domenica 27 aprile 2025

13..Jannik Sinner interviste..e non solo..


https://youtu.be/jVQCggPmr-I
 

da "archivio storie"..


"Posso pagare il campo?": quando Jannik Sinner si allenò al Tennis Club Trani

Il presidente Giuseppe De Vincenzo: "Gli chiesi solo una foto e l'amicizia: ieri gli ho inviato le congratulazioni"


la sua storia è passata anche da Trani: nel 2019 l'allora 17enne Jannik, scelse la terra rossa del Tennis Club Trani per allenarsi in vista della sua partecipazione al prestigioso Challenger di Barletta, dove uscì di scena al secondo turno.


Pinuccio de Vincenzo, titolare del Tennis Club Trani, conserva di quel ragazzino (oggi supercampione di tennis) un simpatico ricordo: "In occasione del Challenger tour di Barletta nell'aprile 2019, Jannik venne ad allenarsi al Tennis Club Trani, insieme ad altri professionisti molto più affermati di lui. Ricordo con piacere questo suo allenamento – racconta De Vincenzo - perché di tutti i giocatori presenti all' allenamento, fu l' unico a venire da me per pagare il campo. Io gli "dissi basta una foto e rimaniamo in contatto": avevo capito di avere di fronte un campione. Ieri gli ho mandato un messaggio di auguri, nell' attesa che presto torni a trovarmi al Tennis Club Trani".


Pioveva e il mio era l’unico campo coperto. È un campo in terra: è una bella coincidenza che il primato mondiale sia arrivato al Roland-Garros. Lui è arrivato insieme a un gruppo di giocatori, si sono allenati per tre ore e fu l’ultimo ad andarsene, probabilmente perché era il più piccolo. Per questo ebbe l’onere di passare il tappeto al campo per sistemarlo e rimanemmo solo noi due. Fu in quel caso che mi chiese quanto dovesse pagare. Io gli risposi di farci una foto, credo di aver fatto bene.


In effetti è esposta nel campo dove si è allenato e che gli ho dedicato: ora il campo 4 è intitolato a Jannik Sinner.

Ai tempi si notava qualcosa di diverso in lui rispetto agli altri tennisti?

Colpiva molto più forte degli altri. L’ho notato per tutto l’allenamento. Gli altri li conoscevo più o meno tutti perché spesso vengono qui. Da me veniva sempre ad allenarsi Andrea Pellegrino (numero 159 del ranking Atp, ndr). Lui si portava al seguito qualche professionista. Quella settimana si allenò qui anche Jacopo Berrettini (numero 540 del ranking Atp e fratello di Matteo, ndr).



 "Nell'aprile del 2019 lo vedemmo allenarsi nel nostro Tennis Club Trani a sparare mazzate di battute e diritti, più o meno tutti pronosticammo che prima o poi il giovanotto spilungone sarebbe potuto entrare nei primi 10 al mondo...Ma così forte come sta diventando adesso non se lo aspettava davvero nessuno!


https://www.ilgiornaleditrani.net/video-sinner-il-predestinato-dalle-bordate-a-trani-al-ribaltone-in-australia/

https://www.traniviva.it/sport/posso-pagare-il-campo-quando-jannik-sinner-si-alleno-al-tennis-club-trani/



sempre dal mio "Archivio Sinner"..


"Quando Sinner giocava con la GoPro in testa"

Danilo Pizzorno, video analista dei big, ha lavorato con Jannik adolescente e racconta la genesi del campione: "Era uno scricciolo ma aveva un’enorme voglia di arrivare, faceva i colpi a vuoto in cameretta"

Danilo Pizzorno, 59 anni, torinese, è un coach (da tre anni di Liudmila Samsonova, numero 15 Wta e uscita agli ottavi agli Us Open contro Iga Swiatek) e soprattutto il miglior video analista del tennis mondiale. Diciamo soprattutto perché di solito succede così: un giocatore ha un problema tecnico, il suo coach per motivi diversi non riesce a risolverlo e allora chiama Pizzorno. "Houston, abbiamo un problema", insomma: solo che quando c’è di mezzo la racchetta Houston è Danilo. Il tecnico italiano arriva, riprende con la videocamera, studia la biomeccanica, analizza in profondità il gesto e di solito trova la soluzione. Questo vale per i tennisti professionisti, ma accade pure che Pizzorno si occupi dei ragazzi in formazione, gli junior.


E fu così che qualche anno fa conobbe Jannik Sinner: "L’ho seguito un po’ tra i 14 e i 16 anni e mezzo. Era uno scricciolo. Mi aveva stupito subito la lettura delle situazioni: capiva prima intensità e altezze e andava senza paura incontro alla palla. In allenamento lo feci giocare con una GoPro in testa proprio per valutare meglio questa sua qualità e capire come si muovesse verso la palla: c’era una differenza abissale con gli altri ragazzi che fecero la stessa prova. Un giorno all’isola d’Elba Sinner disputò un test-match con Uros Vico, che stava chiudendo la carriera da giocatore prima di iniziare quella da coach. Uros serviva e Jannik rispondeva con i piedi sulla riga.


Un fenomeno, considerando la giovane età". E poi a conquistare Pizzorno è stato il lato umano di Jannik: "Sinner è un ragazzo molto intelligente con un’attenzione fuori dal normale. Ha una passione smisurata. Una sera venne a dormire a casa mia, la mattina presto mi svegliai perché sentii dei rumori. Era lui che faceva i colpi a vuoto in camera. Aveva un’incredibile voglia di arrivare". Per riuscirci ha lavorato tanto: "Il rovescio è il colpo naturale. Sul dritto abbiamo perfezionato il timing per arrivare a un movimento veloce ed efficace. Da piccolino, quando caricava il servizio, le ginocchia si avvicinavano e faticava a spingere in verticale per la sua struttura. Ciò che conta nella battuta non è dove sono posizionati i piedi, ma come trasferiscono la verticalità a tutto il corpo e al colpo".


Pizzorno ha seguito altri grandissimi giocatori. "Ho preso spunto da Gil de Kermadec, ex tennista francese, che era stato il primo ad applicare la video analisi al tennis - racconta Danilo seduto in prima fila sull’Arthur Ashe -. Aveva un archivio pazzesco sui giocatori del Roland Garros. Per me era un mondo affascinante, anche perché mio padre era un grande appassionato di fotografia e da piccolo entravo nella camera oscura per studiare certi meccanismi. Ho iniziato lavorando per tanti anni con Riccardo Piatti e il suo staff. La prima esperienza è stata con Ivan Ljubicic quando era numero 50 Atp.


