Come ha detto il suo chitarrista Justin Adams: "Nello studio Plant si crea un'atmosfera che fa pensare che da un momento all'altro possa scendere dal cielo un fulmine"
https://youtu.be/M5kZt7KNXtU
Robert Plant, the shaggy rocker, surviving vocal legend of Led Zeppelin, awaited like the messiah, at the Caprices Festival in Crans-Montana.
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“Il mio stile vocale, non ho provato a copiare da nessuno. Si è sviluppato fino a diventare il piagnucolio da ragazzina che è oggi. "
Robert Plant..
Lo adoro perchè ama prendersi in giro..
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il trio perfetto!!!...
si possono anche cambiare gli addendi qualche volta..
ma il risultato è sempre un Grandezza e goduria
spiriti liberi!!!
Paul Rodgers Money (That's what I want) with Brian Johnson and Robert Plant Oxford 14/05/17
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Robert Plant - Whole Lotta Love @ Beacon Theatre, NYC 2018
https://youtu.be/7VXfXpTCYPE
una immagine che adoro...
Joan Baez with Robert Plant at the Paleo Festival in Nyon, Switzerland, July 25th.
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Robert Plant dei Led Zeppelin al Beacon Theatre di New York 2005
da vero mattatore..
Una performance indimenticabile! La migliore performance, il miglior pubblico, la migliore voce che abbia mai visto !!
Robert Plant dei Led Zeppelin al Beacon Theatre di New York 2005
da vero mattatore..
Una performance indimenticabile! La migliore performance, il miglior pubblico, la migliore voce che abbia mai visto !!
a beneficio della ricerca sul cancro all'evento sound and vision, 25 febbraio 2010. Cover della canzone di Scott Walker dall'album Tilt. Con il London Ori ...
musica celtica pura
https://youtu.be/GlINDVAB_SY
Robert Plant e il London Oriana Choir diretti da David Drummond, esibendosi agli Abbey Road Studios per Sound & Vision 2010 in aiuto di Cancer Res ...
musica celtica pura
Robert Plant & the Sensational Space Shifters "Dazed and Confused"
dal vivo a Colmar / Francia al festival "Foire aux Vins"
12.08.2015
Robert Plant & Jimmie Vaughn ~I'm Sorry~ LIVE IN AUSTIN TEXAS at the SXSW Austin Music Awards, Tribute to Paul Ray, March 16, 2016. Filmed and produced by Eileen Llorente©2016 all rights reserved.
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robert plant live in malta 3
whole lotta love robert plant live
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obert Plant & Strange Sensation - Whole Lotta Love: From the concert: 46664 Arctic 11 june 2005 in Tromsø. Live from Tromsø.
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Robert Plants short lived band Priory of Brion. Live at Campo Lanciani, Rome, Italy September 20th, 2000.
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riprese amatoriali di Guido Bellachioma (vista la lunghezza del brano per utilizzare la videocamera in mezzo alla gente momenti gli prendeva un crampo)
14 luglio 2003, Robert Plant al Centrale del Tennis, Foro Italico, Roma
stasera si finisce in odore DEUS..
« Hai bisogno di una rinfrescata bambina, non sto scherzando. Ti insegnerò tutto, giù fino in fondo, dolcezza, ne hai bisogno. Ti darò il mio amore, prendi tutto l'amore. Hai imparato bambina, imparato sul serio. Ogni buona volta, bambina, ho sentito il piacere. Giù fino in fondo, dolcezza, ne hai bisogno, Ti darò il mio amore, prendi mio amore. Non lo voglio. Ti sei calmata, baby, mi hai fatto impazzire, Ogni buona volta, baby, che mi è andata male, Giù fino in fondo, dolcezza, ti darò il mio amore. Hey dai andiamo. Ti darò ogni pollice del mio amore, Ti darò il mio amore prendi mio amore. Agitati per me ragazza. Voglio essere il tuo amante. Uhuu, ahaaa ohooo, mmmmmmmmmmmmmmmmm.. »
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The Battle of Evermore, Robert Plant & the Sensational Space Shifters, The Mann Center for the Performing Arts, Philadelphia, PA; September 17th, 2019; Fall North American Tour
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Vedo Robert come l'essenza stessa della sua canzone Ramble On, mescolata con gentilezza e umiltà.
