Estate
C’è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un’erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d’aria
e il prodigio sei tu. C’è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
Le parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.
Cesare Pavese
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.come amo la mia generazione!!!!!!!
"ovunque la vita ti possa condurre e farti accarezzare nuovi orizzonti..
chi eri e chi sei stato è il tuo bagaglio di crescita,emotiva e sensoriale..nulla e nessuno lo potrà scalfire"
Lella..
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La Nostalgia
In greco "ritorno" si dice nóstos.
Álgos significa "sofferenza".
La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.
Per questa nozione fondamentale la maggioranza degli europei può utilizzare una parola di origine greca (nostalgía, nostalgíe), poi altre parole che hanno radici nella lingua nazionale; gli spagnoli dicono añoranza, i portoghesi saudade.
In ciascuna lingua queste parole hanno una diversa sfumatura semantica.
Spesso indicano esclusivamente la tristezza provocata dall'impossibilità di ritornare in patria.
Rimpianto della propria terra.
Rimpianto del paese natio.
Il che, in inglese, si dice homesickness.
O, in tedesco, Heimweh.
In olandese: heimwee.
Ma è una riduzione spaziale di questa grande nozione.
Una delle più antiche lingue europee, l'islandese, distingue i due termini: söknudur: "nostalgia" in senso lato e heimfra: "rimpianto della propria terra".
Per questa nozione i cechi, accanto alla parola "nostalgia" presa dal greco, hanno un sostantivo tutto loro; la più commovente frase d'amore ceca: styská se mi pro tobe: "ho nostalgia di te"; " non posso sopportare il dolore della tua assenza".
In spagnolo, añoranza viene dal verbo añorar ("provare nostalgia"), che viene dal catalano enyorar, a sua volta derivato dal latino ignorare.
Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell'ignoranza.
Tu sei lontano, e io non so che ne è di te.
Il mio paese è lontano, e io non so cosa succede laggiù.
Alcune lingue hanno qualche difficoltà con la nostalgia: i francesi non possono esprimerla se non con il sostantivo di origine greca e non hanno il verbo relativo; possono dire: je m'ennuie de toi ("sento la tua mancanza"), ma il verbo s'ennuyer è debole, freddo, e comunque troppo lieve per un sentimento così grave.
I tedeschi utilizzano di rado la parola "nostalgia" nella sua forma greca e preferiscono dire Sehnsucht: "desiderio di ciò che è assente"; ma la Sehnsucht può applicarsi a ciò che è stato come a ciò che non è mai stato e quindi non implica di necessità l'idea di un nóstos.
Per includere nella Sehnsucht l'ossessione del ritorno occorrerebbe aggiungere un complemento: Sehnsucht nach der Vergangenheit, nach der verlorener Kindheit, nach der ersten Liebe: "desiderio del passato, dell'infanzia perduta, del primo amore".
Milan Kundera, 11 luglio 2023
Da "L'ignoranza"
Ph. Monia Merlo
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“Lloyd, passami la penna che devo mettere i puntini sulle i con una persona”
“Non sarebbe meglio mettere un punto finale, sir?”
“Dici che sia meglio, Lloyd?”
“Per evitare di buttare via inchiostro...”
“E non sprecare tempo... sir”
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Dite: E’ faticoso frequentare i bambini.
Avete ragione.
Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi,
inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Non è questo che più stanca.
E’ piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi
fino all’altezza dei loro sentimenti.
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli.
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Sensibilità
Permette di sentire e vedere cose che gli altri non notano nemmeno. Mettiamola così: la sensibilità è un superpotere...
e ti permette di vivere
dieci, cento, mille vite ogni giorno
Lella
Sensitivity
It allows you to hear and see things that others don't even notice. Let's put it this way: sensitivity is a superpower ...
and allows you to live
ten, a hundred, a thousand lives every day
Lella
Good morning beautiful souls
«Se tardi a trovarmi, insisti. Se non ci sono in nessun posto, cerca in un altro, perché io sono seduto da qualche parte, ad aspettare te».
𝙁𝙪𝙢𝙤 𝙩𝙧𝙤𝙥𝙥𝙤, 𝙢𝙞 𝙛𝙖𝙘𝙘𝙞𝙤 𝙩𝙧𝙤𝙥𝙥𝙞 𝙫𝙞𝙖𝙜𝙜𝙞 𝙚 𝙝𝙤 𝙡’𝙖𝙗𝙞𝙩𝙪𝙙𝙞𝙣𝙚 𝙙𝙞 𝙘𝙤𝙧𝙧𝙚𝙧𝙚 𝙨𝙘𝙖𝙡𝙯𝙖 𝙙𝙞𝙚𝙩𝙧𝙤 𝙖𝙞 𝙨𝙤𝙜𝙣𝙞. 𝘼 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙚 𝙖𝙢𝙤 𝙩𝙧𝙤𝙥𝙥𝙤, 𝙖 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙚 𝙩𝙧𝙤𝙥𝙥𝙤 𝙥𝙤𝙘𝙤 𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙧𝙞𝙚𝙨𝙘𝙤 𝙖 𝙘𝙝𝙞𝙚𝙙𝙚𝙧𝙚 𝙨𝙘𝙪𝙨𝙖. 𝘾𝙧𝙚𝙙𝙤 𝙞𝙣 𝙘𝙤𝙨𝙚 𝙩𝙧𝙤𝙥𝙥𝙤 𝙜𝙧𝙖𝙣𝙙𝙞, 𝙢𝙖 𝙘𝙞 𝙘𝙧𝙚𝙙𝙤 𝙩𝙧𝙤𝙥𝙥𝙤, 𝙘𝙤𝙣 𝙩𝙪𝙩𝙩𝙖 𝙢𝙚 𝙨𝙩𝙚𝙨𝙨𝙖. 𝙉𝙤𝙣 𝙖𝙢𝙤 𝙡𝙚 𝙢𝙚𝙯𝙯𝙚 𝙢𝙞𝙨𝙪𝙧𝙚, 𝙡𝙚 𝙢𝙚𝙯𝙯𝙚 𝙥𝙚𝙧𝙨𝙤𝙣𝙚 𝙚𝙙 𝙚𝙨𝙖𝙜𝙚𝙧𝙤 𝙩𝙧𝙤𝙥𝙥𝙤. 𝙁𝙤𝙧𝙨𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙫𝙞𝙫𝙤 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙨𝙞 𝙙𝙤𝙫𝙧𝙚𝙗𝙗𝙚, 𝙢𝙖 𝙫𝙞𝙫𝙤 𝙛𝙞𝙣𝙤 𝙖𝙡 𝙡𝙞𝙢𝙞𝙩𝙚. 𝙁𝙤𝙧𝙨𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙧𝙞𝙪𝙨𝙘𝙞𝙧𝙚𝙩𝙚 𝙢𝙖𝙞 𝙖 𝙘𝙖𝙥𝙞𝙧𝙢𝙞 𝙚 𝙘𝙞 𝙨𝙤𝙣𝙤 𝙖𝙗𝙞𝙩𝙪𝙖𝙩𝙖. 𝙈𝙖 𝙨𝙖𝙥𝙚𝙩𝙚 𝙣𝙤𝙣 𝙝𝙤 𝙢𝙖𝙞 𝙖𝙢𝙖𝙩𝙤 𝙡𝙚 𝙧𝙚𝙜𝙤𝙡𝙚, 𝙛𝙞𝙜𝙪𝙧𝙖𝙩𝙚𝙫𝙞 𝙡𝙚 𝙚𝙘𝙘𝙚𝙯𝙞𝙤𝙣𝙞.