Poi un giorno Riccardo mi disse che avrei dovuto aiutarlo con un ragazzo che a suo avviso sarebbe arrivato in cima al mondo: era Nole Djokovic. Dovevo filmarlo per migliorare il servizio. Per me è fondamentale stabilire un feeling umano con il giocatore, che deve fidarsi, altrimenti il lavoro rischia di essere inutile o comunque richiede tempi più lunghi. Chiesi a Nole quale fosse il suo campione preferito, rispose che era Sampras e facemmo dei confronti tra i loro movimenti per motivarlo. Questa strategia funzionò. Più il tennista cresce, più si entra nel dettaglio e quindi viene cambiato anche il gesto che deve essere funzionale a una giocata. Raonic era tra i primi dieci del mondo, ma usava pochissimo la mano sinistra nel rovescio bimane. Lo aiutammo.


Ci disse: 'Toccatemi tutto, ma non il servizio'. Poi mi chiese lui di farlo, perché si era reso conto di poter battere in modo ancor più letale. E divenne n. 3 Atp. La tecnica può compensare la problematica di un’esecuzione. Un giovane, invece, ha bisogno di costruirsi e ampliare il suo bagaglio. E poi va aiutato a non disperdere energie fisiche e prevenire infortuni giocando decontratto". In carriera Pizzorno ha filmato più di 30.000 tennisti: dai top player fino ai giocatori di circolo, perché farsi videoanalizzare da lui è un esperienza gratificante anche per i quarta categoria. E per lui: "Dà un senso a ogni cosa. La felicità di un terza o quarta categoria che migliora un colpo, è uguale alla soddisfazione del numero 1. Il tennis è di tutti".



https://www.gazzetta.it/Tennis/atp/slam/us-open/09-09-2024/alle-origini-di-jannik-sinner-danilo-pizzorno-racconta-il-n-1-al-mondo.shtml?refresh_ce




https://www.primocanale.it/sport/36946-messina-quella-volta-che-sinner-venne-a-genova-in-treno.html


Il presidente di Assarmatori è un grande appassionato di tennis: "Liguria terra di talenti"

"Un'emozione incredibile". Da grande appassionato di tennis Stefano Messina, presidente di Assarmatori, è ancora impressionato quando rivive il capolavoro di Jannik Sinner all'Australian Open.

"Ho ancora la pelle d'oca - racconta - ha fatto qualcosa di incredibile portando l'Italia sul tetto del mondo. Ma devo dire che questo ragazzo non mi sorprende più perché lo seguo da tanto e l'ho visto crescere in maniera esponenziale".
Messina ricorda quella volta che Sinner venne a Genova per il Memorial Messina che ormai da tempo rappresenta il secondo torneo di tennis più importante d’Italia dopo gli Internazionali di Roma. "Era il 2019. Aveva appena perso a New York, prese l'aereo in Economy e atterrò a Malpensa. Da lì in corriera a San Candido a trovare i genitori ma stette un solo un giorno poi prese il treno in seconda classe per venire a Genova. Questo per far comprendere la sua serietà ma anche i sacrifici che fanno i tennisti perché quelli top guadagnano molto gli altri niente".

Ma il successo di Sinner non arriva per caso. "Assolutamente no - continua Messina - è la sintesi di un lavoro straordinario fatto dalla Federazione negli ultimi vent'anni. Basti pensare ai successi delle ragazze dalla Errani alla Schiavone, passando per la Pennetta, la Paolini e la Vinci. E poi Musetti, Fognini, Berrettini e ora anche Arnaldi: dobbiamo essere orgogliosi del tennis italiano. E poi non dimentichiamoci della Liguria: Musetti è tesserato per il Park, Arnaldi lo è stato per il TC Genova, Sinner è cresciuto a Bordighera, Fognini è di Arma di Taggia e Arnaldi di Sanremo. E poi c'è il centro di Piatti a Bordighera dove Sinner è cresciuto e dove si "sfornano" campioni".

(Nella foto da sinistra il maestro Riccardo Piatti del centro di Bordighera dove è cresciuto Sinner, Stefano Messina, Sinner e Mauro Iguera)

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https://www.casalenews.it/sport-tennis/quando-jannik-sinner-gioco-allo-sport-club-nuova-casale-49600.html

https://www.eurosport.it/tennis/sinner-alle-origini-del-campione-il-torneo-di-provincia-che-svezzo-jannik-a-16-anni_sto20062413/story.shtml

Siamo nel maggio 2018, Jannik Sinner ha 16 anni e sotto l'ala protettiva di Riccardo Piatti sta vivendo il passaggio più delicato della sua carriera: quello da junior a tennista professionista. In un Futures piemontese avviene la metamorfosi: il talento altoatesino stupisce, conquista i primi punti Atp e getta le basi per il futuro da campione. Questo è il racconto di chi c'era



Un torneo in provincia, a Casale Monferrato, Piemonte. Un Futures da 15.000$, per la precisione, come ce ne sono tanti in giro per la Penisola. Sulle tribune metalliche, ma anche in piedi, a bordo campo, ci sono genitori, semplici appassionati e soci del "Nuova Casale", club nato negli anni Settanta sulle rive del Po. A fare da contorno i primi caldi di maggio assieme a qualche isolato temporale e alle immancabili zanzare, la terra battuta e una discreta aspettativa sul talentino locale Filippo Moroni, cresciuto proprio su quei sei campi sotto gli attenti occhi di papà Ivo. Al 16enne è stata concessa una wild card, un atto dovuto da parte dell'organizzazione: il ragazzo se la merita ed è l'ora che dopo tanta gavetta respiri il tennis dei "grandi".

Assieme a Filippo in tabellone c'è un altro 2001 con la sigla "WC" (wild card) al fianco del nome. Il presidente del circolo, Lorenzo Tiengo, ha ricevuto una telefonata dalla Liguria qualche giorno fa: l'ex coach di Djokovic, Riccardo Piatti, che da anni collabora col club piemontese, ha chiesto di accogliere al Futures un "suo ragazzino promettente". Un certo Jannik Sinner, capelli rossi, mingherlino, che pochi mesi fa ha conquistato il suo primo punto Atp a Sharm-el-Sheik ed è numero 1476 del ranking. "Se riuscite andate a prenderlo in stazione, arriverà in treno da solo", ha aggiunto Piatti. "Ricordo bene quando si presentò al circolo" - racconta Andrea Manfredi, il deus ex machina del torneo nel Monferrato - Mi colpì la sua attitudine. Era diverso: non aveva mai il cellulare in mano o le cuffie. Zero distrazioni, poche parole, solo tennis. A livello juniores, in cui urla, litigi e racchette spaccate sono all'ordine del giorno, sembrava avesse 20 anni in più di esperienza rispetto ai suoi avversari".

