lunedì 17 maggio 2021

ROBERT PLANT: L’UGOLA DIONISIACA DELL’HARD ROCK

 

ROBERT PLANT: L’UGOLA DIONISIACA DELL’HARD ROCK

Dai Led Zeppelin alla carriera solista, la sua voce nel tempo

La natura lo ha aiutato donandogli buona estensione con un timbro suadente e ben centrato sulle note medio-alte, e lui ha spinto al massimo. Un tenore sexy che si è espresso in tanti memorabili vocalizzi e acute sirene orgasmiche, live come in studio, ci basti pensare alla parte finale di Whole lotta love. Sedotti tutti e tutte.

Voce squillante e cristallina, capace anche di essere grintosa e graffiante all’occorrenza. Tecnicamente legato al blues, un canto intenso ed emotivo, a tratti dolce ma sempre pronto a esplodere. In poco tempo è diventato un punto di riferimento per i cantanti che sarebbero venuti dopo. Nei live sempre generoso nel belting, anche fin troppo vista l’operazione alle corde vocali a cui è dovuto ricorrere nel ’74. Insieme agli innumerevoli potenti acuti al limite dello strillo, ripetuti di continuo in un’attività live frenetica, anche lo stile di vita nel primo periodo del successo planetario ha inciso negativamente sulla sua voce, che nei primi anni sembrava quasi non avere limiti per resistenza e altitudini. Tra i tanti vizi quello delle sigarette è durato decenni.

Da Phisycal Graffiti si nota un cambio nella sua vocalità, energica ma brunita usando  tessiture più basse. A suo parere l’operazione per rimuovere i noduli ha avuto ripercussioni permanenti sulla qualità della sua voce e che se potesse tornare indietro non urlerebbe così tanto come nei concerti degli anni ’70. Nella sua carriera solista post zeppelin, ha abbracciato più generi. Rock meno hard, blues, un folk farcito di tematiche celtiche, musiche orientaleggianti, ma le fortune sono state alterne e l’abbassamento della sua voce da metà anni ’80 è diventato evidente.

Meno divinità e più umano negli ultimi tempi, ha sottolineato come non ci si possa aspettare da lui di cantare pezzi dei Led Zeppelin allo stesso modo di quarant’anni fa, ora deve adottare linee vocali e tonalità più consone alla sua età. “Non voglio urlare Immigrant Song ogni notte per il resto della mia vita – confessò Plant al The Guardian -, e non sono sicuro di poterlo fare”.

Dopo aver detto di no, nel 2014, a 500 milioni di sterline per la reunion dei Led Zeppelin, lo storico frontman della band rimane tuttora saldamente convinto della sua decisione. “Non puoi mai tornare indietro – ha dichiarato il cantante in una recente intervista -, è abbastanza difficile ripetere qualcosa che risale a un anno fa, figuriamoci una cosa che risale a 49 anni fa. Devo continuare ad andare avanti“.

E cosa importa se, simpaticamente, negli ultimi anni con quella barbetta grigia e bianca stà segnando gli anni, rimane ancora un sex siymbol , affascina , intriga..il suo carisma e la sua alchimia non sono diminuite ma maturate , rimarrà un’icona intramontabile del rock, e per noi Robert sarà sempre un ventenne scatenato, il vero bomber degli anni ’70.





Robert Plant: la voce che stregò il mondo intero


La voce del leader dei Led Zeppelin ha lasciato a bocca aperta ogni suo ascoltatore e non solo durante il suo percorso con la band. Eccone un esempio. 

Lo storico frontman dei Led Zeppelin ha di certo una di quelle voci difficili se non impossibili da dimenticare. Durante la sua carriera molti si sono chiesti – senza mai riuscire a darsi una risposta – come riuscisse a toccare note così alte mantenendo l'intonazione

Dev'essere stato questo il caso di Jimmy Pagechitarrista e futuro collega di Plant, durante il suo primo incontro con l'artista: in quel momento, infatti, Page stava cercando un nuovo cantante per la sua neonata band ed era stato indirizzato proprio verso Plant, il cui nome all'epoca non era ancora così conosciuto. Dopo averlo sentito cantare una cover di Somebody To Love dei Jefferson Airplane, Page rimase estasiato e commentò così la performance del collega:

Quando l'ho ascoltato durante l'audizione ho pensato subito che dovesse esserci qualcosa che non andasse nella sua personalità oppure che fosse una persona con la quale non si poteva lavorare in armonia perché proprio non capivo come, avendo iniziato a cantare già da diversi anni, potesse non essere ancora diventato famoso. 

Insomma, non è sbagliato dire che Plant lasciò letteralmente Page a bocca aperta, e non solo lui: conosciamo tutti il grande successo di pubblico che il vocalist ebbe come frontman di uno dei gruppi più innovatori della storia del rock. E come solista? Plant non fu da meno. Prendiamo in esame, per esempio, il suo primissimo disco senza i compagni, PICTURES AT ELEVEN

Era il dicembre del 1980 quando i Led Zeppelin conclusero il loro periodo di attività come band (salvo poi riunirsi in diverse occasioni - ve ne abbiamo parlato qua). A quel punto, anche la sicurezza di un leader carismatico come Plant non poté che vacillare. Il cantante pensò, infatti, di lasciare definitivamente la strada dell'industria musicale per intraprendere una nuova carriera come insegnante ed era davvero a un passo dal convincersi di questa idea quando scelse di fare un tentativo e di pubblicare il suo primo disco come solista.

Siamo nel giugno del 1982. Robert Plant fece il suo debutto con il sopracitato PICTURES AT ELEVEN accompagnato anche da Phil Collins dei Genesis, e dall'ex membro dei Rainbow Cozy Powell

L'impronta dei Led Zeppelin si ritrova nell'etichetta discografica scelta per la distribuzione di questo primo album di Plant: la Swan Song, progetto nato proprio da un'idea della band britannica nel 1974. Fu il primo e ultimo album pubblicato da Plant in collaborazione con la Swan Song dato che di lì a poco l'etichetta avrebbe chiuso i battenti

Una curiosità interessante sull'album riguarda il titolo: si tratta di una frase che si sentiva molto spesso durante i telegiornali statunitensi di quel periodo e che, pronunciata dal presentatore dopo un breve riassunto di una notizia di interesse pubblico, stava a indicare che quella stessa notizia sarebbe stata approfondita nell'edizione delle undici del tg. Decisamente un titolo curioso. 

PICTURES AT ELEVEN fu per Plant il trampolino di lancio che, pur senza troppe pretese, fece spiccare il volo alla sua carriera come solista. A questo primo lavoro, infatti, ne seguirono molti altri ai quali il cantante è riuscito sempre a dare uno speciale tocco personale grazie alla sua splendida voce



lettura interessante

https://books.google.it/books?id=mObrDwAAQBAJ&pg=PP9&lpg=PP9&dq=la+voce+dionisiaca+di+robert+plant&source=bl&ots=ySFSzMXMM2&sig=ACfU3U3MuhJYAShqX8zA2Sm2OVp2R7PPiQ&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiTh5vr0dHwAhWF_rsIHfVKAlkQ6AEwEnoECBYQAw#v=onepage&q=la%20voce%20dionisiaca%20di%20robert%20plant&f=false

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