𝙇𝙚𝙡𝙡𝙖....
l
𝕝𝕒 𝕘𝕚𝕠𝕧𝕚𝕟𝕖𝕫𝕫𝕒 𝕖̀ 𝕗𝕖𝕝𝕚𝕔𝕖 𝕡𝕖𝕣𝕔𝕙𝕖̀ 𝕙𝕒 𝕝𝕒 𝕔𝕒𝕡𝕒𝕔𝕚𝕥𝕒̀ 𝕕𝕚 𝕧𝕖𝕕𝕖𝕣𝕖 𝕝𝕒 𝕓𝕖𝕝𝕝𝕖𝕫𝕫𝕒,𝕞𝕒 𝕔𝕙𝕚𝕦𝕟𝕢𝕦𝕖 𝕤𝕚𝕒 𝕚𝕟 𝕘𝕣𝕒𝕕𝕠 𝕕𝕚 𝕞𝕒𝕟𝕥𝕖𝕟𝕖𝕣𝕖 𝕝𝕒 𝕔𝕒𝕡𝕒𝕔𝕚𝕥𝕒̀ 𝕕𝕚 𝕧𝕖𝕕𝕖𝕣𝕖 𝕝𝕒 𝕓𝕖𝕝𝕝𝕖𝕫𝕫𝕒 𝕟𝕠𝕟 𝕕𝕚𝕧𝕖𝕟𝕥𝕖𝕣𝕒̀ 𝕞𝕒𝕚 𝕧𝕖𝕔𝕔𝕙𝕚𝕠
youth is happy because it has the ability to see beauty, but anyone who can maintain the ability to see beauty will never get old
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RICHARD RIVE (scrittore e poeta sudafricano) - Dove Termina l'Arcobaleno
Dove termina l'arcobaleno
Deve esserci un luogo, fratello,
Dove si potrà cantare ogni genere di canzoni,
E noi canteremo insieme, fratello,
Sarà una canzone triste, fratello,
Perchè non sappiamo come fa,
Ed è difficile da imparare,
Ma possiamo riuscirci, fratello, tu ed io.
Non esiste una canzone nera.
Non esiste una canzone bianca.
Esiste solo musica, fratello,
Ed è musica quella che canteremo
Dove termina l'arcobaleno.
Where The Rainbow Ends
Where the Rainbow ends
There's going to be a place, brother,
Where the world can sing all sorts of songs,
And we're going to sing together, brother,
You and I, though you're white, and I'm not.
It's going to be a sad song, brother,
Because we don't know the tune,
And it's a difficult tune to learn.
But we can learn, brother, you and I.
There's no such tune as a black tune.
There's no such tune as a white tune.
There's only music, brother,
And it's music we're going to sing
Where the rainbow ends.
Finché esisteranno finestre,
l’essere umano più umile della terra avrà la sua parte di libertà.
Buongiorno anime belle
“Lloyd, passami la penna che devo mettere i puntini sulle i con una persona”
“Non sarebbe meglio mettere un punto finale, sir?”
“Dici che sia meglio, Lloyd?”
“Per evitare di buttare via inchiostro...”
“E non sprecare tempo, sir”
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"Quando sarò vecchia mi vestirò di viola
con un cappello rosso che non si intona e non mi dona.
E spenderò la mia pensione in brandy e guanti estivi
Mi siederò sul marciapiede quando sarò stanca
E arrafferò assaggi di cibo nei negozi, suonerò tutti i campanelli
Farò scorrere il mio bastone sulle ringhiere
E mi rifarò della sobrietà della mia giovinezza.
Uscirò in pantofole sotto la pioggia
E raccoglierò fiori nei giardini degli altri
E imparerò a sputare.
Quando sei vecchia puoi indossare assurde camicie e ingrassare
E mangiare tre libbre di salsicce in un colpo solo
O solo pane e sottaceti per una settimana,
E accumulare penne e matite e tappi di bottiglia e cianfrusaglie nelle scatole.
Ma ora dobbiamo indossare vestiti che ci tengano asciutti,
E pagare l’affitto e non dire parolacce per strada
E dare il buon esempio ai bambini.
Dobbiamo invitare amici a cena e leggere il giornale.
Ma forse dovrei cominciare a fare un po’ di pratica adesso?
Così chi mi conosce non rimarrà troppo scioccato e sorpreso
Quando improvvisamente sarò vecchia, e comincerò a vestirmi di viola".
Jenny Joseph
Da questo piccolo buffo poema in inglese, è nata una vera e propria Red Hat Society, di ironiche signore decisamente over 50, che si ritrovano indossando un cappello rosso: in America sono ormai un milione e mezzo.
Bisogna immaginare un corridoio sotterraneo, lungo in origine oltre ottanta metri, e la camminata lenta dei gladiatori, verso il loro destino
Mi chiamo Massimo Decimo Meridio | Il Gladiatore
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la più bella età???..
è quella di avere la musica dentro..
Abbiamo tutti nel petto un violino ma alcuni hanno
perduto l’archetto per suonarlo,
poi c'è chi ha un orchestra e allora si che possiamo essere dei formidabili maestri...
Il risveglio è sempre un momento delicato.
Un rituale di passaggio dal sonno alla fatica
del vivere che richiede,
se non altro,un minimo di delicatezza.
Ci sono da infilare i piedi in un paio di comode certezze,
e da indossare un po'di buonumore
per poi andare a bere il primo caffè della giornata.
Così come nel nuoto,anche nella vita,lo stile è tutto.
buongiorno anime belle
Il primo bar in Italia. Alessandro Manaresi che nel 1898 apre il primo bar a Firenze.
Oggi ci sono 150.000 bar.
...è estate ma io adoro l'autunno..
l'odore del mosto..
e i chicchi dorati dell'uva..
ricordi di infanzia ma soprattutto aromi di spensieratezza...
Tra i filari delle vigne si compiva un rito che aveva i suoi protagonisti, i suoi gesti e le canzoni che ormai si stanno perdendo nella memoria
si assaporava il profumo del mosto in giro per tutta la casa e anche in quasi tutte le strade del paese…
nella casa di nonna..profumo di pane fresco..marmellate e quei grappoli di uva attaccati al soffitto in quella cantina fresca di raccolto..aroma di genuinità ,fatica ma tanto amore per le cose che donavano sorrisi e amore..
Buongiorno anime belle
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L’uva
La leggenda racconta, che in un tempo lontano, la vite non producesse frutti. Era una pianta vigorosa, con rami lunghi e nodosi. Le sue grandi foglie però facevano ombra alle colture e così, un contadino decise di potarla con decisione. In breve, la vite si ritrovò privata della sua bellezza ed iniziò a piangere. Il suo sconsolato pianto attirò un usignolo che, pietosamente, ascoltò la triste storia. L’uccellino pensò che avrebbe potuto aiutare la pianta con la sua voce soave. Così, ogni sera, si posava sulla vite e trascorreva le ore intonando celestiali melodie. La terra e tutti gli animali ascoltavano rapiti l’usignolo.