Mentre Casale si accorge di lui, dei suoi modi garbati e della sua glaciale timidezza, proprio in quei giorni Jannik sta maturando una decisione cruciale per il suo futuro: viaggiare per vincere punti Atp, provando a scalare la classifica mondiale in cui è appena entrato, è quello che ha sempre sognato. Non ne può più di giocare tornei Junior. Si cresce e si impara, certo, ma lui ha bisogno della competizione, quella vera, e qui in Piemonte è pronto a mettersi alla prova nel suo primo torneo italiano da professionista. Anche a costo di prendere schiaffi da gente molto più grande di lui. Solo una settimana più tardi, dopo aver perso i quarti di finale al Bonfiglio (i campionati internazionali d'Italia Juniores), 7-6 al terzo con match point a favore, farà sapere a Piatti che lui ha chiuso con quel mondo. Da lì solo Futures e Challenger. Così è deciso.

Il torneo inizia bene per i due giovanissimi: Moroni elimina al primo turno la testa di serie n° 3 del seeding, il francese Leny Mitjana; Sinner regola 6-3 6-1 Jacopo Stefanini (n° 757). Il fiorentino, che oggi dirige un'accademia tennis a Carmignano, ricorda di come avesse "quasi festeggiato" quando uscirono gli accoppiamenti del tabellone. "Arrivavo da un infortunio al gomito - spiega - ed esordire con un ragazzo giovane e inesperto a quel livello era un'ottima occasione per mettere benzina nelle gambe senza troppi patemi. Mia sorella Lucrezia (attuale n° 148 del ranking Wta, ndr), più vicina alla sua età, mi aveva raccontato che il suo maestro Andrea Volpini, braccio destro di Piatti, portava spesso Sinner ai tornei con Gian Marco Moroni (detto il "Bufalo"), Simone Roncalli (detto il "Professore") e il croato Duje Ajdukovic, suoi "compagni" di tennis a Bordighera. Insieme hanno vissuto tante avventure in giro per l'Europa e non solo. Jannik era un po' la ruota di scorta del gruppo, a volte neanche giocava. Non nascondo che era anche un po' preso in giro per questo suo ruolo di "riserva". Fino al 3-3 del primo set me la giocai, poi lui mise una marcia in più e addio. Le sue gambe sembravano due stuzzicadenti, ma si muovevano a duemila all'ora". Qualcosa stava cambiando, per sempre.



Roncalli, il compagno delle mille avventure con Sinner, presente anche lui al Futures di Casale, conferma la versione di Stefanini: "Jannik era più piccolo di noi, ha iniziato un po' come mascotte. Piatti, che all'epoca seguiva Raonic, lo aggregava alle nostre trasferte come sparring per fargli respirare il più possibile il tennis che conta. Durante una di queste, in Serbia, non riuscii neanche a entrare nel tabellone di qualificazione, ma non si perse d'animo: un ragazzo senza il suo spirito avrebbe approfittato di quella settimana per allenarsi un po’ e fare vacanza, lui, invece, si iscrisse ad un Open in un posto sperduto pur di giocare partite e accumulare esperienza. Non mi scorderò mai la nostra conversazione dopo il primo suo primo punto Atp vinto a Sharm, qualche mese prima. Era contento, ma già parlava del suo obiettivo più importante: diventare n° 1 del mondo. Sembra assurdo, ma in quel momento, all'inizio di tutto, in uno spogliatoio ai confini del tennis, lui aveva già tutto chiaro. Glielo ripeto ogni volta che ci vediamo. Ho ancora i brividi".






Ma torniamo a Casale. Il secondo turno del Futures offre il match più atteso: la sfida Next Gen tra Moroni e Sinner. "Hanno giocato tante volte a livello Junior e ha sempre vinto Filippo - racconta papà Ivo - Erano amici da bambini. In famiglia abbiamo sempre nutrito simpatia e affetto per Jannik fin dal loro primo incontro a Brunico". Nonostante il tifo di casa, ovviamente schierato dalla parte di Moroni, il ragazzo di Piatti passa 7-6 6-3. E' la prima volta che Sinner centra i quarti di finale in un torneo Itf, la prima volta in cui guadagna 2 punti Atp, la prima in cui infila due vittorie consecutive in un torneo pro. La metamorfosi da junior a tennista vero si sta compiendo e il primo ad accorgersene è proprio Jannik.


"La carriera è fatta di tappe anche molto distanti tra loro nel tempo, soprattutto all'inizio - spiega Roncalli, il "Professore" - Jannik ha accelerato i tempi fin da subito. Alla fine di quell'anno, il 2018, era più o meno a quota 700 e ci confessò ad una cena che nel 2019 voleva vincere un Challenger. L'abbiamo preso per matto. A febbraio vinse il primo a cui partecipò, a Bergamo. Alzava sempre l'asticella e, ascoltando le interviste di oggi, non ha mai smesso".



Superato il secondo scoglio, Sinner si ritrova davanti il talentuoso novarese classe 1998 Giovanni Fonio (n°667 del mondo). "Lo conoscevo abbastanza bene, ad un torneo ci eravamo allenati insieme - sottolinea Fonio - La cosa che mi impressionò più di tutte rispetto all'ultima volta che ci eravamo visti, non più di tre mesi prima, era un clamoroso miglioramento generale, dalla tecnica agli aspetti tattici. Mi ricordavo di un bambino che giocava bene, a Casale era maturato. Vinsi comunque la partita in due set, doppio 6-3. Dopo il match point andai dal suo maestro Volpini a congratularmi per il grande lavoro fatto su quel 16enne. Allora Lorenzo Musetti era considerato uno dei prospetti più importanti del tennis italiano, grazie alla sua straordinaria carriera junior, ma Sinner non era da meno. Non mi sbagliavo...".


Sinner lascia, dunque, Casale direzione Milano per l'ultimo Bonfiglio della sua carriera. Tra un anno e mezzo, proprio all'ombra della Madonnina, dominerà Alex de Minaur alle Next Gen Finals 2019 da n° 95 del mondo. La scalata è appena iniziata...


https://www.eurosport.it/tennis/sinner-alle-origini-del-campione-il-torneo-di-provincia-che-svezzo-jannik-a-16-anni_sto20062413/story.shtml






Quando Jannik Sinner giocò allo Sport Club Nuova Casale

Il campione altoaltesino partecipò al primo torneo Itf Città di Casale –  Memorial Giuseppe Manfredi, dove conquistò il suo primo punto Atp

Mentre tutta Italia è in attesa della finale di Coppa Davis fra gli azzurri e l'Australia ricordiamo un episodio del recente passato che molti casalesi ignorano: Jannik Sinner - il campione altoatesino numero 4 al mondo e con la concreta prospettiva di diventare il numro 1 - non solo ha giocato a Casale Monferrato ma, proprio allo Sport Club Nuova Casale ha conquistato il suo primo punto Atp.  

