sabato 2 ottobre 2021

3..LED ZEPPELIN♪♫ storie di immagini. e curiosità.


Saying something is “underrated” can often be over-used these days, but I truly believe that this version of Whole Lotta Love is most certainly overlooked by the versions from Tokyo and Osaka from the same tour. This, although shorter, is really brilliant!
Led Zeppelin - Whole Lotta Love - Live in Hiroshima, Japan (September 27th 1971
0:00 The Lady is a Tramp
0:48 Whole Lotta Love (Incl. In The Light)
8:37 Boogie Chillen
11:01 Nine Times Out of Ten
13:27 Be-Bop-A-Lula
17:14 Whole Lotta Love (Reprise)
I Led Zeppelin donano il ricavato del loro concerto a Hiroshima alle vittime della prima bomba atomica nel 1945. Il sindaco, Setsuo Yamada, consegna alla band una lettera di apprezzamento e una medaglia della città in segno di amicizia.
Traduzione della lettera:
Ai "Led Zeppelin":
La città di Hiroshima vi estende il suo profondo apprezzamento per la vostra calorosa simpatia per il soccorso dei nostri vittime della bomba atomica e per la vostra premura nel tenere un concerto di beneficenza allo scopo di contribuire al loro soccorso, donando i proventi che ne derivano alla Città di Hiroshima.
27 settembre 1971
SETSUO YAMADA
Sindaco
Città di Hiroshima



