Robert Plant non è certo un nostalgico dei meravigliosi anni Settanta che lo hanno incoronato re immortale: si considera un uomo fortunato, felice del suo passato ma proiettato nel presente, e mentre vende palate di dischi con uno straordinario live del Led Zeppelin datato 1972 ma pubblicato solo oggi, ha messo su da an paio d'anni una nuova band, gli Strange Sensation, e con loro si diverte a fare cover del passato, da Tim Buckley a Bob Dylan passando persino per il suo vecchio gruppo-icona, con ironia. Gli Strange Sensation, strano combo di musicisti che arrivano dalle esperienze più disparate: Portishead, Dr John, Massive Attack. “Un fantastico patchwork di esperienze e influenze. E' come un bel cielo al mattino: ci sono tantissimi colori differenti”.Signor Plant, tutti si chiedono se suonerà brani dei Led Zeppelin...
Sicuramente sperimenteremo le nuove cose che finiranno nel disco in uscita il prossimo marzo. Poi credo che suonerò una piccola parte del repertorio degli Zeppelin, forse quattro o cinque canzoni.
Per esempio?
Another brick in the wall e Yellow submarine.
Sia serio, signor Plant...
Va bene...ci sarà la parte rumorosa ed esotica dei Led Zeppelin. Ma non posso dirti cosa, cambio scaletta ogni notte.
Un titolo?
Faremo What is and what should never be da Led Zeppelin II, una bellissima canzone che non canto da tantissimo tempo. Te la ricordi? Fa così: “And if I say to you tomorrow, take my hand, child, come with me...” (canta,ndr).
Ci sono canzoni che odia di quel periodo?
O certo, honey! Ce ne sono moltissime. Quando inizi a comporre e cantare così giovane, alcune canzoni mantengono negli anni la stessa credibilità e forza, ma molte altre no, sono frutto di un'epoca troppo lontana. E dici: non la voglio mai più sentire. Ma è incredibile rendersi conto che pezzi come No quarter sono per me tutt'oggi splendidi. Amo quella canzone, quel piano che la domina...
Con la nuova band si è dato all'interpretazione di pezzi altrui...
Sì, ad esempio abbiamo fatto una nuova versione di Hey Joe di Hendrix, ma anche una Gallows pole trasformata quasi completamente. Fare cover dei Led Zeppelin mi diverte. Sai, a questo punto della mia vita e della mia carriera, la cosa che più mi interessa è essere leggero e felice. Per questo scelgo i piccoli festival, le piazze, i posti strani come il circolo polare artico, dove sono stato due settimane fa.
Da dove comincia Robert Plant per realizzare una cover?
Già con i Led Zeppelin avevamo fatto un sacco di cover blues: cose di Muddy Waters o Otis Rush, ma era un sacco di tempo fa. Nella mia carriera solista invece l'unico brano altrui era stato If I were a carpenter di Tim Hardin. Così mi è venuta voglia di reinterpretare le canzoni che avevo sempre amato. E lo volevo fare nello stesso modo, con lo stesso cuore, con cui John Lennon aveva fatto l'album Rock and Roll.
Ha parlato di blues. Questo è l'anno del blues, non solo perché così ha decretato il congresso americano, ma perché è un genere tornato di moda...
Certo, il revival del blues è forte, ma il blues è sempre esistito e sempre esisterà: irregolare, sotto diverse forme, diversi modi di interpretarlo, di suonarlo. E se i Rolling Stones oggi per la metà dei loro ultimi concerti suonano blues, fanno bene, vuol dire che si divertono ancora a suonare.
Nella rinascita del rock che stiamo vivendo negli ultimi anni, molti pagano tributo proprio agli Zeppelin, non trova?
C'è una band che ha sicuramente ascoltato la stessa musica che ascoltavamo noi da giovani. Parlo dei White Stripes. Sì, Jack White deve aver ascoltato molto Robert Johnson e Son House, il re del blues del Delta. Ma non si tratta di venir ispirati da noi. Dietro ai Led Zeppelin ci sono prima di tutto Howlin' Wolf, Robert Johnson e l'intera storia del blues tradotta in rock'n'roll. Puoi arrivare dall'Australia, dalla Svezia, dagli Stati Uniti, l'importante è cha fiamma sia viva. E il blues la tiene viva: l'immaginazione, la fantasia di un gruppo dipendono da quanto il cuore è grande; solo così riesci ad impossessarti della musica.
Come si spiega l'enorme successo, con il primo posto nelle classifiche americane, del doppio disco live dei Led Zeppelin da poco uscito, “How the west has won”?