E' accaduto cinque anni fa al primo torneo Itf Città di Casale –  Memorial Giuseppe Manfredi, disputato nel maggio 2018: in quell'occasione il giovanissimo Sinner entrò nel tabellone principale grazia a una wild card, vinse al primo turno contro Jacopo Stefanini (6-3, 6-1),al secondo Filippo Moroni (7-6, 6-3) per poi cedere nei quarti di finale contro il novarese Giovanni Fonio (6-3, 6-3).

Un'ulteriore curiosità: ieri nella pagina della Coppa Davis su Tik Tok c'era la foto del primo punto Atp conquistato da Sinner in carriera che si riferiva proprio a quel torneo giocato allo Sport Club Nuova Casale.

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https://azinforma.com/quando-i-campioni-del-tennis-passarono-da-avezzano-quella-semifinale-tra-sinner-e-arnaldi-destinata-a-restare-nella-storia-della-citta/





dal mio "Archivio Sinner"..
"Quando Sinner giocava con la GoPro in testa"
Danilo Pizzorno, video analista dei big, ha lavorato con Jannik adolescente e racconta la genesi del campione: "Era uno scricciolo ma aveva un’enorme voglia di arrivare, faceva i colpi a vuoto in cameretta"
Danilo Pizzorno, 59 anni, torinese, è un coach (da tre anni di Liudmila Samsonova, numero 15 Wta e uscita agli ottavi agli Us Open contro Iga Swiatek) e soprattutto il miglior video analista del tennis mondiale. Diciamo soprattutto perché di solito succede così: un giocatore ha un problema tecnico, il suo coach per motivi diversi non riesce a risolverlo e allora chiama Pizzorno. "Houston, abbiamo un problema", insomma: solo che quando c’è di mezzo la racchetta Houston è Danilo. Il tecnico italiano arriva, riprende con la videocamera, studia la biomeccanica, analizza in profondità il gesto e di solito trova la soluzione. Questo vale per i tennisti professionisti, ma accade pure che Pizzorno si occupi dei ragazzi in formazione, gli junior.
E fu così che qualche anno fa conobbe Jannik Sinner: "L’ho seguito un po’ tra i 14 e i 16 anni e mezzo. Era uno scricciolo. Mi aveva stupito subito la lettura delle situazioni: capiva prima intensità e altezze e andava senza paura incontro alla palla. In allenamento lo feci giocare con una GoPro in testa proprio per valutare meglio questa sua qualità e capire come si muovesse verso la palla: c’era una differenza abissale con gli altri ragazzi che fecero la stessa prova. Un giorno all’isola d’Elba Sinner disputò un test-match con Uros Vico, che stava chiudendo la carriera da giocatore prima di iniziare quella da coach. Uros serviva e Jannik rispondeva con i piedi sulla riga.
Un fenomeno, considerando la giovane età". E poi a conquistare Pizzorno è stato il lato umano di Jannik: "Sinner è un ragazzo molto intelligente con un’attenzione fuori dal normale. Ha una passione smisurata. Una sera venne a dormire a casa mia, la mattina presto mi svegliai perché sentii dei rumori. Era lui che faceva i colpi a vuoto in camera. Aveva un’incredibile voglia di arrivare". Per riuscirci ha lavorato tanto: "Il rovescio è il colpo naturale. Sul dritto abbiamo perfezionato il timing per arrivare a un movimento veloce ed efficace. Da piccolino, quando caricava il servizio, le ginocchia si avvicinavano e faticava a spingere in verticale per la sua struttura. Ciò che conta nella battuta non è dove sono posizionati i piedi, ma come trasferiscono la verticalità a tutto il corpo e al colpo".
Pizzorno ha seguito altri grandissimi giocatori. "Ho preso spunto da Gil de Kermadec, ex tennista francese, che era stato il primo ad applicare la video analisi al tennis - racconta Danilo seduto in prima fila sull’Arthur Ashe -. Aveva un archivio pazzesco sui giocatori del Roland Garros. Per me era un mondo affascinante, anche perché mio padre era un grande appassionato di fotografia e da piccolo entravo nella camera oscura per studiare certi meccanismi. Ho iniziato lavorando per tanti anni con Riccardo Piatti e il suo staff. La prima esperienza è stata con Ivan Ljubicic quando era numero 50 Atp.
Poi un giorno Riccardo mi disse che avrei dovuto aiutarlo con un ragazzo che a suo avviso sarebbe arrivato in cima al mondo: era Nole Djokovic. Dovevo filmarlo per migliorare il servizio. Per me è fondamentale stabilire un feeling umano con il giocatore, che deve fidarsi, altrimenti il lavoro rischia di essere inutile o comunque richiede tempi più lunghi. Chiesi a Nole quale fosse il suo campione preferito, rispose che era Sampras e facemmo dei confronti tra i loro movimenti per motivarlo. Questa strategia funzionò. Più il tennista cresce, più si entra nel dettaglio e quindi viene cambiato anche il gesto che deve essere funzionale a una giocata. Raonic era tra i primi dieci del mondo, ma usava pochissimo la mano sinistra nel rovescio bimane. Lo aiutammo.
Ci disse: 'Toccatemi tutto, ma non il servizio'. Poi mi chiese lui di farlo, perché si era reso conto di poter battere in modo ancor più letale. E divenne n. 3 Atp. La tecnica può compensare la problematica di un’esecuzione. Un giovane, invece, ha bisogno di costruirsi e ampliare il suo bagaglio. E poi va aiutato a non disperdere energie fisiche e prevenire infortuni giocando decontratto". In carriera Pizzorno ha filmato più di 30.000 tennisti: dai top player fino ai giocatori di circolo, perché farsi videoanalizzare da lui è un esperienza gratificante anche per i quarta categoria. E per lui: "Dà un senso a ogni cosa. La felicità di un terza o quarta categoria che migliora un colpo, è uguale alla soddisfazione del numero 1. Il tennis è di tutti". 