All’arrivo della primavera, i primi raggi di sole si posarono sulle vite donandole nuova linfa vitale. Dopo qualche giorno, sui pampini si formarono delle piccole perle colorate. Le lacrime della pianta si erano trasformate in deliziosi acini. Da allora in poi, le viti, durante la bella stagione, si riempiono di grappoli colorati. Nella mitologia greca, la vite nasce dal corpo di Ampelo. Nato da una ninfa e da un satiro, Ampelo era un ragazzo piuttosto avvenente del quale si innamorò Dioniso.
Il dio, dopo un sogno premonitore, aveva supplicato Ampleo di essere prudente e di non mettere in pericolo la sua vita. Il ragazzo però, incautamente monta in groppa ad un toro. L’animale si ribella e dopo averlo fatto cadere lo incorna portandolo alla morte.
Quando Dioniso accorre, Ampelo è già morto ed il suo sangue sta bagnando la terra. Lo sconforto del dio è tale che le Moire decisero di trasformare lo sfortunato ragazzo in una vite. Ben presto, dalla vite spuntarono le foglie e poi dei grandi grappoli. Dioniso fu il primo a coglierli e a schiacciare fra le sue dita gli acini. Assaggiò poi il loro dolce succo. Il sangue di Ampleo si era trasformato in nettare ed era nato il vino.
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Quelli come me che vivono di parole, che sarebbero disposti a difendere una parola - come un re difende il suo popolo - diventeranno una minoranza, emarginata e incomprensibile??
. Farò la fine dei gettoni del telefono, dei mangianastri,.. e delle antiche fotografie in bianco e nero???..
io credo di no....perchè
non esiste magia come quella delle parole...
e come ha scritto qualcuno..
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"Ciò che nella vita rimane, non sono i doni materiali, ma i ricordi dei momenti che hai vissuto e ti hanno fatto felice. La tua ricchezza non è chiusa in una cassaforte, ma nella tua mente. E' nelle emozioni che hai provato dentro la tua anima."
(Alda Merini)
"cerco un attimo che valga una vita"
lella..
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" Certe anime hanno solo sbagliato epoca"
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"Se cresci
senza nessuno che ti dica
che sei bello o che sei bravo, senza una parola di conforto
che ti rassicuri
dandoti il tuo posto al sole
niente sarà mai abbastanza
per ripagarti di quel silenzio. Dentro
resterai sempre
un bambino
affamato di gentilezza,
che si sente brutto,
incapace e manchevole,
qualsiasi cosa accada.
E non importa se,
nel frattempo,
sei diventato
la più bella delle creature."
Ferzan Ozpetek
“ I libri non servono per sapere ma per pensare, e pensare significa sottrarsi all'adesione acritica per aprirsi alla domanda, significa interrogare le cose al di là del loro significato abituale reso stabile dalla pigrizia dell'abitudine.”
Umberto Galimberti, Il gioco delle opinioni
La leggenda della lavanda
In Provenza, le leggende legate alla lavanda sono numerose. A Valensole, in particolare, da segnalare quella di Lavandula, una fata dai capelli biondi e gli occhi azzurri nata nella montagna di Lure. Si narra che la fata, prese un libro di paesaggi per scegliere il posto in cui vivere. Davanti alla pagina che mostrava le valli della Provenza tutte aride e senza natura, si mise a piangere. Le lacrime di Lavandula cadendo sul libro, lo macchiarono di tonalità azzurre, per coprire il danno che aveva fatto, la fata prese un pezzo di cielo e lo stese sulla Provenza.
Da allora, secondo la leggenda la Provenza è ricoperta dalla lavanda e tutte le ragazze hanno gli occhi azzurri come quelli di Lavandula.
Le straordinarie opere in vetro colorato di vishma maharaj
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INCORAGGIATI INCORAGGIANDO
Incoraggia gli altri nei loro punti di forza e non sminuirli mai per le loro debolezze.
Nel dare forza agli altri, anche tu diventerai più forte.
Al contrario, mortificando gli altri, mortificherai solo te stesso.
Il colore con cui dipingi una ringhiera è lo stesso colore che ti resta sulle mani.
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È tutto disordinato: i capelli, il letto, le parole, il cuore. La vita".
- Johann Wolfgang von Goethe
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Fu nel mese di giugno che lo vidi per la prima volta.
Camminava nel campo di grano quando passai con le ancelle, ed era solo.
Il ritmo del suo passo era diverso da quello di ogni altro uomo, e non somigliava, il suo incedere, a nulla che avessi mai visto.
Non è in quel modo che gli uomini misurano con i passi la terra.
Mi fermai un istante e sollevai la mano in segno di saluto.
Ma lui non si voltò, lui non mi rivolse lo sguardo.
Lo odiai.
Respinta in me stessa, così mi sentii; e fredda come se intorno a me infuriasse una tempesta di neve.
Ero scossa da brividi.
Quella notte lo vidi in sogno; mi dissero, dopo, che gridavo nel sonno e mi agitavo senza pace nel letto.
Era il mese d'agosto quando lo rividi.
Il mio schiavo, l'egizio, venne da me e disse:
«Quell'uomo è venuto di nuovo.
È là, nel tuo giardino, seduto all'ombra del cipresso».
Guardai, e fremette l'anima mia, perché lui era bello.
Indossai allora abiti di Damasco, sandali dorati e lasciai la casa per andare da lui.
E quando l'ebbi di fronte, gli dissi:
«Buongiorno a te».
E lui disse: «Buongiorno a te, Miriam».
E mi guardò, e i suoi occhi notturni mi videro come nessun uomo mi aveva mai vista.
D'improvviso fui come nuda, e ne ebbi vergogna.
Eppure mi aveva solo detto: «Buongiorno a te».
Gli dissi allora: «Non vuoi entrare nella mia casa?».
E disse lui: «Non sono già nella tua casa?».
Allora non capii cosa intendesse: oggi lo so.
E io dissi: «Non vuoi dividere il pane e il vino con me?».
E lui disse: «Sì, Miriam, ma non ora».
E la voce del mare era nelle sue parole, e la voce del vento e degli alberi.
E quando le pronunciò, la vita parlò alla morte.
Perché, amico mio, io ero morta, sappilo.
Ero una donna che aveva divorziato dall'anima.
Vivevo separata da questo essere che ora vedi.
Appartenevo a tutti gli uomini, e a nessuno.
Prostituta, mi chiamavano, e donna posseduta da sette demoni.
Ero maledetta, ed ero invidiata.
Ma quando i suoi occhi d'aurora guardarono i miei occhi, tutte le stelle della mia notte si dileguarono, e io divenni Miriam, solo Miriam, una donna ormai perduta alla terra che aveva conosciuto, e che si era ritrovata in un mondo diverso.
E ancora e nuovamente gli dissi: «Vieni nella mia casa e dividi pane e vino con me».