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Nel novembre 1970 Lester Bangs, uno dei critici musicali più famosi di sempre, diede inizio a al rapporto burrascoso tra i Led Zeppelin e Rolling Stone con questa recensione dell'album Led Zeppelin III.
Continuo a nutrire questa specie di odio-amore per i Led Zeppelin. In parte per via di un interesse genuino e per speranze indifendibili, in parte per la convinzione che nessuno di tanto rozzo possa essere così male, mi approccio a ogni nuovo album aspettandomi chissà cosa. Di sicuro non dei sottili rimandi ai monolitici Yardbirds, nemmeno esperimenti di vero blues, oppure chissà quale varietà di idee. Forse è solo che mi sembrano la versione anni Settanta del biblico Vitello d’oro.
Di tutte le band in circolazione, gli Zep sono davvero oggi: la loro musica è effimera come i fumetti della Marvel ma al contempo vivida come un vecchio cartone in Technicolor. Non sfida l’intelligenza o la sensibilità di nessuno, preferisce invece un impatto viscerale che assicurerà ai ragazzi una fama assoluta per molto tempo a venire. I loro album trasformano i rozzi attrezzi di quelle monotone blues band di bianchi in qualcosa di splendido nel suo insensibile schifo, come un film epico di Cecil B. DeMille. Se mi affido a così tante metafore visive e cinematografiche, è solo perché si prestano benissimo alla band. Non sono mai stato a un concerto degli Zep, ma alcuni amici (molti di loro sono il tipo di persona, devo ammettere, che ascolta tutto purché sia in condizioni pietose e a un volume inaudito) descrivono una fragorosa, indistinta onda di marea sonora che non assorbe ma avvolge per impedire ogni tipo di distrazione.
Il loro terzo album devia un pochino dal percorso tracciato dai primi due, anche se spesso e volentieri i pezzi sono acustici. La maggior parte di questi ultimi sembra normale materiale loro ma abbassato di decibel, mentre le incursioni più pesanti potrebbero tranquillamente essere pezzi esclusi da Zeppelin II. Anzi, la prima volta che ho ascoltato l’album il mio pensiero più concreto è stato il totale anonimato della maggior parte dei pezzi: nessuno potrebbe fraintendere la band, ma nessuno stratagemma riesce a emergere granché. Almeno non come ha fatto quella grandiosa e gioiosamente assurda eiaculazione vocale di Plant in stile orangutan che ha reso Whole Lotta Love un classico di basso livello. Immigrant Song ci arriva vicino, con i suoi ritmi bulldozer e i mugolii raddoppiati e senza parole di Bobby Plant che rimbombano dietro alla voce principale. Come una specie di coro cannibale che urla nella luce infernale di un selvaggio rito di fertilità. Di grandioso però, e qui sta il genio degli Zep, c’è che l’effetto finale è completamente bidimensionale e surreale. Potreste ascoltarlo, come ho fatto io, mentre guardate a volume zero una sacerdotessa pagana mentre si muove sulla danza rituale di Ka davanti all’altare sacrificale in fiamme di Fire Maidens Of Outer Space. E credetemi, gli Zep mi hanno fatto pulsare il sangue più freneticamente di quei ritmi tribali.
Sfortunatamente, quel che rimane dell’isteria di Z III è al contempo utile o troppo melodrammatico. Friends ha una buona base acustica un po’ amara, ma ci rinuncia dando tutto ai respiri striduli e monotoni di Plant. Rob, ascolta Iggy e gli Stooges.
Celebration Day e Out On The Tiles sono pezzi stampati in serie dagli Zeppelin che nessun fan potrebbe disprezzare e nessun altro potrebbe ascoltare facendo sforzo. Since I’Ve Been Loving You rappresenta invece la quota obbligatoria della lentissima e letalmente noiosa jam blues da sette minuti, e Hats Off to (Roy) Harper dedica un’insalata di bottleneck e scintillanti riverberi vocali a un menestrello inglese che, così mi è stato detto, va più verso alla tradizione dello spettacolo di varietà.
Uno scatto della risposta di Plant a questo simpatico personaggio.
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05/10/1970: 51 anni del disco dei Led Zeppelin che trovò il mondo impreparato
e la Musa parlò...
e anche la Fenice...
Una data che bisognerebbe festeggiare ogni anno, e a maggior ragione se si spengono 51 candeline.
Incredibilmente però una parte abbondante della critica quel 5 Ottobre 1970 sostenne che qualcosa in quel supergruppo si fosse rotto.
La band giusto un anno prima pubblicando “Led Zeppelin II” era di fatto entrata nell’olimpo del rock.
Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones e John Bonham divennero i nomi che qualsiasi appassionato del genere doveva saper recitare a memoria, perché non si trattava solo di musica, si trattava di dare voce ad una generazione che aveva una terribile voglia di urlare il proprio malessere ma una claustrofobica sensazione di non essere ascoltata da nessuno.
Per questo motivo dietro l’hard rock e la psichedelia dei primi Led Zeppelin si nascondeva un mondo che finalmente si sentiva rappresentato; dietro le visionarie ritmiche di John Bonham, l’erotismo della voce di Plant, gli tsunami sonori di Page c’era una generazione che finalmente sapeva di esistere, e che soprattutto si sentiva meno sola.
Per questo un nuovo disco dei Led Zeppelin non era un evento come un altro e il minimo cambio di registro poteva essere visto come un tradimento verso tutti quelli che riuscivano a ritrovare il senso della propria esistenza dietro la loro musica.
La verità però è che molto semplicemente quando vivi un’epoca d’oro come quella vissuta dal gruppo tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, anche reinventandoti, innovando, sperimentando, sei fatalmente destinato a produrre qualcosa di incredibile.
“Led Zeppelin III” non è il disco che fa da ponte tra il II e il IV (che poi divenne il più grande successo del gruppo), il III è concepito come un manifesto di libertà espressiva, è un capolavoro che con gli anni ha messo d’accordo tutti, come solo i migliori dischi sono stati capaci di fare.
Su cosa si appoggiarono allora coloro i quali criticarono aspramente questa pubblicazione?
Si appoggiarono sul fatto che i Led Zeppelin erano i portavoce di una generazione arrabbiata, ma nel III vennero rispolverate delle sonorità folk e blues che misero in difficoltà tante persone che scrivevano di musica e che credevano di aver inquadrato bene il fenomeno “Led Zeppelin”. La conclusione di tutto ciò fu che la band venne accusata di essersi “rammollita” e di aver perso il furore sonoro dei primi lavori.
Chi sosteneva ciò non aveva evidentemente capito la portata del gruppo del quale stava scrivendo. Seppur il risultato di essere uno dei principali simboli della rivoluzionaria generazione sessantottina già fosse un grande traguardo, in realtà le pretese di Page e compagni erano molto più alte, l’obiettivo era quello di costruire qualcosa destinato a vivere per sempre.
Il disco nasconde tutta la complessità del gruppo che lo ha generato, è come una intricata figura tridimensionale che ripetutamente si rigira su se stessa senza chiudersi mai. Perché quando pensi di aver capito tutto dei Led Zeppelin, in realtà sei solo all’inizio.
“Led Zeppelin III” si apre con “Immigrant Song” che si presenta come una sorta di ouverture di un’opera lirica, il riff iniziale è uno dei più famosi della storia del rock, l’atmosfera teatrale che genera il brano ha portato il gruppo ad utilizzarlo come pezzo di apertura dei live, quasi una sorta di dichiarazione d’intenti, e l’intento stavolta è quello di alzare l’asticella.
“Friends” mette subito in chiaro che questo disco suonerà in modo differente, ai pomposi riff ai quali erano abituati i fan si sostituiscono delle sonorità completamente acustiche, i ritmi cadenzati trasportano l’ascoltatore in una serata di campagna con vino, canti popolari e barili al posto delle sedie. È un brano che riallaccia il gruppo alle sue tradizioni familiari, che sa di libertà e che riporta la musica alla sua ancestrale funzione di momento di condivisione. Non a caso l’ispirazione per i brani più acustici del disco Jimmy Page e Robert Plant l’hanno avuta in un periodo di isolamento dal caos della quotidianità in una montagna nel Galles.
La successiva “Celebration Day” sicuramente rassicura il fan più nostalgico, Page ritorna a perturbare l’ambiente generando un’onda sonora che viene abilmente cavalcata da Plant, sembrano tornati i vecchi Led Zeppelin.
Chi, arrivato a questo punto, avrà pensato di esser riuscito a decodificare il percorso artistico che vuole seguire la band nel disco verrà improvvisamente catapultato in una oscura palude priva di appoggi, in una enorme landa di sabbie mobili all’interno della quale è inevitabile cadere e sprofondare. Ma se cadere nel nulla significa ascoltare “Since I’ve Been Loving You”, io non voglio più rialzarmi.
Il capolavoro del disco senza ombra di dubbio, inizia come una ballata blues, sale di tono fino a mostrare le scale del paradiso, quelle che poi verranno narrate nel disco successivo in quella “Stairway to Heaven” che a detta di molti è la più bella canzone di tutti i tempi.
I due pezzi sembrano fatalmente legati all’immortalità, ti accompagnano passo passo senza lasciarti per mezzo secondo.
In “Since I’ve Been Loving You” non c’è nessun cambio brusco, tutto è perfettamente levigato, come fosse concepito da un vecchio fabbro, in una infinita serie di spirali concentriche che ti conducono lontano senza che tu manco ti fossi accorto di essere partito. Chi ascolta il brano viene passivamente trasportato lungo le sue morbide melodie che col tempo tendono ad articolarsi complicando sempre più la struttura ritmica, John Bonham dimostra ancora una volta di essere uno dei migliori percussionisti di sempre, Jimmy Page guida minuziosamente ogni passo armonico, ma nulla, chi ascolta questo pezzo non si accorge di nulla.
Si preme su “play”, iniziano i primi secondi e all’improvviso sono passati 7 minuti e mezzo di pura bellezza.
Con “Out of Tiles” i Led Zeppelin tornano a graffiare incendiando l’atmosfera ovattata generata dal brano precedente. “Gallows Pole” e “Bron-Y-Aur Stomp” ripropongono le melodie folk e blues inaugurate da “Friends”, stavolta aggiungendoci anche sonorità country, il rullante di Bonham scandisce quasi il rumore dei stivali che percuotono il pavimento in una festa di campagna.
“Tangerine” e “That’s the Way” portano ad un ulteriore cambio di passo, al dinamismo dei brani precedenti si oppone la dolcezza della melodia tracciata da Page e compagni, ancora una volta il gruppo mostra un’altra faccia del maestoso costrutto artistico costruito. Le sonorità stavolta sono distensive, Robert Plant indossa quasi le vesti di un cantastorie che accompagna gradualmente l’ascoltatore al finale del blues ipnotico di “Hats off To (Roy) Harper”.
Alla fine del disco ci si arriva quasi stanchi, come succede sempre quando si ascolta un capolavoro.
Il III dei Led Zeppelin è e sarà per sempre un manifesto di libertà artistica, oltre che di onnipotenza di un gruppo che ha cambiato irreversibilmente la musica degli anni 60 e 70 e che ha dettato i canoni di quella che si sarebbe prodotta successivamente, perché a partire da “Led Zeppelin III” nulla sarebbe stato più come prima.