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AMBESI OA SPORT
Durante l’ultima puntata di Tennismania, trasmissione del canale YouTube di OA Sport, il telecronista di Eurosport si è soffermato su altri aspetti dell’intervista: “Non penso che Jannik pensi in italiano, quindi non è semplice declinare discorsi in una lingua che non è la tua abituale. Anche io in una risposta ho scritto locker room, può capitare. Qualcuno lo ha definito in maniera dispregiativa ‘altoatesino dopato’, significa che sei altoatesino e dunque non sei italiano e sei dopato. Bassezze di questo tipo fanno capire che immondizia sia diventato il mondo social. Quando uno pensa in una lingua, non è facile parlare in un’altra“.
Ha provato un disagio prima, durante e dopo gli Australian Open perché ha avvertito un atteggiamento di distacco da parte di alcuni colleghi. Per arrivare a dire di essersi sentito a disagio e di non essere andato a Rotterdam perché doveva staccare significa che quella situazione lo ha colpito, ha ribadito che il tennis è un divertimento ed è venuto meno il piacere di giocare. Credo che quella sia stata una delle parti più toccanti dell’intera intervista e che più mi hanno fatto riflettere. Lui è capace di nascondere bene il suo fuoco agonistico, dice che una partita di tennis è come un incontro di poker perché attacca le debolezze dell’avversario fino a quando anche lui non ha un momento di debolezza, come dire che non siamo automi che possono dare sempre al 100%“.
Su alcuni attacchi che Sinner ha ricevuto: “Penso che sia inutile continuare a spiegare i regolamenti, come vengono applicati e come si comporta chi li deve fare applicare. La gente non capisce. Si parte da preconcetti: uno è dopato ed è stato aiutato dalla mafia italiana e queste cose qui e gli altri sono vittime dal sistema perché l’Italia vuole punire gli altri. Siamo arrivati a questi livelli di bassezza che esprimono un disagio sociale e un ritardo cognitivo da eliminazione del diritto di voto“.
Massimiliano Ambesi ha poi aggiunto sul numero 1 del mondo: “Le almeno 53 settimane di Sinner in testa al ranking ATP sono in ghiaccio, Zverev per stargli davanti dovrebbe vincere Roma e Roland Garros e fare finale ad Amburgo se ci va, e Sinner dovrebbero fare zero, zero, zero. Mi sento di dire che le 53 settimane di Djokovic saranno eguagliate e ampiamente superate con buona pace di tutti. La tavola è apparecchiata per avere Sinner numero 1 e Alcaraz numero 2 al Roland Garros, a meno di una vittoria di Zverev a Roma. Ha rivolto un attestato di stima a Nadal che ho apprezzato molto e poi ha rimarcato che ci sia altro nella vita oltre al tennis. Può darsi che tutta questa situazione gli porti in dote una cattiveria agonistica che forse gli è mancata, secondo me contro alcuni non centellinerà per niente“.



Schoenegger a SuperTennis: "Sinner ha sempre avuto qualcosa in più"

L'intervista realizzata dall'inviato di SuperTennis Roberto Cozzi Lepri al primo maestro di Jannik Sinner in occasione del suo successo all'Australian Open 2025

04 febbraio 2025

Da piccolo Jannik Sinner teneva la racchetta sempre con due mani, sia per il diritto che per il rovescio, e mirava alla sagoma del suo primo insegnante di tennis, Andreas Schönegger, amico di suo papà con cui aveva lavorato all'Hotel Kreuzberg al passo Monte Croce. Gli tirava addosso e se lo colpiva, rideva di gusto.

"Sua mamma mi aveva chiesto di inserirlo in un corso, d'estate. Già allora si vedeva che aveva qualcosa di diverso dagli altri. Ogni giorno stare con lui è un divertimento" ha raccontato Schönegger a SuperTennis.

Clicca sul video per l'intervista intregrale realizzata da Roberto Cozzi Lepri, inviato di SuperTennis a Sesto Pusteria in occasione della finale dell'Australian Open 2025 vinta da Sinner sul tedesco Alexander Zverev

https://www.supertennis.tv/News/Atp/sinner-intervista-primo-maestro-hans-schoenegger


Schonegger: “Sinner personaggio interessante già a quattro anni. Quando se n’è andato non abbiamo parlato”

"È il numero uno perché è il più forte di tutti", ha detto il primo maestro di Jannik. "Vi racconto un aneddoto dei suoi primi tornei"

Ormai negli ultimi mesi, da quando Jannik Sinner è diventato una vera e propria star del tennis, stiamo imparando a conoscere tutto del suo presente e del suo passato, compreso il suo primo maestro di tennis. Trattasi di Andreas Schonegger, che ha rilasciato un’intervista ai microfoni dei colleghi di ‘Super Tennis’, raccontando qualche aneddoto sul classe 2001 senza però discostarsi dalla realtà e dal recente successo all’Australian Open 2025.

È il numero uno del mondo perché per il momento sicuramente è il più forte di tutti nel circuito. Lui non sbaglia, ha la grinta, anche se sta male vince ugualmente e questo dà fiducia. Per il momento ci sono pochi che riescono a batterlo“.

Poi si sofferma sui primi ricordi di Jannik SinnerSuo papà è un bravo giocatore di tennis, forse è stata fortuna, perché probabilmente a casa ha trovato una racchetta e ha provato a tirare le palline. Sicuramente prima ha iniziato a sciare, poi a quattro anni sua mamma mi ha chiesto di inserirlo in un corso, per capire se riuscisse a fare qualcosa. Quando è venuto non c’era dubbio che ce l’avrebbe fatta. Sicuramente aveva quel pizzico in più rispetto agli altri. Già a quattro anni non voleva fermarsi ed andare avanti e finita l’ora chiedeva, a differenza di tanti altri, di continuare. Quando io gli chiedevo se non volesse tornare a casa lui mi rispondeva che avrebbe aspettato suo papà tornare da lavoro e poi avrebbe giocato ancora un’oretta con lui. A quell’età per me era fantastico, si vedeva che aveva qualcosa in più a livello di testa“.

