Then, as it was, then again it will be. And though the course may change sometimes, rivers always reach the sea"
Poi, com'era, poi sarà di nuovo. E anche se a volte il corso può cambiare, i fiumi raggiungono sempre il mare"
-Robert Plant
L’idea originale è di Jimmy Page, fonte inesauribile di sonorità e “musica in persona” dei Led Zeppelin. Parola di Robert Plant.
Page scrive la base tra Headley Grange e casa sua, inventa i riff e porta ai compagni la sonorità grezza, il nucleo puro della musica. Questo succedeva quasi sempre nelle composizioni zeppeliniane. Gli altri aggiungono le loro parti e questo in Physical Graffiti accade sempre più perfettamente rispetto agli altri album.
Spesso i contributi degli altri sono decisivi per il brano fatto e finito e pronto da registrare, a volte sono essenziali, come le parole di Plant in Ten Years Gone.
Il cantante porta la sua esperienza personale nel brano e parla del trascorrere del tempo come un fiume che scorre fino al mare.
Il fiume è la vita di una persona. Il suo corso può essere dritto o con ostacoli durante il percorso ma raggiungerà sempre e comunque il mare, cioè il fine ultimo per cui siamo nati.
Qualcuno che non crede al destino può non essere d’accordo con Plant per cui il nostro fiume sfocerà sempre nel nostro mare.
I fiumi scorrono seguendo le stelle “cieche di fortuna”, metafora del destino sconosciuto a tutti; le persone sono aquile con le “ali del forse”, uccelli forti, predatori, ma con una lunga strada davanti e inconsapevoli di cosa troveranno una volta lasciato il nido.
Ten Years Gone parte rilassata, poi cambia marcia e rallenta di nuovo come la corrente in diversi tratti di un fiume, calmo, impetuoso, ancora calmo.
Anche la voce di Plant è sensuale ma senza la solita presunzione mentre si rivolge alla giovane ragazza, dicendole che il suo corso era già stato tracciato (la musica, il canto) quando lui prese quella decisione.
Lo fa con malinconia, soprattutto nella terza strofa, chiedendosi se lei conservi un ricordo di lui nel cuore o se ha avuto davvero bisogno di qualcuno. Sembra una riflessione sul peso di un amore molto giovane che spesso tendiamo a sovrastimare.
É John Bonham a incalzare la voce di Plant e Jimmy Page a sprigionare se non i rimpianti almeno i dubbi e le incertezze sul passato, dopo un altro brusco rallentamento della musica.
Le parole di Plant non hanno una nota di rancore o spirito di rivalsa (per la serie “vedi che avevo ragione a seguire la musica invece di stare con te?”), al contrario il cantante ricorda con dolcezza quell’amore e sembra interrogarsi sinceramente su come sarebbe potuto essere se avesse deciso diversamente.
Se c’erano rimpianti essi sono evaporati nelle parole finali, “Hold on, ten years gone, hold on”: tenendo duro, resistendo, sono passati dieci anni.
Led Zeppelin / Ten Years Gone / Live / High Quality
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Nel quarto album dei Led Zeppelin, risalente al 1971, celebre per la voluta assenza di un titolo oltre che per i superbi capolavori che lo compongono, è contenuta anche Four Sticks (letteralmente “Quattro bacchette”), canzone ciclica e quasi ipnotica che la band storica al completo ha eseguito live una sola volta a Copenaghen, nello stesso anno della sua uscita. Cerchiamo di comprendere insieme cosa ne rendeva tanto difficile la realizzazione dal vivo.