Molta gente non sa veramente come i Led Zeppelin suonavano dal vivo, c'era un passa-parola, ma tanti non li hanno vissuti in prima persona, perché troppo giovani negli anni Settanta. E' come successe per me con artisti del calibro di Edith Piaf o Buddy Holly: diventano parti del tuo subconscio, ma non li hai mai vissuti realmente. Poi, quando la verità viene fuori, è un piccolo shock. In questo caso, uno shock buono: in quel concerto di Los Angeles del 1972 ci sono tutti i Led Zeppelin positivi, potenti, freschi. Riascoltandolo io stesso mi rendo conto di essere stato parte di una fantastica band. Una band che non esiste e non esisterà più, ma quel fuoco lo puoi sentire in ognuno di noi, separatamente.
Intervista di Silvia Boschero – L'UNITA' – 10/07/2003
https://www.ilportoritrovato.net/html/robertplant2.html
------------------
https://www.ilportoritrovato.net/html/robertplant.html
Diciamolo subito: Robert Plant è un mattacchione. E con lui anche la più formale della conferenze stampa si trasforma in un happening di aneddoti e risate. Sa come tenere desta la platea, l'ex Zep, persino quella un po' sonnacchiosa dei giornalisti mattutini, ancora in debito di sonno e caffè. Alto, capelli un pò più corti, jeans e camicia, qualche chilo di troppo, sorriso sornione e battuta lesta. Soprattutto quando si tratta di donne. “La cosa che più mi interessa oggi? Il culo di Kyle Minogue” e via sghignazzando. El il bello, se permettete, sta proprio qui. Nel non tirarsela da leggenda vivente, nel giocare ancora con la musica e con la vita. Anche se sulle spalle ha l'eredità e il peso di una delle più micidiali macchine da rock che la storia ricordi. Plant è un mito. Mito vero, indistruttibile, intramontabile. Lo sanno benissimo anche tanti ragazzi del nuovo millennio. Quelli che strimpellano nelle sale prova, divorano classici in versione rimasterizzata e imparano a memoria biografie e traduzioni di testi. Alzi la mano chi, da dilettante chitarrista, non s'è mai cimentato con Starway to Heaven, per esempio. Un mito che resiste, però. E che nel tempo continua a ispirare decine di band, dal grunge al crossover, superando il puro effetto nostalgia. Così può capitare che ora persino quello spudorato di Eminem citi i Led Zeppelin fra i numi tutelari del suo nuovo disco. Confermando quel blues rabbioso, carico di elettrica sensualità, come uno dei momenti decisivi e imprescindibili della storia del rock. Di ieri, di oggi, di domani. Tutto questo Robert Plant lo sa. Ma tiene a distanza i fantasmi. E precisa: “Oggi proprio non mi vedrei in un gruppo come i Led Zeppelin. E' stato bellissimo, ma a un certo punto devi dire basta. Se no finisci come i Pink Floyd. Adesso adoro sentirmi libero di andare in giro per il mondo con le mie canzoni: ho suonato nell'Antartide, sul Baltico, addirittura in una specie di rave in Germania con un dj. Mi sembrava d'essere tornato ai tempi degli hippies: in quel momento ho pensato a Mick Jagger e a tutti i casini dei megatour. E mi sono sentito felice”.
Le canzoni che ora Plant ama spargere per il pianeta sono quelle di Dreamland, album uscito il 21 giugno e inciso con una nuova band, Strange Sensation, dove spicca il tocco di Porl Thmpson, ex chitarrista dei Cure. Canzoni vecchie, vecchissime. Come One More Cup of Coffee, traccia meno conosciuta del Dylan di Desire. Come Skip Song, che riporta alla luce la San Francisco anni Sessanta dei Moby Grape di Skip Pence. Come Darkness Darkness del folksinger newyorchese Jesse Colin Young. Come Win My Train Fare Home, tributo a maestri blues come Robert Johnson e Arthur “Big Boy” Cudrup. Come l'omaggio (ardito) alla voce più struggente del rock, Tim Buckley, con Songs to the Siren. Più due inediti. “Ho una vastissima collezione di dischi e sono un ascoltatore ancora follemente innamorato della musica: mi piace riscoprire certi gruppi come i Love, che hanno inciso due/tre album splendidi e, poi, sono usciti di scena. Ma in bellezza. Così ho voluto rifare i pezzi che nel passato ho amato e mi hanno regalato quelle emozioni che non ritrovo nella musica di oggi. Rappresentando un'era che non c'è più. Un'epoca dove essere giovani aveva un valore: allora pensavamo davvero di poter cambiare qualcosa. Riascoltarli e respira ancora quelle atmosfere mi ha dato la spinta per scrivere qualche canzone nuova. Cosa che, a un certo punto, non credevo d'essere più in grado di fare”.