E lui: «Perché m'inviti a essere tuo ospite?».
E io: «Ti prego, vieni nella mia casa».
Tutto quello che in me era zolla, tutto quello che in me era cielo, lo chiamava a gran voce.
Lui allora mi guardò, e il meriggio dei suoi occhi era su di me, e disse:
«Tu hai molti amanti, ma io solo ti amo.
Gli altri, quando ti sono vicini, amano se stessi: io amo te in te stessa.
Altri uomini vedono in te una bellezza che appassirà prima ancora dei loro anni.
Ma io vedo in te una bellezza che non appassirà mai, e nell'autunno dei tuoi giorni questa bellezza non avrà paura di specchiarsi, e non conoscerà oltraggio. Solo io amo in te l'invisibile».
Poi disse a voce bassa: «Va' ora. Se questo cipresso è tuo e non vuoi che sieda alla sua ombra, andrò per la mia strada».
E io gridai a lui e gli dissi: «Maestro, vieni nella mia casa.
Ho per te incenso da bruciare, e una bacinella d'argento per i tuoi piedi.
Tu sei un estraneo ma non sei un estraneo.
Ti supplico, vieni nella mia casa».
Allora si alzò e mi guardò proprio come immagino che le stagioni dall'alto guardino verso il campo: sorrise.
E ancora disse: «Tutti gli uomini ti amano per loro stessi.
È per te che io ti amo».
Poi se ne andò.
Nessun altro uomo camminò mai come lui camminava.
Era un soffio nato nel mio giardino, che alitava verso oriente?
O una tempesta, che avrebbe squassato sin dalle fondamenta tutte le cose?
Non lo sapevo, allora, ma quel giorno il tramonto dei suoi occhi uccise in me il drago, e divenni una donna, io divenni Miriam, Miriam di Mijdel.
Khalil Gibran
Gesù figlio dell'uomo
𝑁𝑜𝑛 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑟𝑒𝑔ℎ𝑒 𝑎 𝑏𝑟𝑢𝑐𝑖𝑎𝑟𝑒.
𝐸𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑒.
𝐷𝑜𝑛𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑣𝑖𝑠𝑡𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒:
𝑀𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑒.
𝑀𝑜𝑙𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑙𝑡𝑒 𝑒 𝑖𝑛𝑡𝑒𝑙𝑙𝑖𝑔𝑒𝑛𝑡𝑖.
𝐶ℎ𝑖 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎 𝑢𝑛𝑎 𝑣𝑜𝑔𝑙𝑖𝑎.
𝐷𝑜𝑛𝑛𝑒 𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑜 𝑎𝑏𝑖𝑙𝑖 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖𝑛𝑎 𝑒𝑟𝑏𝑜𝑟𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎,
𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑜 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑖,
𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑜 𝑡𝑟𝑎𝑛𝑞𝑢𝑖𝑙𝑙𝑒,
𝑡𝑟𝑜𝑝𝑝𝑜 𝑟𝑜𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑖 𝑐𝑎𝑝𝑒𝑙𝑙𝑖.
𝐷𝑜𝑛𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑢𝑛 𝑓𝑜𝑟𝑡𝑒 𝑙𝑒𝑔𝑎𝑚𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑎 𝑛𝑎𝑡𝑢𝑟𝑎.
𝐷𝑜𝑛𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑏𝑎𝑙𝑙𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜, 𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑐𝑎𝑛𝑡𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜.
𝑄𝑢𝑎𝑙𝑠𝑖𝑎𝑠𝑖 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑎 𝑟𝑖𝑠𝑐ℎ𝑖𝑎𝑣𝑎 𝑑𝑖 𝑒𝑠𝑠𝑒𝑟𝑒 𝑏𝑟𝑢𝑐𝑖𝑎𝑡𝑎 𝑛𝑒𝑙 1600, 𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑟𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑡𝑒𝑠𝑡𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑒 𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑣𝑜𝑙𝑡𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑙'𝑢𝑛𝑎 𝑐𝑜𝑛𝑡𝑟𝑜 𝑙'𝑎𝑙𝑡𝑟𝑎, 𝑚𝑒𝑛𝑡𝑟𝑒 𝑖 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑖𝑚𝑚𝑒𝑟𝑠𝑖 𝑛𝑒𝑙 𝑔ℎ𝑖𝑎𝑐𝑐𝑖𝑜.
𝐼 𝑏𝑎𝑚𝑏𝑖𝑛𝑖 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑡𝑜𝑟𝑡𝑢𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑝𝑒𝑟 𝑐𝑜𝑛𝑓𝑒𝑠𝑠𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑒 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑒𝑠𝑝𝑒𝑟𝑖𝑒𝑛𝑧𝑒 𝑐𝑜𝑛 𝑙𝑒 "𝑠𝑡𝑟𝑒𝑔ℎ𝑒" 𝑐𝑜𝑛 𝑓𝑖𝑛𝑡𝑒 𝑒𝑠𝑒𝑐𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑛𝑒𝑖 𝑓𝑜𝑟𝑛𝑖.
𝐿𝑒 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑒 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑔𝑒𝑡𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎 𝑒 𝑠𝑒 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑔𝑎𝑙𝑙𝑒𝑔𝑔𝑖𝑎𝑟𝑒, 𝑣𝑒𝑛𝑖𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑐𝑜𝑙𝑝𝑎𝑡𝑒 𝑒 𝑔𝑖𝑢𝑠𝑡𝑖𝑧𝑖𝑎𝑡𝑒. 𝑆𝑒 𝑎𝑓𝑓𝑜𝑛𝑑𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜 𝑒 𝑎𝑛𝑛𝑒𝑔𝑎𝑣𝑎𝑛𝑜, 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑛𝑜𝑐𝑒𝑛𝑡𝑖.
𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑔𝑒𝑡𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑠𝑐𝑜𝑔𝑙𝑖𝑒𝑟𝑒.
𝑆𝑜𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑒 𝑝𝑜𝑠𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑏𝑢𝑐ℎ𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑓𝑜𝑛𝑑𝑒 𝑛𝑒𝑙 𝑡𝑒𝑟𝑟𝑒𝑛𝑜.
𝑃𝑒𝑟𝑐ℎé 𝑠𝑐𝑟𝑖𝑣𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑜?
𝑃𝑒𝑟𝑐ℎé 𝑐𝑜𝑛𝑜𝑠𝑐𝑒𝑟𝑒 𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑎 𝑠𝑡𝑜𝑟𝑖𝑎 è 𝑖𝑚𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑠𝑡𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑟𝑢𝑒𝑛𝑑𝑜 𝑢𝑛 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜.
𝑄𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑓𝑎𝑐𝑐𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑙 𝑙𝑎𝑣𝑜𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑔𝑢𝑎𝑟𝑖𝑔𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑛𝑜𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑙𝑖𝑔𝑛𝑎𝑔𝑔𝑖 𝑒 𝑐𝑜𝑚𝑒 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑒.
𝑃𝑒𝑟 𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑣𝑜𝑐𝑒 𝑎𝑙𝑙𝑒 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑒 𝑚𝑎𝑠𝑠𝑎𝑐𝑟𝑎𝑡𝑒, 𝑝𝑒𝑟 𝑑𝑎𝑟𝑒 𝑙𝑜𝑟𝑜 𝑢𝑛𝑎 𝑝𝑜𝑠𝑠𝑖𝑏𝑖𝑙𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑝𝑎𝑐𝑒.