C’è spazio anche per un simpatico aneddoto: Ogni giorno con lui era un divertimento, perché stava spesso a rete e quando mi colpiva saltava in aria e rideva. Poi ha cominciato a giocare i piccoli tornei con il suo berrettino e i suoi capelli. Non è che facesse ridere, ma era un personaggio già lì molto interessante. Già a quell’età riusciva a fare risultati. Non sapeva nemmeno contare i punti e aveva vinto, io gli dissi di stringere la mano al suo avversario e lui mi chiese perché. Quando gli spiegai che aveva vinto era contentissimo“.

nfine una chiosa sul loro rapporto: Il nostro rapporto è proprio familiare perché conosco i genitori che hanno lavorato per tanti anni con me. Abbiamo fatto anche qualche partita di golf assieme, ogni tanto andiamo a mangiarci una pizza. Lui comunque si dedica ai suoi amici, è rimasto com’era quando è partito a 14 anni. Un personaggio fenomenale. Non mi ricordo quando se ne andò. Il papà era tranquillo, per la mamma è stato più difficile, ma io in quel caso con lui non ho parlato, era una decisione sua. Per noi è un problema quando non gioca, è una cosa bellissima seguirlo tutto l’anno. L’anno scorso a San Candido abbiamo fatto un corso con 130 bambini e ho dovuto chiudere perché non c’era più spazio. Più che i bambini erano i genitori a spingere“.

https://www.ubitennis.com/blog/2025/02/04/schonegger-sinner-personaggio-interessante-gia-a-quattro-anni-quando-se-ne-andato-non-abbiamo-parlato/


Sinner e il suo primo maestro: "Non sapeva ancora contare i punti quando..."

Andreas Schonegger, primo maestro di tennis di Jannik, ha svelato qualche retroscena sugli inizi della carriera dell'attuale numero uno al mondo
Jannik Sinner ha deciso di prendersi qualche settimana di riposo per recuperare dopo le fatiche degli Australian Open, dove ha conquistato il terzo titolo Slam della sua carriera battendo in finale Alexander Zverev. Il numero uno al mondo ha deciso di rinunciare alla difesa del trionfo dello scorso anno nell'Atp 500 di Rotterdam per tornare in campo sul cemento di Doha il 17 febbraio. Sempre più saldo in vetta alla classifica Atp, Jannik ha creato un vero e proprio buco tra sé e i suoi inseguitori, confermando di essere il giocatore da battere. Una crescita costante che ha portato l'azzurro dopo tanto lavoro ai piani più alti del circuito maggiore, della quale ha parlato anche il suo primo maestro di tennis, Andreas Schonegger.

Sinner, le parole del suo primo maestro

"Sua mamma mi aveva chiesto di inserirlo in un corso, d'estate. Già allora si vedeva che aveva qualcosa di diverso dagli altri. Ogni giorno stare con lui è un divertimento". Così Andreas Schonegger, primo maestro di tennis di Jannik Sinner, che in una recente intervista ha spiegato: "Quando ha deciso di entrare in un circolo? Suo padre è un bravo giocatore, Jannik a casa ha trovato una racchetta e ha provato. Quando è arrivato non c'erano dubbi che ce l'avrebbe fatta. Aveva già a quell'età, a 4 anni, quel pizzico in più degli altri, non voleva fermarsi. Finiva la sua ora e chiedeva di continuare. Gli dicevo 'Jannik non vai a casa?', e lui rispondeva "No, aspetto mio papà che viene a prendermi e gioco un'altra oretta con lui'. Si vedeva che lui con la testa aveva qualcosa in più. Nei piccoli tornei con i suoi capelli e il berrettino era già un personaggio. Ricordo che non sapeva ancora contare i punti quando vinse la sua prima partita". Cosa prova Schonegger nel vedere Sinner vincere così: "Per noi è un problema quando non gioca, sembra quasi tempo perso. È una cosa bellissima seguirlo tutto l'anno. Il nostro rapporto è familiare, conosco molto bene la famiglia, ho lavorato molto insieme. Quando Jannik viene da noi mi chiama e andiamo a mangiare una pizza. È rimasto come era. Lo ricordo quando è andato via a 13 anni e lo ricordo uguale, Jannik è un personaggio fenomenale. Lui non sbaglia, ha la grinta anche se sta male vince ugualmente, pochi lo possono battere al momento".

https://www.corrieredellosport.it/news/tennis/2025/02/04-138130693/sinner_e_il_suo_primo_maestro_non_sapeva_ancora_contare_i_punti_quando_

https://www.livetennis.it/post/403105/andreas-schonegger-racconta-gli-inizi-di-jannik-sinner-nel-tennis/