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"Ci sono due cose che non avró piû la fortuna di fare: scrivere un'altra Stairway to Heaven e cantare con Janis Joplin, lei é stata la piû grande.Noi abbiamo fatto la storia, lei é stata la storia..." (Robert Plant.) ❤
Jimmy Page avrebbe detto, durante un’intervista per Rolling Stone, che Robert “aveva sempre desiderato essere Janis” perchè a sentirla cantare, lui si sentiva “in Paradiso”.
una curiosità..
4 settembre 1970: i Led Zeppelin stanno suonando al LA Forum (tecnicamente è a Inglewood, ma tutti si sono abituati a dire al LA Forum), e i Fairport Convention stanno facendo uno stand di 4 notti al Troubadour, un piccolo club a Santa Monica Boulevard e Doheny a West Hollywood.
Dopo che gli Zeppelin finiscono il loro concerto, presto immortalati nel bootleg "Live on Blueberry Hill", si dirigono al Troubadour (immagino l'autista della limousine diretto su La Brea Ave., che porta da Inglewood a Hollywood, magari fermandosi per un po' da Pink lungo la strada, poi girando a sinistra su Santa Monica Blvd.) per guardare il resto del concerto dei Fairport. Dopo un po' di discussioni sul set, gli Zeppelin si uniscono ai Fairport per una jam di rock oldies e folk tradizionale... che dovrebbe durare fino a 3 ore!
Dato che Fairport stava registrando gli spettacoli dei Troubadour per un album dal vivo ("House Full"), i nastri ci devono essereda qualche parte
Comunque, dopo lo spettacolo, tutti si dirigono al Barney's Beanery e diciamo che brindano festeggiando abche con Janis Joplin..avrei voluto essere una mosca...e godermi sia i concerti sia il cin cin🥰 ahah.
Janis Joplin ci ha lasciato in eredità delle interpretazioni audio e video fenomenali, che continuano a scuoterci nel profondo ad ogni nuovo ascolto e visione. La capacità di controllare l’emissione vocale pur lasciandosi sopraffare dall’emotività, l’esposizione corporea, spudorata di cuore e fragilità, l’esagerata eppur necessaria potenza canora sono senza dubbio tratti di un’estetica del sublime, paragonabile solo a quella di Robert Plant dei Led Zeppelin, di cui appare uno dei modelli più evidenti.🥰--


25 giugno del 1964: in una casetta a Santa Clara (California) un sì e no ventitreenne Jorma Kaukonen schiacciò il tasto REC del suo Sony TC-100 tape recorder, mentre sua moglie Margareta scriveva a macchina stanza a fianco. La ragazza davanti a lui, che chiamava “Janice” (da quando, un paio d’anni prima, l’aveva incontrata all’Università), iniziò a cantare, mentre lui l’accompagnava con la chitarra, alcuni brani composti insieme. Venivano così registrati per la prima volta non solo il bootleg The Typewriter Tape, ma anche la leggendaria voce di Janis Joplin.
Per inciso, Janis avrebbe anche offerto a Jorma l’occasione (dandogli buca a un evento) per improvvisarsi solista country-blues: episodio a cui poi si sarebbero concatenati vari eventi legati alla fondazione dei Jefferson Airplane. Ma questa è un’altra storia.
La storia che ci interessa oggi inizia invece, almeno anagraficamente, nel 1943: nata in Texas da un’ex “ragazza facile” che cercò redenzione diventando una donna tutta casa e famiglia, Janis ebbe una vita quasi ordinaria fino al diploma. Quasi, eh! Perchè tra l’acne che la divorava, la goffaggine, la pubertà tardiva e le sue idee non troppo popolari (il suo antirazzismo, in un territorio avvelenato dal Ku Klux Klan, le valse l’appellativo di negrofila), tre anni di bullismo al liceo non glieli risparmiò nessuno. Anche all’Università, dove venne inizialmente eletta Uomo più brutto del campus, l’esordio non fu indolore. Ma le arti ormai erano già il suo rifugio: pittura, teatro, canto corale. E poi ancora Kerouac, la Beat generation e la scena psichedelica della San Francisco di fine anni ’60…
Dapprima incise due dischi con i Big Brother and the Holding Company (l’album omonimo del 1967, e Cheap Thrills, 1968), in cui confluirono le sue passioni per il folk e il blues. Poi si dedicò alla carriera solista con gli album I Got Dem Ol’ Kozmic Blues Again Mama! (1969) e soprattutto Pearl (1971), a cui ancora stava lavorando quando la ritrovarono, esanime e prona, in un albergo di Los Angeles, la testa incastrata tra il letto e il comodino e una siringa nel braccio.
Di lei l’immaginario pop ci ha lasciato le famose lenti tonde (che rese “trendy” molto prima di John Lennon), un’alone di selvaggia sensualità e sregolatezza (per l’aperta bisessualità, la promiscuità, l’avventatezza nello sperimentare alcool e droghe) e soprattutto l’inaugurazione – suo malgrado – dello sfortunato “Club 27” con un’overdose di eroina che interruppe, troppo precocemente, la sua carriera.
Ma è senza dubbio il suo canto istintuale a renderla davvero immortale: roco, graffiante, straziato, potente. Una vocalità aspra e carismatica, ricercata a più riprese nella storia del rock, sia dentro che fuori dallo sfortunato club di sua fondazione: non solo la scena grunge (Kurt Cobain, Dave Pirner, Kevin Martin…) ma anche altri grandi del rock, come Robert Plant, la ammirarono senza raggiungerla mai del tutto. Di quest’ultimo Jimmy Page avrebbe detto, durante un’intervista per Rolling Stone, che “aveva sempre desiderato essere Janis” perchè a sentirla cantare lui si sentiva “in Paradiso”.
Vederla oggi nel live registrato durante il Festival Pop di Monterey (1967) non ci può svelare molto della Janis “oltre” il nastro magnetico. La Janis che scriveva, in una lettera alla famiglia del 1966: “Voglio che il pubblico mi veda come una vera interprete, mentre ora ho un’aria di una di noi che è salita sul palco”. La Janis nullatenente, smagrita per il Methedrine, che rientrava a casa, col supporto della sorella minore Laura, con un desiderio di pace e “normalità” (persino in odore di matrimonio… salvo scoprire che il suo amato Peter De Blanc aveva un’altra, e anche un figlio). Ma anche la Janis della rabbia femminista ante litteram, quella della scritta Quando la diga si rompe le donne vengono, trasferita da un muro di New York alla sua T-shirt, o quella degli appassionati tira-e-molla con la cantante folk-rock Sandy Denny (anche mentre era ufficialmente impegnata in relazioni etero). E ancora, la Janis d’ispirazione magico-mistica, forse sopravvissuta solo in alcuni bootleg registrati dai Led Zeppelin dopo un intenso (e “sotterraneo”) scambio reciproco.
Ma vederla non è poi così necessario. Al di là del gossip da rotocalco e delle leggende metropolitane, dopo aver sentito Piece of my heart o Move over, come continuare a credere nell’esistenza di qualcosa che le rotture disfoniche della sua voce soul-rock non riescono a esprimere?