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The ethno-rock served by a vocally inhabited Robert Plant, and a caring quintet, has in any case left no one frozen.
Setlist :
1) If I Ever Get Lucky
2) Freedom Fries
3) What Is And What Should Never Be
4) Going To California
5) Another Tribe
6) Black Dog
7) Tin Pan Valley
Four Sticks
9) When The Levee Breaks
10) The Enchanter
11) Whole Lotta Love
© Morgane Production 2006
https://youtu.be/LVlVyYr9qR4
Robert Plant And The Strange Sensation – Live @ Alcatraz, Milano, 30/11/2005
testimonianza..
L’incantatore
un termine che si addice....
La Leggenda
Alle 21:15 di mercoledì 30 novembre 2005 capisco cos’ha provato San Paolo sulla via di Damasco. Preceduto dagli Strange Sensation (Skin Tyson e Justin Adams alle chitarre, Billy Fuller al basso, Clive Deamer alla batteria e John Baggott alle tastiere), che hanno già attaccato il primo pezzo, Freedom Fries, dal nuovo album Mighty Rearranger, Robert Plant compare sul palco. Sta solo tenendo il tempo con il battito delle mani, non ha ancora aperto bocca, ma io sono già impazzito completamente. Quando, da lucido, a freddo, provo ad assumere un punto di vista obiettivo e mi riguardo in terza persona, vedo i miei occhi sbarrati, la mia bocca spalancata, sento le mie urla da ragazzina isterica, capisco di essere sembrato uno squilibrato completo. Ma la reazione, in un momento del genere, è genuina, per quanto esagerata. Mi sono mancate solo le lacrime (per un pelo).
Appena il Biondo inizia a cantare, addio. Lì passo direttamente al quarto cielo del Paradiso dantesco, senza fermate. Torno momentaneamente (e vagamente) sulla Terra per aiutare Ricky nella missione impossibile di srotolare il suo enorme cartello giallo, con una scritta nera, che però non dice Addio, Bocca di Rosa, con te se ne parte la primavera, dice Robert Plant = rock and roll. Sarà un metro e ottanta per un metro, lo sosteniamo in tre o quattro, poi la gente dietro giustamente vuole ucciderci perché ostacoliamo la visuale del palco, quindi il cartello viene abbassato, riarrotolato a caso e buttato davanti, al di là della transenna. Purtroppo, nessuno di quelli in prima fila fa lo sforzo minimo di lanciare lo striscione sul palco. In cuor nostro, speriamo che Robert l’abbia letto. Intanto sono ancora più davanti e ancora più centrale. Vedo Gio e Ricky vicino a me. La song è molto bella, si capisce perfettamente che il progetto Robert Plant And The Strange Sensation è solido, interessante, contaminato, musicalmente ce n’è.
A seguire, e un po’ a sorpresa, Seven & Seven Is, cover di un bellissimo pezzo dei Love, datato 1967. Semplicemente rock’n’roll allo stato puro, con una sequenza di accordi che a me dà i brividi, e la voce di Plant che non fa che nobilitare il tutto. Cover fedele all’originale, comunque.
Saluti: «It’s good to be here, back in Milano». Tutti urlano a squarciagola, io di più: «Robert!», «Robert, I love you!».
Poi, il delirio: Black Dog, da Led Zeppelin IV. Il pubblico reagisce con un boato trionfale, tutti cantano, soprattutto i celeberrimi vocalizzi («Ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ah ahhh…»). La canzone, come avverrà con tanti altri brani, è però ampiamente rivisitata: il ritmo è leggermente più blando, i suoni meno ruvidi e più avvolgenti, le tastiere fanno un bel lavoro, a rendere il pezzo ancor più d’atmosfera pensa Robert, accennando qualche passo di danza caraibica e schioccando le dita a tempo. Uno splendido cinquantasettenne, va bene, il tempo passa per tutti, ma Lui è un capellone biondo e sensuale quasi come nell’ætas aurea degli anni Settanta. Gio mi dirà poi di aver sentito delle ventenni riferirsi a Plant con frasi tipo «Che figo…», «Come si muove…» e via dicendo.