dai miei appunti
2024
una intervista del 2024 che fu rilasciata a suo tempo a Fanpage.
Giacomo Dambrosi è cresciuto con Sinner: “Vi racconto di quando spaccava la palla ma non vinceva”
Giacomo Dambrosi, tennista ed ex compagno di doppio di Sinner, si è raccontato parlando del suo rapporto con Jannik, tra aneddoti di campo e di vita.
Giacomo Dambrosi, forte tennista triestino frenato nella sua crescita da un fastidioso infortunio. Due giovani talenti, due "gemelli" sportivi nati a distanza di 4 giorni che hanno condiviso un pezzo di vita oltre che di attività fisica, collezionando tantissime partite a livello giovanile anche da avversari e compagni di doppio vincendo un torneo da 15mila dollari.
E pensare che anche questo gigante 22enne, che si era tolto tante soddisfazioni ad inizio carriera tra cui quella di tenere testa all'altro fenomeno del tennis mondiale Alcaraz, avrebbe potuto seguire le orme del fresco campione degli Australian Open, senza quel maledetto problema al piede che lo ha tormentato.
si è raccontato, parlando anche delle sue affinità con Sinner e condividendo alcuni interessanti retroscena sul loro percorso condiviso.
Giacomo partiamo da te e dalla sfortuna che sembra essersi accanita. Come stai oggi?
"Sono stato bersagliato dalla sfortuna. Quest’infortunio mi tormenta ormai da più di due anni. Non riesco a risolverlo e solo nelle ultime settimane abbiamo capito sul serio il problema reale a entrambi i piedi. Anche i migliori medici, chirurghi del piede, podologi e altri specialisti a livello mondiale non sanno cosa fare. Sono andato in Spagna dal podologo di Nadal e dal chirurgo che l’ha operato al piede, a Belgrado a fare terapie. Adesso mi segue un chirurgo a Padova. A poco a poco stiamo trovando una soluzione. Sto meglio e spero di tornare nel giro di due mesi".
Quanto è frustrante vedere giocare gli altri, al di là dell'ovvia gioia per i risultati di Sinner?
"È stata tanto tanto dura negli ultimi due anni. Dopo essere stato fermo un anno, mi stavo sentendo meglio e ho fatto un Challenger da 25mila con solo tre settimane di allenamento. Mi sono qualificato battendo gente che era tra i primi 300 al mondo e sono arrivato in semifinale. Anche se sono rimasto fermo tanto, penso di avere le qualità e la testa per non metterci tanto per recuperare. L’importante però è tornare ad allenarsi bene per giocare".
Dopo questo calvario hai pensato di mollare, ci sono stati momenti di sconforto?
"Se non fossi deciso non sarei qui. Dopo quello che ho passato negli ultimi anni, la maggior parte degli atleti avrebbero mollato. Il pensiero di ritirarmi non mi ha mai sfiorato, perché ho sempre avuto l’obiettivo di tornare e far bene. Ho avuto tanti momenti di sconforto, ma la soluzione era quella di pensare ad arrivare. Sono giovane, la medicina è in evoluzione e ho la possibilità di andare in giro e confrontarmi. Sono consapevole che prima o poi ritornerò e questa mentalità mi aiuta tanto".
Tu tra l'altro stai seguendo un percorso universitario. Più duro il tennis o gli esami?
"Ho dato da poco il penultimo esame e a maggio dovrei laurearmi in psicologia. È stata una parte fondamentale, ho sfruttato questo periodo senza giocare sia per allenarmi in palestra, sia per laurearmi. Non ho buttato via il tempo. Sono più difficili gli esami, perché non è il mio. Io sono fatto per giocare a tennis ed è quello che faccio da tutta la vita. Me la cavo e ho una buona media universitaria, ma mi viene più difficile che giocare partite, allenarmi. È un'altra cosa e infatti sono molto più teso quando faccio gli esami rispetto ad una finale di un torneo. Anche perché non ho fatto scuole superiori tradizionali e avendo ripreso a studiare dopo anni diventa dura".
La psicologia ti ha aiutato a metabolizzare il periodo difficile?
"La psicologia in ambito non tennistico non mi ha aiutato tanto, però grazie a questa disciplina ho tenuto la mente occupata e mi sono sentito gratificato dal fare gli esami, andare avanti e laurearmi. È qualcosa di importante che ti rimane".
Anche tu come Sinner hai avuto la possibilità di scegliere in giovanissima età tra vari sport. La famiglia ti è stata sempre vicina come nel suo caso?
"Il tennis è stata una scelta, mio nonno veniva dal calcio: è stato un grande portiere della Triestina, giocava con Nereo Rocco. Mio padre, anche lui portiere, ha giocato a basket e a tennis a buoni livelli in B. Io ho giocato a basket per cinque anni ed ero molto forte, sicuramente a tennis ero più scarso. A 10-11 anni però sono tornato a casa e ho detto ai miei che non volevo più giocare a basket perché lo sport di squadra non mi piaceva. Volevo essere protagonista, volevo che il vincere o perdere dipendesse da me e non da altre persone. Questo è stato il principale motivo che mi ha portato a preferire il tennis. I miei ovviamente sono rimasti sconvolti… Sono stato comunque libero, ma loro non se l’aspettavano perché son sempre stato altissimo ed ero sicuramente più forte a basket che a tennis. Loro hanno detto ‘va bene’, ma sono rimasti un po’ così".
Il percorso con Jannik è iniziato nell'Accademia di Piatti a Bordighera.
"Sono sempre stato aiutato dalla Federazione tennis da quando avevo 14 anni. Poi sono andato a Bordighera da Riccardo Piatti e lì ho legato molto con Jannik Sinner. Sia Riccardo che gli altri allenatori hanno creduto tanto nelle mie potenzialità. Poi è arrivato l’infortunio. A Tirrenia mi hanno affidato Mosé Navarra come allenatore e in quattro tornei sono arrivato 600 del mondo, con tre finali di seguito in un mese e mezzo. Il passo dopo era iniziare a giocare i Challenger e fare le pre-qualificazioni a Roma. Battevo anche gente che oggi è tra i primi 100 del mondo. Ho giocato con Alcaraz tre anni fa, quando stava esplodendo, e me la sono giocata togliendogli un set. Me la giocavo con tutti, ero lì. Per questo fa male: vedo gli altri con cui vincevo e fa soffrire il doppio. È una cosa che non dipende da me".
D'altronde il tennis è uno degli sport più difficili. Puoi provare a spiegare perché?
"Il tennis è uno sport particolare e complesso, ed è per questo che è tanto selettivo. Devi essere perfetto in tutto per arrivare. Io avevo testa, fisico, c'ero a livello tecnico e tattico con margini da migliorare e grandi potenzialità. Però poi ti ritrovi due ossicini sotto al piede che non ti fanno arrivare".
Arriviamo a Sinner. Tu con lui hai vissuto in simbiosi da ragazzino: già s'intravedeva la stoffa del campione?
"Ti racconto un aneddoto simpatico che ho riferito anche ai miei genitori subito dopo la finale. Io e lui abbiamo la stessa età, ci separano solo quattro giorni. Siamo cresciuti insieme in tutti i tipi di tornei under e anche nei primi passaggi ai 15mila e 25mila. Ci siamo trovati contro tantissime volte, vivevamo insieme a Bordighera. Lui sin da piccolino, a 12 anni, durante allenamenti e partite impattava la palla come nessun altro. Nessuno, anche i più grandi. Aveva una semplicità di gioco e di movimento che spaccava la palla. Faceva andare il braccio veloce e faceva cose che gli altri ragazzi non erano in grado di fare. A 12-14 anni non vinceva tanto perché aveva questa rilassatezza nel colpire e spesso tirava fuori, ma bastava poco per crescere".
Ti aspettavi il suo exploit e la vittoria di uno Slam?
"Sì, quando è passato in pochi mesi da giocare i Futures a Slam e Masters vivevamo insieme a Bordighera, lui stava letteralmente sopra di me. Eravamo amici e passavamo tutte le giornate insieme. Ho avuto la fortuna di vivere con lui questo momento importante. Non pensavo che avrebbe vinto così presto, ma mi sono emozionato tantissimo… è stato strano".
Lui è unico anche perché sembra davvero il ragazzo della porta accanto, umile, riservato, ma anche molto semplice. È davvero così?
"Assolutamente. L’educazione che gli hanno dato i suoi è stata importante. La sua più grande fortuna è stata quella di andare a Bordighera quando aveva 12-13 anni, molto giovane, e trovarsi in ambienti come il Piatti Tennis Center che all’epoca aveva già tantissimi giocatori professionisti. Questo l’ha formato tantissimo e l’ha fatto crescere prima di altri. A 15-16 anni giocava con Federer, Djokovic, Raonic e aveva un maestro come Riccardo Piatti che ne capisce tanto".
Siete rimasti in contatto?
"Andavo a trovarlo a Montecarlo a casa sua. L’ultima volta che l’ho visto è stato ad Umago, eravamo insieme e vinse il torneo contro Alcaraz. Stavamo insieme tutti i giorni, vedevo le sue partite, cenavamo assieme. Ora lo sento veramente poco. Giocare con lui in doppio insieme? Sarebbe bello, perché il primo torneo che abbiamo vinto in doppio è stato insieme. Sicuramente capiterà, lui poi tira talmente forte che anche giocando male…".
E su Alcaraz? Si vedeva già qualcosa di speciale?
"Non lo conosco bene, ci ho giocato contro due volte nella mia vita ma non abbiamo rapporti. Anche lui è un ragazzo che a 12-13 anni è stato inquadrato con l'obiettivo di diventare quello che è oggi. Anche lui ha avuto la fortuna di avere un gran coach come Ferrero sin da piccolino e questo fa la differenza, perché acquisisci mentalità e disciplina. Poi loro sono spagnoli, quindi dedizione al lavoro e sacrificio immane con un esempio come Nadal. È sulla stessa lunghezza d’onda di Sinner".
Chiudiamo tornando a te. Quali sono gli obiettivi per il 2024?
"C'è tanto sacrificio nel tennis, ma è proprio questo che mi manca. Perché poi hai tante gratificazioni e ricompense. È la mia vita, mi piace farlo: tanto lavoro, allenamenti, stare lontano da casa, ma sono portato per questo. L’obiettivo è quello di guarire, innanzitutto, per poi riuscire a giocare il primo torneo
da sano. Al resto si penserà dopo, anche perché non so quando potrò tornare a disputare tornei".
il video sotto ..sono insieme in video chiamata per una chiaccherata..
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dal mio archivio...