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Negli anni settanta Aubrey 'Po' Powell era una delle menti creative che gestivano l'agenzia di design Hipgnosis (foto di una mucca sulla copertina di Atom Heart Mother dei Pink Floyd...
"Ne ho colto l'essenza mentre erano all'apice", dice Po, "I Floyd, gli Zeppelin, gli Stones, apparivano al meglio, suonavano al meglio, e in quel periodo producevano la musica migliore di tutta la loro vita".
(2015, Classic Rock)


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Includes brief interview with fans outside the parish church in Cutnall Green, Nr Kidderminster, October 10th 1980.

Intervista a John Paul Jones
Informazioni sull'intervista:
Bassista dei Led Zeppelin intervistato dal fratello di John Bonham: Mick Bonham.
Fonte: Mick Bonham Book
Colloquio:
Mick Bonham: Beh John, dimmi la tua versione di come tutto è iniziato.
John Paul Jones:
Ho telefonato a Jimmy quando ho letto che stava per formare una nuova band, perché stavo facendo delle sessioni in quel momento, e gli ho chiesto se aveva bisogno di un bassista. Mi ha detto che sarebbe andato a Birmingham per vedere un cantante che conosce un batterista e che potremmo avere una band quando tornerà.
Quando è tornato mi ha chiamato per dirmi che John stava suonando con Tim Rose, e in quel momento, credo, guadagnava 100 sterline a settimana; o erano £ 40? Comunque, potremmo superarlo? John non voleva davvero lasciare Rosy perché pensava che fosse un lavoro fisso, quindi ci sono voluti molto tempo e fatica per convincerlo ad andarsene.
La prima volta che ho incontrato John è stato in una minuscola stanza nel seminterrato che avevamo affittato in Lyle Street. Avevamo solo un sacco di amplificatori e casse che erano stati implorati, presi in prestito o rubati ed era letteralmente, ' Questo è Robert, questo è John '
'Come va? Cosa dovremmo fare ora?'
' Cosa ne sai? '
Ho detto che stavo suonando e non sapevo proprio niente, quindi Page ha detto: " Beh, non lo so, conosci qualche canzone degli Yardbirds? " ci ha contato e c'è stata questa esplosione istantanea e un immediato riconoscimento che questo sarebbe stato davvero un bel vestito con cui stare.
La prima cosa che mi ha colpito di Bonzo è stata la sua sicurezza, e sai che a quei tempi era un vero bastardo arrogante. Tuttavia, devi essere per giocare così. È stato fantastico, concentrazione istantanea. Non si stava mettendo in mostra, ma era solo consapevole di quello che poteva fare. Era solo solido come una roccia.
John era solido come una roccia e poiché batteristi e bassisti devono lavorare così a stretto contatto insieme, presto ti rendi conto delle capacità reciproche. Presto saprai se hai un duffer a bordo.
Quando sei giovane e ti avvicini alle band che conosci immediatamente, beh, non ha molto in mente o mio Dio, non posso lavorare con questo tipo. Con Bonzo ed io, ci siamo solo ascoltati piuttosto che guardarci e ci siamo capiti subito perché eravamo così solidi. Dal primo conteggio siamo stati assolutamente insieme.
Devo aver ancora fatto degli arrangiamenti o mi sono rimasti altri impegni perché, dopo una breve pausa alle prove a casa di Page sul fiume a Pangbourne, sono dovuto tornare indietro e finire un disco di PJ Proby che avevo già fatto disposizioni per. Quindi, per mantenere le casse piene (perché nessuno stava guadagnando soldi), ho prenotato tutti noi per la sessione. Ho detto loro, "Sapete che Jimmy e io abbiamo questo nuovo grande batterista che dovreste avere", e ho anche fatto entrare Percy al tamburello solo così non si sarebbe sentito escluso. Quindi il nostro primo impegno professionale è stato il disco di PJ Proby.
Abbiamo capito subito che sarebbe andata bene e che saremmo diventati una grande sezione ritmica. Inoltre John non è stato influenzato da altre rock band. Nessuno di noi ha davvero ascoltato altre rock band. Forse John ha fatto qualcosa con le band Brum e gli piacevano i Beatles, ma era più interessato alla musica soul e amava le canzoni. Stranamente, stamattina ero dal parrucchiere quando alla radio è arrivata una delle vecchie canzoni di Delphonics e ho pensato a lui, perché era una canzone che gli piaceva. In realtà tutti i migliori batteristi ascoltano i testi, che ci crediate o no, e lui ascoltava sempre i testi. Bonzo suonava le canzoni dei Beatles e molte altre canzoni e cantava e suonava la batteria perché tutto il fraseggio ha a che fare con i testi. Se hai bisogno di conoscere le parole di una canzone, chiedi al batterista. Amavamo anche James Brown e la musica soul in generale.
Bonzo l'ha fatto".
in onore a te Bonzo 10 0ttobre 1980