Succede che Plant chieda espressamente al pubblico di cantare, prima forte e va tutto bene, la gente risponde alla grande. Poi però chiede di cantare piano, quasi sottovoce, e tutti, ancora forte: «Ah ah!». Io non capisco.
Lui: «No, no…», e con le mani indica chiaramente di fare più piano. E tutti, ancora forte: «Ah ah!».
Mi altero leggermente.
«State zitti, merde!».
La gente si mette a cantare più piano, non so se per effetto del mio cortese invito. Gio mi dirà poi di avermi sentito, mentre mi rivolgevo gentilmente agli astanti delle prime file.
Quarta canzone in scaletta, la cover di Hey Joe di Jimi Hendrix, inclusa nel precedente album solista di Robert Plant, Dreamland. Mattia, maniaco di Hendrix, va in brodo di giuggiole. Qui il pezzo è completamente stravolto: strofa a metà della velocità, riff invece accelerato, mille suoni che si confondono, il Biondo dà il meglio di sé quanto a espressività vocale e a presenza scenica. Stupendo.
Grande emozione per Going To California, altra canzone dal quarto disco degli Zeppelin. La lunga introduzione alla chitarra acustica ne impedisce il riconoscimento immediato, ma quando comincia l’arpeggio iniziale c’è solo un mare di applausi a commentare. La voce di Plant si fa rarefatta e sognante, come nella versione originale su disco. Per quei cinque minuti, i trentaquattro anni di distanza non esistono. Da brividi, da lacrime.
Another Tribe fa parte del nuovo album, ed è puro etno rock. La strumentazione elettronica, seppur in evidenza, non oscura gli strumenti analogici: anzi, l’acustica e l’elettroacustica emergono quasi sempre, presto o tardi nell’arco del brano. Lui usa anche il tamburello. E poi c’è quella voce, incredibile, primordiale, che ti porta su altri pianeti, volente o nolente.
Due chiacchiere con Robert, che beve da una tazzona da tè (ma non so cosa stia bevendo). «Tomorrow, we’re gonna meet the President Blair…», detto con la faccia di chi deve andare controvoglia all’appuntamento istituzionale. Gli ululati di disappunto del pubblico coprono la frase successiva, di cui però sentiamo il finale: «… I hate this shit». Applausi. «It’s better, here». ’Na marea di applausi.
Si ritorna a visitare il 1971 di Led Zeppelin IV con Four Sticks, anche questa bellissima nella rivisitazione recente. Più tranquilla, intimista, stratificata nei suoni, con quell’«Oh, baby» irresistibile.
Let The Four Winds Blow è nuova, la ricordo poco, ma è il brano successivo che mi fa strippare del tutto: What Is And What Should Never Be da Led Zeppelin II. L’inconfondibile giro di basso mi manda in ebollizione, Plant canta con voce suadente, e tutti lo stiamo già seguendo, poi arriva il refrain duro, e la bolgia si fa incandescente. Ognuno, singolarmente, tende verso Robert, ammaliato dal suo magnetismo. Risultato: tutti schiacciati gli uni contro gli altri, con indicibili sofferenze di chi ha davanti la transenna. Ma è giusto così.
A questo punto del concerto mi trovo già in terza o quarta fila, davanti a Plant. Mi sono già sgolato quasi completamente, ma trovo un momento di relativo silenzio, nel quale raccolgo tutta la voce che mi è rimasta per urlare, più di quanto abbia fatto in tutta la mia vita: «Robert, look at me!».
Lui mi sente e sorride.
Non mi ha guardato. Probabilmente mi ha salvato la vita, se si fosse girato non avrei retto il suo sguardo e avrei esalato l’ultimo respiro lì, morendo, tenuto in piedi dagli altri del pubblico.