Nostalgia canaglia? Fino a un certo punto. Perché la sfida di Plant è un'altra:rivisitare il passato in una chiave diversa. Anche lasciando a bocca aperta l'ascoltatore. Come? Prendendo le canzoni e stravolgendone il blues primitivo, lavorando su una contaminazione fra rock classico e world-music, con frequente ricorso a improvvisazioni, scale mediorientali, suoni arabeggianti e influssi afro. Comer capita, tanto per fare un titoli, al classico hendrixiano Hey Joe, restituito in una versione quasi sperimentale. Un vizietto, quello dell'etnoworld, peraltro già sperimentato in tempi non sospetti cogli Zep di Kashmir, nel lontano1975. “Il rock attuale, dopo Seattle e la grunge, ha perso la sua ingenuità. Vedo queste nuove rockband perfettine sulle copertine delle riviste: mi sembrano costruite a tavolino delle compagnie che vendono whisky. Fra i gruppi in circolazione ne salvo pochi: i Primal Scream, che uniscono radici psichedeliche e dance/beat. E sono abbastanza pazzi e stravaganti da piacermi. Ma, in generale, m'interessano molto di più i suoni che arrivano dall'Egitto e dal Nord Africa. Adesso mi fanno impazzire i Tinariwen, una band maliana di musicisti e attivisti politici: i miei amici mi credono matto a vedermi in loro compagnia. Temono che, prima o poi, verrà arrestato. Il mio approccio non è da studioso come Ry Cooder, ma nemmeno da bianco che vuole rubare ai neri: mi stimola l'incontro fra musiche e culture, la contaminazione. E credo che mescolando la psichedelia anni Sessanta con la sonorità etniche possa nascere una nuova frontiera”.
Diego Perugini – L'UNITA' – 13/06/2002
Plant, il fuoco vivo dei Led Zeppelin
https://www.ilportoritrovato.net/html/robertplant2.html
Robert Plant non è certo un nostalgico dei meravigliosi anni Settanta che lo hanno incoronato re immortale: si considera un uomo fortunato, felice del suo passato ma proiettato nel presente, e mentre vende palate di dischi con uno straordinario live del Led Zeppelin datato 1972 ma pubblicato solo oggi, ha messo su da an paio d'anni una nuova band, gli Strange Sensation, e con loro si diverte a fare cover del passato, da Tim Buckley a Bob Dylan passando persino per il suo vecchio gruppo-icona, con ironia. Gli Strange Sensation, strano combo di musicisti che arrivano dalle esperienze più disparate: Portishead, Dr John, Massive Attack. “Un fantastico patchwork di esperienze e influenze. E' come un bel cielo al mattino: ci sono tantissimi colori differenti”.
Signor Plant, tutti si chiedono se suonerà brani dei Led Zeppelin...
Sicuramente sperimenteremo le nuove cose che finiranno nel disco in uscita il prossimo marzo. Poi credo che suonerò una piccola parte del repertorio degli Zeppelin, forse quattro o cinque canzoni.
Per esempio?
Another brick in the wall e Yellow submarine.
Sia serio, signor Plant...
Va bene...ci sarà la parte rumorosa ed esotica dei Led Zeppelin. Ma non posso dirti cosa, cambio scaletta ogni notte.
Un titolo?
Faremo What is and what should never be da Led Zeppelin II, una bellissima canzone che non canto da tantissimo tempo. Te la ricordi? Fa così: “And if I say to you tomorrow, take my hand, child, come with me...” (canta,ndr).
Ci sono canzoni che odia di quel periodo?
O certo, honey! Ce ne sono moltissime. Quando inizi a comporre e cantare così giovane, alcune canzoni mantengono negli anni la stessa credibilità e forza, ma molte altre no, sono frutto di un'epoca troppo lontana. E dici: non la voglio mai più sentire. Ma è incredibile rendersi conto che pezzi come No quarter sono per me tutt'oggi splendidi. Amo quella canzone, quel piano che la domina...
Con la nuova band si è dato all'interpretazione di pezzi altrui...