https://www.capital.it/articoli/four-sticks-quella-canzone-dei-led-zeppelin-troppo-difficile-per-un-live/
COMPLESSITÀ SPERIMENTALE
Il gruppo fino all’ultimo temette di non poterla neppure includere nell’album, per l’alto livello sperimentale che la contraddistingueva e la difficoltà di esecuzione anche in studio. Nasceva da un’intuizione di Jimmy Page, che si basava su un riff ibrido ritmato tra 5 e 6 ottavi. Per aumentarne lo straniamento, John Paul Jones vi inserì sopra un sintetizzatore VCS3. La maggiore responsabilità stava però, come dice il titolo, sulle spalle e fra le dita di John Bonham, l’unico che poteva dettare il tempo:
Gli ci sono voluti secoli per suonare Four Sticks, era frustrante. Jimmy suonava qualcosa e John diceva: “È fantastico… Dov’è il primo battito?”. Non poteva davvero contare quello che stava suonando. Se pensi che ‘uno’ stia nel posto sbagliato, sei fottuto! (J. P. Jones)
IL GENIO DI JOHN 'BONZO' BONHAM
A volte pensando alla favolosa band si trascura la figura di John Bonham, leone in retrovia dall’energia fragorosa ma parzialmente oscurata dall’agone eterno tra gli incontenibili Page e Plant. Eppure Bonzo era enorme, una forza della natura che qui ha mostrato tutta la sua genialità. Spesso era lui ad avere il guizzo, la scintilla che rendeva tale il sound degli Zeppelin, a dare loro degli input definitivi capaci di cambiare l’anima di alcuni pezzi.
Bonzo aveva visto live i Ginger Baker’s Air Force e quando è tornato era entusiasta. Gli piaceva Ginger Baker ma soprattutto sentiva la competizione con lui, voleva superarlo, così ha raccolto quattro bacchette e via. Abbiamo fatto due take, di più non si poteva, ma fu stupefacente. Non l’aveva mai fatto prima: portò il pezzo nella stratosfera (J. Page)
ACCETTARE LA SFIDA
D’altronde, raramente i nostri eroi hanno lasciato perdere una sfida e così eccoli travalicare il loro più elementare blues originario: dato il livello dei quattro membri, tecnicamente dotatissimi, che ancora oggi non sappiamo se incasellare o meno nel sommo regno del prog, non c’era cosa che i Led Zeppelin non potessero gestire, fusi com’erano tra lo sperimentale e l’hard rock. Poco prima di avere l’intuizione di quelle quattro bacchette, Bonham aveva già dato il là alla creazione di Rock and Roll, prendendo in prestito l’intro di Keep a Knockin’ di Little Richard. Seguendo il flusso tutto arrivava naturalmente, come fu poi con la magia astratta di Four Sticks e del suo “click-clack” (che non era frutto di sovraincisioni ma proprio di quei quattro legnetti!). Bonzo, da fiero autodidatta quale era, preferiva sentire la musica dentro piuttosto che contarla. E i risultati erano sempre favolosi. Ecco perché con la sua scomparsa, nel 1980, i giochi per il gruppo si chiusero subito senza possibilità di appello.
Bonzo era la parte principale della band. Era l’uomo che faceva funzionare tutto ciò che Page e io scrivevamo. Non credo ci sia nessuno al mondo che potrebbe sostituirlo. (Robert Plant)
Nel quarto album dei Led Zeppelin, risalente al 1971, celebre per la voluta assenza di un titolo oltre che per i superbi capolavori che lo compongono, è contenuta anche Four Sticks (letteralmente “Quattro bacchette”), canzone ciclica e quasi ipnotica che la band storica al completo ha eseguito live una sola volta a Copenaghen, nello stesso anno della sua uscita. Cerchiamo di comprendere insieme cosa ne rendeva tanto difficile la realizzazione dal vivo.
qui sotto il live 1971
Four sticks live Copenhagen, Denmark-May 3rd 1971. Rarely ever played live.
