la terza strofa sembra incitarla a uscire da quel vortice, basta volerlo davvero (“You want do it when you want to
You want do it, do it when you want to”) e utilizza una chiara metafora sessuale per avvertirla di cosa rischia se si mette a fingere.
Fingere di praticare sesso orale, non impegnarsi, è come fingere di voler uscire da questo tunnel, pensare e dire di volerlo ma in realtà non volerlo nel profondo.
Solo che questa volta il rischio di fare finta ha come prezzo la tua vita (“You’re faking it for your life, for your life”).
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https://youtu.be/M2GVuCvBv34
This is a collection of outtakes, rehearsals, and demos of the band's legendary epic Stairway to Heaven. This comes from Godfather's "Studio Magik" and Silver Rarities' "Stairway Sessions" bootlegs.
0:00 Acoustic demo Take 1
3:44 Acoustic demo Take 2
4:01 Acoustic demo Take 3
5:57 Brief acoustic demo and banter
6:07 Acoustic demo Take 5
10:30 Acoustic and vocal demo with slightly different lyrics
16:35 Full band rehearsal Take 1
24:49 Rough mix with different guitar solo and recorder parts
This is a collection of outtakes, rehearsals, and demos of the band's legendary epic Stairway to Heaven. This comes from Godfather's "Studio Magik" and Silver Rarities' "Stairway Sessions" bootlegs.
Nulla apre gli occhi della memoria come una canzone”
Nothing opens the eyes of memory like a song "
0:00 Acoustic demo Take 1
3:44 Acoustic demo Take 2
4:01 Acoustic demo Take 3
5:57 Brief acoustic demo and banter
6:07 Acoustic demo Take 5
10:30 Acoustic and vocal demo with slightly different lyrics
16:35 Full band rehearsal Take 1
24:49 Rough mix with different guitar solo and recorder parts
13 dicembre 1969 -------
Jennings Farm Blues è stato registrato ~~~~~~
In questo giorno, nel 1969, fu registrata la canzone Jennings Farm Blues. Questa è una sequenza di accordi e una struttura per una versione elettrica per una canzone che ho scritto alla chitarra acustica chiamata Bar III. Il titolo di Robert Plant, Jennings Farm Blues, prende il nome dalla sua casa all'epoca.
Ci sono state un certo numero di versioni alternative tentate durante la sessione, quella di cui mi sono accontentato ha acquisito un certo numero di sovraincisioni quickfire. Anche se è stato registrato agli Olympic Studios di Londra con l'ingegnere Andy Johns, doveva essere registrato acusticamente circa sei mesi dopo e divenne Bron-Y-Aur Stomp.
Led Zeppelin: Jennings Farm Blues (RARE
Come é nobile chi, col cuore triste, vuol cantare ugualmente un canto felice, tra cuori felici.
Lella..
e come scriveva qualcuno..
Ciò che è fatto per amore è sempre al di là
del bene e del male
(Nietzsche)
Nel 1977, durante il tour americano dei Led Zeppelin, mentre la band si trovava a New Orleans in attesa di esibirsi al Superdrome di fronte ad ottantamila persone, Robert Plant venne chiamato al telefono dalla moglie Maureen, seriamente preoccupata a causa di un improvviso malore del piccolo Karac, figlio della coppia. Due ore dopo Plant venne informato della morte del figlio. Il tour viene inevitabilmente interrotto e i Led Zeppelin sono reduci da un periodo molto difficile della loro carriera: Jimmy Page è ormai completamente assuefatto all’ eroina, John Bonham ha seri problemi di alcolismo e Robert Plant ha recentemente perso suo figlio. Tocca quindi a John Paul Jones assumersi il ruolo di leader. Plant cominciò a valutare di lasciare il rock e la musica, forse in colpa per essere stato così lontano dai suoi cari in un momento talmente drammatico, ma dopo diversi mesi decide di non ignorare il dolore, né tantomeno il ricordo del figlio, ma tornare a suonare con i Led Zeppelin, per commemorarlo e superarlo al tempo stesso, conscio che l’amore e la vita, sarebbero stati la miglior cura per se stesso e per la band.