𝑁𝑜𝑛 𝑒𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑠𝑡𝑟𝑒𝑔ℎ𝑒 𝑎 𝑏𝑟𝑢𝑐𝑖𝑎𝑟𝑒.
𝐸𝑟𝑎𝑛𝑜 𝑑𝑜𝑛𝑛𝑒.
𝐹𝑖𝑎 𝐹𝑖𝑟𝑠𝑠𝑡𝑟𝑜𝑚
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Oggi mi sento così!!!..
Buongiorno anime belle
HO IMPARATO CHE BISOGNA LASCIARE CHE LA VITA CI SPETTINI
Oggi ho imparato che bisogna lasciare che la vita ci spettini, perciò ho deciso di vivere la vita con maggiore intensità.
Il mondo è pazzo. Decisamente pazzo…
Le cose buone, ingrassano. Le cose belle, costano. Il sole che ti illumina il viso, fa venire le rughe. E tutte le cose veramente belle di questa vita,
spettinano…
– Viaggiare, volare, correre, tuffarti in mare, spettina.
– Toglierti i vestiti, spettina.
– Abbracciarsi per amore, spettina.
– Baciare la persona che ami, spettina.
– Giocare, spettina.
– Cantare fino a restare senza fiato, spettina.
– Ballare fino a farti venire il dubbio se sia stata una buona idea metterti i tacchi alti stanotte, ti lascia i capelli irriconoscibili …
Quindi, ogni volta che ci vedremo, avrò sempre i capelli spettinati…
Tuttavia, non dubitare che io stia vivendo il momento più felice della mia vita. E’ la legge della vita: sarà sempre più spettinata la donna che scelga il primo vagoncino sulle montagne russe di quella che scelga di non salire…
Può essere che mi senta tentata di essere una donna impeccabile, pettinata ed elegante dentro e fuori.
Questo mondo esige bella presenza: pettinati, mettiti, togliti, compra, corri, dimagrisci, mangia bene, cammina diritta, sii seria…
Forse dovrei seguire le istruzioni però… quando mi ordineranno di essere felice?
Forse non si rendono conto che per risplendere di bellezza, mi devo sentire bella… La persona più bella che possa essere!
L’unica cosa che veramente importa è che quando mi guardi allo specchio, veda la donna che devo essere. Perciò, ecco la mia raccomandazione a tutte le donne:
Abbandonati, Mangia le cose più buone, Bacia, Abbraccia, Balla, Innamorati, Rilassati, Viaggia, Salta, Vai a dormire tardi, Alzati presto, Corri, Vola, Canta, Fatti bella, Mettiti comoda, Ammira il paesaggio, Goditela e, soprattutto, lascia che la vita ti spettini!!!!
Il peggio che può succederti è che, sorridendo di fronte allo specchio, tu.. debba pettinarti di nuovo!
..io amo quell'amore femminile che in tutti noi trova posto nel cuore
L' amore tra donne è così bello. Il modo in cui ci prendiamo cura e coccoliamo.
"Ciao bella" "Ciao linda" "La mia bella" e tanti e tanti modi in cui ci salutiamo o scriviamo. Gli abbracci, la complicità, le risate, i piani per conquistare il mondo, partendo dal nostro corpo che è la nostra trincea.
Le lacrime, le ore condivise per guarire un cuore spezzato. Le birre e il caffè. Le coppie di ballo quando gli uomini ti sminuiscono e noi non abbiamo voglia di pulire il pavimento con i nostri piedi. Il "guardami il sedere per vedere se non mi sono sporcata"...
L' amore tra donne è così bello e tanto necessario
Mercedes Reyes Artiag
tratto da: Uteros Sagrados "El renacer de la mujer Lunar"
Ogni anno il 6 luglio si celebra la Gionata mondiale del bacio. In realtà inizialmente la ricorrenza cadeva il 13 aprile. La data fu scelta in memoria del bacio più lungo della storia, durato ben 58 ore. Protagonista era una coppia tailandese, che ha battuto il suo stesso record di 46 ore consecutive. La ricorrenza da noi festeggiata nasce invece nel 1990 in Inghilterra. E sebbene inizialmente si parlasse di una data nazionale, oggi è celebrata come World Kiss Day. Ci sono anche altri Paesi del mondo che preferiscono celebrarla in gionate diverse. Ad esempio in India la si festeggia il 13 febbraio, nel giono che precede San Valentino. Da sempre decantato e omaggiato da poeti e pittori, il gesto del baciarsi è forse uno dei più teneri tra due persone. Che siano uomo e donna, donna e donna, uomo e uomo.</p>
<p>Ma esso non è solo da considerarsi all’inteno di una coppia. Siamo avvicinati a questo dolce gesto sin dalla nascita, e la prima persona a farlo è nostra madre. Secondo i latini ne esistono tre tipi diversi. L’osculum è quello dato tra conoscenti e parenti. Il basium è quello riservato alle persone con le quali si ha più confidenza. E vi è infine il suavium, che è quello passionale riservato alla dolce metà.</p>
<p>Si tratta di un gesto affettuoso che ha conquistato ed ispirato in particolar modo gli artisti. Quante opere immortalano l’eteno e dolce gesto di un bacio? Da Rodin a Klimt, che sia romantico, triste, sulle labbra o sulla guancia. Ha poi conquistato anche il mondo della moda, con borse, maglie, scarpe e via dicendo.
Sapevate, ad esempio, che i primi due uomini si baciarono nel 1927 nel film Wings? Nonostante il film vinse l’Oscar, ha aperto la strada alla difficile quotidianità degli omosessuali. Quando salutiamo qualcuno essi cambiano poi a seconda del Paese. In Italia come sappiamo se ne danno due, mentre in Francia 2, 3 o 4 a seconda della regione. In America invece non ci si saluta mai così. Passando ad altro, in Sudan c’è la credenza che la bocca sia la finestra dell’anima. E che quindi tramite un bacio la propria anima possa essere rubata. In alcuni paesi Africani è invece vietato, perché considerato un gesto impuro. Sapete invece da dove viene il termine french kiss? Esso entra nella lingua inglese nel 1923, ed era un insulto alla cultura francese accusata di porre troppa attenzione alla sessualità. In Francia si chiama invece galocher
La ricorrenza nasce inizialmente il 13 febbraio, per passare poi al 6 luglio come ben sappiamo. Si tratta di un’ottima occasione per dispensare
baci
e affetto, ma anche per informarsi sui benefici che questi apportano alla nostra persona. La ricorrenza da noi festeggiata nasce invece nel 1990 in Inghilterra. E sebbene inizialmente si parlasse di una data nazionale, oggi è celebrata come World Kiss Day.Poi feci la cosa più semplice del mondo. Mi chinai … e lo baciai. E il mondo si squarciò in due. –
Ci sono persone che oltre a vista, udito, tatto, olfatto e gusto, sembrano dotate di un “sesto senso”. E’ qualcosa di misterioso e magico, che viene chiamato “intuito”, “fiuto”, “percezione”, “sensazione a pelle”. Vedono e “sentono” cose che la sfera razionale non riesce a cogliere. In un istante riescono a vedere quel che c’è dietro le apparenze, colgono l’essenza di una persona, sentono l’energia positiva o negativa che emanano e riescono a intuire qualcosa che deve ancora accadere. Difficilmente sbagliano, se seguono il loro intuito... il loro sesto senso.