COMPLESSITÀ SPERIMENTALE
Il gruppo fino all’ultimo temette di non poterla neppure includere nell’album, per l’alto livello sperimentale che la contraddistingueva e la difficoltà di esecuzione anche in studio. Nasceva da un’intuizione di Jimmy Page, che si basava su un riff ibrido ritmato tra 5 e 6 ottavi. Per aumentarne lo straniamento, John Paul Jones vi inserì sopra un sintetizzatore VCS3. La maggiore responsabilità stava però, come dice il titolo, sulle spalle e fra le dita di John Bonham, l’unico che poteva dettare il tempo:
Gli ci sono voluti secoli per suonare Four Sticks, era frustrante. Jimmy suonava qualcosa e John diceva: “È fantastico… Dov’è il primo battito?”. Non poteva davvero contare quello che stava suonando. Se pensi che ‘uno’ stia nel posto sbagliato, sei fottuto! (J. P. Jones)
IL GENIO DI JOHN 'BONZO' BONHAM
A volte pensando alla favolosa band si trascura la figura di John Bonham, leone in retrovia dall’energia fragorosa ma parzialmente oscurata dall’agone eterno tra gli incontenibili Page e Plant. Eppure Bonzo era enorme, una forza della natura che qui ha mostrato tutta la sua genialità. Spesso era lui ad avere il guizzo, la scintilla che rendeva tale il sound degli Zeppelin, a dare loro degli input definitivi capaci di cambiare l’anima di alcuni pezzi.
Bonzo aveva visto live i Ginger Baker’s Air Force e quando è tornato era entusiasta. Gli piaceva Ginger Baker ma soprattutto sentiva la competizione con lui, voleva superarlo, così ha raccolto quattro bacchette e via. Abbiamo fatto due take, di più non si poteva, ma fu stupefacente. Non l’aveva mai fatto prima: portò il pezzo nella stratosfera (J. Page)
ACCETTARE LA SFIDA
D’altronde, raramente i nostri eroi hanno lasciato perdere una sfida e così eccoli travalicare il loro più elementare blues originario: dato il livello dei quattro membri, tecnicamente dotatissimi, che ancora oggi non sappiamo se incasellare o meno nel sommo regno del prog, non c’era cosa che i Led Zeppelin non potessero gestire, fusi com’erano tra lo sperimentale e l’hard rock. Poco prima di avere l’intuizione di quelle quattro bacchette, Bonham aveva già dato il là alla creazione di Rock and Roll, prendendo in prestito l’intro di Keep a Knockin’ di Little Richard. Seguendo il flusso tutto arrivava naturalmente, come fu poi con la magia astratta di Four Sticks e del suo “click-clack” (che non era frutto di sovraincisioni ma proprio di quei quattro legnetti!). Bonzo, da fiero autodidatta quale era, preferiva sentire la musica dentro piuttosto che contarla. E i risultati erano sempre favolosi. Ecco perché con la sua scomparsa, nel 1980, i giochi per il gruppo si chiusero subito senza possibilità di appello.
Bonzo era la parte principale della band. Era l’uomo che faceva funzionare tutto ciò che Page e io scrivevamo. Non credo ci sia nessuno al mondo che potrebbe sostituirlo. (Robert Plant)
ad onor del vero..il brano è estato eseguito nel 1994 da Robert e Jimmy nel loro tour
1994 Live with the Egyptian Ensemble and the London Metropolitan Orchestra
e qui sotto il link di un altra versione
Four Hands (Four Sticks) (Bombay Orchestra)
qui sotto il live 1971
Four sticks live Copenhagen, Denmark-May 3rd 1971. Rarely ever played live.
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https://faroutmagazine.co.uk/the-song-led-zeppelin-joke/
La canzone dei Led Zeppelin creata come uno scherzo
Quando pensi ai Led Zeppelin, la mente serpeggia verso i suoni evangelici e spirituali che hanno omesso. "Joke" è una parola che non avresti mai usato per descrivere una band così spaventosa, ma è proprio da questo che è nata una delle loro canzoni – e alla fine è andata un passo troppo oltre.
I Led Zeppelin erano un'eterea potenza del rock che non è diventata il gruppo più importante del pianeta per caso o senza prendersi sul serio. La bellissima miscela di Jimmy Page alla chitarra insieme al basso sapientemente suonato da John Paul Jones, la voce bruciante di classe mondiale di Robert Plant e sostenuta dalla batteria magistrale di John Bonham è una ricetta per i secoli che li ha portati al top.