Sì, ad esempio abbiamo fatto una nuova versione di Hey Joe di Hendrix, ma anche una Gallows pole trasformata quasi completamente. Fare cover dei Led Zeppelin mi diverte. Sai, a questo punto della mia vita e della mia carriera, la cosa che più mi interessa è essere leggero e felice. Per questo scelgo i piccoli festival, le piazze, i posti strani come il circolo polare artico, dove sono stato due settimane fa.
Da dove comincia Robert Plant per realizzare una cover?
Già con i Led Zeppelin avevamo fatto un sacco di cover blues: cose di Muddy Waters o Otis Rush, ma era un sacco di tempo fa. Nella mia carriera solista invece l'unico brano altrui era stato If I were a carpenter di Tim Hardin. Così mi è venuta voglia di reinterpretare le canzoni che avevo sempre amato. E lo volevo fare nello stesso modo, con lo stesso cuore, con cui John Lennon aveva fatto l'album Rock and Roll.
Ha parlato di blues. Questo è l'anno del blues, non solo perché così ha decretato il congresso americano, ma perché è un genere tornato di moda...
Certo, il revival del blues è forte, ma il blues è sempre esistito e sempre esisterà: irregolare, sotto diverse forme, diversi modi di interpretarlo, di suonarlo. E se i Rolling Stones oggi per la metà dei loro ultimi concerti suonano blues, fanno bene, vuol dire che si divertono ancora a suonare.
Nella rinascita del rock che stiamo vivendo negli ultimi anni, molti pagano tributo proprio agli Zeppelin, non trova?
C'è una band che ha sicuramente ascoltato la stessa musica che ascoltavamo noi da giovani. Parlo dei White Stripes. Sì, Jack White deve aver ascoltato molto Robert Johnson e Son House, il re del blues del Delta. Ma non si tratta di venir ispirati da noi. Dietro ai Led Zeppelin ci sono prima di tutto Howlin' Wolf, Robert Johnson e l'intera storia del blues tradotta in rock'n'roll. Puoi arrivare dall'Australia, dalla Svezia, dagli Stati Uniti, l'importante è cha fiamma sia viva. E il blues la tiene viva: l'immaginazione, la fantasia di un gruppo dipendono da quanto il cuore è grande; solo così riesci ad impossessarti della musica.
Come si spiega l'enorme successo, con il primo posto nelle classifiche americane, del doppio disco live dei Led Zeppelin da poco uscito, “How the west has won”?
Molta gente non sa veramente come i Led Zeppelin suonavano dal vivo, c'era un passa-parola, ma tanti non li hanno vissuti in prima persona, perché troppo giovani negli anni Settanta. E' come successe per me con artisti del calibro di Edith Piaf o Buddy Holly: diventano parti del tuo subconscio, ma non li hai mai vissuti realmente. Poi, quando la verità viene fuori, è un piccolo shock. In questo caso, uno shock buono: in quel concerto di Los Angeles del 1972 ci sono tutti i Led Zeppelin positivi, potenti, freschi. Riascoltandolo io stesso mi rendo conto di essere stato parte di una fantastica band. Una band che non esiste e non esisterà più, ma quel fuoco lo puoi sentire in ognuno di noi, separatamente.
Intervista di Silvia Boschero – L'UNITA' – 10/07/2003
------------------------
robert plant in new york, 1977I venti di Thor soffiano freddi..
𝐂𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐢 𝐦𝐨𝐝𝐢 𝐝𝐢 𝐬𝐮𝐨𝐧𝐚𝐫𝐞 𝐮𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐞 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐩𝐫𝐞𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚. 𝐎𝐠𝐧𝐮𝐧𝐨 𝐡𝐚 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐩𝐫𝐞𝐟𝐞𝐫𝐢𝐭𝐨.
𝐦𝐢𝐚 𝐜𝐢𝐭𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞
𝐈𝐥 𝐫𝐢𝐭𝐦𝐨 𝐞̀ 𝐥’𝐚𝐧𝐢𝐦𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚.