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Oggi 7 luglio è la Giornata Mondiale della cioccolata (secondo la tradizione il cioccolato è sbarcato in Europa in questa data, nel lontano 1550). Una carrellata di dipinti e affiche d'epoca per scoprire la cioccolata nell'arte.
Per i Maya il cioccolato era la “bevanda degli dei”, gli aztechi usavano il cacao in chicchi per comprare le schiave. Per gli studiosi della Boston University e dell’Harward University, il cioccolato allunga la vita (grazie ai polifenoli del cacao che agiscono come antiossidanti).
Nel cioccolato ci sono gradazioni sfumate di nero, velati misteri di gusto, abissi di piacere.
e il cioccolato è la risposta.
Che ce ne importa di ciò che è la domanda.
Buongiorno anime belle..
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a certa gente il caldo dà alla testa..e non solo il caldo...
si ricomincia con i messaggini...
faccine deliranti,
a certuni proprio non và giù che io abbia un pensiero libero!!!!
“Non importa se l'essere umano finge di perseguire la sapienza, il denaro o il potere, in realtà qualsiasi cosa risulterà incompleta se non riuscirà a incontrare l'altra parte di se.”
Paulo Coelho
“La tenerezza è il linguaggio segreto dell'anima.”
buon sabato anime belle
siate teneri con voi stessi e con gli altri..
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Buongiorno anime belle..
e come scrisse qualcuno..
“La pazienza è amara, ma il suo frutto è dolce.”
"Le Désespoir" ovvero
la Disperazione, opera in marmo del 1861 di
Jean Joseph Perraud
scultore accademico francese (1819-1876).
Musée d'Orsay, Parigi.
Non conta quante volte cadrai, ma quante volte avrai la forza di rialzarti.
M.
Arte scultura fotografia
..certo Roma è la città Santa..
ma anche Firenze ha una sua santità..
un anfiteatro romano che in tanti forse non hanno mai visto...
Anfiteatro Romano a Firenze.
L'immagine grande è di diversi anni fa, qella più piccola a sinistra è un ingrandimento della Mappa del Buonsignori e l'altra, come è facile capire è di mia invenzione.
L'anfiteatro romano di Firenze, costruito nel II secolo, aveva i suoi resti situati tra piazza dei Peruzzi, via dei Bentaccordi e via Tòrta. Quando fu costruito tra il 124 e il 130 d.C., si trovava al di fuori delle mura cittadine (le mura passavano per via del Proconsolo a qualche centinaio di metri di distanza) e segnò il punto di massima espansione della Florentia romana verso est.
L'anfiteatro aveva una forma ellittica, con un diametro massimo di 126 metri e una platea interna larga 119x89 metri. Era di medie dimensioni, con circa 20.000 posti a sedere, a differenza dei 87.000 del Colosseo. Le sue strutture portanti erano perfettamente riconoscibili, anche se gran parte degli antichi archi (fornices) erano stati chiusi a causa della sovrapposizione delle case medievali. Gli spazi dell'anfiteatro erano stati sfruttati, con la costruzione di edifici sulle strutture perimetrali e sui gradini.
Durante i lavori di risanamento della seconda metà dell'Ottocento, fu proposto di demolire la zona per creare un ampio viale tra piazza della Signoria e piazza Santa Croce. Fortunatamente, il progetto non fu mai realizzato, preservando così i resti dell'anfiteatro.
Un ottimo modo per combattere l'ignoranza: leggere
Karen Blixen
e sono con una giovane coppia, Lisa e il marito, sposati solo da una settimana, che decidono di fare insieme una passeggiata e si incamminano lungo un sentiero.
È una splendida mattina di luglio di centocinquant' anni fa:
“Lanose nuvolette navigavano lassù in cielo, l'aria era piena di dolci profumi.
Lisa indossava un abito di mussola e un grande cappello di paglia di Firenze. Suo marito e lei avevano imboccato un sentiero che attraversava il parco; si snodava tra i prati, tra piccoli boschetti e gruppi di alberi, fino al pascolo delle pecore.
Sigismondo voleva mostrare le pecore a sua moglie. Per questo ella non s'era portata il suo cagnolino bianco, Bijou, che avrebbe guaito vedendo le pecore e le avrebbe spaventate, o avrebbe dato fastidio ai cani da pastore.
Sigismondo era orgoglioso delle sue pecore, ne aveva studiato l'allevamento nel Meclemburgo e in Inghilterra, e si era portato dei montoni da Cotswold per migliorare la sua razza danese.
Mentre camminavano, spiegava a Lisa le grandi possibilità e difficoltà del progetto.”
Poi il marito, preso da una discussione con il pecoraio invita Lisa a tornarsene a casa da sola, facendo, però, molta attenzione e camminando piano.
E così, lei si incammina e poco più avanti, sicura di non essere vista:
“Buttò sull'erba il gran cappello estivo coi nastri turchini perché voleva sentire l'aria dell'estate sulla fronte e tra i capelli.
Camminava molto lentamente, com' egli le aveva detto, perché desiderava obbedirgli in tutto.
Mentre camminava provò una grande felicità nuova, quella d'essere perfettamente sola, anche senza Bijou.
Non ricordava d'essere mai stata, in tutta la vita, perfettamente sola.
Il paesaggio intorno a lei era immobile, quasi colmo di promesse, ed era suo.
Anche le rondini che incrociavano nell'aria erano sue…”
Dal racconto di Karen Blixen 'L' anello'
dipinto di Charles Coutney Curran
..e il buongiorno si fà luce..
anime belle
Riparare, porre rimedio.
..chissà perchè i bambini trovano sempre una soluzione a tutto..
ci provano, ci credono
e lo fanno per loro è normale, semplice, fattibile
“Dentro un raggio di sole che entra dalla finestra talvolta vediamo la vita nell'aria. E la chiamiamo polvere.”
Buongiorno anime belle
La storia archeologica di Ostia Antica
La storia archeologica di Ostia tiberina, (gli scavi di Ostia Antica), fino alla bonifica dei ravennati
Il nome Ostia deriva dalla parola Ostium (foce) e a sua volta deriva dal latino Os-oris (bocca). Il nome antico della città è Ostia tiberina”, la ‘porta’ del Tevere da cui secondo la leggenda Romolo e Remo risalirono il “sacro fiume” dentro una cesta prima di essere trovati e allattati dalla lupa capitolina. E’ infatti in questa parte del territorio che il fiume terminava anticamente il suo corso sfociando nel Tirreno la cui linea di costa anticamente si trovava sotto l’attuale sede stradale della via del Mare a poche decine di metri dal confine urbano e urbanistico dell’antica Ostia emerso a partire dagli anni Venti. Ne sono testimonianza storica e ufficiale i recenti ritrovamenti di parte di superfici dell’antico porto fluviale risalenti al 2011 e di una nave perfettamente conservata nei pressi dell’antica Tor Boacciana lungo la strada Ostia-Fiumicino in direzione dell’aeroporto Leonardo Da Vinci. Oltre che una continuità urbanistica emersa durante quegli studi tra Ostium e Portus, Porto, l’antica necropoli presente nella giurisdizione amministrativa del comune di Fiumicino, nella zona che oggi porta il nome di Isola Sacra in onore delle persecuzioni dei primi martiri cristiani tra il secondo e il quarto secolo che ebbero termine soltanto nel 313 con l’Editto di Costantino.