Sinner, a 17 anni come Nadal

Con il secondo Atp Challenger conquistato nel Kentucky l’altoatesino raggiunge lo spagnolo nella classifica delle vittorie under 17. Meglio di loro solo Gasquet, Djokovic, Del Potro e Auger-Aliassime. E nella Race to London è già n.103. Ma lui pensa solo a migliorare il servizio
Jannik Sinner non è certo il primo italiano a scoprire l’America. Ma è quello che, in queste settimane di grande tennis che precedono gli UsOpen (26 agosto-8 settembre a New York), ha raccolto più pepite d’oro nella sua ricerca di tesori, glorie ed esperienze Oltreoceano.
La vittoria nel qualificato Atp Challenger di Lexington, nel Kentucky, gli ha portato un bel gruzzolo di punti (80) che, sommati ai 40 che gli spettavano per i due successi di inizio anno nei tornei ITF di S.Margherita di Pula e Trento e gli sono stati conteggiati proprio questa settimana, gli sono valsi un gran salto in classifica: ora è n.135 del mondo. E’ un signor ‘best ranking’ per un ragazzo che deve ancora compiere 18 anni (a proposito, il fatidico compleanno cade la prossima settimana, esattamente venerdì 16 agosto).
Il più giovane top 200 - Jannik è il più giovane tra i primi 200 giocatori della classifica mondiale. Il dato ha un valore relativo: quello che conta per un tennista è arrivare davvero in alto, sollevare i trofei che contano. Se questo succede da teenager (come nel caso di Borg, Becker o Nadal) o un po’ più avanti (vedi Lendl o lo stesso Federer) è poco significativo. Però in certi casi la precocità è indice di qualità: a 17 anni (o meno) solo 4 giocatori hanno vinto più titoli dei due conquistati dall’altoatesino (Bergamo in febbraio e ora Lexington).
In testa in questa classifica particolare c’è il signore del rovescio monomane Richard Gasquet, bimbo prodigio con 5 successi. A quota 3 lo seguono Novak Djokovic, Juan Martin Del Potro e Felix Auger-Aliassime. Tra i sette tennisti che hanno vinto due volte da diciassettenni ci sono, insieme a Sinner, un certo Rafael Nadal e Tomas Berdych.
Nella Classifca Race è già n.103
A proposito di classifiche, interessante è il dato che riguarda la Race to London 2019, cioè il ranking che tiene conto solo dei punti conquistati in questa stagione e che determina a fine anno gli otto giocatori che parteciperanno alle Atp Finals (quest’anno e il prossino ancora a Londra, dal 2021 per cinque anni a Torino). Questo ranking è l’indicatore più significativo di chi sta facendo bene nel 2019 e arrivati ad agosto, con tre Slam su quattro già disputati è molto attendibile. Ebbene nella Race to London Jannik Sinner è addirittura n.103, a un passo dall’ingresso tra i primi 100 del mondo, un traguardo che per molti giocatori vale un carriera.
Giusto per dare un’idea: nel ricco Atp Challenger di Aptos (California), al quale Sinner sta partecipando, le prime due teste di serie sono due top 100, il bosniaco Damir Dzumhur (n.92) e lo statunitense Steve Johnson (n.94). Nella Race to London, quindi In base ai risultati del 2019, questi due giocatori sono rispettivamente n. 127 e n.106. Cioè entrambi alle spalle di Sinner che non è testa di serie.
Verso le ‘quali’ per gli Us Open
La classifica oggi per l’azzurrino non ha un significato particolare. Lo ripete ad ogni occasione il suo mentore, coach Riccardo Piatti, che ha programmato per lui le tappe dei due challenger statunitensi prima di un eventuale presenza a Cincinnati (o come wild card o semplicemente per allenarsi facendo da sparring ai colleghi impegnati nel Masters 1000 dell’Ohio). Quello che conta è continuare a crescere e fare esperienza, come quella prevista con le qualificazioni degli Us Open, la settimana successiva.
Dopo aver mancato il tabellone principale di Wimbledon (sconfitta per 12-10 al terzo set contro l’australiano Bolt, lo stesso superato in finale a Lexington) Sinner riprova ad affacciarsi a uno Slam. Ma nel frattempo continua a lavorare per migliorare.
La filosofia del miglioramento
A Lexington gli hanno fatto notare come le sue percentuali al servizio fossero state un po’ altalenanti durante la finale (e non solo) e lui si è fatto trovare pronto spiegando che “con il mio coach stiamo lavorando particolarmente sul servizio. E’ l’aspetto su cui ho i più ampi margini. Come tutti i giovani giocatori posso migliorare in tutti i colpi ma siccome sono alto penso di poter servire molto meglio. Al momento ci sono partite in cui va bene, altre invece mica tanto. Ma il tennis è così”.
Già buon filosofo, il ragazzino. E nonostante abbia fallito due match-point sul 5-3 al terzo set nella finale di Lexington, è riuscito a portare a casa la rivincita contro il ‘canguro’ Bolt.
Poco tempo per festeggiare il trofeo e i 7.200 dollari vinti (“una giornata di riposo, una cena tranquilla e una partitina a mini-golf”) e di nuovo sulla strada che porta in alto. Senza fretta ma deciso.
Tutte le reazioni:
Antonella Viscardi e altri 10







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