Grazie al maestoso talento tecnico tra loro quattro, i Led Zep potrebbero dare la mano a qualsiasi genere e trasformarlo in qualcosa (di solito) magico, ma non sempre. In un'occasione, sono andati troppo oltre la loro timoneria quando sono passati al reggae. Non solo il titolo della canzone potrebbe facilmente derivare da una battuta all'interno di un economico cracker di Natale, ma la traccia stessa ti manderà in un coma indotto da rabbrividire.
Il titolo di "D'yer Maker" è pronunciato "Jamaica" in un'ode all'isola che ha ispirato il brano ed è scritto nel modo in cui i locali del paese caraibico pronuncerebbero il nome della loro terra natale. Tuttavia, questo è stato perso da molti all'epoca. Alcuni hanno persino pensato che fosse una specie di riferimento all'occulto che Page aveva nascosto nella traccia quando in verità era solo uno scherzo zoppo.
John Bonham lo detestava e il resto della band apparentemente era d'accordo con il batterista poiché non l'hanno mai eseguito dal vivo nemmeno una volta. "John era interessato a tutto tranne che al jazz e al reggae", ha spiegato il bassista John Paul-Jones nella biografia di Chris Welch sul batterista, John Bonham: A Thunder of Drums . "Non odiava il jazz, ma odiava suonare il reggae - pensava che fosse davvero noioso", ha aggiunto.
"Non suonava nient'altro che lo stesso ritmo casuale per tutto il tempo", ha continuato Jones. L'ex membro dei Led Zeppelin è arrivato addirittura ad aggiungere che Bonham "odiava" la canzone. Jones ha continuato: "Sarebbe andato bene se avesse lavorato alla parte, [ma] non l'avrebbe fatto, quindi sembrava terribile".
Bonham non era il solo ad avere riserve sulla traccia e Jones ha condiviso la sua prospettiva sul numero più lento. "Il punto centrale del reggae è che la batteria e il basso devono davvero essere molto severi su ciò che suonano", ha osservato aspramente.
La maggior parte della storia dei Led Zeppelin è luccicante, eppure "D'yer Maker" è la prova che anche le migliori band sono capaci di fallire, anche se i loro successi hanno superato di gran lunga i loro errori. Una nota positiva, almeno la traccia mostra che la loro battuta bassa è per l'umorismo, il che è sorprendentemente ammirevole e spiega perché la musica, non la commedia, è stata la loro strada scelta.
https://youtu.be/xje-1sw3T0s
D'yer Mak'er (Remaster)
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Le canzoni in competizione che i Led Zeppelin hanno scritto sui loro spettacoli dal vivo
La leggenda che circonda le esibizioni dal vivo dei Led Zeppelin è cresciuta fino a raggiungere proporzioni mitiche nel corso di 50 anni. Se leggi salaci biografie semi-vere come Hammer of the Gods di Stephen Davis o Stairway to Heaven: Led Zeppelin Uncensored di Richard Cole , potresti credere che i Led Zeppelin fossero una via di mezzo tra un circo itinerante e un'orgia mobile a livello di Caligola con animali selvatici, ragazze e uso continuo di droghe.
Sebbene gli elementi di quelle storie siano veri per le loro buffonate dietro le quinte, la realtà era che i Led Zeppelin evitavano in gran parte la teatralità e gli espedienti nelle loro esibizioni teatrali. Per la maggior parte della loro carriera in tournée, gli Zeppelin sono saliti sul palco con luci minime, senza proiezioni, senza macchine del fumo, senza laser e senza video. Era solo la band e il loro pubblico, che si collegavano con il puro hard rock non filtrato. Le migliaia di adolescenti che ondeggiavano a tempo perfetto con i ritmi iniziarono a ispirare la band, e presto ci furono due canzoni scritte in onore dei loro trascendenti spettacoli dal vivo e del loro pubblico oltremodo fedele.