https://www.virginradio.it/news/rock-news/1330894/led-zeppelin-robert-plant-e-il-significato-che-stairway-to-heaven-ha-per-lui-oggi-continuo-ad-essene-sopraffatto-in-ogni-modo.html?fbclid=IwAR39t6HKmF2WlGfRQuKSMKwA9xUVAOekBv1lS2JliPVu15NHWYOsOyAAV5w
LED ZEPPELIN, ROBERT PLANT E IL SIGNIFICATO CHE STAIRWAY TO HEAVEN HA PER LUI OGGI: "CONTINUO AD ESSENE SOPRAFFATTO IN OGNI MODO"Il leggendario frotman inglese: "era un periodo difficile per il mondo. Volevo scrivere una canzone che parlasse di speranza"
Secondo Robert Plant, il successo si misura
«Dai sorrisi sui volti delle persone con cui lavori. È una questione di atteggiamento» ha spiegato in una nuova intervista con la rivista Rolling Stone in cui ha parlato della sua carriera con i Led Zeppelin e del suo lavoro con Alison Krauss. «La mia idea di intrattenimento è che la prima persona che deve essere intrattenuta sono io stesso. Sono sempre molto diffidente verso la ripetizione, cerco di essere molto cauto e non ripetermi mai: qualunque cosa faccia devo essere pienamente soddisfatto. Il tempo vola, devo dare il massimo».
Il percorso artistico di Robert Plant è uno dei più autentici e coerenti nella storia del rock: diventato leggenda con i Led Zeppelin dal 1969 al 1979, dopo la fine della band (in seguito alla morte del suo amico John Bonham, il batterista che lui stesso ha voluto nella band, proponendolo a Jimmy Page nel luglio 1968) non ha mai voluto ripetersi, ha fondato diverse band soliste (Band of Joy, Sensational Space Shifters) e nel 2007 ha iniziato la sua collaborazione con la cantante bluegrass Alison Krauss con due album (Raising Sand del 2007 con cui ha vinto due Grammy Award e Raise the Roof del 2021) evolvendo il proprio suono e il proprio modo di cantare dal blues e l’hard rock al country-folk.
Dopo il concerto-evento del 10 dicembre 2007 a Londra, Robert Plant non ha più voluto fare altre reunion dei Led Zeppelin, ma continua a ricordare i momenti più alti nella storia della band che ha fondato con Jimmy Page, John Bonham e John Paul Jones. Per esempio la nascita di uno dei pezzi più famosi di tutti i tempi: Stairway to Heaven.
«La struttura musicale era davvero speciale» ha ricordato Plant, «I ragazzi mi hanno dato la canzone e mi hanno detto: cosa vuoi scrivere? Io ho pensato: voglio scrivere una canzone sulla speranza». Robert Plant aveva solo 23 anni quando Stairway to Heaven è stata pubblicata sull’album Led Zeppelin IV. Oggi, a 74 anni ne parla cosi: «Ogni volta che la ascolto e sono da solo vengo sopraffatto da Stairway to Heaven, per tutte le ragioni possibili». Nonostante la sua grandezza riconosciuta, Robert Plant è anche molto umile sul suo valore come cantautore: «Era un periodo importante, il mondo era diverso e c’erano tensioni e problemi, dalla guerra in Vietnam alla corruzione politica. C’erano artisti molto più eloquenti di me che hanno fatto un lavoro migliore nell’affrontare le questioni e arrivare al punto. Io ho dipinto un quadro».
"L'ho sviluppata pensando al tempo che stavo vivendo e a ciò che avevo attorno" ha aggiunto il frontman inglese, "non dovevo cantare roba R&B perché ero in grado di scrivere. Anche se purtroppo alcune canzoni... contenevano uno o due hobbit di troppo" ha concluso sorridendo Plant che è un grandissimo fan delle opere di Tolkien fin da quando era ragazzo.
-----------------
quelle che viaggiano leggiadre e non si fermano mai alle apparenze...
Robert Plant Live at New Orleans Jazz & Heritage Festival 2014
New Orleans Jazz & Heritage Festival 2014
50 anni dopo ,qui sta suonando la stessa canzone –sorprendente è la qualità della voce, . Anche se è invecchiato le sue doti vocali sono sbalorditive oggi, dopo tutti questi anni. C'è anche un ottimo lavoro di chitarra in questa canzone. . È meraviglioso!
--------------
Il rock and roll esce urlando... Inizia come una macchina espressiva adolescenziale piena di angoscia. Tuttavia, ci sono quelli che lo perpetuano e lo portano avanti nel corso degli anni, concentrandosi sempre più finemente sul dettaglio dell'urlo, l'urlo che gli ha fatto desiderare di farlo in primo luogo. Oggi, non sto solo facendo un urlo per amore dell'urlo, ma sto cercando di modellare e scolpire l'urlo.
— Robert Plant, 1991
-------------------
una divinità misteriosa che
ci osserva in silenzio.
le coccole sono sempre le migliori medicine
----------------------------
Hi, I'm Robert Plant.
Ciao..Io sono Robert Plant..
.molto piacere
--------------------------------------
una divinità misteriosa che
ci osserva in silenzio.