All My Love, è una struggente e bella dedica di Plant al figlio scomparso. Venne registrata in un’unica sessione perchè gli fu impossibile emotivamente ripetere quelle parole in un’altra registrazione. Una canzone leggendaria e commovente; una canzone d’amore, ma non romantica, l’atto d’amore che Robert Plant volle dedicare al figlio. Dietro il testo di questa canzone c’è la figura affascinante della Dea gallese Arianrhod, che conduceva le anime dei trapassati nel suo castello situato nell’ Aurora Boreale, in mezzo al mare, al largo della costa gallese.
Un anno dopo la storia dei Led Zeppelin si concluderà con la morte di John Bonham detto anche “Bonzo”, a cui seguiranno alcune brevi reunion con alla batteria il figlio Jason Bonham. Nel 2008, a seguito dell”incredibile richiesta di biglietti per l’esibizione di “Celebration Day” alla O2 arena di Londra (oltre 20 milioni di prenotazioni in circa 24 ore) la band è stata insignita del Guinness dei primati per la Maggior richiesta di biglietti per una singola esibizione dal vivo.
Plant ha dichiarato in diverse interviste:
“Abbiamo provato un pò di volte a riunirci, ma non funzionava mai, sembrava fosse tutto forzato, fatto di fretta. Il concerto all’O2 è stato fatto con questa consapevolezza. Abbiamo provato un sacco di volte con Jason in modo tale che lui si sentisse parte della band. Non credo ci uniremo ancora, perchè dobbiamo essere tutti d’accordo e dobbiamo esserlo per i giusti motivi. I Led Zeppelin erano una forza creativa che non si può creare con uno schiocco di dita. era la miscela di questi quattro musicisti, e ognuno di noi era importante per la band”.
Il presidente Obama, il 2 dicembre 2012, nel corso della 35esima edizione dei Kennedy Center Honors, ha conferito ai Led Zeppelin il premio per il contributo da loro portato “alla vita culturale della nazione americana e del mondo”.
Questa è una parte del testo di All My Love:
Tutto il mio amore
Tutto il mio amore per te adesso, per te adesso
Dovrei smettere di amare?
È la fine o è invece l’inizio?
Ora il mio amore è tutto per te, bimbo
Tua è la tela, mia la mano che cuce il tempo
Lui ora è una piuma nel vento
Mi ritrovo un pò solo, solo un pò solo.
Buon ascolto.
How noble is he who, with a sad heart, still wants to sing a happy song among happy hearts.
Lella ..
All My Love, is a poignant and beautiful dedication by Plant to his missing son. It was recorded in a single session because it was emotionally impossible for him to repeat those words in another recording. A legendary and moving song; a love song, but not romantic, the act of love that Robert Plant wanted to dedicate to his son. Behind the lyrics of this song is the fascinating figure of the Welsh Goddess Arianrhod, who led the souls of the deceased to her castle located in the Aurora Borealis, in the middle of the sea, off the Welsh coast.
A year later, the history of Led Zeppelin will end with the death of John Bonham also known as "Bonzo", which will be followed by some brief reunions with his son Jason Bonham on drums. In 2008, following the incredible demand for tickets for the performance of "Celebration Day" at the O2 arena in London (over 20 million bookings in about 24 hours) the band was awarded the Guinness Book of Records for Most Request for tickets for a single live performance.
Plant stated in several interviews:
“We tried a few times to get together, but it never worked, it seemed like it was all forced, rushed. The concert at the O2 was done with this awareness. We rehearsed a lot of times with Jason so he felt like he was part of the band. I don't think we will unite again, because we all have to agree and we have to be for the right reasons. Led Zeppelin was a creative force that cannot be created with the snap of a finger. it was the blend of these four musicians, and each of us was important to the band ”.
President Obama, on December 2, 2012, during the 35th edition of the Kennedy Center Honors, bestowed the award on Led Zeppelin for their contribution to "the cultural life of the American nation and the world".
This is part of the lyrics of All My Love:
All my love
All my love for you now, for you now
Should I stop loving?
Is it the end or is it the beginning?
Now my love is all for you, baby
Yours is the canvas, mine is the hand that sews time
He is now a feather in the wind
I find myself a little lonely, just a little lonely.
Have a good listening.
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