Il primo è stato "The Ocean", un riferimento diretto alle orde di membri del pubblico che si muovevano in movimento ad ogni nota prodotta dalla band sul palco. La maggior parte delle volte, i membri della band stessi non riuscivano a distinguere volti o dettagli sulla loro folla: nel 1970 si erano diplomati in arene e stadi, elevandoli al di sopra del pubblico intimo dei club per cui inizialmente suonavano. "The Ocean" è stata una conferma che solo perché ora erano la più grande band del mondo, il legame con il loro pubblico era ancora personale come sempre.
Il secondo era "Houses of the Holy", un brano funk-rock da batticuore che si riferiva ai giganteschi locali in cui suonavano i Led Zeppelin. Mentre "The Ocean" parlava del pubblico, "Houses of the Holy" parlava dei luoghi che gli Zeppelin hanno preso in consegna: il Forum, Earl's Court, il Madison Square Garden e la Royal Albert Hall, solo per citarne alcuni. Dal momento che le loro esibizioni iniziali includevano solo la band e alcune luci, la connessione ultraterrena con il pubblico era la più grande risorsa della band. Notte dopo notte, non importa dove si trovassero nel mondo, gli Zeppelin sono riusciti a trasformare qualsiasi pista di hockey o sala da concerto nella loro casa del santo.
Sia "The Ocean" che "Houses of the Holy" furono registrati durante le sessioni della band del 1972 a Stargroves, la grande tenuta di campagna di Mick Jagger . La band decise che "Houses of the Holy" sarebbe stato un buon titolo per l'album, ma mentre continuavano a tracciare brani classici dopo brani classici, è sorto un problema: c'era troppa musica per un singolo disco. La band aveva già deciso di mettere da parte brani come "Black Country Woman" e "Walter's Walk" che erano stati registrati durante le sessioni, ma durante la fase finale del missaggio c'era una decisione da prendere tra "The Ocean" o "Houses of il Santo'.
L'album Houses of the Holy stava prendendo forma per essere il disco più vario ed eclettico della carriera della band, con il rocker dalle sfumature reggae 'D'yer Ma'ker', il pastiche di James Brown 'The Crunge', l'uno-due punch di "The Song Remains the Same" e "The Rain Song", e l'inquietante rock progressivo di "No Quarter". "The Ocean" presentava un riff strano che cambia il tempo e una coda doo-wop che era più in linea con i vari stili dell'album, mentre "Houses of the Holy" era un numero rock più standard. Alla fine, "The Ocean" ha vinto e Houses of the Holy non ha effettivamente finito per presentare la sua title track.
Sebbene "Houses of the Holy" fosse bandito nel caveau della band, non rimase lì a lungo. Appena due anni dopo l'uscita dell'album Houses of the Holy , gli Zeppelin dovettero affrontare lo stesso problema una seconda volta: avevano registrato troppo materiale per un singolo album. Questa volta, il gruppo ha deciso di razziare i loro outtakes per trovare materiale adatto che avrebbe arricchito un doppio album. "Houses of the Holy" è stata una delle tracce ritenute abbastanza forti e i fan sono rimasti sorpresi nel vedere una nuova canzone chiamata "Houses of the Holy" su Physical Grafitti piuttosto che l'album con lo stesso nome.
Alla fine, Zeppelin probabilmente ha fatto la scelta giusta tagliando "Houses of the Holy" dal suo album principale. Quando la canzone finalmente vide la luce del giorno, "The Ocean" era già diventata un punto fermo dei concerti per la band. Al contrario, "Houses of the Holy" non è mai stato suonato dal vivo durante la carriera della band e, sebbene rimanga uno dei preferiti dai fan, il brano non ha mai assunto lo status iconico di "The Ocean" per i fedeli Zeppelin. In ogni caso, gli spettacoli degli Zeppelin erano così eccitanti nella loro energia che necessitavano di due intere canzoni solo per catturare la magia su nastro.