-------------------------------------------
Intervistatore: I Led Zeppelin sono visti da molti come i padrini dell'heavy metal - pensi che quello che fai, o che hai fatto allora, possa essere definito con precisione "heavy metal"?
Robert Plant:No. Prendi il primo album - "Babe I'm Gonna Leave You", "Your Time Is Gonna Come", "How Many More Times" - che non era heavy metal. Non c'era niente di pesante. Ascolti "How Many More Times", che è davvero preso in prestito dal blues, comunque. Il tipo di dinamica nel mezzo, o
Jimmy che usava il pedale wah-wah su alcune parti, o Bonzo che lo scimmiotta con i piatti, o cose del genere - era pulito. Bonzo aveva vent'anni quando lo fece ed era pulito. E non era un insulto all'integrità e alla raffinatezza delle persone. Era etereo in alcuni punti e anche "Dazed And Confused". La musicalità era tale che le persone potevano prendere tangenti e creare passaggi avvincenti. In un certo senso, stavano schiantando i crani. Ma non era tutto attraverso il puro e brutale volume. Era il modo in cui si suonava. È una netta differenza.
Intervistatore: I Led Zeppelin sono visti da molti come i padrini dell'heavy metal - pensi che quello che fai, o che hai fatto allora, possa essere definito con precisione "heavy metal"?
Robert Plant:No. Prendi il primo album - "Babe I'm Gonna Leave You", "Your Time Is Gonna Come", "How Many More Times" - che non era heavy metal. Non c'era niente di pesante. Ascolti "How Many More Times", che è davvero preso in prestito dal blues, comunque. Il tipo di dinamica nel mezzo, o
Jimmy che usava il pedale wah-wah su alcune parti, o Bonzo che lo scimmiotta con i piatti, o cose del genere - era pulito. Bonzo aveva vent'anni quando lo fece ed era pulito. E non era un insulto all'integrità e alla raffinatezza delle persone. Era etereo in alcuni punti e anche "Dazed And Confused". La musicalità era tale che le persone potevano prendere tangenti e creare passaggi avvincenti. In un certo senso, stavano schiantando i crani. Ma non era tutto attraverso il puro e brutale volume. Era il modo in cui si suonava. È una netta differenza.
Be', è stato un periodo molto espressivo... mi è sempre piaciuto pensare di poter creare una sincope vocale e una punteggiatura in tutti i modi possibili... Voglio dire, la mia voce è quella che è, ora è diversa da come era allora... ma era incisivo ed era gioioso. La mia fiducia stava crescendo a quel punto, avevo 20 anni e stavo davvero provando ogni sorta di cose diverse. Gli effetti della mia infanzia e del mio background, l'ascolto di Presley, l'ascolto di Wolf... Ho
cercato di inserirli tutti nelle canzoni che richiedevano una sorta di 'allusione sessuale' o qualunque cosa fosse. Era in parte blues, in parte rock 'n' roll e funzionava.
— Robert Plant sul suo canto in "Whole Lotta Love"
Sono i critici, non i Led Zeppelin, dice Robert Plant, ad essere pieni di aria calda”
Intervistatore: I Led Zeppelin sono visti da molti come i padrini dell'heavy metal - pensi che quello che fai, o che hai fatto allora, possa essere definito con precisione "heavy metal"?
Robert Plant:No. Prendi il primo album - "Babe I'm Gonna Leave You", "Your Time Is Gonna Come", "How Many More Times" - che non era heavy metal. Non c'era niente di pesante. Ascolti "How Many More Times", che è davvero preso in prestito dal blues, comunque. Il tipo di dinamica nel mezzo, o
Jimmy che usava il pedale wah-wah su alcune parti, o Bonzo che lo scimmiotta con i piatti, o cose del genere - era pulito. Bonzo aveva vent'anni quando lo fece ed era pulito. E non era un insulto all'integrità e alla raffinatezza delle persone. Era etereo in alcuni punti e anche "Dazed And Confused". La musicalità era tale che le persone potevano prendere tangenti e creare passaggi avvincenti. In un certo senso, stavano schiantando i crani. Ma non era tutto attraverso il puro e brutale volume. Era il modo in cui si suonava. È una netta differenza.
------------------------------------
Il testo scritto a mano di Robert per "Please Read The Letter"
--------------------------
Intervistatore: In questi giorni se hai un brutto concerto, ti arrabbi con te stesso?
Robert Plant: No, non posso essere arrabbiato con me stesso. Avrei dovuto solo fare un pisolino più lungo.