ACCADDE OGGI 🗓
10 Ottobre 1980
I funerali di John Bonham si tengono alla Rushock Parish Church nel Worchestershire, non lontano dalla sua fattoria.
Sono presenti i membri del gruppo e altre band come l'Electric Light Orchestra e i Wings.
Dopo lo scioglimento della band, annunciato con un comunicato stampa il successivo 4 Dicembre, ci furono solo poche occasioni di reunion, ma non tutti sanno che nel Gennaio 1986 ci fu un serio tentativo di ricostituire la band. Plant, Jones e Page proveranno in gran segreto in uno studio nella campagna di Bath. Il secondo giorno di prove il batterista Tony Thompson ha un incidente d'auto. Jimmy Page lo interpreta come un segno del destino "E io..." ha detto, "...non voglio combattere il destino: mi lascio trasportare dal suo flusso."

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Si combatte tra chi lo associa alle prove tenutesi al Chicago Auditorium il 6 luglio del 1973, chi invece associa la registrazione a quelle del 17 Gennaio del 1975 al Metropolitan Sports Center in Minneapolis.
Chi sostiene la data più tarda fa notare che la voce di Robert Plant sembra essere chiaramente quella più affaticata della metà dei ’70; inoltre, è presente del materiale musicale contenuto poi nell’album Physical Graffiti, pubblicato il mese successivo.
D’altronde, chi invece rimarca l’attribuzione al ’73 lo fa sostenendo che comunque molti brani del disco erano già parzialmente strutturati qualche anno prima e difatti nelle registrazioni si sentono strutture per certi versi non ancora “sgrezzate” per come saranno nell’album. In più, lo stato della voce di Plant poteva anche essere un calo temporaneo.
Indipendentemente da chi ha ragione, è sicuramente un documento molto interessante.
At long last, here is the newest soundboard release from Empress Valley Supreme Disc of Zeppelin's first show of their 1975 North American tour. My good friend ledzepfilm patched the new soundboard with the recently liberated audience recording to make the most complete version of the show possible. The show is now musically complete and can be enjoyed in all its glory. Big thanks to him!
0:00 Intro
1:29 Rock and Roll
5:10 Sick Again
11:32 Over the Hills and Far Away
18:47 When the Levee Breaks
28:43 The Song Remains the Same
34:00 The Rain Song
43:03 Kashmir
52:17 The Wanton Song
56:30 No Quarter
1:11:28 Trampled Underfoot
1:18:41 Moby Dick
1:36:57 In My Time of Dying
1:47:49 Stairway to Heaven
2:01:43 Whole Lotta Love
2:02:35 Black Dog
i Led Zeppelin sono scesi a Minneapolis lo scorso fine settimana e hanno dimostrato a una folla stracolma di oltre 20.000 devoti che sono ancora la prima band rock and roll heavy metal al mondo.
Il concerto, che ha dato il via alla tournée nordamericana della band nel 1975 in grande stile, ha segnato la prima apparizione dei Led Zeppelin su questa sponda dell'Oceano Atlantico in quasi 18 mesi. Pochi gruppi sono in grado di avvicinarsi al livello di energia che Jimmy Page e compagnia hanno mantenuto dall'inizio alla fine durante le 2 ore e mezza di esibizione degli Zep. Ancora intatti dopo quasi sette anni insieme come un'unità musicale compatta e coesa, i Led Zeppelin si sono evoluti dai suoi inizi come un gruppo blues pesante, specializzato in lunghi e tortuosi prosciutti in una sofisticata rock band professionale ad alta energia, in grado di vendere un 50.000- sede dello stadio di calcio dopo l'altro da solo, senza il beneficio di un atto di riscaldamento.
Il gruppo è apparso sul palco quasi esattamente all'ora di inizio programmata alle 8 di sera per un fragoroso ruggito della folla e ha fatto irruzione nel Rock and Roll, guidato dalle linee di chitarra dure e taglienti di Jimmy Page. Con l'eccezione di Moby Dick, la vetrina standard della band per il batterista John Bonham, e un breve estratto di 30 secondi da Whole Lotta Love durante l'encore, il gruppo ha limitato la sua attenzione ai suoi album più recenti, Led Zeppelin 4 e Houses Of The Holy, insieme a una serie di selezioni dal suo prossimo Physical Grafitti LP. Il nuovo materiale è stato un punto culminante particolare, in particolare Kashmir, un pezzo minacciosamente lunatico con un intrigante lavoro di sintetizzatore di John Paul Jones e Trampled Underfoot, un rocker in ascesa il cui titolo è molto esplicativo. Una tremenda Una tremenda versione di Stairway To Heaven,
È stata la dinamica presenza scenica del gruppo che mi ha colpito soprattutto. Questi ragazzi sono totalmente responsabili della situazione in ogni momento, con l'istrionico istrionismo vocale di Plant e la struttura allampanata e bionda (estremamente sexy, secondo la maggior parte delle ragazze con cui ho parlato prima e dopo lo spettacolo) che comandano l'attenzione di tutti . Page è diventato un performer energico ed eccitante, che saltella e scambia sorrisi consapevoli con Plant mentre lancia una serie di stupendi assoli, ognuno più incredibile di quello precedente.
Altre chicche per la serata includevano arrangiamenti straordinariamente potenti di When The Levee Breaks e The Song Remains The Same, che, insieme al materiale Physical Graffiti, venivano eseguiti per la prima volta, secondo Plant. Verso la fine, Plant si è scusato con la folla per il fatto che la band fosse "arrugginita". Non avrebbe dovuto preoccuparsi: se i Led Zeppelin funzionassero solo a metà velocità, mi sarebbe difficile immaginare quanto sarebbe stata sensazionale questa band in una buona notte!
Durante la sua lunga permanenza in cima alla pila dell'heavy metal rock, i Led Zeppelin hanno incontrato e sconfitto le sfide di un numero incalcolabile di pretendenti al trono, e se l'esibizione di sabato scorso è un'indicazione di ciò che verrà, dubito seriamente che esiste una band capace di eguagliare, molto meno di superare, ciò che i Led Zeppelin potrebbero fare nel sonno. Il superbo sistema audio del gruppo e gli effetti luminosi colorati, che hanno immerso gli artisti in una varietà Avide di colori intensi; aggiunto notevolmente all'effetto complessivo. In questa era altamente inflazionistica, i Led Zeppelin danno ai suoi fan il valore dei loro soldi e poi di più. Cinque anni fa ho pagato volentieri $ 10 per un biglietto della 18a fila per lo spettacolo del gruppo nello stesso Bloomington Sports Center (1970), la casa del club di hockey Minnesota North Stars,
Mi sarebbe piaciuto vedere il gruppo suonare più a lungo, e dubito che ci fossero più di una manciata di persone che avrebbero lasciato l'edificio se il gruppo avesse suonato 15 bis fino alle prime ore del mattino. - Stampa libera, 23 gennaio 1975 .