https://faroutmagazine.co.uk/led-zeppelin-john-bonham-ramble-on-isolated-drums/?fbclid=IwAR24OqwTn4DxyC12MG_4-OTYo-grxyc8-4UVnYLgAPWfRmXqpSlK2yc-kFg
https://faroutmagazine.co.uk/the-songs-led-zeppelin-wrote-about-live-shows/?fbclid=IwAR0MtDx1JM5KdfIIS7Z-z-4DW6b1ro7zKKSY9eyivL0m_BNS7bqIpI1zOyc
https://faroutmagazine.co.uk/led-zeppelin-john-bonham-ramble-on-isolated-drums/?fbclid=IwAR24OqwTn4DxyC12MG_4-OTYo-grxyc8-4UVnYLgAPWfRmXqpSlK2yc-kFg
https://faroutmagazine.co.uk/led-zeppelin-ramble-on-isolated-bass-john-paul-jones/?fbclid=IwAR3W_IqiW_ibDESGJdkHwjxMGeJN5jQ1d24HMCTc4al6kWhzeKlHR3tvLD0
https://faroutmagazine.co.uk/led-zeppelin-ramble-on-isolated-bass-john-paul-jones/?fbclid=IwAR3W_IqiW_ibDESGJdkHwjxMGeJN5jQ1d24HMCTc4al6kWhzeKlHR3tvLD0
https://faroutmagazine.co.uk/led-zeppelin-ramble-on-isolated-tracks/?fbclid=IwAR359JQoNs6G-rVw4J39tskElMj03ZBxPsBbeH22XJ3gwfCBTHnCopfhBEM
Esplora "Ramble On" dei Led Zeppelin attraverso le tracce isolate
I Led Zeppelin si stavano evolvendo rapidamente quando gli anni '60 volgevano al termine. Nell'agosto 1968, la band suonò insieme per la prima volta e nell'ottobre 1969 stavano già pubblicando il loro secondo album. L'evoluzione è stata anche musicale: il primo album dei Led Zeppelin ha avuto alcune brevi deviazioni nell'hard rock e nel folk, ma è stato in gran parte limitato alle reinterpretazioni blues della vecchia scuola che la band prediligeva. Led Zeppelin II , d'altra parte, era un mix di suoni molto più eclettico.
Il blues era ancora presente, principalmente in brani come "The Lemon Song" e "Bring It On Home" , ma lo era anche il rock progressivo ( "Whole Lotta Love" ), il funk foot-stompers ("Living Love Maid"), le dolci ballate ("Grazie") e grandi momenti di esibizione ("Heartbreaker" per Jimmy Page e "Moby Dick" per John Bonham). Gli Zeppelin si stavano anche interessando ai cambiamenti dinamici, che possono essere ascoltati in "What Is e What Should Never Be", ma sono abituati al loro massimo potenziale nella miscela folk-rock di "Ramble On".
"Grazie all'amplificazione e alla sua qualità tattile, puoi sentire il tipo di caratteristiche di ogni musicista", descrive Page nel documentario It Might Get Loud mentre suona le linee di chitarra tipiche di "Ramble On". “Le persone che cercano solo di superare i limiti escogitano nuove tecniche. C'è sempre qualcosa di nuovo che gli altri mettono in tavola e su cui bisogna fare i conti molto seriamente: la dinamica. Luce e ombra. Sussurra al tuono per invitarti a entrare. È inebriante.
Page incarna quella devozione alla dinamica passando dalla chitarra acustica a quella elettrica durante "Ramble On". Brandendo un'acustica Vox, Page genera i toni più morbidi e folk dei versi e dei ponti della canzone grazie ai toni dolci dell'acustica. Sorprendentemente, Page continua a usare l'acustica durante le strofe più potenti per dare un po' di sostegno alla chitarra elettrica.
La cosa interessante della parte elettrica di Page è che puoi sentire la chitarra che risponde costantemente appena prima che salti nel brano. L'approccio di Page al lato più forte dello spettro della gamma dinamica è stato più forte, più rude e più impattante di qualsiasi altro chitarrista prima di lui. Gli accordi potenti e le linee discendenti del ritornello di "Ramble On" danno a Page la sua più grande possibilità di scuotere le pareti con il suono, qualcosa che abbraccia allegramente con aplomb.