Be', è stato un periodo molto espressivo... mi è sempre piaciuto pensare di poter creare una sincope vocale e una punteggiatura in tutti i modi possibili... Voglio dire, la mia voce è quella che è, ora è diversa da come era allora... ma era incisivo ed era gioioso. La mia fiducia stava crescendo a quel punto, avevo 20 anni e stavo davvero provando ogni sorta di cose diverse. Gli effetti della mia infanzia e del mio background, l'ascolto di Presley, l'ascolto di Wolf... Ho
cercato di inserirli tutti nelle canzoni che richiedevano una sorta di 'allusione sessuale' o qualunque cosa fosse. Era in parte blues, in parte rock 'n' roll e funzionava.
— Robert Plant sul suo canto in "Whole Lotta Love"
La vita continua... Finché puoi portare lo spirito e i bei momenti con te nel modo giusto per tutto. Questa è l'essenza della vita. Devi solo tirarti su e avere intorno a te le persone che ami e andare avanti di nuovo
— Robert Plant..
------------------------
12/02/2017
Robert Plant ha rilasciato un'interessante intervista a Classic Rock Magazine. Ha parlato del suo nuovo album, della carriera e, naturalmente, dei Led Zeppelin.
Attraverso la rivista Classic Rock
di Marcel Anders
Nella maggior parte dei tuoi album, fai spesso riferimento a luoghi in cui sei stato. Carry Fire sembra riguardare il periodo di tempo che hai trascorso a vivere ad Austin, in Texas.
Tre
anni, sì. Austin era solo la porta, il portale per scoprire che c'è molto di più da... Austin. Tutti sanno che è un grande centro di cose democratiche e liberali, ma da lì prendi le strade a ovest e ti trasformi nel paese dei Comanche. E poi ti rendi conto che c'era un'intera trama che è stata spostata via; un intero modo di vivere, un'intera comprensione e un rapporto con la terra che è stato superato.
E l'ho scoperto vivendo lì. Non sapevo nemmeno cosa avrei trovato. Non ho cercato nulla, ma poi ho trovato questa sorta di notevole richiamo verso la maestà della nazione Comanche.
Viaggi ancora molto. È questo nel tuo sangue, è questo ciò che ti rende quello che sei?
Sì. Bene, ho delle conoscenze sotto forma di amici e conosco anche posti bellissimi. Il movimento in me è lavorare, cantare, scrivere, imparare, e così torno in certi posti. E sento i cambiamenti, ed è una grande liberazione per me.
Hai lasciato Austin a causa della tua rottura con la (cantautrice) Patty Griffin (nel 2014), o per le tue esperienze con la magistratura statunitense?
Ti riferisci a quel ridicolo processo [Stairway To Heaven]? Non entrerò in questo [ride]. Scusa amico.
L'ho fatto, sì... E se ascolti l'album puoi sentirmi aprire il mio cuore a chiunque sia interessato. Perché è quello che faccio. E non è facile farlo, credimi.
Ok, diciamo invece che hai lasciato Austin perché ti sei perso le montagne nebbiose.
Va meglio! E l'ho fatto. Questo è ciò che mi ha riportato indietro, davvero. Quello e l'umorismo familiare.
Robert Plant - BBC Radio 6 Music Live 2017
"Rispetto e apprezzo i miei lavori passati, ma ogni volta che sento l'incentivo a creare un nuovo lavoro, devo mescolare il vecchio con il nuovo", ha detto. "Di conseguenza, l'intero slancio della band si è spostato in qualche modo sul suo asse: il nuovo suono e lo spazio diverso lasciano il posto a paesaggi emozionanti e drammatici di umore, melodia e strumentazione".
Sei così appassionato di storia, eppure non un po' nostalgico della musica che hai creato in passato. Perché?
Perché preferisco andare avanti. E 'così semplice. Non voglio essere bloccato nel passato, come molti dei miei contemporanei.
Ci sono poche persone a sessantanove anni che scrivono ancora nuovo materiale e vanno in tournée. Cosa ti fa alzare dal letto e farlo?
Bene, i miei occhi sono aperti. È quasi come se a volte mi sento come se fossi appena nato. Quando nasce un animale, la madre lecca gli occhi del bambino – con bovini, pecore e cose del genere – e gli occhi si aprono e la messa a fuoco arriva. A volte è così. Andavo in posti e lo leggevo in modo diverso, e le relazioni e le amicizie... Il flusso e riflusso della vita è spettacolare. Non vorrei essere bloccato in un posto troppo a lungo, altrimenti potrei perdere questo trucco che ho.