Gli scavi di Ostia Antica furono avviati all’inizio del 1800 sotto papa Pio VII e proseguirono con Pio IX nel 1909 in seguito con il Vaglieri il Paribeni e Guido Calza. Oggi si scava ancora e con l’ausilio delle nuove tecnologie l’antica città, tra i siti archeologici più visitati al mondo e il terzo in Italia, riappare in tutta la sua splendida magnificenza. Dopo Ercolano e Pompei i suoi resti sono il miglior esempio al mondo di città di epoca romana in grado di illustrare e raccontare a turisti e visitatori la vita a Roma e la nascita e il declino del suo impero millenario. Personaggi storici importanti come ad esempio Galeno e sant’Agostino arricchiscono lo storia con il fascino legato a uomini che da Ostia partivano a arrivavano per cambiare per sempre la storia dell’umanità intera.
La leggenda fa risalire la prima fondazione di Ostium, prima colonia di Roma, al quarto re di Roma, Anco Marzio nel 620 a.C. appena settant’anni dopo la fondazione di Roma, mentre la documentazione archeologica conferma e attribuisce in modo inequivocabile la nascita solo tra il VI secolo e il III. Quando i romani nel 396 conquistarono la città etrusca acerrima rivale, Veio. Solo in seguito la “Decima Legio” romana si accampò tra la foce del Tevere e il mare dando origine al primo “castrum” difensivo di cui si abbiano notizie certe per datare la città. La posizione strategica serviva per difendere Roma dagli assalti via fiume da Veio e da Greci e Siracusani che giungevano sulle navi via mare con il dominio terrestre su una via di comunicazione primaria e fondamentale per lo sviluppo di Roma.
Per la prima vera fondazione a uso coloniale occorrerà attendere i decenni a venire mentre la città cresceva intorno al presidio militare. Tuttavia i ritrovamenti durante il Novecento e anche più recenti di materiali e utensili risalenti all’età del bronzo nei pressi dell’attuale passaggio del Tevere verso la foce lasciano intendere che fin dal XIII/X secolo il territorio tra Ostium e l’antica Ficana fosse già abitato da popolazioni di pescatori allevatori e agricoltori nonchè da saline ricche e pregiate che servivano gli etruschi prima e i romani in seguito. Certo resta comunque il ruolo di primo piano di Ostia nella storia di Roma non solo dal punto di vista logistico e militare quando commerciale, storico, sociale, artistico e architettonico.
Proprio la sua caratteristica di città portuale e di raccordo tra le uniche vie di comunicazione di allora attribuisce a Ostia una cosmopoliticità forse ancora più variegata rispetto alla città capitolina. Al suo interno convivevano pacificamente in un discreto agio diversi popoli e culture anche religiosi nonchè classi sociali differenti tra loro un po come una moderna New York o Hong Konk. Ne sono testimonianza la presenza di templi e spazi dedicati alle religioni dai culti mitraici provenienti dall’antica Persia e dall’Oriente a quelli etruschi. Da Cibele dalla Frigia al culto per Iside degli Egizi alla più antica sinagoga d’Europa passando per le sacerdotesse di culti universali di cui si è trovata traccia negli affreschi presenti all’interno della Casa delle Yerodule ognuno adorava le proprie divinità rispettando le diversità.
La chiesa precristiana dedicata ai primi martiri locali testimonia i cambiamenti in atto nella società romana e nella storia della città che fino alle prime invasioni barbariche dei Visigoti di Alarico conobbe una crescita smisurata dovuta dall’essere un centro ricco, affacciato sul mondo intero grazie al mare, florido e popoloso a poca distanza via terra e via fiume da Roma. Abitato e frequentato sopratutto da funzionari, commercianti, militari, operai e artigiani Ostia era il centro principale di Roma per lo smistamento dei beni commerciali diretti a Roma e diretti all’esportazione e crebbe in ricchezza benessere e prestigio fino al culmine toccato sotto l’imperatore Adriano con la prima ristrutturazione e ammodernamento.
Tra il primo e secondo secolo d.C. Ostia contava già un milione di abitanti. Occorre considerare che quando dopo le guerre puniche e contro i greci, fenici e siracusani Roma ottenne il dominio assoluto del Mediterraneo, il Mare Nostrum. L’importanza commerciale della città prevalse pian piano su quella militare e nel corso del tempo al castrum si sostituirono botteghe e magazzini (horrea) oltre uffici commerciali posizionati sul lato settentrionale lungo la riva sinistra del fiume, chiamata “Trastevere ostiense”, situata alle spalle del teatro e di numerosi edifici pubblici tra cui il Campidoglio, con terme alimentate e riscaldate al fuoco dagli schiavi così come alcuni edifici di privati nobili, cavalieri e patrizi. Attorno all’ultimo secolo della Repubblica lungo gli altri lati della città furono erette mura difensive.
Due erano le strade principali, il Cardo massimo e il Decumano massimo, la prosecuzione della via Ostiensis, l’attuale via Ostiense, che da Roma si divideva nel nostro territorio in due rami, uno diretto al mare e uno al fiume. Poi si realizzò il foro con la ricostruzione del Capitolium, un tempio grandioso dedicato inizialmente a Giove, Giunone e Minerva, e si moltiplicavano i magazzini maestosi in cui venivano depositate merci e derrate alimentari. Nel foro furono erette la curia, la basilica e le terme. Sotto Augusto imperatore sorse il teatro tutt’ora attivo e in grado di ospitare un pubblico di quattromila persone, mentre alle vecchie case, domus, repubblicane si sostituirono moderne dimore con giardini e cortili porticati e pavimentati.
L’avvento del mattone fece nascere le insulae, case su due piani dotate di vetrate, che venivano affittate costringendo nel tempo all’amministrazione a dotarsi di una sorta di piano regolatore che consentì di progettare e realizzare interi quartieri urbani in grado di dare alloggio e accoglienza sia al milione di residenti che Ostia tiberina contava già tra il I e il II secolo d.C. che a coloro che lavoravano o comunque transitavano per il porto di Roma imperiale. Successivamente con la dinastia dei Severi venne realizzate tra le tante opere pubbliche la via Severiana che collegava il porto di Traiano nell’attuale comune di Fiumicino con il porto di Terracina facilitando lottizzazioni costiere, commerci e collegamenti via terra.