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UNA CONVERSAZIONE CON JIMMY PAGE E ROBERT PLANT..
John Paul Jones, bassista e tastierista dei Led Zeppelin, stava tranquillamente giocando a backgammon e ascoltando per metà un talk show radiofonico su New York FM.
"Ero in un club la scorsa notte quando qualcuno mi ha chiesto se volevo incontrare Jimmy Page", ha offerto improvvisamente l'ospite dello spettacolo tra una chiamata e l'altra. "Sai, quando ci penso, non c'è nessuno che preferirei incontrare meno di qualcuno disgustoso come Jimmy Page."
Jones è uscito dal suo gioco. “Lasciami solo dire che Led Slime non riesce a cavarsela da un sacchetto di carta e se hai intenzione di vederli domani sera al Garden, quegli scagnozzi ti stanno fregando. Ora non iniziare a sprecare il mio tempo a difendere Led Slime. Se stai pensando di chiamare per farlo, metti la testa nel water e tira lo sciacquone".
Jones, di solito un uomo tranquillo e riservato, attraversò furiosamente la stanza. Prese un telefono e chiamò la stazione. Dopo una breve attesa, il presentatore del talk show ha alzato il telefono.
"Di cosa ti piacerebbe parlare?"
"Led Zeppelin", Jones rispose freddamente nel suo accento britannico tagliato. La linea è caduta. Vittima di un pulsante di ritardo di otto secondi, lo scambio non è mai stato dato il tempo di trasmissione.
Era una battaglia familiare, per come la vedeva Jones. Sebbene i Led Zeppelin siano riusciti a vendere più di un milione di unità ciascuno su tutti e cinque i suoi album e stia attualmente lavorando a un tour negli Stati Uniti che dovrebbe essere il più grande incasso nella storia del rock, la band è stata continuamente presa a calci, spinta, presa a pugni e una ginocchiata all'inguine da critici di ogni genere. "So che non è necessario reagire", ha detto Jones. Abbastanza vero: la straordinaria popolarità dello Zep parla da sé. "Ho solo pensato di difendermi un'ultima volta."
La notte dopo quella difesa abortita, nel primo dei tre concerti al Madison Square Garden, i Led Zeppelin hanno portato in piedi un pubblico solo in piedi con uno dei migliori spettacoli della sua carriera di sei anni. Sull'inaspettato impulso midset di Page, la band si è lanciata senza prove in una straordinaria versione di 20 minuti del suo tour de force, "Dazed and Confused". La tensione del successo incerto era un elemento evidente ed elettrico nell'esibizione degli Zeppelin quella sera. "Non c'è dubbio", ha dichiarato entusiasta il cantante Robert Plant prima di tornare sul palco per un secondo bis di "Communication Breakdown", "il tour è iniziato".
È passato molto tempo dall'ultimo rock & roll degli Zeppelin. Dopo 18 mesi trascorsi a lavorare sul loro nuovo doppio album, Physical Graffiti, la band ha un po' di riscaldamento da fare. "È un peccato che ci debba essere qualcuno lì", ha detto Plant. “Ma dobbiamo sentire la nostra strada. C'è molta energia in questo tour. Molto più dell'ultimo». La serata di apertura ufficiale del tour, il 18 gennaio al Minneapolis Sports Center, è andata sorprendentemente bene considerando le circostanze. Solo una settimana prima, Jimmy Page si è rotto la punta dell'anulare sinistro quando è stato catturato in una porta del treno che sbatteva. Con una sola prova per perfezionare quella che Page chiama la sua "tecnica a tre dita e mezzo", i classici pezzi dal vivo degli Zeppelin, "Dazed and Confused" e "Since I've Been Loving You", sono stati ritirati a tempo indeterminato.
Peter Grant, manager dei Led Zeppelin e presidente della Swan Song, la casa discografica del gruppo, ha trovato strane quelle prime date: “Un concerto dei Led Zeppelin senza 'Dazed and Confused' è qualcosa a cui dovrò abituarmi. In molti modi quel numero è la band al suo meglio. C'è un punto nella canzone in cui Pagey può decollare e fare quello che vuole. C'è sempre l'incertezza se durerà cinque o 35 minuti".
Umberto Trucchi, Claudia Gardini e 1 altra persona