Ma mi ha sentito, la mia voce è arrivata a Robert Plant, questo è già molto.
Presenta la band, «’Cause we are The Strange Sensation». Sì, dai, non fare il modesto, ché lo sai che siamo tutti qui solo per te.
Un altro brano da Mighty Rearranger, Tin Pan Valley, poi si torna di nuovo al quarto, mistico e meraviglioso disco dei Led Zeppelin con la rocciosa When The Levee Breaks, con un riff da manuale dell’hard rock, e alla folk song dai tratti medievali Gallows Pole, da Led Zeppelin III: tutti cantano tutto, l’emozione si può quasi toccare. La band esce di scena sommersa da un’ovazione.
Al posto del consueto «Fuori, fuori» scatta ovviamente «Robert, Robert».
Il bis si apre con The Enchanter, del nuovo album, poi c’è un lungo intermezzo blues, con Robert che canta qualche verso, qua e là, ogni tanto. Ma quando mi arrivano alle orecchie le parole «I’ve been misusin’» non ho più dubbi, è…
Whole Lotta Love!
Caos: tutti si mettono a saltare e a cantare, le vibrazioni hard del super classico di Led Zeppelin II contagiano anche i muri. Orgia sonora, delirio rock’n’roll, chiamatelo come volete. Descrivere le sensazioni che ho/abbiamo provato è impossibile. Quando la canzone è finita e i sei musicisti si riuniscono per l’inchino collettivo al pubblico, l’adrenalina è ancora a mille. Una delle emozioni più grandi della mia vita.
Dopo la Leggenda
Si accendono le luci, parte la musica dell’Alcatraz.
Abbraccio fortissimo Ricky, vicino a me per quasi tutto il concerto.
Ripesco Gio.
Abbraccio fortissimo pure Gio.
Ritroviamo Mattia, Edo e Piero.
Ci abbracciamo fortissimo tutti quanti.
Ci sarebbe stata meno unione tra sei fratelli che si ritrovano a casa dopo essere tutti sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale.
Gio incontra casualmente un po’ di gente che conosce, tra cui un compagno di università che è riuscito ad accaparrarsi una delle setlist che stavano sul palco. Giorni dopo ne farà una fotocopia a Gio. Anch’io me la sono fatta passare, e ora è patrimonio dell’umanità.
Sbalordito e confuso, vago per l’Alcatraz in cerca di un dito indice che prema il pulsante della mia macchina fotografica per immortalarci: la scelta ricade su un quarantenne con la maglietta dei Guns N’ Roses. Flash.
Il posto si sta svuotando; intravedo qualche Rocker Supremo, dagli street metalheads ai rocker anni Cinquanta brillantinati. Magliette dei Led Zeppelin a iosa, naturale.
Usciamo con calma e ci dirigiamo verso le macchine, telefonata a Freddie (il rocker di Palermo con cui io e Gio avevamo visto i Darkness quasi due anni fa), commenti sul concerto con Ricky, Edo e Mattia… Lasciamo Milano.
Sulla via del ritorno, ci sta la pausa in Autogrill. Gio attacca bottone con la barista.
«Siamo di ritorno dal concerto di Robert Plant».
«Ah, il… Aspetta… Bassista… Dei Deep Purple!».
Vabbè, ragazza, buonanotte.
Scambio sulle due automobili: Edo in macchina con me e Gio, Ricky con suo papà e Mattia.
Ci salutiamo con la reciproca promessa di andare insieme al prossimo grande concerto.
Tornando a Cremona, faccio un video con la macchina fotografica: riprendo un po’ la strada, un po’ Gio che guida, un po’ Edo sui sedili posteriori, un po’ me stesso. Diciamo qualche altra idiozia, tanto per chiudere al meglio questa memorabile serata.
Rientro in casa e mi ficco a letto, ma non riesco a dormire, perché continuo a rivivere mentalmente il film del concerto. Forse, quella notte, Robert Plant l’incantatore si è insinuato nei miei sogni.
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