Nel II secolo si cominciò a edificare anche oltre il castrum e dopo che Mario la saccheggiò durante la guerra civile, Silla la dotò di ampie mura difensive che ne garantirono negli anni un maggiore e florido sviluppo. Nel III secolo iniziò il declino di Ostia data l’importanza assunta da Portus , l’attuale necropoli di Porto, ricadente nel comune di Fiumicino, dove si erano trasferite tutte le attività commerciali. Ostia rimase così tagliata progressivamente fuori da ogni via di comunicazione vista la difficoltosa navigazione del Tevere il cui corso e corrente era mutata rispetto al passato, oltre allo stato di abbandono cui era stata lasciata la via Ostiensis ingoiata letteralmente all’epoca da boschi e natura. Anche gli horrea furono abbandonati così come insulae e la caserma dei Vigiles, che provvedevano a spegnere i numerosi incendi che si sviluppavano data la convivenza difficile tra il legno e i fuochi che riscaldavano terme e case pubbliche e private al tempo.
L’abbandono ulteriore del piazzale delle Corporazioni in cui era svolta per secoli attività commerciale e navale segnò il culmine di un declino che avrebbe condotto cento anni più avanti alla fine politica ed economica di Roma e dell’impero e all’abbandono definitivo di Ostia. Basti pensare che a causa della crisi economica di Ostia per restaurare il teatro furono utilizzate le basi delle statue del piazzale per chiudere le falle dei muri tutt’ora visibili. Dopo l’autonomia amministrativa concessa da Costantino il Grande nel IV sec. la città subisce le invasioni e i saccheggi dei barbari visigoti di Alarico che misero a ferro e fuoco la città massacrando anche donne, bambini e anziani. Dopo un momentaneo risveglio sotto il regno di Teodorico le sorti di Roma portarono all’abbandono definitivo alla natura alle paludi e alla malaria di quello che fino a Traiano era stato il porto militare e commerciale più ricco e importante nella storia di Roma. Quando anche l’acquedotto pubblico smise di funzionare era il V secolo.
La città era ormai estesa anche lungo la costa e ne sono prova i recenti scavi e ritrovamenti che tra il 2011 a oggi hanno rivelato i suoi contorni in una continuità che solo in pochi anche tra i grandi archeologi del passato avevano intuito. Durante i lavori per la bonifica dalle paludi dell’agro romano che erano stati svolti nella zona dell’attuale comune di Fiumicino e nel corso degli scavi per la realizzazione dell’aeroporto internazionale di Da Vinci da parte di cooperative di braccianti provenienti dal Friuli e dal Veneto come riconoscimento ai propri caduti della prima guerra 1915/18 emersero oltre alle strutture del porto di Claudio le rovine di ville, templi e residenze che solo di recente, cento anni dopo, hanno trovato una continuità storico scientifica fino a Ostia con altre costruzioni in parallelo alla Severiana fino a superare i confini del municipio attuale paventando l’ipotesi affascinante di una Ostia tiberina e balneare estesa da Fiumicino a Tor Paterno, oltre i confini della residenza presidenziale di Castel Porziano.
Nel 537 nel corso di un assedio dei Goti Ostia venne difesa dal generale bizantino Belisario e gli sparuti abitanti rimasti si rifugiarono nel teatro adibito e difeso con una fortezza dagli assalti barbarici. Nel IX secolo fu saccheggiata dai saraceni e i pochi rimasti in città si asserragliarono e trasferirono nell’attuale zona del castello e del borgo medievale di Ostia Antica che all’epoca fortemente voluta da papa Gregorio IV fu chiamata in suo onore “Gregoriopoli”. Edificata nel luogo in cui anticamente il Tevere effettuava un’ampia curva verso destra prima di gettarsi nel Tirreno. Una posizione fortemente strategica e difensiva assai importante per Roma un po come lo era stata in passato Ostium. Per potenziarne l’efficacia e la sicurezza negli anni e nei secoli furono eretti una torre di guardia cilindrica da papa Martino V e per volontà del pontefice Giulio II, estimatore e amico di Michelangelo a cui si attribuisce il progetto di Tor San Michele, all’Idroscalo di Ostia nei pressi dell’attuale porticciolo turistico e inspiegabilmente preclusa alle visite del pubblico dalla sovrintendenza archeologica di Roma, fu edificato il castello cinquecentesco che porta il suo nome.
Intanto di Ostium, rimasta totalmente insabbiata e interrata dall’avanzare della linea di costa a causa delle forti correnti marine che la spazzavano e dal totale abbandono in cui era stata lasciata per secoli e secoli, si erano perdute le tracce e la memoria eccezion fatta per il Capitolium, l’unica struttura che per la sua mole e altezza è rimasta sempre parzialmente visibile fino al tardo Ottocento. Sopratutto ai pastori che l’avevano finito per trasformare in un ovile chiamato “La casina rossa” in virtù de laterizi colorati ancora visibili in piccola parte al suo interno.
La viabilità principale della città era costituita dal Decumano e dal Cardine, che si incrociavano in corrispondenza del Foro. Il primo era il tratto urbano della Via Ostiense che, correndo in direzione est-ovest, si dirigeva verso il mare piegando leggermente a sud. Il Cardine corrispondeva nel tratto meridionale al tracciato urbano della più antica Via Laurentina; il tratto settentrionale, creato ex novo, raggiungeva la sponda del Tevere.
Si dirigevano verso il fiume anche altri percorsi, come Via della Foce e la Semita (o sentiero) dei Cippi, importanti a scopi commerciali. Molti dei più importanti assi viari cittadini si impostavano su più antichi percorsi, a cui si deve l’irregolarità negli orientamenti dei diversi quartieri. Esisteva inoltre una fitta rete di vie secondarie.
Leggete ma non le parole, almeno non quelle scritte, leggete anche quelle ancora da scrivere o che forse nessuno scriverà mai, leggete il mondo che vi circonda. Leggete nelle strane forme delle nuvole la fantasia del vento, leggete nelle venature delle foglie d'estate o dell'autunno con la malinconia dei ricordi, nei rami scheletrici degli alberi in inverno che sembrano braccia protese in cerca di un abbraccio, leggete nei fiori l'effimera fragilità della bellezza, leggete nelle profondità del mare il fascino e la paura dell'immensità, nei riflessi iridescenti del sole sull'acqua dove si vede un'ineffabile magia, nelle strade della città dietro clacson e passi affaccendati, nelle espressioni dei passanti. Leggete i brividi di vita di gioia e solitudine, il vociare allegro dei bimbi con il loro stupore dell'esistenza, leggete i colori dei tramonti e la miriade di sfumature sempre diverse.
Chi l'ha detto che gli occhi sono fatti per guardare? Sono fatti anche per leggere.
[BRIghtStar]
Goditi la giornata,
non lasciarla finire senza crescere un po’.
Senza essere stato felice, senza aver nutrito i tuoi sogni.
Non essere sopraffatto dallo scoraggiamento.
Non permettere a nessuno di negarti il diritto di esprimerti, il che è quasi un dovere.
[...]
~ Walt Whitman da Carpe Diem ♡
Buongiorno anime belle
Esiste una delicatezza di gesti e parole che non ha nulla a che vedere con l’educazione.
Possiamo chiamarla “eleganza”, volendo.
..un abbraccio di eleganza a tutti i miei pensieri felici