"SEATTLE 1977", documento integrale del mastodontico spettacolo tenuto al Kingsdome di Seattle, il 17 luglio 1977.
La qualità audio e video, non è eccelsa sia chiaro, ma questo straordinario reperto storico, fornisce la migliore dimostrazione della band, nei suoi ultimi giorni di gloria, sul suolo americano. A differenza del precedente tour, la voce di Robert, pare leggermente rimessa in sesto, questo in particolare, grazie al cambio di scaletta che pone The Song Remains The Same, in apertura e Rock And Roll, elevata al rango di bis.
Il cantante, non più costretto a partire in quinta, riesce lentamente a scaldare le proprie corde vocali, raggiungendo (in particolare durante l'ultima parte del concerto), i picchi estasianti della nona tournèe in america. The Song, cede il passo alla dura Sick Again, Jimmy, completo bianco e Gibson sotto il pube, macina noto su note, forneno durante Over The Hills And Far Away, un assolo superbo. Since Ive Been Loving You, pare più lenta rispetto alla controparte del film basato sui concerti newyorkesi del 1973, ma sempre ipnotica. No Quarter, forse troppo lunga, con John Paul Jones, intento a cabiare atmosfera allo show, passando funambolicamente dal sintetizzatore al pianoforte a coda. Comunque di gran classe. Il set acustico, è divertente ed inverosimile allo stesso tempo. Jonesy alla seconda voce, in The Battle Of Evermore (con Bonzo al tamburello), purtroppo non è credibile.
John Bonham, esegue una delle ultime versioni di Moby Dick, ribattezzata Over The Top, per la quale riff d'apertura, viene preferito quello provveniente da Out On The Tiles. Barba incolta e qualche chilo di troppo, ma chi lo avrebbe mai fermato comunque? Bonzo, mostra la sua consueta agilità le forza durante questa applaudittissima performance.
L'apice viene raggiunto nella parte finale dello show, con una tripletta da fare rimanere sbalorditi. Kashmir, divenuta oramai un classico, viene acclamata dai fans, cosi come la velocissima Achilles last Stand, per la quale Jimmy, si da da fare, con un assolo da ko.
Grandi esecuzioni, ma non valgono la magia del punto forte di questa serata, una delle migliori Stairway di sempre. Robert, interpreta il testo con la sua consueta solennità, mentre Jimmy Page, con la sua chitarra a doppio manico, compie un miracolo musicale. Merito della riuscita, stà senza dubbio nel forte legame artistico con Bonzo, che accompagna le peripezzie del chitarrista lungo le diverse e complicate improvvisazioni. Una versione non molto lontana dalla stupenda Stairway, edita ufficialmente su DVD nel 2003, ovvero, Earl's Curt 25 maggio 1975.
Quello che rende questa versione bootleg più sorprendente, è proprio il tiro alla fune di Page e Bonham; i due si lasciano e si riprendono, accompagnati dal pianoforte a coda di Jones, che rende il pezzo ancora più epico. Il finale di Robert, è tra i suoi migliori dopo il '73.
I bis, brevi ma intensi, consistono in un assaggio di Whole Lotta Love che cede il passo ad una scatenatissima Rock And Roll, inutile dire che Robert Plant, è strepitoso .
Concerto sicuramente non perfetto (spesso tra un brano e l'altro, Robert tossisce, e lo si vede bere il suo amato tè al miele), Jimmy è imprevvedibile come suo solito in questi ultimi anni della band, ma in questo caso bisogna riconoscerglielo, non sbaglia un colpo.





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Il 22 novembre 1928, all’Opéra Garnier di Parigi, andò in scena la prima esecuzione pubblica del Boléro di Maurice Ravel, una musica per balletto destinata a diventare una delle composizioni musicali più famose, studiate e citate del Novecento. Ravel, che era nato 47 anni prima in un piccolo paese dei Pirenei francesi, l’aveva composto per Ida Rubinstein, danzatrice e celebrità della Parigi della belle époque, che voleva mettere in scena un balletto dalle atmosfere spagnoleggianti. La rappresentazione fu subito un successo di pubblico, anche se secondo qualche ricostruzione una donna in platea gridò che Ravel doveva essere matto. Sempre secondo questa versione, quando lo seppe Ravel disse che la signora aveva capito l’opera.
La particolarità del Boléro, infatti, è la sua estrema essenzialità: tutti i circa quindici minuti della sua durata sono occupati da due soli temi, ripetuti ipnoticamente sopra una base ritmica ossessiva e primitiva. L’aspetto centrale dell’opera è l’orchestrazione dei singoli strumenti, che ripetizione dopo ripetizione si aggiungono, si tolgono, cambiano registro, sempre e solo suonando le due melodie e la base ritmica. Quello di Ravel, in pratica, fu una specie di esperimento sulle cose che si possono fare con un’orchestra lavorando soltanto sulle dinamiche – cioè la gestione dell’intensità sonora – e sull’aggiunta e sulla sottrazione degli strumenti.
Queste caratteristiche dipesero in parte dal modo in cui nacque il Boléro, che a Ravel fu commissionato. Rubinstein gli chiese di arrangiare per orchestra una serie di brani per pianoforte del compositore spagnolo Isaac Albéniz. Si scoprì però che erano già stati orchestrati, e che i diritti erano quindi stati presi: il compositore che li aveva arrangiati, quando seppe che Ravel era interessato, gli disse che glieli avrebbe ceduti senza problemi, ma Ravel aveva deciso diversamente.
Il Boléro è in Do maggiore, e comincia letteralmente pianissimo, come indicato sugli spartiti. Il tamburo introduce la base ritmica che accompagnerà tutto il brano, le viole e i violoncelli lo accompagnano in pizzicato (cioè suonati con le dita, senza l’archetto), e un flauto esegue per la prima volta il celebre tema, indicato spesso come A. Ravel si ispirò alla danza tradizionale spagnola conosciuta proprio come boléro, che si pensa abbia origine araba e che è caratterizzata da una scansione ritmica in 3/4 (in cui, quindi, la battuta è composta da tre battiti della durata di un quarto). Il tema A dura diciotto battute, dopo le quali viene ripetuto una seconda volta ma da un clarinetto, mentre il flauto si aggiunge al tamburo per la base ritmica. Al terzo giro, un fagotto esegue il secondo tema, il B, che si basa su una scala diversa e contiene alcune note che richiamano immediatamente atmosfere arabe. Poi il tema B viene eseguito di nuovo, da un clarinetto.
Pian piano, in un crescendo che rende il Boléro sempre più imponente, si aggiungono molti strumenti, dagli ottoni come la tromba ai legni come l’oboe agli archi come i violini. Ravel incluse anche il sax tenore, uno strumento poco comune nella musica orchestrale ma tipico del jazz, di cui era un appassionato. Per tutto il brano la melodia rimane esattamente la stessa, così come l’andamento ritmico: l’unica variazione arriva nelle ultimissime battute, in cui c’è un brusco passaggio alla tonalità di Mi maggiore, che dopo cinque battute ritorna sul Do maggiore.
Lo spartito del Boléro, come si può facilmente immaginare, è uno dei più semplici tra quelli delle grandi composizioni orchestrali. Per questo l’efficacia dell’opera dipende ancora più del solito dalla bravura del direttore d’orchestra, e dalla sua capacità di gestire le dinamiche degli strumenti e soprattutto il tempo.
Poco dopo la prima esecuzione del Boléro ci fu un caso che coinvolse Ravel e Arturo Toscanini, tra i più grandi direttori d’orchestra di sempre. Toscanini è tra i principali responsabili della popolarità del Boléro, visto che già nel 1929 lo eseguì a New York, dove ebbe un grandissimo successo. L’anno dopo, sempre con la New York Philarmonic Orchestra, lo portò a Parigi, dove Ravel si accorse che la versione di Toscanini era molto più veloce della sua. Secondo le cronache dell’epoca, ne nacque un litigio, con Toscanini che difese la sua esecuzione sostenendo che era l’unico modo per far funzionare il Boléro.
La polemica contribuì ulteriormente alla fama dell’opera, che si diffuse moltissimo non solo nelle sale da concerto ma anche nelle case: la sua breve durata, infatti, si adattava molto ai nuovi formati di dischi long-playing, cioè gli LP, i 33 giri. Da allora il Boléro di Ravel è diventato un grande classico della concertistica, suonato molto più come brano d’orchestra che come musica da balletto; ma è entrato nella cultura popolare entrando in film e cartoni animati, nelle competizioni di pattinaggio artistico e nei saggi di danza di tutto il mondo.
..vi aspettate che posti il brano di ravel...ma le Muse sono un pò birichine..molto coraggiose e molto amanti delle note..
chitarra..archi e non solo e allora..il mio Bolero è dedicato ad un certo Signor Page..uno dei miei preferiti e miti Zepp...
gustatevelo..pensando anche a ravel..
parola di Musa...💞🌹
Questa traccia strumentale è stata registrata nel 1966 da Jeff Beck (chitarra solista), Jimmy Page (ritmo a 12 corde), John Paul Jones (basso), Keith Moon (batteria) e Nicky Hopkins (piano).