Rimane del dibattito su cosa sta suonando John Bonham durante i versi della canzone. Alcuni sostengono che sia un bidone della spazzatura giocato con le mani, mentre altri dicono che sia una delle custodie per chitarra o uno sgabello per batteria che colpisce con le bacchette. Qualunque sia la verità, una volta che i ritornelli hanno suonato, Bonham è inconfondibilmente tornato sul kit, colpendo con tutte le sue forze e tenendosi stretto alla grancassa per fornire la giusta quantità di propulsione.
Se c'è mai stato un momento sui Led Zeppelin II in cui John Paul Jones ha mostrato le sue doti di basso, è su "Ramble On". Con i suoi compagni di band che suonano parti più morbide, Jones riesce a distinguersi nel mix delle strofe, e ne approfitta suonando una linea di basso melodica sinuosa che funge da gancio iniziale della canzone. Jones aveva la reputazione di rimanere in secondo piano, ma la sua esplorazione su e giù per il collo del suo Fender Jazz Bass è a dir poco iconica. Ha anche un po' di movimento funky alla James Jamerson durante i pre-ritornelli.
Infine, la voce di Robert Plant completa l'arrangiamento della canzone. Partendo da un quasi sussurro nelle strofe iniziali, Plant esplode nei ritornelli di "Ramble On" con la stessa energia sfrenata che ha portato in canzoni come "Immigrant Song" e "Good Times Bad Times". Con una leggera raspa e un grande fascino per le immagini di Tolkien, Plant consolida il suo personaggio mistico vichingo in "Ramble On". Le sue lievi variazioni melodiche tra i ritornelli sottolineano anche il suo desiderio creativo di apportare diversità alle sue linee vocali, piuttosto che semplicemente lavare, sciacquare e ripetere le stesse note ogni volta.
Dai un'occhiata al "Ramble On" decostruito in basso.
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C'erano due forze in competizione quando si trattava di Led Zeppelin. Uno erano le semplici dodici battute e tre accordi fondamentali del blues, ma l'altro, beh, l'altro è venuto alla ribalta quando sono stati comicamente incoronati come il più grande gruppo rock di tutti i tempi mentre Planet Rock ha tenuto un sondaggio chiedendo al loro pubblico di votare per il loro cantante, chitarrista, bassista e batterista preferito. Il supergruppo che questo sondaggio fantasy ha creato esisteva già, si chiamavano Led Zeppelin, ogni membro vinceva la rispettiva categoria.
In breve, i loro principi centrali avrebbero potuto essere strutturati intorno alla semplicità, ma erano pieni di una tale monumentale musicalità nei loro ranghi che potevano trasformare i fagioli musicali su pane tostato in un piatto con stella Michelin. Un esempio calzante potrebbe essere 'Black Dog', un semplice brano nelle mani di un'altra band, ma i Led Zeppelin sono riusciti a inventare una struttura temporale così complessa che persino quella di Timpson non sarebbe stata in grado di aiutare.
Tuttavia, sono riusciti a snocciolare "Black Dog" in 230 scintillanti occasioni dal vivo. Dopotutto, erano una band dal vivo. Come ci ha detto Jorgen Angel, il fotografo che ha scattato il loro primo concerto : “Quando sono saliti sul palco è stato qualcosa di molto speciale, diverso e spettacolare. Erano pieni di energia ed erano diversi”. Erano diversi anche negli archivi. Per alcuni, gli svolazzi musicali superflui che hanno trasformato nel blues sono stati semplicemente esagerati. Tuttavia, per altri, erano virtuosi che spingevano i confini del rock.
Tuttavia, con una traccia sono finiti per essere issati dal loro stesso petardo, per così dire. John Bonham potrebbe non essere il più grande batterista rock 'n' roll di tutti i tempi, ma è sicuramente nella conversazione. La testimonianza di ciò è l'influenza che esercita ancora sui maestri moderni come Matt Helders che ha commentato: "È qualcuno a cui torno sempre".