Non ne ho idea, ma non voglio perderla.
La canzone Heaven Sent on Carry Fire è come l'inno del tuo essere, vero?
Si Esattamente. A posto. Sei uno spirito irrequieto e itinerante? Beh, non penso irrequieto, ma sto viaggiando, sì. Voglio dire, ho la chiave.
Scriverai mai tutto questo, tutto quello che hai fatto? Pubblicherai mai le tue memorie?
Ride] Da dove cavolo viene questa idea di scrivere memorie?
Perché sembra che lo facciano tutti.
Si lo so. Penso solo che l'intera idea di noi... C'era una volta eravamo devianti sociali, relegati agli angoli della società, abbastanza spesso perquisiti per strada dai poliziotti.
Ricordo di aver camminato per Dearborn [parte dell'area metropolitana di Detroit] con John Bonham nel 1969, una domenica pomeriggio, quando Detroit era in fiamme, guardando attraverso il paesaggio urbano e vedendo fumo e cose del genere, e alcune persone passavano in un grande Lincoln Continental e hanno abbassato lentamente il finestrino e ci hanno sputato addosso, perché eravamo hippy.
Rappresentavamo una sfida all'ordine. Quindi vogliamo abbracciarci e coccolarci all'idea di andare da un editore e raccontare storie? Voglio dire, per cosa – per chi – per? Quelle storie sono ben chiuse tra i miei due buchi per le orecchie in continua crescita. Quindi fanculo. C'è molto là dentro, ed è lì che sta.
Nel nuovo album c'è una cover di Bluebirds Over The Mountain che hai registrato con Chrissie Hynde dei The Pretenders? Da quanto vi conoscete?
Circa trentacinque anni, quarant'anni. Solo en passant. Mi piace la dolcezza della canzone. È carino, ed è una canzone che cantavo da bambino, prima di diventare un cantante. È una specie di filastrocca.
Hai annunciato date dal vivo in America e Australia. Quando ci vediamo in Europa, estate 2018?
Sì. Ci stanno lavorando ora, parlando con persone a Istanbul e Beirut, e spero che ci faremo strada da voi ragazzi.
Con i Sensational Space Shifters suoni sempre qualcosa di Led Zep. Qualche idea su cosa sarà questa volta? All'inizio di quest'anno hai fatto il Kashmir con Nigel Kennedy
Sì. Non è una canzone che farei normalmente, ma voglio dire, in quale altro momento farlo se non con un'orchestra e Mad Man Kennedy? È stato bello. È stato fantastico avere un'orchestra intorno. Veramente buono.
Robert Plant che canta
Come stai al passo con quello che sta succedendo nella musica? Io non.
Le cose mi passano davanti. Se fossi un DJ alla radio, otterrei tutto il nuovo materiale che potrei desiderare. Purtroppo non lo sono, quindi a volte mi mancano completamente le cose. È un grande mondo, la musica, ora, e parte di essa mi arriva e parte no.
Ma di questi tempi c'è ben poco da fare nella musica rock, non sei d'accordo?
Bene, questa è un po' una benedizione. In che modo vuoi dire? Beh, penso che si sia esaurito un po', vero? Tipo. Probabilmente ha raggiunto il picco, ha fatto quello che doveva fare, e ora gli ibridi del rock sono diventati come Them Crooked Vultures e alla gente così, che è buona musica ma non è rock. Beh, forse è rock. Forse la mia idea di cosa fosse il rock probabilmente era un po' persa nella traduzione.
Cosa ne pensi delle voci che continuano a spuntare su un tour di reunion dei Led Zep nel 2018?
Ti mostra che le persone non hanno nient'altro di cui scrivere, ovviamente. Ed è un po' triste. Tutte queste riviste e piattaforme Internet dovrebbero supportare nuova musica e aiutare i nuovi musicisti a trovare un pubblico, invece di soffermarsi sempre sulle vecchie stronzate. È come se non ci fosse più niente di nuovo ed eccitante là fuori, quando in realtà c'è. Quindi smetti di vivere nel passato. Apri le orecchie e gli occhi. Non è così difficile, vero?
Ma non trovi divertente a volte leggere sempre sulla stampa i tuoi progetti futuri?
È un po' divertente, devo ammettere. Ma, ehi, ci sono modi migliori per divertirti, credimi.
Stamattina, guardando lo specchio, non ho visto un volto che aveva sì tanti segni sul viso, ma un volto con tanti sogni negli occhi. Mi ha sorriso
Nessun commento:
Posta un commento