“Credo esista un legame tra fotografia e musica che và oltre il ponderabile e il conosciuto"”💞
“I believe there is a link between photography and music that goes beyond the ponderable and the known" "💞


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I Led Zeppelin Impromptu Jams al Behan's West Park e all'Anne Port Bay Folk Club, Jersey
Surprise Live Act di Zep In Jersey - [NME 27/12/75] - I Led Zeppelin, che non suonavano insieme in pubblico dal loro tour primaverile negli Stati Uniti, sono tornati a sorpresa la scorsa settimana quando si sono esibiti improvvisamente 45 minuti a Jersey's più grande niterie - West Park di Behan.
John Paul Jones e John Bonham, la settimana precedente, si erano incontrati con il pianista rock residente Norman Hale (ex con i Tornados) e hanno promesso di tornare con altri membri della band. Hanno debitamente mantenuto questa promessa e hanno suonato un set che includeva del loro materiale, oltre a Blue Suede Shoes e molti altri classici rock.
Robert Plant, che ancora soffre per gli effetti del suo incidente automobilistico estivo e cammina con l'aiuto delle stampelle, si è seduto su uno sgabello per tutta la durata dell'atto. In seguito ha detto che il ritorno degli Zeppelin era "stato fantastico".
I membri degli Zeppelin sono rimasti nel Jersey quasi ininterrottamente da agosto, anche se stavano tornando in Inghilterra la vigilia di Natale per le vacanze. Con l'eccezione di Jimmy Page, dovrebbero tornare in Jersey all'inizio del nuovo anno.
La stessa settimana di questa jam al Behan's (che si è svolta da qualche parte tra il 10 e il 16 dicembre), l'Anne Port Bay Folk Club ha accolto la band a una festa, che era stata organizzata come parte delle celebrazioni natalizie locali. Sebbene la band non si sia esibita, John Paul Jones ha suonato al pianoforte, dove ha accompagnato un certo numero di altri artisti.



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faccio una premessa..
ses io fossi stata quel giornalista al quale questi fogli ingialliti come vengono descritti,al tempo sono stati donati..beh..
non li avrei mai messi all'asta..me li sarei tenuti ben stretti,incorniciati, tenuti come perle rare...ammirati
ma i soldi fanno gola..e tutto questo mi fà capire che i veri conoscitori di musica, di arte fan o non fan,si contano veramente sulle dita di una mano..
quei fogli ingialliti sono la Storia ...e che Storia!!!..
I testi scritti a mano di Robert Plant su "Kashmir" sono andati all'asta
La cancelleria ingiallita contiene testi alternativi di "Kashmir" che Plant scrisse all'hotel Whitehall di Chicago nel gennaio del 1975, diverse settimane prima dell'uscita dell'album Physical Graffiti quando "Kashmir" era ancora una nuova canzone nel live set degli Zeppelin.
Un giornalista che ha seguito il concerto della band a Houston diverse settimane dopo, ha osservato a Plant che era particolarmente colpito dal testo della nuova canzone. Plant ha risposto regalandogli il foglio con i testi che stava usando.
Plant ha da tempo espresso particolare orgoglio per il "Kashmir". Ha apertamente desiderato che "Kashmir" fosse considerato il brano definitivo degli Zeppelin,
L'asta comprende anche una serie di altri cari cimeli rock classico, tra cui Guns N' Roses MTV Video Music Award 'per "Sweet Child O' Mine," un fumetto autoritratto di Nirvana ' s Kurt Cobain (firmato come 'Kurdt Kobain' ), una giacca che Keith Richards indossava al famigerato Altamont Free Concert . e chitarre possedute e usate da artisti del calibro di Eddie Van Halen e The Edge degli U2 .


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