E parlando del suo assolo di 'Moby Dick' ha aggiunto: “Mi fa venire i brividi, e non è un'esagerazione. Riesco a malapena a esprimere ciò che mi fa. È perfetto, assolutamente perfetto. Sembra irraggiungibile raggiungere uno standard del genere. Non è che sia così difficile – molte persone potrebbero imparare a suonarlo, e sono sicuro che l'hanno fatto. Ma il modo in cui lo esegue è così unico: c'è così tanto carattere".
Tuttavia, il personaggio non ha potuto aiutarlo a uscire da un pasticcio in cui i Led Zep si sono imbattuti con i "Four Sticks", forse la canzone più oscura dell'opera che è Led Zeppelin IV . La sezione tortuosa e malinconica della canzone offre uno ying al pesante yang della maggior parte del brano. Dopotutto, nientemeno che George Harrison aveva detto che avrebbero dovuto offrire un cambio di passo. E per raggiungere questo obiettivo, hanno adottato un approccio letterale e sono passati dalla fragorosa sezione principale 5/4, fluttuando improvvisamente in sognante 6/8, e tornando indietro nell'insistente riff principale senza interrompere il passo.
Anche registrare questa stranezza ritmica è stato difficile, non importa suonarla dal vivo. "Ci sono voluti anni per ottenere 'Four Sticks'", ha ricordato John Paul Jones riguardo alle lotte rabbiose di Bonham. “Sembravo essere l'unico che poteva davvero contare le cose. Page suonava qualcosa e [John] diceva: 'È fantastico. Dov'è il primo battito? Lo sai, ma devi dircelo...' In realtà non riusciva a contare cosa stava suonando. Sarebbe un'ottima frase, ma non potresti metterla in relazione con un conteggio. Se pensi che 'uno' sia nel posto sbagliato, sei completamente fregato”.
In altre parole, la band cantava dallo stesso foglio di inni ma in lingue diverse, il meta era tutto incasinato e l'autodidatta "Thunder of Drums" era perplesso. Forse questo non era poi così sorprendente, come ha detto Jimmy Page: "La canzone doveva essere astratta". Come il battito cardiaco della band, Bonham guardava un Jackson Pollock chiedendosi quale fosse il naso. Alla fine, l'ha ottenuto in due riprese, ma non perché l'ha inchiodato, ma come ha spiegato Page, perché "era fisicamente impossibile per lui farne un altro".
Bonham è stato anche aiutato lungo la strada bevendo una birra, e questo coraggio olandese lo ha aiutato a battere. Ha preso ispirazione dal classico di Little Richard "Keep a Knockin", originariamente suonato dalla batteria del leggendario Charles Connor, che James Brown ha dichiarato "è stato il primo batterista a mettere il funk nel ritmo". Quindi, puoi anche prendere questo come un segno dell'opera selvaggiamente eclettica dei Led Zeppelin che c'è persino un'eco di funk nel mix.
Alla fine, Bonham ha rifiutato di essere sconfitto ed è persino tornato di nuovo una volta che il suo primo ciak è stato stabilito. Il suono schioccante che puoi sentire sulla traccia è Bonham che lo attraversa una seconda volta con una levetta in più in ciascuna mano, ecco perché si chiama "Four Sticks". Inoltre, ha persino dichiarato la consumata vittoria sul suo nemico suonandolo dal vivo... una volta... a Copenaghen. E quella gita trionfante sui segni del tempo vive per raccontare la storia nel video qui sotto.
Led Zeppelin - Four Sticks - 5-3-1971 This is one of the only live preformances of "Four Sticks" live,
La voce di Plant è semplicemente incredibile, incredibilmente potente e inquietante. Non suona come un uomo o una donna - in qualche modo suona come una creatura del mondo mistico . Penso che il segno di una band davvero eccezionale sia quando le tracce dei loro album meno conosciuti sono spesso migliori di quelle più conosciute.
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